RECENSIONE DAL LIBRO "TUTTI I RACCONTI" DI FRANK KAFKA - GREGOR, L'INSETTO - MONDADORI
APPROFONDIMENTO
La frase con cui il racconto si apre:<< Quando Gregor Samsa si svegliò un mattino da sogni inquieti, si trovò trasformato, nel proprio letto, in un immenso insetto>>, mentre ci immette immediatamente, quasi brutalmente nel vivo dell'azione, segna anche <<il tono>> generale della narrazione che Kafka seguirà fedelmente per tutto il corso dell'opera. Esso si avvale di uno stile asciutto, essenziale, preciso, estremamente realistico: l'autore non indulge nè a facili effetti di drammaticità nè alla troppa scoperta espressione dei sentimenti propri o del suo protagonista. Già questo atteggiamento di assoluta freddezza, di impertubabilità con cui Kafka raffigura le metamorfosi di Gregor, è allucinante. L'assurdo della situazione par divenire, così, un evento più che possibile, normale, ovvio, si direbbe quotidiano. Dapprima l'attenzione dell'autore indugia, diligente e scrupolosa, sui particolari fisici dell'insetto (la schiena corazzata e dura, le molte zampe, pietosamente sottili che tremolavano inerti), poi sui muri della stanza, il tavolo, il campionario, il ritratto appeso al muro: ne viene un effetto di contrasto. L'improvvisa anormalità di Gregor si inquadra in un ambiente che è rimasto lo stesso, normale, riconoscibile (la camera ... era lì tranquilla con i suoi quattro muri ben noti). Tutto è così consueto, che Gregor non si preoccupa. Non possiamo dire che reprima nè lo stupore, nè meno che mai, la disperazione. Vuol convincersi - e ci riesce presto - che nulla di veramente importante è successo. Cerca di addormentarsi, attribuisce il dolore che sente al fianco, alla stanchezza prodottagli dall'intenso ritmo di lavoro al quale si è sottoposto. In altre parole, egli rifiuta la propria metamorfosi, semplicemente ignorandola, costringendo i suoi pensieri a fissarsi su altri argomenti, a indirizzarsi sulle cose più normali di una vita uguale ad infinite altre. Quella breve meditazione che egli fa e che inizia con:<<Oh Dio che professione faticosa mi sono scelta!>>. Non è che un insieme di frase fatte e di luoghi comuni. Gregor rifugge dall'accettare la nuova identità attaccandosi alla propria realtà del giorno prima: <<se tutto è lo stesso, camera, mobili, bauli, perchè egli solo dovrebbe esser cambiato così radicalmente?>> Pensa e ragiona come fan tutti, vuol essere, anche qui, come gli altri, normale. Ma è proprio il pensiero abituale del lavoro di sempre che lo risospinge alla nuova realtà della strana metamorfosi che egli non voleva prendere in considerazione. La condanna del protagonista viene così confermata proprio dai tentativi che egli fa per ignorarla. Cosa capita infatti? Quanto di più consueto si possa immaginare. Il giovane guarda la sveglia, pensa al lavoro, al ritardo, al treno. Qui lo stile di Kafka si fa più concitato: la successione delle immagini che si presentano alla mente di Gregor (il diretto, il fattorino, il medico della mutua), ciascuna minacciosa e recente in sè il presagio d'un pericolo prossimo e inevitabile, è drammatica ed esprime l'ansia del protagonista che ormai si rende conto di essere in una situazione senza vie d'uscita. O, meglio, in questa fase lo intuisce soltanto: perciò proietta il proprio affanno non sulla sua nuova realtà di insetto (questo significherebbe piombare nella disperazione e Gregor, come chiunque, vuole evitarlo) ma, sulla realtà degli altri, del lavoro, delle quotidiane preoccupazioni, quella realtà ch'era stata la sua fino a poco prima.
Anche la sua voce ha subito un cambiamento. Egli lo nota casualmente, quando risponde alla madre venuta a chiamarlo. Gregor scopre lentamente, particolare dopo particolare, il suo nuovo essere grazie a diverse occasioni che gli si presentano. Anch'esse sono delle più comuni, ma la loro funzione - ora che è mutato l'aspetto fisico dell'uomo - è, in questa nuova paradossale situazione, di eccezionale importanza. Acquistano, ora, qualcosa di allucinante. Mentre egli tenta di recuperare la realtà del giorno avanti e di comportarsi normalmente, proprio questa realtà, rimasta la stessa, lo esclude da sè. Tutta la storia di Gregor, da questo tragico mattino fino alla morte, sarà caratterizzata da questo suo tentativo, sempre inutile ma sempre ripetuto con disperazione lucida, con tenacia costante, di essere in qualche modo <<con gli altri>>, il più possibile simile a loro.
Eppure egli che, come uomo, agiva nell'ambiente, aveva influsso sulla famiglia, ne dirigva, anzi, la vita, giocando un ruolo attivo nei confronti del proprio destino e di quello dei suoi cari, ora è costretto <<a non fare, bensi ad essere fatto>>, condannato ad una funzione di inerte passività. Gregor, ad esempio, non scopre da sè la sua nuova realtà e la gravità del proprio stato: sono gli altri che, senza saperlo, lo spingono pian piano a scoprirla, a costatarne l'assurdità e l'irreversibilità. Con la perdita dell'abituale aspetto esteriore, l'uomo ha, così, perduto tutto; da autore della propria sorte è diventato oggetto, condizionato da circostanze impreviste, contro le quali egli non può nulla. E' presentato qui uno dei temi costanti dell'opera di Kafka: quello dell'estrema fragilità dell'uomo che, colpito da una misteriosa condanna (non si sa chi l'abbia emessa nè in forza di quale autorità, nè quale colpa abbia commesso l'imputato di questo indefinibile processo), precipita verso la morte e il nulla, senza alcuna speranza di salvezza. A questo motivo, d'un fatalistico pessimismo, è abbinato quello della illusorietà della felicità: ora dopo ora, giorno dopo giorno. Gregor scoprirà infatti, quanto fosse precaria e instabile in realtà la tranquillità di cui godeva: essa non gli derivava altro che dal condurre una vita <<normale>>, la stessa degli altri. Era persuaso evidentemente di essere amato per se stesso; si rende conto ora che si sbagliava: era accettato (non amato), per l'aspetto che aveva, per quello che rappresentava, per il denaro che guadagnava.
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