La sensualità dell'arte, l'eros, là dove osano le artiste donne. La cura delle donne ribalta il mito dell'artista che ha percepito un diverso modo di intendere il ruolo femminile.
Caterina Giuseppa Buttitta
Il museo del mondoEinaudi2017 Super ET
pp. 248 - Euro 17,00
Cinquantadue capolavori per cinquantadue storie: un museo
sempre aperto, rigoroso e anarchico insieme, al quale Melania
Mazzucco aggiunge valore con il suo modo di raccontare l'arte,
nuovo e originale, dimostrando che i capolavori hanno bisogno
della grande letteratura per continuare a vivere ancora. Il libro
Ogni
quadro, ogni opera, che sia stata vista in una chiesa, in un museo o
esposta in una mostra, lascia qualcosa a chi la guarda. E ogni incontro
fortuito può tramutarsi in una vera e propria passione, in un dialogo
nel tempo, in una scoperta o riscoperta. In ogni caso è l’inizio di
un’avventura. Create per fede o per soldi, per mestiere o per amore, le
opere d’arte che Melania Mazzucco non è mai riuscita a dimenticare
abbracciano cinque continenti, dall’antichità ai giorni nostri.
Concepite come amuleti, preghiere o bestemmie, da uomini e donne,
cacciatori e stregoni, assassini e santi, illetterati e intellettuali,
nessun museo reale riuscirebbe mai a contenerle. Da Ad Parnassum di Paul Klee a Susanna e i vecchioni di Artemisia Gentileschi, da Lirica di Vasilij Kandinskij al Cane di Francisco Goya, dalla Lattaia di Vermeer alle Cattive madri di Segantini, dalle Aringhe affumicate di Vincent Van Gogh alla Madonna dei Pellegrini
di Caravaggio, e via via attraverso Beato Angelico, Burne-Jones, Bacon,
Monet, e altri. Fino ad arrivare ai piedi della scala, dai gradini
luccicanti d’oro, della Presentazione di Maria al Tempio di
Tintoretto. Una selezione «crudele» (senza seguire un ordine
cronologico, né geografico, né tantomeno un inutile canone) che offre al
lettore la possibilità di incontrare quelle opere che diventano
presenza, specchio di un pensiero, indelebile emozione, scintilla di
significato del mondo.
«Tutti i musei in cui sono stata, le gallerie, le esposizioni, le
chiese, le cripte, i gabinetti di disegni e stampe, i siti archeologici,
le caverne, le regge, le rovine, mi hanno lasciato qualcosa. A volte un
ricordo molto concreto. Per molto tempo, ho scattato la foto oppure
comprato la cartolina dell’opera che aveva dato un senso alla penosa
fila in strada magari sotto la pioggia, alla fatica di aver attraversato
cento stanze di un museo sterminato, al viaggio stesso che mi aveva
condotto, che so, ad Algeri, a Teheran, a Washington, alla Chaise-Dieu
Con gli anni, quel mucchio disordinato – eppure non casuale – è
diventato alto come una colonna. Poi è franato, e ha cominciato a vagare
per la mia casa, di scatola in scatola, tracimando sul pavimento. Ogni
tanto lo frugo alla ricerca di un’immagine. I miei gusti sono cambiati,
le mie conoscenze si sono arricchite. Eppure, ogni cartolina ormai
sbiadita racconta una folgorazione, un innamoramento, talvolta una
rivelazione. O anche l’inizio di un’avventura durata anni e anni e
destinata a orientare la mia stessa vita».
Ogni quadro, ogni opera, che sia stata vista in una chiesa, in un museo o esposta in una mostra, lascia qualcosa a chi la guarda. E ogni incontro fortuito può tramutarsi in una vera e propria passione, in un dialogo nel tempo, in una scoperta o riscoperta. In ogni caso è l’inizio di un’avventura. Create per fede o per soldi, per mestiere o per amore, le opere d’arte che Melania Mazzucco non è mai riuscita a dimenticare abbracciano cinque continenti, dall’antichità ai giorni nostri. Concepite come amuleti, preghiere o bestemmie, da uomini e donne, cacciatori e stregoni, assassini e santi, illetterati e intellettuali, nessun museo reale riuscirebbe mai a contenerle. Da Ad Parnassum di Paul Klee a Susanna e i vecchioni di Artemisia Gentileschi, da Lirica di Vasilij Kandinskij al Cane di Francisco Goya, dalla Lattaia di Vermeer alle Cattive madri di Segantini, dalle Aringhe affumicate di Vincent Van Gogh alla Madonna dei Pellegrini di Caravaggio, e via via attraverso Beato Angelico, Burne-Jones, Bacon, Monet, e altri. Fino ad arrivare ai piedi della scala, dai gradini luccicanti d’oro, della Presentazione di Maria al Tempio di Tintoretto. Una selezione «crudele» (senza seguire un ordine cronologico, né geografico, né tantomeno un inutile canone) che offre al lettore la possibilità di incontrare quelle opere che diventano presenza, specchio di un pensiero, indelebile emozione, scintilla di significato del mondo.
«Tutti i musei in cui sono stata, le gallerie, le esposizioni, le chiese, le cripte, i gabinetti di disegni e stampe, i siti archeologici, le caverne, le regge, le rovine, mi hanno lasciato qualcosa. A volte un ricordo molto concreto. Per molto tempo, ho scattato la foto oppure comprato la cartolina dell’opera che aveva dato un senso alla penosa fila in strada magari sotto la pioggia, alla fatica di aver attraversato cento stanze di un museo sterminato, al viaggio stesso che mi aveva condotto, che so, ad Algeri, a Teheran, a Washington, alla Chaise-Dieu Con gli anni, quel mucchio disordinato – eppure non casuale – è diventato alto come una colonna. Poi è franato, e ha cominciato a vagare per la mia casa, di scatola in scatola, tracimando sul pavimento. Ogni tanto lo frugo alla ricerca di un’immagine. I miei gusti sono cambiati, le mie conoscenze si sono arricchite. Eppure, ogni cartolina ormai sbiadita racconta una folgorazione, un innamoramento, talvolta una rivelazione. O anche l’inizio di un’avventura durata anni e anni e destinata a orientare la mia stessa vita».
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