E L'IGANNO CHE METTE AL MONDO LA LETTERATURA AMERICANA DEL DOPOGUERRA.
LA CARNE CONSUMATA, IL SOSPETTO DEL FEMMINILE, LA FUGA DELLA DECADENZA .
L'AMERICA CHE RIBOLLE.
Philip Roth recide il cordone familiare, restituendo la coscienza del desiderio. Roth inaugura l'era della possibilità, ignorando un dettaglio: la biografia è piena zeppa di ricordo di una umanità mandata alla rivoluzione, e alla grandezza, che lui stesso non aveva avuto il coraggio di prendersi.
La fuga e l'ossessione. Andarsene per capire, andarsene per trovare. La sua America gli sta sgtretta e rischia di estinguere la magia narrativa dopo uno o due puntate, la critica, riducendolo a simbolo dell'onanismo. L'ossessione erotica, ma anche, la lotta alla solitudine:
<<Nessuno guarda mai se i miei personaggi femminili escono dal letto dei loro amanti meno fragili>>.
C'è consumo e c'è un'alleanza invisibile. E' un libro sulla morte e sull grande fuga, intesa come commiato dall'inarrestabilità della vita. Da animali morti, cosa rimane?
Caterina Giuseppa Buttitta
Philip Roth
«Non voglio che mi riabiliti. Solo che mi rendi interessante». Fu questa la richiesta di Philip Roth al suo biografo. In cambio, il genio di Newark offriva a Bailey l'accesso a un'impressionante quantità di materiali esclusivi, fra documenti e interviste, sulla propria vicenda umana e artistica. Il frutto di questo patto, elaborato in quasi dieci anni di lavoro, è un ritratto vivido, esaustivo, composito, a tratti sorprendente a tratti piccante, mai agiografico, di uno dei piú grandi scrittori americani di ogni tempo; un'opera definitiva e inevitabilmente controversa, destinata a far parlare a lungo di sé.
«La vita completa di Philip Roth raccontata da Blake Bailey è un autentico capolavoro narrativo».
Cynthia Ozick, «The New York Times Book Review»
Il libro
Determinato a tutelare la propria immagine postuma – «due cose terrorizzanti mi attendono», soleva dire, «la morte e il mio biografo» Philip Roth dedicò gli ultimi anni della propria esistenza a collaborare con Blake Bailey, scelto come proprio biografo perché ritenuto in grado di fornire della sua vita una versione composita e articolata, capace di dar conto dei suoi aspetti controversi ma anche di liberarlo dalla gabbia in cui lo avevano rinchiuso prima le accuse di antisemitismo e «odio per se stesso» e poi quelle di misoginia. Nel corso di una decina d’anni di lavoro, terminati poco dopo la morte di Roth nel 2018, Bailey ha rielaborato l’immensa mole di materiale raccolto – centinaia di ore di interviste e «chilometri» di lettere, appunti, diari, ritagli di giornale, prime stesure di romanzi, pubblicati e non, privatissime memorie – fino a produrre una biografia ricchissima, vivace, curiosa, mai agiografica, che si muove con ordine e misura sul crinale fra vita e opera dell’autore del Teatro di Sabbath e di Pastorale americana, soffermandosi su tantissimi episodi piú o meno noti di un’esistenza quotidiana dedicata quasi esclusivamente alla letteratura (letta, scritta, insegnata, sorprendentemente spesso criticata) e alle donne (dai giovanili flirt ai due catastrofici matrimoni, prima con Margaret Martinson e poi con Claire Bloom; dalle numerose amanti clandestine alle ragazze concupite negli ultimi anni). Donne tanto simili a uno o all’altro degli svariati personaggi femminili dei trentuno libri di Roth, quanto quelli maschili assomigliano a una qualche versione del loro creatore. Perché il piú evidente marchio di fabbrica della narrativa rothiana è lo spericolato, acrobatico e straordinariamente spassoso gioco di specchi fra la vita e l’invenzione, e la sua piú astuta strategia, come qui ben si evince, quella di nascondere l’indicibile in bella vista. In questo senso Philip Roth: la biografia è davvero un imprescindibile, prezioso vademecum per ogni lettore del genio di Newark.
«”Magistrale” e “definitiva” non rendono giustizia all’opera magna di
Bailey. […] L’autore ricostruisce la carriera di uno dei titani
letterari d’America, dando conto dei diavoli e degli angeli che hanno
forgiato la sua scrittura».
«O, The Oprah Magazine»
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