venerdì 31 maggio 2024

Famiglia, un concetto in evoluzione.

Famiglia, un concetto in evoluzione

Cosa rende tale una famiglia?

A questa domanda si può dare una pluralità di risposte.
C’è chi chiama in causa matrimonio e figli, chi la coppia, chi nuclei allargati, chi animali domestici, amici oppure coinquilini.

Oggi, siamo ben lontani dalla definizione che implicitamente si trova nell’articolo 29 della Costituzione, ossia di famiglia come “società naturale fondata sul matrimonio”.
Da un punto di vista sociologico, la famiglia è un gruppo sociale che si caratterizza per “residenza comune, cooperazione economica e riproduzione”. In senso più ampio, è considerabile un ecosistema formato da persone legate tra di loro da un rapporto di convivenza, parentela oppure affinità.
Eppure, queste definizioni continuano a dirci troppo poco. A mancare, è la componente emotiva e viscerale dei rapporti umani. Quell’elemento che ti fa considerare “famiglia” anche persone con le quali non si condivide casa o gradi di parentela. E con le quali persino le affinità possono essere relative.

L’evoluzione di “famiglia”

Negli ultimi decenni il concetto di famiglia sta profondamente mutando. Da nucleo familiare fondato sulla coppia eterosessuale, sposata con figli, si sta passando a un caleidoscopio di possibilità e declinazioni. Spesso, tuttavia, in ottica riduzionista.

A tal proposito, si stima che nel 2040 il 39% delle famiglie sarà costituito da persone che vivono da sole.
Secondo gli ultimi dati Istat disponibili, infatti, sebbene il numero di tipologie di famiglie stia progressivamente aumentando, si assiste a una progressiva riduzione della dimensione familiare. Con un aumento delle famiglie mononucleari e una contrazione di quelle numerose. L’ampiezza familiare media è attualmente di 2,3 componenti a fronte dei 2,6 di vent’anni fa. E dei 4,5 nel lontano 1861.

Attualmente, l’Istat riporta che le famiglie unipersonali rappresentano un terzo del totale e quelle mononucleari di coppie con figli (e senza altre persone), si attestano a poco più di tre su dieci.

La (mancata) rappresentazione delle “famiglie”

Ecco allora che oggi, Giornata Internazionale della Famiglia, può essere l’occasione per ripensare il concetto di “famiglia” e celebrarne ogni sua forma.
A mancare – nonostante l’evidenza che “famiglia” sia ormai un concetto lato – è infatti la sua rappresentazione al di là di quella tradizionale. Esclusi rari casi – si pensi alle campagne pubblicitarie Ikea, ad esempio – mancano rappresentazioni della pluralità familiare odierna.
I timidi tentativi di includere famiglie monogenitoriali, genitori divorziati o coppie senza figli all’interno degli spot televisivi, ad esempio, finiscono per diventare casi mediatici – come quello Esselunga della pesca – oppure rimandano (quasi) sempre e comunque alla coppia eterosessuale, cisgender e bianca.

La questione non si limita solamente alla pubblicità. Si riflette anche nei servizi rivolti alle famiglie – che siano privati o pubblici – nella giurisprudenza e, più in generale, nella considerazione sociale che si ha delle reti familiari. Basti pensare ai problemi legati al mancato riconoscimento legale di entrambi i genitori nelle famiglie LGBTQ+. Specialmente in caso di separazione o morte del genitore biologico.

Ciò che non viene nominato e rappresentato non esiste. Eppure le famiglie al di fuori di quella tradizionale esistono eccome. Ecco allora che sarebbe opportuno rinominare la ricorrenza di oggi in: “Giornata Internazionale delle Famiglie”. Nell’idea che “famiglia” sia dove ci si sente a casa. O, per parafrasare lo scrittore Nagib Mahfuz, dove cessano tutti i nostri tentativi di fuga.

Tags:
  • Famiglia
  • Famiglie lgbtq+
  • Figli
  • Genitori
  • Giornata internazionale della famiglia
  • Matrominio

 

 

Povertà, famiglie in affanno. E il futuro spaventa soprattutto le donne.

 


Povertà, famiglie in affanno. E il futuro spaventa soprattutto le donne.

mercoledì 29 maggio 2024

LA SOLITUDINE E' DIVENTATO UN PROBLEMA. COME RITROVARE IL SENSO DI APPARTENENZA?

  

La solitudine è diventato un problema.Come ritrovare il senso di appartenenza?

ARTICOLO PER RIVISTA O GIORNALE: Lgbtq+, sui diritti l’Italia resta indietro.

 

Lgbtq+, sui diritti l’Italia resta indietro

L’Italia è tra i 9 Paesi dei 27 Ue che non hanno firmato la dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità Lgbtq+. Il rifiuto ha provocato aspre critiche da parte del mondo politico mentre il mondo delle aziende ribadisce il proprio impegno a creare ambienti lavorativi accoglienti e rispettosi per tutti. Intanto però si assiste a un generale arretramento nei diritti, come testimoniato dalle 2 posizioni perse dall’Italia nella Rainbow Map di Ilga-Europe, e all’avanzare di violenze e crimini d’odio.

Passo indietro

A ridosso della Giornata mondiale contro l’omofobia, la transfobia e la bifobia (o Idahobit, che dal 2004 cade ogni 17 maggio), l’Italia ha scelto di non firmare la Dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità lgbtq+. L’Italia non è stato l’unico Paese a fare mancare il suo appoggio. Presentato dalla presidenza di turno belga del Consiglio ai governi Ue, il testo non ha ricevuto il sostegno di 9 Stati su 27, tra cui vari dell’Europa orientale.

Solo lo scorso 7 maggio, l’Italia aveva aderito alla dichiarazione contro l’Omofobia, Transfobia, Bifobia del Servizio di Azione Esterna Ue e dei 27. Tuttavia, fonti del ministero per la Famiglia, la Natalità e le Pari opportunità hanno spiegato all’Ansa che l’Italia non avrebbe firmato la più recente dichiarazione perché di fatto sbilanciata sull’identità di genere, quindi sostanzialmente il contenuto del disegno di legge Zan.

Qui Bruxelles

A livello internazionale il testo, redatto proprio in occasione dell’Idahobit, è stata presentato in una conferenza ad alto livello a Bruxelles. Per l’occasione si è discusso dei progressi e degli ostacoli all’attuazione della strategia dell’Ue sulla parità di diritti delle persone lgbtq+ e della via da seguire per la prossima Commissione.

L’incontro cade in un momento cruciale: manca poco, infatti, alla fine dell’attuale mandato del Parlamento europeo e dell’attuale collegio dei commissari della Commissione europea, che per la prima volta include un commissario specificamente incaricato dell’uguaglianza.

La riunione ha portato alla firma da parte di 18 Stati membri della dichiarazione congiunta sulla continua promozione dei diritti umani delle persone lgbtq+. I firmatari – per la precisione Austria, Belgio, Cipro, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Slovenia, Spagna, Svezia – si sono dunque impegnati ad attuare strategie nazionali per le persone lgbtq+, oltre che a sostenere la nomina di un nuovo commissario per l’uguaglianza quando sarà formata la prossima Commissione. Tale organo è stato inoltre invitato a perseguire e attuare una nuova strategia per migliorare i diritti delle persone lgbtiq+ nel corso della prossima legislatura, stanziando risorse sufficienti e collaborando con la società civile.

Le reazioni

Le reazioni alla mancata firma in Italia non si sono fatte attendere.

Nel mondo aziendale, Parks – Liberi e Uguali ha appreso con delusione la notizia che l’Italia non fosse tra i Paesi che hanno sottoscritto la dichiarazione sulla promozione delle politiche europee a favore delle comunità lgbtq+. «Le aziende e le istituzioni associate a Parks – ha dichiarato Igor Suran, direttore esecutivo di Parks – Liberi e Uguali, ad Alley Oop – continueranno con il loro impegno nella creazione dei luoghi di lavoro inclusivi in cui tutte le persone potranno liberamente esprimere il loro orientamento affettivo e sessuale e vivere con dignità la loro identità di genere». Parks è un’associazione che si pone l’obiettivo di aiutare le aziende a promuovere le proprie politiche di inclusione e, a breve, terrà il suo business forum, Lgbt+ People at Work. L’appuntamento annuale, arrivato alla sua decima edizione e in programma il 29 maggio, sarà l’occasione per fare il punto sulle principali questioni lgbtqia+, cercando di favorire l’inclusione e di combattere i pregiudizi più diffusi. 

Dure critiche al governo sono arrivate dalla politica e, in particolare, da parte dei partiti di opposizione. La segretaria del Pd Elly Schlein, a margine di un evento, ha accusato il governo di “fare campagna elettorale sulla pelle delle persone discriminate”. Secondo il leader del M5S Giuseppe Conte l’Italia avrebbe “deciso di inseguire il modello culturale orbaniano”, in riferimento al primo ministro ungherese Viktor Orbán, noto per le sue posizioni anti-lgbtq+. “Questa destra ci ha ufficialmente posizionato tra i Paesi che discriminano i suoi cittadini”, è stato invece il commento fatto dallo stesso Alessandro Zan, primo firmatario della legge contro l’omotransfobia, sui suoi profili social.

In Italia

Intanto l’Italia perde posizioni nella Rainbow Map di Ilga-Europe, organizzazione non governativa che lotta per l’uguaglianza e il rispetto dei diritti umani. Ogni anno la sigla, che riunisce oltre 600 organizzazioni provenienti da 54 nazioni dell’Europa e dell’Asia centrale, classifica i Paesi in base alle rispettive leggi e politiche per le persone lgbtq+. Nell’edizione aggiornata, l’Italia si posiziona al 36esimo posto su 49 Paesi europei, in materia di uguaglianza e tutela dei diritti. Con un punteggio che va da 0 a 100%, e una media dell’Ue pari a 50,60%, l’Italia ha ottenuto un risicato 25,41%.

Rispetto all’edizione precedente del 2023, l’Italia è scesa di due gradini e oggi si piazza tra Lituania e Georgia. Questo calo è dovuto a diversi fattori, spiega Ilga-Europe. Pesano lo stallo delle politiche sulla protezione legislativa in materia di diritti lgbtq+ e gli attacchi alle famiglie arcobaleno. Mentre il dibattito pubblico sul tema dei diritti diventa sempre più ostile, con esponenti del governo (dall’agenda socialmente conservatrice) che hanno espresso a più riprese negli ultimi mesi posizioni contrarie ai diritti della comunità lgbtq+.

L’Italia, ricordiamo, ha un disegno di legge che vuole rendere la maternità surrogata un “crimine universale”, così grave da essere perseguito anche se commesso all’estero. Nessun altro Paese ha un divieto simile. Tema che per altro non riguarda solo la comunità Lgbtq+.

In ambito lavorativo, un sondaggio di Istat-Unar ha rilevato che 1 persona lgbtq+ su 4 ha subito discriminazioni sul lavoro. Il 34,1% dei rispondenti ritiene che il proprio orientamento sessuale l’abbia svantaggiato nel corso della vita lavorativa in termini di riconoscimento e apprezzamento delle proprie capacità professionali; il 30,8% rispetto ad avanzamenti di carriera e crescita professionale

Il già fragile status della comunità Lgbt italiana è intaccato anche da un aumento delle violenze. Dalle analisi dei dati sulle consulenze e prese in carico di di Gay Help Line, emerge che gli episodi di discriminazione e odio sono cresciuti del 34% mentre la violenza verso le persone gay, lesbiche, trans e non binarie è intercorsa nel 53% dei casi totali. Risultano in aumento al 27% gli attacchi a coppie dello stesso sesso in luoghi pubblici.

Nel mondo

L’omobistransfobia non si arresta e, anzi, sembrerebbe crescere in maniera sostanziale in tutta Europa. Lo testimoniano gli ultimi dati dell’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali (Fra). Bullismo, molestie e violenza rimangono minacce costanti e sono aumentati nella vita di tutti i giorni. 1 persona lgbtq+ su 10 ha subito violenze, in leggero aumento rispetto alla rilevazione precedente di 5 anni fa.

Il numero di persone che hanno subito attacchi d’odio, comprese aggressioni fisiche e sessuali, nei 5 anni precedenti l’indagine è aumentato dall’11% nel 2019 al 14% nel 2023. Oltre 2 persone su 3 dichiarano di essere state vittime di bullismo a scuola, in tutti i paesi dell’UE, segnando un forte aumento rispetto alla precedente statistiche che era di 1 su 2 nel 2019. Infine solo 1 intervistato su 4 ritiene che il proprio governo stia combattendo i pregiudizi e l’intolleranza nei confronti delle persone Lgbtiq.

Tags:
  • Diritti
  • Diversità
  • Inclusione
  • Leggi
  • Lgbtq
  • Persone
  • Politica
  • Scelte
  • Unione europea

 

lunedì 27 maggio 2024

Review: Il nostro grande niente di Emanuele Aldrovandi, Einaudi.


Emanuele Aldrovandi
Il nostro grande niente
Einaudi
2024 Stile Libero Big
pp. 200 - € 17,00
 
Puoi ancora amare sapendo che sei sostituibile per chi ti sta accanto? La storia di un'ossessione che ci sfiora, o ci ha sfiorati, tutti. Un romanzo d'esordio che spiazza, manda in crisi, commuove.

Aldrovandi riflette sulla natura delle relazioni. Romanzo su fugacità di amore e vita
 
 
 
 
 

Il libro

Tra pochi giorni lui avrebbe sposato la ragazza con gli occhi grandi, se non fosse morto in un incidente stradale. E adesso la vede tornare in quella che era la loro casa, trovare il suo computer sul tavolo e le ciabatte che lei gli aveva regalato in corridoio, dove lui le ha lasciate. La tazza invece è sul bordo del lavandino: lei ci infila il naso dentro e scoppia a piangere. Non vuole mangiare, anche se la madre insiste, ha perso la fame. Poi però, distrattamente, beve un sorso di caffè, morde un biscotto, e si stupisce di trovarlo buonissimo, come prima che lui morisse, come sempre. Forse è in quel momento che inizia il suo faticoso ritorno alla vita, ed è la voce di lui a raccontarlo. Giorno dopo giorno, vede scorrere l’esistenza di lei – che cambia città, si sposa, ha figli – catturando le istantanee di un tempo che non gli appartiene; le alterna ai ricordi di un amore che credeva unico. Ma se avesse l’occasione di vivere ancora, come reagirebbe alla certezza che del suo grande amore, nel giro di un attimo, potrebbe non restare niente? Con leggerezza e disincanto, Emanuele Aldrovandi si interroga sulla natura delle relazioni, mettendo in scena il desiderio indicibile che il mondo finisca con noi.

«Se l’universo restasse fermo, anche solo per un secondo, la gravità lo farebbe collassare su sé stesso. Per questo motivo, nonostante io sia appena morto, i pianeti continuano a roteare intorno alle proprie stelle, le galassie procedono nel loro costante allontanamento le une dalle altre e tu giri la chiave nella porta di quella che fino a qualche ora fa era casa nostra».

 

Tutto scorre e il mondo non finisce con noi. Dopo la nostra morte, le stelle continuano a brillare, i fiumi a scorrere e l'universo procede al solito ritmo. È il tema chiave del romanzo d'esordio di Emanuele Aldrovandi, regista e autore di cinema e teatro. La storia ha il sapore di una sceneggiatura e il protagonista e io narrante, deceduto in un incidente stradale, è un novello Ghost; osserva dall'aldilà cosa succede sulla terra, segue la vita dell'amata che, a poco a poco, superato il dolore della perdita, si guarda intorno alla ricerca di un nuovo compagno. I capitoli scandiscono il tempo: al giorno duecentocinquantacinque lei si sta già tuffando tra le braccia di una vecchia fiamma e pianifica notti piccanti, seppur tra sensi di colpa. 
 
Al giorno milleventitre è pronta ormai per i fiori d'arancio:"Domani ti sposi", prende atto il Lui-fantasma che tiene d'occhio ogni cosa dal cielo; si mette anche a paragone con l'uomo che lo ha sostituito:"è ordinato, si prende cura delle cose tipo l'auto, il giardino, le lampadine da cambiare e le varie impellenze domestiche che io tendevo a procrastinare all'infinito".
    Aldrovandi costruisce una struttura gradevole e metafisica, per riflettere sulla caducità della vita e delle relazioni. 

Review: Stelle Solitarie di Cristina Marconi, Einaudi


Cristina Marconi
Stelle solitarie

 Einaudi
2024 Supercoralli
pp. 144 - € 17,50
 
La malattia, un viaggio in Texas, due amiche per la pelle 
 
Cosa vuol dire prendersi cura di qualcuno? Ci si riesce mai veramente? E, soprattutto, cosa cerchiamo per noi nello stare vicino a chi soffre? Houston è la città che da sempre risolve problemi, e lo fa con slanci grandiosi e ambizioni smodate. E cosa c'è di piú ambizioso che curare una malattia che sembra incurabile? Perciò è lí che Cristina accompagna la sua amica Vera, bellissima e piena di luce, che dalla vita ha ricevuto un colpo basso a cui non si rassegna. E forse anche Cristina è in qualche modo in cerca di una cura. Un racconto pieno di intelligenza, che si affida alla leggerezza per provare a dire cosa siamo, e cosa possiamo essere, davanti al dolore degli altri.
 
Cristina Marconi
 
Cristina Marconi ha vissuto all'estero per sedici anni, prima a Bruxelles e poi a Londra, scrivendo di politica estera, economia e cultura su vari giornali. Nel 2019 ha esordito con il romanzo Città irreale (Ponte alle Grazie) con cui ha vinto i premi Rapallo Opera Prima e Severino Cesari Opera Prima, oltre a essere entrata nella dozzina dello Strega. Nel 2021 ha pubblicato A Londra con Virginia Woolf (Giulio Perrone Editore) e nel 2022 Come dirti addio (Neri Pozza). Per Einaudi ha pubblicato Stelle solitarie (2024). Insegna scrittura alla Scuola Belleville di Milano, la città dove ora abita.
 

Il libro

Certe persone hanno con la sofferenza un rapporto confidenziale, e Cristina si è sempre considerata una di queste. Empatica, sentimentale, ma anche bravissima a farsi in quattro per dimostrare che la realtà può essere ridente, nonostante tutto. La malattia di Luca – marito, padre di sua figlia, amore simbiotico che ha fatto retrocedere a sfondo ogni altra cosa – l’ha attraversata cosí, sul viso un’espressione rassicurante e spiritata che non riesce a togliersi di dosso neanche ora che Luca sta bene. Chi non sta ancora bene invece è Vera, «l’amica zucchero», che dopo anni di compromessi faticosi con la malattia vuole andare nel posto in cui la cura si affronta con lo stesso piglio ardimentoso della corsa allo spazio, ispirata dalla stessa megalomania: Houston, la città che risolve problemi. E chi meglio di Cristina può starle accanto? Cosí comincia il viaggio di queste due amiche quarantenni, che hanno costruito il loro legame sulla capacità di raccontarsi la vita e di farla piú divertente di com’è, senza dover mai scegliere tra profondità e frivolezza. La bellezza è il loro principio di realtà: se agli altri serve come evasione, a loro ricorda esattamente ciò che conta, perché nella bellezza c’è anche celebrazione della vita, curiosità, immaginazione e gioco. Ma adesso Vera, come Luca, sembra aver cambiato luce: è solitaria, assorta, brilla un po’ in disparte rispetto alla sua costellazione originaria. Costretta a rinunciare alle sue ingenue fantasie di accudimento, spesso sola in una città di strade deserte costeggiate da grattacieli scintillanti e villette con il canestro sulla porta del garage, Cristina si dà allora il compito che le riesce meglio: fare di questo viaggio una storia, possibilmente un’avventura. In modo leggiadro e sapiente, Cristina Marconi si accosta al senso profondo dello stare accanto, al mistero della sofferenza e della speranza, fino a intravedere, a farci intravedere, una possibilità altrimenti inaccettabile: a un passo dal dolore degli altri – degli altri che amiamo – può accadere di scoprirci vivi, fortunati, persino felici.

 

 
"Il Texas è uno stato mentale", diceva John Steinbeck in Viaggi con Charley alla ricerca dell'America.

La frase del grande scrittore statunitense premio Nobel è riportata in epigrafe a questo romanzo di Cristina Marconi, giornalista e scrittrice, che in Stelle solitarie, uscito per Einaudi, racconta una storia di dolore e malattia. Ma anche di amicizia, di legami che sanno offrire "aiuto", "compagnia nella solitudine", "luccichio" e "risate". 

    Il titolo allude alla bandiera texana, conosciuta col nome di Stella solitaria ovvero Lone Star Flag. È a Houston che si recano le due protagoniste, Cristina e Vera, quarantenni, unite da un legame profondo. Houston, "la città che risolve problemi", gigantesca e con "un ruvido esotismo western". Vera, "l'amica zucchero", ha "occhi giganteschi e una giostra di espressioni accattivanti e buffe circondate dal sipario aperto di una chioma leonina". È malata da tempo, e a Houston, importante polo medico, potrebbe ritrovare la speranza, è il "posto in cui la cura si affronta con lo stesso piglio ardimentoso della corsa allo spazio". Vera reagisce alla notizia della malattia "con una ferrea determinazione a non farsi stravolgere la vita". Vera è una donna "dal portamento fiero, la risata eterna". Nella sofferenza trova conforto in tante persone, è circondata d'amore e ognuno le offre doni: "l'ironia, la forza, il coraggio fisico, delle insalate di quinoa surgelate, tanto ascolto". 

    Il libro è una riflessione sul senso profondo dello stare accanto, del prendersi cura degli altri e del mistero della sofferenza. Nei capitoli numerose le citazioni letterarie, l'elenco completo si trova in appendice al volume. Tra i titoli menzionati: Devozioni per occasioni di emergenza di John Donne; Malattia come metafora di Susan Sontag; Il grande amico, poesia di Vittorio Sereni; La montagna incantata di Thomas Mann. 

Review: Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa di Michela Marzano, Rizzoli



Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa

Michela Marzano

Rizzoli

Prezzo19,00 € Pagine 288







           









 

Marzano indaga su stupro e consenso

Storia ardente e lucida di Anna e che fa conti con sue fragilità 

Michela Marzano

 (Roma, 1970) è scrittrice, filosofa, editorialista de “la Repubblica” e de “La Stampa”. Ha pubblicato, tra gli altri, Volevo essere una farfalla (2011), L’amore è tutto: è tutto ciò che so dell’amore (Premio Bancarella 2014), Papà, mamma e gender (2015), L’amore che mi resta (2017) e Idda (2019).

Il libro

Ci sono stati periodi in cui Anna ci ha creduto, alla parità. Quella che va oltre le apparenze, “che premia indipendentemente dal genere, quella cui non interessa se sei truccata e come c’hai le gambe, e mette sullo stesso piano maschi e femmine”. Poi, però, come molte bambine e ragazze, puntualmente precipitava in quel bisogno, sempre lo stesso: essere vista, sentirsi preziosa. E, di fronte agli sguardi, alle mani, alle parole degli uomini, non riusciva a fare altro che cedere – spazio, voce, pezzi di sé. Abdicare al proprio corpo fino a sparire: come quella volta sul palco, lei che sognava di fare l’attrice e non riusciva a muovere un muscolo, divisa tra il desiderio di mostrarsi e il terrore di farlo davvero. Anche adesso, che lavora in radio e insegna in un master di giornalismo, l’istinto di ritrarsi per compiacere non l’abbandona mai del tutto. Poi, con i suoi studenti, si trova a discutere l’eredità del #MeToo a cinque anni dalla sua esplosione: da una parte loro, ventenni che scoprono la sessualità, dall’altra lei che ripensa al passato, a tutte le volte che ha ceduto. Quante sfumature diamo alla parola “consenso”? Quando possiamo essere sicuri che un “sì” non nasconda un’esitazione? Anna cerca colpevoli, ma non è sicura di potersi definire una vittima. Avrà bisogno di perdonare se stessa, guardandosi dentro con coraggio e onestà, per riuscire ad accettarsi e ad andare avanti. Michela Marzano invita lettori e lettrici a ragionare insieme con la curiosità e l’intelligenza che contraddistinguono la sua scrittura, in un romanzo che riflette sulle zone grigie e sull’ambiguità del rapporto che abbiamo con gli altri e con il nostro corpo. 

 

''Come fanno le altre a farsi sempre rispettare'' è la frase, la domanda che, scritta in corsivo, sempre ritorna durante questo romanzo riflessione della protagonista Anna, che si morde da sola la guancia sino a farla sanguinare, quando si trova in imbarazzo con se stessa, quando si rende conto di non essere riuscita a resistere a un incontro sessuale che non avrebbe voluto fare, di aver ceduto al desiderio per sentirsi viva, per poi punirsi per questo.

Così la sua narrazione a volte si interrompe di colpo, con una frase non conclusa, a mostrare la sua sorpresa o imbarazzo e a lasciar aperto il discorso, coinvolgendo il lettore nelle possibili conclusioni: ''Non c'è alcun'altra ragione, all'infuori di''. 

    E' questa la forza dei romanzi di Michela Marzano, docente di filosofia, quindi esperta di dialettica e capace di chiarezza esplicativa, che ci mette il cuore e la testa nel raccontare una storia per affrontare un tema che pare privato, dolorosamente privato, come nel coraggioso e bel memoire del 2021 ''Stirpe e vergogna'' sulla scoperta del passato fascista della sua famiglia e ora in questa ardente e lucida confessione di Anna, ''Sto ancora aspettando che qualcuno mi chieda scusa'', scritture che diventano prese di coscienza su aspetti caldi del nostro tempo costringendo chi legge a prendere posizione.
    Nel romanzo c'è la storia di Anna, ovviamente, sempre svilita e mortificata in famiglia così da non riuscire più a credere in se stessa, con tutte le sue incertezze e contraddizioni irrisolte che la fanno soffrire, col suo bisogno di piacere e essere accettata e il suo desiderio di non apparire. Con lei ci sono il professor Donno e il parrucchiere Alberto che la importunano da bambina; c'è un marito sposato e seguito in Francia per illudersi di essere amata, che invece la picchia e reclude e da cui fugge, e così tante altre storie, ma anche Carlotta, l'amica del cuore che la critica e consola, conosciuta durante i corsi di recitazione al centro Sperimentale di Roma, e c'è Alessia, la nuova amica, collega alla radio francese in cui lavorano, c'è la sua psicanalista naturalmente, e poi il fratello Alessio. Tutte queste vicende, questi rapporti si legano agli incontri sul lavoro, le donne intervistate dopo aver subito una violenza o gli studenti cui Anna insegna giornalismo, che discutono e affrontano le sue provocazioni su cosa sia il consenso, come si cerchi di colpevolizzare le donne per giustificare i maschi. 

    E' questo infatti, cercando di mettere a fuoco cosa sia la cultura maschilista dello stupro, il vero tema del libro, un tema sfuggente, difficile da definire, che ha le sue ambiguità, specie se non si arriva a un rapporto di fiducia. ''Se invece di accettare io permetto, di che sorta di adesione si tratta? Aderisco o sopporto? E se sopporto aderisco o cedo? e se cedo che tipo di consenso è mai questo?''. Rivendicando anche il diritto al puro gioco sessual-seduttivo che non deve necessariamente arrivare a quella conclusione, o a un cedere poi ripensandoci, trovandosi a disagio. E' per situazioni così che Anna sta ancora aspettando qualcuno le chieda scusa. Per essere stuprate non c'è sempre bisogno di sangue, lividi, vestiti strappati. E se accade, quel che la mente cerca di dimenticare, il corpo continua a ricordarlo.
    Per affrontare questi temi, a segnare una svolta, la nascita del movimento #metoo sino al #blancetonporc, le vicende di Weinstein, di Epstein e la Maxwell, le serie tv e tanti libri, con in testa quelli di Virginie Despentes e il suo ''King Kong Theorie''. C'è il ruolo della pornografia e il problema della reputazione. Insomma il romanzo intreccia strettamente col racconto il suo farsi saggio e discussione, analisi sociale e psicologica perché la realtà esistenziale, il modo di essere e sentirsi di Anna, dipendono da tutto il resto, dalle persone incontrate e dal mondo in cui vive, e solo facendo i conti e chiarezza su tutto questo potrà riuscire a accettarsi e accettare il nuovo amore. 

    Un romanzo speciale che ha una storia e dibatte idee e sentimenti, ragione e desiderio, inseguendo interrogativi e disagi di una donna, quasi, potremmo dire, mettendo a nudo il mondo interiore femminile di oggi. Per questo molte lettrici si identificheranno in questo libro che però dovrebbe essere letto soprattutto dai maschi, se la soluzione del problema viene dallo loro educazione sentimentale, dalla loro presa di coscienza, che non può mai prescindere dalla conoscenza. 

venerdì 24 maggio 2024

Qual'è il nocciolo duro della narrativa di Henry James, la sua grandezza più grande?

Copertina del libro Ritratto di signora di Henry James  Qual'è il nocciolo duro della narrativa di Henry James, la sua grandezza più grande?

Uno scrittore che rifugge i fatti, dei clamori. E' allusivo, sfuggente, tutto fruscii e scricchilii. Per molti versi la sua narrativa assomiglia alla vita stessa di James, che era un uomo di segreti e in quanto tale ha sempre mantenuto un velo di riserbo sugli avvenimenti che hanno segnato la sua personalità, trincerandosi dietro una fitta serie di abitudini e consuetudini.

James non ci ha mai messo in condizione di perdere di vista il caso principale; e siccome la sua mente è legata alla resa del male (persino del male) quale "più alto genere di giustizia", la simmetria del suo pensiero predispone a sistema l'intero corpo delle sue opere. 

Un progresso del male rappresentato, abbastanza ovviamente, nei termini del delitto, che diventa poi il male incarnato, il male che va a spasso su strade: ricco di charme, acculturato, sensibile - il male che si riesce a distinguere dal bene principalmente per il completo egotismo del suo aspetto. 

Tutto dava il tono, la sensazione che rese possibile le più crude manifestazioni presentate. L'ultima svolta è sempre quella dell'amico, dell'intimo che tradisce - sono studi di corruzione morale che rappresentano un'attitudine che fu di James fin dall'inizio, non sono il tardo frutto maturato con dolore dell'esperienza.

mercoledì 22 maggio 2024

REVIEW: "IL POPOLO E' IMMORTALE" DI VASILIJ GROSSMAN, ADELPHI


Vasilij Grossman

Il popolo è immortale

«Questo libro ci ricorda perché Grossman è stato uno dei più grandi cronisti della seconda guerra mondiale» («The Jewish Chronicle»).
Traduzione di Claudia Zonghetti
A cura di Robert Chandler, Julija Volochova
Biblioteca Adelphi, 757
2024, pp. 285, € 20,00  

 

 

 

Il libro

«Che cosa me ne faccio, ora, della mia vecchia vita, del mio lavoro ostinato e prezioso, di gioie e delusioni, dei miei pensieri, delle pagine che ho scritto?» si chiede Sergej Bogarëv mentre percorre il fronte nell’agosto del 1941, i tedeschi avanzano e le truppe sovietiche inesorabilmente retrocedono. È «una guerra mai vista prima», quella che si è abbattuta sul suo paese; una guerra che l’ha strappato all’insegnamento del marxismo e trasformato in commissario politico di un battaglione che, nel tentativo disperato di rallentare l’offensiva nazista, si ritroverà isolato oltre le linee nemiche; una guerra che per lui – come per tutti gli altri protagonisti del romanzo – segna una cesura netta e irreparabile. «Il popolo è immortale, la sua causa è immortale. Ma non si può risarcire la perdita di un uomo!» scriverà Grossman poco dopo la fine della guerra. E così, pur desideroso di infondere in chi combatteva ottimismo e coraggio, ci racconta i primi mesi dell’invasione tedesca – antefatto di Stalingrado e Vita e destino – attraverso pagine dure, che dipingono la distruzione e le disfatte, i pensieri dei soldati, la marcia dei contadini nella notte, sotto le "scie rosse dei proiettili traccianti che strisciavano lente verso le stelle», i campi e i boschi sottratti a chi ne conosceva da sempre ogni segreto e il vano eroismo di uomini semplici mandati a fronteggiare «l’esercito più forte d’Europa». Pagine di un ‘romanzo sovietico’, ma così audaci da abdicare a ogni ligia ortodossia. E, come sempre in Grossman, attraversate da un soffio epico che le trasforma in grande letteratura.

 

"Il popolo è immortale" inedito di Vasilij Grossman

Romanzo sulla guerra antinazista dell'autore di Vita e destino 
 
C'è l'orrore della guerra, ma anche la necessità di difendersi e combatter per la libertà in questo romanzo inedito in Italia di Vasilij Grossman, che sarà nelle librerie il 22 maggio, nel progetto di pubblicazione Adelphi di tutte le opere dell'autore di quel capolavoro che è 'Vita e destino'. Certo oggi, con in corso la guerra in Ucraina, 'Il popolo immortale', libro sull'eroico esercito russo che combatte, fa notizia, ma ha bisogno di trovare una sua ottica di lettura, senza comunque dimenticare che siamo davanti a un'opera con una sua valenza letteraria, abbastanza antiretorica e che parla della lotta contro l'esercito nazista nell'ultima guerra. 

    Certo, la differenza è evidente: allora i russi erano attaccati e invasi, mentre ora sono loro a invadere un altro paese con pretese di conquista. Si tratta dunque di avere questo presente e in più farsi sorprendere e coinvolgere da certe notazioni di Grossman o riflessioni che attribuisce ai suoi personaggi, partendo dal Commissario politico di battaglione Sergej Alexandrovic Bogarev. Ecco allora quel '''Sarà l'ultima, questa guerra?' si chiedeva Bogarev'', fumando in una notte di luna in un bosco di latifoglie con ''una gran voglia di fare tutto il possibile perché il mondo conoscesse solo giorni e notti così belle'' mentre infuria la battaglia, ma pensando ''che se Hitler vinceva, il mondo poteva anche dimenticarsi il sole, le stelle e una notte così'', che trova un suo senso preciso anche nell'attualità. 

    Grossman al momento dell'invasione tedesca ha 35 anni, come ci ricordano Robert Chandler e Julija Volochova curatori del volume e autori di una postfazione e della scelta dei materiali in appendice, ma si offre subito come volontario per il fronte, venendo invece assegnato alla 'Stella rossa' come corrispondente di guerra subito tra i più letti e apprezzati. Scrive per sostenere il morale delle truppe ed è mosso da una convinta fede comunista, ma già colpito dalle falsità della propaganda, così che in quegli articoli e in questo primo dei suoi tre romanzi di guerra, uscito nel 1942 a puntate proprio su 'Stella rossa' a conflitto in corso, avvertiamo i semi del suo successivo sviluppo umano e di scrittore. La svolta arriverà dopo la guerra, dopo lo scioglimento del Comitato antifascista ebraico e la scoperta che l'antisemitismo riusciva a passare praticamente senza soluzione di continuità dal nazismo hitleriano al comunismo stalinista, che tra l'altro andava mostrandosi nel suo sempre più spietato totalitarismo. 

    Queste pagine hanno una vivacità che è nella capacità di descrivere particolari e cogliere l'umanità nel quotidiano della vita dei soldati con l'immediatezza di chi ne è testimone e sente, per esempio, come il senso della violenza della guerra ''molti cuori della gente di campagna'' lo cogliessero in ''quell'avanzare di pesanti stivali di soldato sul corpo soffice di un raccolto non mietuto'' riconoscendo al buio il tipo di frumento. 

    Così, riferendo dei roghi nazisti di libri delle biblioteche russe, nota che ''Non c'è forza in grado di distruggere il pensiero di Marx e Lenin'', ma poi costruisce racconti più letterari attorno a un personaggio, ed ecco l'undicenne Lenja alla ricerca del padre disperso e sua nonna Maria Timofeevna.
    Allo stesso modo che nei suoi romanzi maggiori, Grossman trasferisce anche qui, e ancor più qui, nell'invenzione narrativa la realtà. I curatori riferiscono come i protagonisti principali Bogarev e il capitano Babadzan'jan siano trasfigurazioni di militari veri, che si era ritrovato ad ammirare e quindi idealizza. Allo stesso modo il comandante Mercalov incarna molti dei difetti di chi fu alla guida dell'esercito nei mesi disastrosi dell'inizio, ma poi, con la capacità di cambiare profondamente strategia, diviene l'emblema delle speranze dello scrittore di vittoria e cambiamento. 

    Senza dimenticare che il vero protagonista per l'autore è il popolo col che lo porta a interrogarsi sulla memoria e la mostruosità della guerra con i suoi morti, gente che si sacrifica per la libertà con generosità e eroismo: ''invano i poeti scrivono canzoni in cui sostengono che nomi e cognomi dei caduti vivranno nei secoli .... Chi è morto è morto. E chi va incontro alla morte lo sa .... Grande è il popolo che ha figli morti di una morte santa, semplice e austera nell'immensità dei campi di battaglia. Di loro hanno notizia il cielo e le stelle''. Perché non è vero, come dicono due tenenti che ''c'è una guerra in corso e intorno abbiamo solo frutteti e uccelli che cinguettano'' ignari e indifferenti, e Grossman, osservando e la vita degli animali, spiega come la ''guerra tocchi ogni forma di vita''. 

lunedì 20 maggio 2024

REVIEW: DOVE SI NASCONDONO LE LACRIME DI MARZIA SICIGNANO - MONDADORI

 

Dove si nascondono le lacrime, Sicignano racconta la Gen Z

Romanzo young adult e love story queer 
 
Dove si nascondono le lacrime

Marzia Sicignano
pubblicato da Mondadori

Generi Bambini e Ragazzi » Narrativa » Narrativa » Temi personali e sociali » Sessualità e relazioni » 13-16 anni

Collana Novel Pubblicato 26/03/2024 Pagine 264

 
  
Il libro

Perché si torna nei luoghi anche sapendo che non si può tornare indietro? Forse una parte di noi crede davvero che il passato se ne stia lì, ancora e ancora e in eterno, e che lo possiamo riacciuffare, per sapere che c'è, che ancora vive. Ma il passato smette di vivere mai? Chiara e Samuele rimettono piede sull'Isola a distanza di anni dal loro ultimo incontro. Anni che hanno reso pesanti i loro cuori. Prima che tutto cadesse in pezzi, Chiara e Samuele non erano soltanto cugini quasi fratelli, erano una cosa sola, talmente mescolati l'uno dentro l'altra da non capire dove iniziasse lui e dove lei. Ed era stato sempre così, da quando, bambini, si erano ritrovati a passare le loro estati a casa della nonna, la meravigliosa villa sull'Isola, un nido maestoso e accogliente che li aveva coccolati e fatti sentire protetti, felici nel loro isolamento. Poi però l'incontro con Siria aveva cambiato tutto, rendendo visibili le crepe del legame tra loro due, tra loro e la nonna, e soprattutto dell'idea che avevano dell'amore. Un amore in cui tutto - così era nella loro famiglia - si mischiava: il nero e il bianco, l'accoglienza di un abbraccio e gli sguardi di ammonimento, la sconfitta e la vittoria, la gelosia e l'unicità. Tutto, perché l'amore era questo, no?, la più grande contraddizione da risolvere, una guerra che non vinci e non perdi, che ti tiene vivo più di ogni altra cosa e che, alla fine, non si risolve mai. Ora però, dopo essersi feriti e persi, sono costretti a rivedersi e a rivivere il loro passato, facendo i conti con le fragilità, i sensi di colpa, le frasi pensate e mai dette. Separarsi, per loro, potrebbe essere stato un modo per ritrovarsi, anche se forse la parola giusta è trovarsi. L'unica possibile per chi, come loro, si era mischiato fino a perdersi.
 

"Le cose sono belle perché iniziano non perché finiscono" è una frase chiave, stampata tra i risvolti di copertina, di Dove si nascondono le lacrime, romanzo young adult, uscito per Mondadori, della scrittrice campana Marzia Sicignano.

La trama si snoda attorno a Chiara detta Chià e Samuele o meglio Samu, due cugini in simbiosi come non mai, "mescolati l'uno dentro l'altra da non capire dove iniziasse lui e dove lei". Passionali come il mare e il sole e l'Isola che fa da sfondo alle vicende della loro vita. 


    Storie travagliate intrecciate di ritorni e addii, pianti ed esplosioni di gioia.
    Altro personaggio è Siria. Per lei Chiara prova un amore totalizzante. In lotta con se stessa, tenta di concedersi a giovanotti aitanti incontrati in spiaggia, anche se la voce del cuore la spinge a fare marcia indietro: "Non sentivo niente, nella pancia. Non la stretta che mi prendeva quando Siria mi scostava i capelli dalla fronte. Non il formicolio alle gambe che sentivo quando Siria usciva dal mare tutta bagnata, si passava una mano tra i capelli per scrollarsi l'acqua di dosso". 


    Sicignano racconta legami che si sfilacciano e si logorano sì ma non arrivano mai al punto di spezzarsi: "Separarsi serve a ritrovarsi", dice Chiara all'adorato Samu e aggiunge:"Sappi, ti giuro, che non ho mai voluto niente così tanto, come voglio che tu sia felice". Con una prosa semplice, specchio del parlato, e descrizioni realistiche, l'autrice descrive l'eros, gli impeti, e i sogni della Generazione Z. Fra le altre recenti pubblicazioni di Marzia Sicignano, Dove non esistono gli addii (2021) e Dove ti nascondi (2022), entrambi editi da Mondadori.

 

LA CINQUINA DEL PREMIO STREGA EUROPEO 2024.



È stata annunciata la cinquina del Premio Strega Europeo che rinnova la collaborazione con il Salone Internazionale del Libro di Torino dove le autrici e gli autori selezionati presenteranno i rispettivi libri in gara, ciascuno in un incontro individuale, tra venerdì 10 e domenica 12 maggio. 


    I cinque libri candidati all'edizione 2024 sono: - Shida Bazyar, Di notte tutto è silenzio a Teheran (Fandango Libri), tradotto da Lavinia Azzone, Blogger Prize for Literature (al Salone del Libro venerdì 10 maggio ore 17,15 con Nadeesha Uyangoda).
    - Paul Lynch, Il canto del profeta (66thand2nd), tradotto da Riccardo Duranti, Booker Prize 2023.

(al Salone del Libro domenica 12 maggio ore 14,00, con Paolo Giordano) - Tore Renberg, La mia Ingeborg (Fazi), tradotto da Margherita Podestà Heir, Miglior libro 2023 per i librai norvegesi (al Salone del Libro sabato11 maggio ore 17,15 - con Francesca Giannone).

    - Neige Sinno, Triste Tigre (Neri Pozza), tradotto da Luciana Cisbani, Prix Femina 2023. (al Salone del Libro domenica 12 maggio ore 11,45, con Daria Bignardi).
    - Rosario Villajos, L'educazione fisica (Guanda), tradotto da Roberta Arrigoni, Premio Biblioteca Breve 2023 (al Salone del Libro sabato 11 maggio ore 15,00, con Veronica Raimo). 


    "Non è forse un caso, nella complessità e nelle difficoltà del presente che quest'anno i libri candidati abbiano come tema comune il riconoscimento e la trasfigurazione letteraria dei meccanismi alla base dell'oppressione, soprattutto, il riconoscimento di quanto essi siano radicati culturalmente e vengano esercitati sui più deboli, siano donne, bambini o cittadini privati dei propri diritti. Ma si sente forte, nella tensione di queste pagine, anche una volontà di ribellione e libertà" ha detto la direttrice del Salone di Torino Annalena Benini annunciando la cinquina. 


    La cerimonia di premiazione sarà domenica 12 maggio alle 18.30 al Circolo dei Lettori di Torino. È previsto un riconoscimento al traduttore del libro premiato, offerto da Bper Banca.
    Il premio, offerto dalla Fondazione Bellonci, viene assegnato ogni anno da una giuria composta da 25 scrittrici e scrittori italiani vincitori e finalisti del Premio Strega.

Neige Sinno vince il Premio Strega Europeo 2024.

 

Neige Sinno vince il Premio Strega Europeo 2024 

È Neige Sinno, con il romanzo Triste Tigre (Neri Pozza) a vincere l'undicesima edizione del Premio Strega Europeo con 10 voti su un totale di 23 espressi dalla giuria, composta da 25 scrittrici e scrittori italiani vincitori e finalisti del Premio Strega.

La cerimonia al Circolo dei Lettori di Torino.
    Già caso editoriale in Francia, vincitore del Prix Goncourt des Lycéens, del Prix Femina, del Prix Le Monde, del Prix Inrockuptibles, con diritti venduti in 17 paesi, Triste Tigre è attraversato da una domanda: "Colui che ha creato l'agnello ha creato anche la tigre?".
    Neige Sinno, nata nel 1977 nella regione delle Hautes Alpes, che dopo un periodo negli Stati Uniti si è trasferita in Messico, dove vive col compagno e la figlia, compie un viaggio nella storia di un trama vissuto quando doveva avere sette anni, forse nove, e il suo patrigno ha cominciato ad abusare di lei.

Il libro è anche un dialogo necessario con i grandi della letteratura che questo dolore l'hanno interrogato.
    Il riconoscimento è stato assegnato anche a Luciana Cisbani, traduttrice del libro vincitore, come segno "dell'importanza che hanno le traduzioni come strumento di dialogo e di conoscenza".

 

venerdì 17 maggio 2024

ARTICOLO PER GIORNALE O RIVISTA - NEI MONDI INFINITI (IL) TUTTO CI RIGUARDA.

 Contiene un'immagine di:

Nei mondi infiniti (il) tutto ci riguarda aggiunge ulteriore prospettiva a una visione dell'uomo nel segno della solitudine. Ovvero con una prospettiva in prima persona in cui le suggestioni dell'infanzia diventano il portale per altre dimensioni. Siamo in quella fase della vita in cui il mondo è ancora poroso, non soggetto a quei sistemi di categorie che, nella vita adulta, ci permettono di muoverci con efficacia al suo interno, ma dall'altro lato lo spogliano di magia, ed i bambini guardano, guardano a quel mondo ancora infinito, ben sapendolo gravido di misteri, ma già con un dubbio, un timore; non sarà che in tutti i mondi, non importa se fantastici o realistici, onirici o visionari, è sempre in agguato la solitudine?

Storie di uomini che girano per una città in cui realtà e visione si mischiano producendo enigmi per definizione irrisolvibili, dietro ai quali si celano le grandi domande che animano la poetica dell'autore: perchè siamo al mondo? Cosa ci facciamo qui, in mezzo al dolore e alla prostrazione? Perchè siamo bloccati in un corpo mortale? Per quale motivo siamo così piccoli e irrilevanti rispetto alla grandezza del cosmo e all'estensione del tempo dietro e davanti a noi? E perchè, se siamo così piccoli e irrilevanti, ci è stata data la facoltà di esperire almeno una stilla dell'infinito, dell'assoluto? Perchè la domanda è sempre accompagnata da una fortissima, lacerante domanda di salvezza?


venerdì 10 maggio 2024

NON SAPPIAMO CHI SAREMO DOMANI


 NON SAPPIAMO CHI SAREMO DOMANI

Ammettiamo di essere cambiati in passato, pensiamo di rimanere uguali in futuro. 

Ma non è così: bisogna imparare a prospettarsi tutte le diverse misure dell'essere.

Una ricerca mette in luce la difficoltà di programmare le scelte economiche e perfino le preferenze alimentari.

Immaginiamo di riempire con sincerità, anonimamente, un questionario che contenga domande sulla nostra stabilità emotiva, introversione o estroversione, apertura a nuove esperienze, credenze, giudizi morali e cos' via. Adesso che lo abbiamo riempito, ci viene chiesto di rifare tutto da capo con le risposte ceg avremmo dato dieci anni orsono. fatto? Ebbene, ora dobbiamo rifarlo di nuovo prevedendo come risponderemo tra dieci anni. Pensiamo proprio di poterlo di poterlo fare, ma così non è. 

Impressioni ingannevoli 

In genere alle persone l'oggi appare come la fine dei tempi interni, una sorta di capolinea della loro personalità. 

Ovvero, una cosa è prospettare, poniamo, una decisione che riguarda il 2024, altra cosa se diciamo <<tra sette anni>>, altra se diciamo <<quando sarò in pensione>>. Non dovrebbe fare differenza, ma non è così.

Qual'è il rimedio? Come adottare una maggiore razionalità nelle scelte che riguardano il futuro? Prospettare nella nostra mente tutte le diverse misure del tempo, formalmente equivalenti, ma psicologicamente distinte. Inquadrare noi e la realtà circostante secondo questi schemi, per renderci conto di come queste diverse misure impattano sulle nostre aspettative. Come sarà il cugino Piero e come il piccolo Andrea tra dieci anni? Poi veniamo a noi e traiamo le conseguenze.

giovedì 9 maggio 2024

DIECI APPUNTAMENTI DA NON PERDERE AL SALONE DEL LIBRO DI TORINO.

Dieci appuntamenti da non perdere al Salone del libro di Torino

Dal 9 al 13 maggio oltre 2500 incontri al Lingotto e nei dintorni, tra questi i premi Nobel Orhan Pamuk e Abdulrazak Gurnah

***

Sono quasi 2mila gli incontri che si tengono dal 9 al 13 maggio al Lingotto, in occasione del Salone del libro di Torino, per la prima volta diretto da una donna, Annalena Benini, oltre ai 500 che il programma del Salone Off ha disseminato sul territorio circostante.

Ai soliti padiglioni (1,2,3 e Oval) se ne è aggiunto un altro, il quarto, temporaneo, che è stato costruito all’esterno, e sarà dedicato alla formazione, alla sperimentazione e allo scambio tra generazioni. Inoltre, come già lo scorso anno, alcuni incontri si svolgeranno sul tetto dell’edificio, nello «spazio Pista 500» che ha riadattato la storica pista utilizzata dalla fabbrica Fiat per il collaudo delle auto e la sua rampa di accesso. Tra questi le «Lezioni sul tetto del Salone» come quella con Domenico Scarpa e Jasmine Trinca, dedicata a Natalia Ginzburg a cui si deve il titolo di questa edizione, «Vita immaginaria», tratto da uno dei suoi libri meno noti.

Per non perdersi nella moltitudine di appuntamenti che coinvolgeranno anche due premi Nobel, il turco Orhan Pamuk e Abdulrazak Gurnah - nato nell’isola di Zanzibar e arrivato in Inghilterra come rifugiato negli anni ’6o - ne abbiamo selezionati dieci un po’ per tutti i gusti.

10 maggio, ore 14:15-15:15, BookLab, padiglione 4, Nicola Gardini presenta il suo libro Studiare per amore Gioie e ragioni di un infinito incanto (Garzanti), un inno alla conoscenza in cui lo scrittore, poeta, latinista, pittore e docente di Letteratura italiana e comparata a Oxford, spoglia la parola “studiare” dei significati deteriori: liberato dal senso del dovere e dell’imposizione, lo studente diventa studioso, in grado di riconoscere nello studio la passione, l’intima ricerca, il dono di innumerevoli possibilità. L’11 maggio, alle 16 nel Bosco degli scrittori del pagiglione Oval, Gardini, con Emanuela Rosa Clot e Cristina Palomba parleranno della scrittrice Pia Pera a partire da Nina e Macchia e altre storie di alberi e giardini (Salani).

10 maggio, ore 17:00-18:00, sala Azzurra, padiglione 3, Elizabeth Strout, la scrittrice premio Pulitzer cui è stata anche affidata la lezione inaugurale del Salone (giovedì 9 alle 14 nella Sala Oro, Pad. Oval) dal titolo L’inizio molto lento della mia carriera molto veloce, parlerà con la sua traduttrice Susanna Basso e Marco Balzano del suo ultimo romanzo Lucy davanti al mare’ (Einaudi) ambientato al tempo della pandemia.

10 maggio, ore 18:30-19:30, auditorium, Centro Congressi, Salman Rushdie, per la prima volta in Italia dopo l’accoltellamento da parte di un fanatico nella quale ha perso un occhio, con Roberto Saviano presenterà Coltello. Meditazioni dopo un tentato assassinio’ (Mondadori), memoir in cui ha raccontato l’aggressione e come è riuscito a rialzarsi.

11 maggio, ore 13:45-14:45, sala Internazionale, padiglione 2, Lukas Bärfuss, Helena Janeczek, Shelly Kupferberg e Tonia Mastrobuoni si confronteranno sul tema «Shoah: memoria delle vittime e vittime della memoria. La narrazione del genocidio degli ebrei alla prova della contemporaneità». Helena Janeczek, scrittrice vincitrice del premio Strega, presenterà il suo nuovo libro Il tempo degli imprevisti’ (Guanda), poco dopo, alle 17:15 nella sala Magenta, padiglione 3, con con Benedetta Tobagi e Dario Voltolini.

11 maggio, ore 19:30-20:30, sala Rossa, padiglione 1, Mariangela Gualtieri leggerà dalle sue raccolte poetiche, quella appena uscita: Ruvido umano, sull’asprezza e la violenza degli uomini e Bello mondo (Einaudi).

12 maggio, ore 12:15-13:15, sala Azzurra, padiglione 3, James Ellroy, maestro del noir americano, presenterà con Alberto Infelise il suo ultimo romanzo: Gli incantatori (Einaudi) in cui troviamo Freddy Otash deciso a sciogliere il mistero della morte di Marilyn Monroe.

12 maggio, ore 13:00-14:00, sala Rosa, padiglione 1, Vivian Lamarque parlerà della sua raccolta L’amore da vecchia (Mondadori), il libro che ha vinto la prima edizione del premio Strega Poesia, con Stefano Petrocchi. Poco dopo, alle 15.15, (Sala Granata, Pad. 1) Lamarque racconterà Emily Dickinson in occasione della pubblicazione di Tutte le poesie nei Meridiani Mondadori). Con Marco Corsi.

12 maggio, ore 14:00-15:00, sala Bianca, piazzale Oval, Paul Lynch, fresco vincitore del Man Booker prize, con Paolo Giordano racconterà il suo ultimo romanzo: Il canto del profeta (66thand2nd), che è anche candidato al premio Strega europeo, insieme a Shida Bazyar, con Di notte tutto è silenzio a Teheran (Fandango Libri), Tore Renberg, con La mia Ingeborg (Fazi), Neige Sinno, con Triste Tigre (Neri Pozza), Rosario Villajos, con L’educazione fisica (Guanda). Tutti i finalisti del premio sono presenti al Salone, e il vincitore sarà annunciato domenica 12 maggio alle 18.30 presso il Circolo dei Lettori di Torino. Sempre il 12 maggio Lynch parteciperà anche alla discussione con Lorenzo Gramatica La letteratura può aiutarci a sentire il dolore degli altri? alle 16 nella sala Madrid del Centro Congressi

12 maggio, ore 16:00-17:00, sala Azzurra, padiglione 3, Abdulrazak Gurnah, premio Nobel per la letteratura nel 2021 ,parlerà del suo ultimo romanzo, L’ultimo dono (La nave di Teseo) con il suo traduttore Alberto Cristofori e Alessia Rastelli. È la storia di Abbas, che non ha mai raccontato a nessuno di quanto accaduto prima di imbarcarsi in Africa come marinaio, prima di incontrare la sua futura moglie Maryam a Exeter e iniziare con lei una vita tranquilla assieme ai loro figli, Jamal e Hanna. A 63 anni Abbas divenuto afasico a causa di un ictus, teme di non poter più confessare il segreto che ha sempre portato con sé. Con lui Gurnah scava nei segreti di una famiglia per mostrare quanto è importante comprendere il passato per capire chi siamo veramente, e chi abbiamo davvero di fronte.

12 maggio, ore 18:30-19:30, sala Azzurra, padiglione 3, Orhan Pamuk, premio Nobel per la letteratura 2006 racconterà con Annachiara Sacchi il suo ultimo romanzo: Ricordi di montagne lontane (Einaudi). La letteratura turca sarà rappresentata anche dalla scrittrice e giornalista, ormai in esilio, Asli Erdogan, che il 10 maggio, alle 16, nella sala Bianca del piazzale Oval parlerà del suo ultimo libro tradotto in italiano: Tutte le ore e nessuna (Tamu) con Francesca Sforza.

  • Argomenti
  • scrittore
  • Einaudi
  • Torino
  • FIAT
  • Garzanti

 

lunedì 6 maggio 2024

Il lungotermismo, “L’utopia dei miliardari” che spopola nella Silicon Valley

 

Il mondo sta finendo, ci prenderemo l’universo.

Non è il titolo di un film di fantascienza, ma una delle soluzioni proposte dal lungotermismo: una filosofia molto in voga tra le élite dei miliardari statunitensi, in particolare nel mondo tech, che sta facendo discutere. Perché? Ha provato a spiegarlo Irene Doda ne “L’Utopia dei Miliardari. Analisi e critica del lungotermismo”, un libro in cui l’autrice, con sguardo acuto e critico, analizza il fenomeno nei suoi molteplici aspetti, portando alla luce le sfumature e le motivazioni nascoste dietro questa filosofia nascente.

L’assunto di base è piuttosto semplice: le azioni che compiamo oggi – sia noi come individui singoli sia collettivamente, come società – devono essere mosse dall’intenzione di migliorare il futuro a lungo termine di tutta l’umanità. Di primo acchito potrebbe sembrare un proposito nobile, se non fosse che l’umanità di cui si parla è “in potenza”. Cosa significa? Le vite degli esseri umani potenzialmente esistenti in un futuro remoto, contano esattamente quanto quelle delle persone attualmente viventi.
È un po’ come dire: perché cercare di risolvere la fame nel mondo, ora, se si può promettere di trasferire l’umanità su Marte, tra duecentomila anni?

L’arroganza del potere

Come si possono prevedere con certezza le traiettorie di evoluzione dell’umanità, non solo nelle prossime generazioni, ma addirittura nei millenni a venire, quando tutti i segnali che provengono dal pianeta sono allarmanti e spingono a un’azione immediata se vogliamo evitare il tracollo della Terra?
I lungotermisti si pongono con un atteggiamento intellettuale che l’autrice definisce arrogante, quello di chi è convinto di poter controllare il futuro, predirlo attraverso calcoli matematici e poi proporre formule universali per la soluzione di problemi complessi.

Chi sono i miliardari tech, fan del nuovo culto

Uno degli aspetti che desta preoccupazione è l’ambiente in cui questa filosofia si sviluppa, e quelli che riesce a raggiungere. Tra i fan del lungotermismo troviamo ad esempio Elon Musk, fondatore di Future of Life Institute, organizzazione affine ai valori lungotermisti, ad oggi finanziata da oltre 1.500 donatori: il maggiore, citato sul sito, è Vitalik Buterin, il fondatore della criptovaluta Ethereum. E se l’idea di Elon Musk del viaggio spaziale come occasione per colonizzare il sistema solare per rendere l’umanità una specie multiplanetaria è nota, forse è meno conosciuta la donazione di diversi milioni di dollari fatta al Future of Humanity Institute. Cos’è?

“Il Future of humanity institute – racconta il libro – fa parte di un’istituzione culturale molto potente, l’università di Oxford. All’interno della stessa, e con obiettivi molto simili, nel 2018 è nato il Global Priorities Institute. Entrambi i think tank offrono posizioni lavorative, borse di studio e opportunità nel tentativo di allargare la comunità di seguaci dell’ideologia lungotermista. Non mancano esempi analoghi anche nel settore privato, come la fondazione Effective Ventures, a sua volta finanziata da Open Philanthropy, nata dalla partnership tra due enormi organizzazioni: GiveWell e Good ventures. Good ventures è stata fondata nel 2011 da Dustin Moskovitz, cofondatore di Facebook, insieme a sua moglie Cari Tuna“.

Se dopo questo groviglio di associazioni, enti e founder, intrecciate l’una all’altra, si è creata nella vostra testa un po’ di confusione, forse potrebbe aiutare spiegare cosa hanno in comune tutte queste persone e associazioni. “Legami con le università d’élite americane, con il mondo della Silicon Valley e con i grandi fondi di investimento”, si legge nel libro. “Sono inoltre tutte persone bianche e in grandissima maggioranza uomini”.

Il potere politico dei lungotermisti

Un altro aspetto da non sottovalutare, su cui l’autrice invita a riflettere, è l’influenza politica dei lungotermisti, e la loro capacità di farsi strada tra le maglie del potere mondiale. Persone, scrive Doda, che “non hanno dalla loro parte solo le più importanti élite tech, ma godono di una crescente simpatia tra i decisori politici occidentali.

Toby Ord, ad esempio, uno dei primi a utilizzare il termine lungotermismo, è stato consigliere dell’Organizzazione mondiale della sanità, della Banca mondiale, del World Economic Forum, del Consiglio per l’intelligence degli Stati Uniti e del Governo britannico. Sam Bankman-Fried, seguace dell’altruismo effettivo (la corrente a cui il lungotermismo si ispira), “nonché fondatore della piattaforma di scambio di criptovalute FTX, fallita lo scorso novembre, ha incontrato Bill Clinton e Tony Blair”. Holden Karnofsky, sopra citato, collabora con l’Ocse in qualità di esperto di intelligenza artificiale.
Per questi motivi, secondo l’analisi dell’autrice, “il lungotermismo potrà avere effetti molto concreti sulla distribuzione delle risorse, sulla gestione della crisi climatica, sul modo con cui affrontiamo le diseguaglianze.”

Il business dell’apocalisse

In questa visione di grande prosperità futura, che non risente dei confini terrestri, temi come il cambiamento climatico non rappresentano un problema né tantomeno un’emergenza. Il rischio dei disastri naturali e il timore dell’estinzione creano inoltre una falsa immagine di una collettività di individui tutti ugualmente vulnerabili, quando di fatto […] le differenze di classe influenzano enormemente la capacità di adattamento delle comunità ai cambiamenti climatici. I super ricchi hanno attivamente già iniziato a progettare la loro fuga dal mondo in fiamme: basti pensare al business dei bunker post-apocalittici di lusso, in crescita negli ultimi periodi.

I miliardari, soprattutto quelli provenienti dai circoli tech e dalla Silicon Valley, sono molto interessati all’idea del collasso della civiltà. A come loro possano sopravvivere alla fine, ma anche a come trasformare la fine del mondo in una straordinaria opportunità di business. Nel libro “Solo i più ricchi. Come i tecnomiliardari scamperanno alla catastrofe lasciandoci qui”, lo studioso di impatti sociali della tecnologia Douglas Rushkoff racconta di un suo incontro con cinque delle persone più ricche del pianeta in una località segreta, per offrire una consulenza sul futuro della tecnologia. Il testo di Rushkoff è un resoconto dell’esperienza al limite dell’assurdo, del suo dialogo con i cinque super ricchi che stavano ragionando su come allestire il loro rifugio dell’apocalisse. Le domande che il professore si è visto porre erano le più svariate, da “in quale criptovaluta è più sicuro investire?”, fino a “come proteggere il bunker dalle folle inferocite e impedire che le mie forze di sicurezza private si ribellino ed eleggano un loro leader?”.[…]

Quanto è radicata questa filosofia e come si sta espandendo?

“Il lungotermismo è ancora una filosofia elitaria, che circola principalmente in ambienti tech e accademici”, afferma Doda ad Alley Oop – Il Sole 24 Ore. “Sta però prendendo piede in alcune grandi istituzioni come le Nazioni Unite e alcuni dei suoi concetti chiave, come quello di rischio esistenziale, sono diventati centrali nei discorsi sull’intelligenza artificiale”.

Possiamo fare qualcosa?

Alla luce di questo quadro, il lettore si chiede se esista una via d’uscita, un’alternativa percorribile per non restare osservatori passivi. Lo abbiamo chiesto a Doda. “Io penso di sì”, risponde. “Cominciando, magari, a capire davvero le problematiche attuali e come impattano sui cittadini di oggi e sulle prossime generazioni, quelle su cui abbiamo un effettivo spazio di influenza, togliendo il monopolio del discorso ai miliardari e riconducendole all’interno di uno spazio democratico”.

La pars construens, ricorda l’autrice, è sempre difficile, dal momento che, quando si parla di accesso al potere, vi è una grande distanza tra i cittadini e le cittadine comuni e chi detiene il potere economico. “Tuttavia – conclude – possiamo forse imparare qualcosa dal relativo successo del lungotermismo: l’idea che abbiamo bisogno di avere una visione del futuro, oltre che di comprendere e dibattere, nelle sedi democratiche e popolari, idee complesse come quelle sullo sviluppo tecnologico. Immaginare radicalmente qualcosa di diverso, non semplicemente reagire alle emergenze, è fondamentale per iniziare a costruire. Io propongo di partire dal basso, ispirarsi ai movimenti di rottura radicali, come quello ambientalista e quello transfemminista, che da luoghi periferici hanno saputo parlare al mondo. Si possono trovare anche altri esempi. Ma non possiamo lasciare l’immaginazione del futuro, e l’utopia, solo ai miliardari”.

Autrice: Irene Doda
Titolo: “Utopia dei miliardari. Analisi e critica del lungotermismo”
Editore: Tlon, 2024
Prezzo: 12 euro

 ***

      Tags:

  • Altruismo effettivo
  • Apocalisse
  • Cambiamento climatico
  • Elon musk
  • Futuro
  • Immaginazione
  • Intelligenza artificiale
  • Longtermism
  • Lungotermismo
  • Space economy
  • Utopia
  • Visione

 Il lungoterminismo (dall'inglese longtermism, da long term 'lungo termine'; talvolta italianizzato approssimativamente in lungotermismo) è una corrente di pensiero che considera eticamente prioritario influenzare positivamente il futuro dell'umanità «a lungo termine».