mercoledì 22 maggio 2024

REVIEW: "IL POPOLO E' IMMORTALE" DI VASILIJ GROSSMAN, ADELPHI


Vasilij Grossman

Il popolo è immortale

«Questo libro ci ricorda perché Grossman è stato uno dei più grandi cronisti della seconda guerra mondiale» («The Jewish Chronicle»).
Traduzione di Claudia Zonghetti
A cura di Robert Chandler, Julija Volochova
Biblioteca Adelphi, 757
2024, pp. 285, € 20,00  

 

 

 

Il libro

«Che cosa me ne faccio, ora, della mia vecchia vita, del mio lavoro ostinato e prezioso, di gioie e delusioni, dei miei pensieri, delle pagine che ho scritto?» si chiede Sergej Bogarëv mentre percorre il fronte nell’agosto del 1941, i tedeschi avanzano e le truppe sovietiche inesorabilmente retrocedono. È «una guerra mai vista prima», quella che si è abbattuta sul suo paese; una guerra che l’ha strappato all’insegnamento del marxismo e trasformato in commissario politico di un battaglione che, nel tentativo disperato di rallentare l’offensiva nazista, si ritroverà isolato oltre le linee nemiche; una guerra che per lui – come per tutti gli altri protagonisti del romanzo – segna una cesura netta e irreparabile. «Il popolo è immortale, la sua causa è immortale. Ma non si può risarcire la perdita di un uomo!» scriverà Grossman poco dopo la fine della guerra. E così, pur desideroso di infondere in chi combatteva ottimismo e coraggio, ci racconta i primi mesi dell’invasione tedesca – antefatto di Stalingrado e Vita e destino – attraverso pagine dure, che dipingono la distruzione e le disfatte, i pensieri dei soldati, la marcia dei contadini nella notte, sotto le "scie rosse dei proiettili traccianti che strisciavano lente verso le stelle», i campi e i boschi sottratti a chi ne conosceva da sempre ogni segreto e il vano eroismo di uomini semplici mandati a fronteggiare «l’esercito più forte d’Europa». Pagine di un ‘romanzo sovietico’, ma così audaci da abdicare a ogni ligia ortodossia. E, come sempre in Grossman, attraversate da un soffio epico che le trasforma in grande letteratura.

 

"Il popolo è immortale" inedito di Vasilij Grossman

Romanzo sulla guerra antinazista dell'autore di Vita e destino 
 
C'è l'orrore della guerra, ma anche la necessità di difendersi e combatter per la libertà in questo romanzo inedito in Italia di Vasilij Grossman, che sarà nelle librerie il 22 maggio, nel progetto di pubblicazione Adelphi di tutte le opere dell'autore di quel capolavoro che è 'Vita e destino'. Certo oggi, con in corso la guerra in Ucraina, 'Il popolo immortale', libro sull'eroico esercito russo che combatte, fa notizia, ma ha bisogno di trovare una sua ottica di lettura, senza comunque dimenticare che siamo davanti a un'opera con una sua valenza letteraria, abbastanza antiretorica e che parla della lotta contro l'esercito nazista nell'ultima guerra. 

    Certo, la differenza è evidente: allora i russi erano attaccati e invasi, mentre ora sono loro a invadere un altro paese con pretese di conquista. Si tratta dunque di avere questo presente e in più farsi sorprendere e coinvolgere da certe notazioni di Grossman o riflessioni che attribuisce ai suoi personaggi, partendo dal Commissario politico di battaglione Sergej Alexandrovic Bogarev. Ecco allora quel '''Sarà l'ultima, questa guerra?' si chiedeva Bogarev'', fumando in una notte di luna in un bosco di latifoglie con ''una gran voglia di fare tutto il possibile perché il mondo conoscesse solo giorni e notti così belle'' mentre infuria la battaglia, ma pensando ''che se Hitler vinceva, il mondo poteva anche dimenticarsi il sole, le stelle e una notte così'', che trova un suo senso preciso anche nell'attualità. 

    Grossman al momento dell'invasione tedesca ha 35 anni, come ci ricordano Robert Chandler e Julija Volochova curatori del volume e autori di una postfazione e della scelta dei materiali in appendice, ma si offre subito come volontario per il fronte, venendo invece assegnato alla 'Stella rossa' come corrispondente di guerra subito tra i più letti e apprezzati. Scrive per sostenere il morale delle truppe ed è mosso da una convinta fede comunista, ma già colpito dalle falsità della propaganda, così che in quegli articoli e in questo primo dei suoi tre romanzi di guerra, uscito nel 1942 a puntate proprio su 'Stella rossa' a conflitto in corso, avvertiamo i semi del suo successivo sviluppo umano e di scrittore. La svolta arriverà dopo la guerra, dopo lo scioglimento del Comitato antifascista ebraico e la scoperta che l'antisemitismo riusciva a passare praticamente senza soluzione di continuità dal nazismo hitleriano al comunismo stalinista, che tra l'altro andava mostrandosi nel suo sempre più spietato totalitarismo. 

    Queste pagine hanno una vivacità che è nella capacità di descrivere particolari e cogliere l'umanità nel quotidiano della vita dei soldati con l'immediatezza di chi ne è testimone e sente, per esempio, come il senso della violenza della guerra ''molti cuori della gente di campagna'' lo cogliessero in ''quell'avanzare di pesanti stivali di soldato sul corpo soffice di un raccolto non mietuto'' riconoscendo al buio il tipo di frumento. 

    Così, riferendo dei roghi nazisti di libri delle biblioteche russe, nota che ''Non c'è forza in grado di distruggere il pensiero di Marx e Lenin'', ma poi costruisce racconti più letterari attorno a un personaggio, ed ecco l'undicenne Lenja alla ricerca del padre disperso e sua nonna Maria Timofeevna.
    Allo stesso modo che nei suoi romanzi maggiori, Grossman trasferisce anche qui, e ancor più qui, nell'invenzione narrativa la realtà. I curatori riferiscono come i protagonisti principali Bogarev e il capitano Babadzan'jan siano trasfigurazioni di militari veri, che si era ritrovato ad ammirare e quindi idealizza. Allo stesso modo il comandante Mercalov incarna molti dei difetti di chi fu alla guida dell'esercito nei mesi disastrosi dell'inizio, ma poi, con la capacità di cambiare profondamente strategia, diviene l'emblema delle speranze dello scrittore di vittoria e cambiamento. 

    Senza dimenticare che il vero protagonista per l'autore è il popolo col che lo porta a interrogarsi sulla memoria e la mostruosità della guerra con i suoi morti, gente che si sacrifica per la libertà con generosità e eroismo: ''invano i poeti scrivono canzoni in cui sostengono che nomi e cognomi dei caduti vivranno nei secoli .... Chi è morto è morto. E chi va incontro alla morte lo sa .... Grande è il popolo che ha figli morti di una morte santa, semplice e austera nell'immensità dei campi di battaglia. Di loro hanno notizia il cielo e le stelle''. Perché non è vero, come dicono due tenenti che ''c'è una guerra in corso e intorno abbiamo solo frutteti e uccelli che cinguettano'' ignari e indifferenti, e Grossman, osservando e la vita degli animali, spiega come la ''guerra tocchi ogni forma di vita''. 

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