lunedì 5 settembre 2022

RECENSIONE "LE METAMORFOSI" DI FRANK KAFKA - L'ORRORE DEGLI ALTRI" - MONDADORI

RECENSIONE "LE METAMORFOSI" DI FRANK KAFKA - L'ORRORE DEGLI ALTRI" - MONDADORI

Gregor si sforza di uscire dal letto, ma ciò gli costa una enorme fatica. Non vi riesce, per quanti tentativi faccia. Mentre sta pensando di dover chiedere aiuto ai suoi, suonano alla porta dell'appartamento. Dalle voci che ode Gregor intuisce che è venuto il procuratore in persona: forse vuole rimproverarlo del ritardo. Infatti, il giovane normalmente si presentava sul posto di lavoro alle sette precise; ora sono già le sette e un quarto. I timori di Gregor sono fondati: il procuratore esprime ai familiari del giovane dipendente le lamentele della ditta per il suo scarso rendimento. Il padre, la madre e il procuratore cercano di persuaderlo ad aprire la porta perchè possano entrare; dopo un primo <<No!>>, Gregor, desideroso di chiarire tutto e di evitare seccature ai suoi genitori che non sanno che spiegazioni dare dello strano contegno del figlio, si decide ad aprire. Siccome però quest'operazione gli riesce assai difficoltosa e richiede tempo, per non dar l'impressione di non curarsi delle loro preoccupazioni, si scusa col procuratore, usando le parole più rispettose.

Ma gli altri non capiscono che cosa gli dica; la voce udita sembra loro quella di un animale. Gregor avverte con sbigottimento che, oltre la porta, s'è fatto un terribile silenzio.

APPROFONDIMENTO

Alzatosi dal letto, Gregor s'avvicina alla porta e cerca di aprirla. Ha ormai accettato la realtà della propria metamorfosi, nè gli sarebbe possibile ignorarla adesso che ad ogni istante essa gli si fa presente, evidente e concreta, ora nella sostanza attaccaticcia che secernano le sue zampine, ora nella forza delle mascelle, nella mancanza dei denti, ora nel liquido brunastro che gli scendeva dalla bocca. Ma ciò sembra non dargli tanto dolore quanto la delusione che gli viene dai suoi. Si aspetta una voce di incitamento, che esprima come essi, consapevoli del suo nuovo stato e della terribile fatica che gli costa compiere un'azione prima abituale, siano partecipi della sua sofferenza. Ma i familiari non sanno, nè possono ancora sapere. Quella porta chiusa, che è quasi impossibile aprire acquista così - il lettore sensibile lo avverte - il valore d'un simbolo: è la barriera pressochè insormontabile, il confine, la prigione che tien diviso per sempre l'uomo condannato dagli <<altri>>. Dall'una e dall'altra parte di quella porta, ciascuno fa il possibile perchè essa venga aperta, ma quando ciò avverrà, Gregor, l'anormale, e gli altri, i <<normali>>, si accorgeranno dell'errore e si affretteranno in un modo o nell'altro a richiuderla. Ciascuno resterà prigioniero della propria natura. Gregor non può impedirsi di voler essere lo stesso di prima, così nella famiglia come nel lavoro, nè gli altri possono impedirsi di respingerlo proprio perchè non è più quello di prima. 

La lunghissima descrizione dei tentativi che Gregor compie per aprire la porta - descrizione precisa, analitica, minuta - parebbe realistica; ed ogni particolare, preso a sè, lo è. Ma tutto l'insieme no. Kafka guarda la nuova realtà di Gregor, e più quella esterna (l'aspetto fisico), che quella interiore (i sentimenti), che par prodotta dall'altra, come attraverso una lente d'ingrandimento. Certe immagini giganteggiano, in primissimo piano, il reale viene ora dilatato, stravolto, assume aspetti da visione d'incubo. L'osservazione di un solo particolare, gli dà la caratteristica dell'eccezione e del paradosso; è questo il principio della deformazione. Da questo punto di vista, Kafka è assai vicino a Pirandello, col quale, in verità a molti spunti in contatto. Anche l'autore siciliano, partito dall'esperienza naturalista, s'interessa poi di quei casi reali, che sono già al limite del credibile e fa di essi soli l'oggetto della propria attenzione. Per entrambi l'assurdo e il grottesco sono impliciti nella realtà la quale ha in sè, nella propria stessa natura, le caratteristiche, sia pure occulte (sarà l'autore a metterle in luce) dell'allucinazione.

Appena i familiari vedono Gregor, esprimono, in vari modi, la loro repulsione. La madre sviene, ma il padre manifesta chiaramente la propria ostilità. Già nella scena precedente, con pochi tratti Kafka aveva rappresentato il carattere di questi due personaggi. Remissiva la madre, tenera, sollecita: (busso infatti, con cautela; la sua era una dolce voce), aitoritario e deciso, nonostante l'età avanzata, il padre (... a una delle porte laterali batteva fiaccamente, ma col pugno chiuso, il babbo). Entrambi ci sono stati presentati così, con assoluta completezza descrittiva, e coi mezzi più semplici: una battuta, un bussare alla porta.

La cosa straordinaria è che, quando vedono, il grosso insetto, pur provandone disgusto, sanno subito che quello è Gregor; in un certo senso, pur respingendolo da sè, accettano che sia diventato quel che è diventato. Nessuno infatti, si chiede perchè sia avvenuta quell'orribile trasformazione, che cosa sia successo durante quella notte. Gregor-insetto è una realtà che essi respingono, ma, nello stesso tempo, accettano subito che sia il figlio a restarne vittima.

La scena, in sè e per sè, è concitatissima. Ma Kafka ne attenua la drammaticità, inserendovi, quasi come parentesi, l'annotazione:<<si vedeva bene dall'altro lato della strada un settore della casa di fronte, sterminata ... la pioggia cadeva, ma soltanto a grandi gocce; si vedevano una per una, picchiare in terra>>. L'ambiente ha, nel suo rapporto con la vicenda, una funzione assai più importante che quella di semplice cornice dei fatti. Ne mette in evidenza tutta l'assurdità; gli avvenimenti che Kafka racconta non ci parrebbero tanto inquietanti se fossero, ad esempio, inquadrati in uno scenario da fiaba o se l'autore ci facesse chiaramente capire che si tratta di un sogno. Ma già nelle prime righe egli scrive:<< Non era un sogno; poi la descrizione ora di questi, ora di quell'oggetto, fisso, immobile, della finestra, della luce che filtra nella stanza, di quel pò di paesaggio che si intravede al di là dei vetri, ci riporta necessariamente a camere, mobili, finestre che, potrebbero benissimo essere quelli della nostra casa. Tranne l'aspetto di Gregor, nulla è mutato. Tutto è rimasto come prima: gli oggetti esprimono questa impassibilità del mondo esterno che resta come raggelato e immobile nella sua fredda identità di sempre, non meno ostile e misteriosa della metamorfosi di Gregor.

Le parole che egli rivolge al procuratore nel disperato quanto vano tentativo di giustificarsi sono registrate da Kafka con una specie di fredda ironia: sembrano un'arringa appassionata, concitata, confusa. La tragedia di Gregor si esprime anche nel linguaggio, non nuovo quanto alle parole e ai concetti che esse esprimono, ma nuovo nella innaturale agitazione da cui è tutto pervaso. Tutto diventa mostruoso, grottesco, osservato comè, per così dire, attraverso gli occhi di Gregor: la scena che hai letto si chiude, ad esempio, con l'immagine del procuratore visto di schiena: e soltanto sopra le spalle che stringeva, guardava indietro con una smorfia verso Gregor. Non è un uomo, ma uno spettrale, paradossale fantoccio.


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