Age Pride
Il libro
Un terzo della popolazione italiana è composta da ultrasessantenni, hanno davanti decenni di vita ancora da vivere, non è mai successo prima. È una conquista o una condanna? Perché sia una conquista (un privilegio, una festa), bisogna liberarsi degli stereotipi, quelle «finte verità mai verificate, ma stabilizzate dalla ripetizione che ci rendono pavidi e conformisti». Sono le sbarre della gabbia che imprigiona il terzo e il quarto tempo della nostra carriera di esseri umani. Vanno divelte, per liberare la forza e l’intelligenza che l’accumularsi di anni, esperienze e consapevolezza ci hanno regalato. Age Pride è una requisitoria contro l’ageismo, tutto, anche quello introiettato, di cui spesso non ci rendiamo conto. È un manifesto contro lo stigma che colpisce chi non è piú giovane («Abbiamo vissuto troppo, sappiamo troppo per essere infilati a forza in una categoria»). Ma soprattutto è l’invito, ben circostanziato e convincente, a una festa possibile: quella dell’orgoglio d’aver vissuto, della voglia di continuare il viaggio della vita, considerando ogni età un Paese Straniero, da attraversare con la curiosità che merita, non la tappa di una via crucis, da accettare, rassegnati. Attraverso il racconto del proprio conflittuale rapporto con l’età che avanza, Lidia Ravera rivendica la maestosa allegria celata nella maturità e spiega come il tempo, da nemico che striscia alle tue spalle aspettando una resa incondizionata, possa trasformarsi in un alleato che ti consente una libertà imprevista e una vera rivoluzione interiore.
RECENSIONE
Un saggio graffiante - che si rifà alla tradizione letteraria francese -; un inno alla terza età o "terzo tempo", come Ravera ama chiamare questa fase della vita; anni che definisce pieni di "fascino e libertà". E auspica che in futuro venga istituito un Ministero delle Politiche senili.
Lidia Ravera, quando e perché ha deciso di scrivere "Age Pride"?
L'ho deciso quando ho scoperto che perfino io, nonostante mi
occupi del terzo tempo da decenni, in una tavolata in cui tutti
chiacchieravano della vecchiaia avendo cinquant'anni, cercavo di
buttare sul tavolo un altro argomento...di cambiare
musica...perché neppure io ero immune da quella stupida forma di
vergogna...Mi vergognavo di aver vissuto a lungo e intensamente,
invece di esserne orgogliosa.
Simone de Beauvoir diceva che "la vecchiaia resta un segreto
vergognoso, un soggetto proibito". Oggi è ancora così?
Sì, purtroppo, con la differenza che dura molto di più. Circa
trent'anni, prima si moriva prima. Adesso bisogna attrezzarsi
per un lungo e fiorito terzo tempo.
L'Italia non è "un Paese per vecchi"?
L'Italia è in mano ad una classe politica dalla vista corta. Non
hanno capito che i cosiddetti anziani sono il 24 per cento
dell'intera popolazione italiana. Che stanno mediamente bene. E
non hanno nessuna voglia di scomparire, sono una risorsa, i
grandi adulti, non un problema. Ma possono diventarlo, un
problema, se si continua ad ignorarli. In fondo sono la
generazione del femminismo, del '68. Attenti, appassionati, con
la vocazione del contestatore.
Perché il titolo del libro è in inglese?
Volevo richiamare il Gay Pride, per sottolineare sia il
coraggioso 'coming out' che la natura politica del problema: ci
sarà una giornata dedicata ai vecchi? E una manifestazione di
piazza per pretendere rispetto e diritti?
Nel suo libro scrive "Continuiamo a crescere di numero. E non
solo di numero. Siamo una forza. E siamo un problema politico".
In che senso gli anziani sono un "problema politico"?
Siamo tanti, siamo per larga parte una generazione di non
riconciliati. Molti di noi vivono in condizioni di estrema
povertà, molti altri sono infelici perché si sentono
discriminati e stigmatizzati. La politica è la scienza del
possibile, no? La politica ha per obiettivo la serenità e la
salute dei cittadini e delle cittadine, o no? Certo che la
mutazione demografica è un problema politico, che cosa se no?
I giovani hanno letto "Age Pride"?
I giovani sanno bene che se non muori giovane, vecchio o vecchia
lo diventi. Li vedo più interessati dei loro genitori. Nella
rivista 'DWF' sono state le trentenni a chiedere un numero
speciale che parlasse della vecchiaia, non le sessantenni, che
si sono anzi opposte.
Ai giovani è piaciuto "Age Pride"?
Sì, molto. L'idea che si possa vivere una vita che duri tutta la
vita, piace molto.
Perché non le piace la parola "anziani"?
È brutta. Finta. Discriminatoria. Mi piace 'grandi adulti',
oppure 'nuovi vecchi'.
La vecchiaia può essere un'opportunità?
La vecchiaia è una parte della vita, dipende da te che sia
un'opportunità e non un tempo vuoto.
Come vincere la paura di invecchiare?
Lottando contro gli stereotipi che avvelenano una fase della
vita piena di fascino e di libertà.
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