giovedì 25 giugno 2020

RECENSIONE # 60/2020 I CIELI DI PHILADELPHIA by LIZ MOORE - NNEDITORE

Liz Moore  

I cieli di Philadelphia

Traduttore : Ada Arduini
Numero Pagine : 464
Prezzo : 18 €
In libreria da : 21-05-2020

Il libro

Michaela Fitzpatrick è un’agente di polizia. Vive da sola e tra mille difficoltà si prende cura del figlio Thomas, un bambino dolce e intelligente. Pattuglia le strade di Kensington, il quartiere di Philadelphia dove è cresciuta e dove l’eroina segna il destino di molti, perché vuole tenere d’occhio l’amata sorella Kacey, che vive per strada e si prostituisce per una dose. Un giorno, Kacey scompare da Kensington, proprio nel momento in cui qualcuno comincia a uccidere le prostitute del quartiere. Michaela teme che sua sorella possa essere la prossima vittima e con l’aiuto del suo ex partner, Truman, inizierà a cercarla con era ostinazione, mettendo in pericolo le persone più care, e rivelando una verità che lei stessa prova a negare con tutte le sue forze.

Tra detective story e saga familiare, Liz Moore costruisce un romanzo in cui passato e presente si intrecciano e si illuminano componendo il ritratto di una donna vulnerabile e coraggiosa, tormentata da scelte sbagliate e fedele al suo senso di giustizia, e racconta un quartiere ai margini del sogno americano, ma cuore pulsante di un’umanità genuina e desiderosa di riscatto.

Questo libro è per chi ha un posto segreto dove conservare i ricordi più cari, per chi ha visto cadere la neve sul palco dello Schiaccianoci, per chi da piccolo storpiava irrimediabilmente ogni parola, e per chi ha trovato il coraggio di affrontare i propri errori in nome della verità, per aprire gli occhi sul mondo come fosse la prima volta.

Autore:

Liz Moore

Liz Moore è una scrittrice e musicista americana, e insegna Scrittura creativa alla Temple University di Philadelphia. Il suo romanzo Il peso (Neri Pozza 2012) è stato selezionato per l’International IMPAC Dublin Literary Award. Dopo aver vinto il Rome Prize nel 2014, l’autrice ha trascorso un anno all’American Academy di Roma, dove ha completato la stesura di The Unseen World, di prossima pubblicazione per NNE.



 RECENSIONE

Sono accadute cose terribili intorno al quartiere di Kensington. Quasi tutte le transazioni (droga e sesso), che vi si svolgono, iniziano su una di queste strade e finiscono in case o lotti abbandonati che affollano i vicoli e le strade. Kensington è uno dei quartieri più recenti di quella che per gli standard americani, è l'antica Philadelphia, e molti vi morirono. 

"Solo quest'anno il numero dei casi di un'overdose letale è aumentato>>.

Eppure, su quella terra tanto ricca negli anni di maggior splendore. Poi quando, le fabbriche di questo paese morirono, cominciò un lento, e poi un rapido declino economico da potersi misurare e che sfocia in una rassegnazione. Vi regna una tranquillità impertubabile, la calma poco rassicurante generata da un'assoluta indifferenza, la quiete neanche così desiderabile - non ancora, non adesso - della pace eterna.

Non c'è silenzio però, nei cieli di Philadelphia. Si, Philadelphia ha una sua identità distinta. Anzi: delle identità. Philadelphia non è una cosa sola, è una combinazione di più fattori e storie personali. Dobbiamo ricordarci di questo quando parliamo del suo futuro.

Come ogni giorno la poliziotta Michaela Fitzpatrick, sta pattugliando il territorio. Fuori dal finestrino della sua auto: il solito miscuglio di gente che cerca una dose o se ne è appena fatta una. Nella parte più vecchia della città di Philadelphia e che per un attimo immagina di abbracciarne lo spazio, però questo non basta a metterla in pace. Sente, o crede di sentire, delle voci di donne di tutte le razze e religioni.

<<E il loro sguardo che le smaschera, il lungo sguardo duro al conducente di qualsiasi macchina di passaggio, basta che sia un uomo>>.

Non lo sa davvero il lettore, che cos'è la vita fuori, in quel mondo che la gente come lui nemmeno s'immagina. Ed è nel mondo di fuori che si muove la storia del libro. Diverse trame si intrecciano nel nuovo libro di Liz Moore e raccontano i lati oscuri di una città. Anzi, le trame, che sono quattro: l'indagine di Michaela alla ricerca della sorella Kacey, la ricerca di una pista di spaccio, la scoperta di una possibile serie di omicidi, e c'è infine, la ricerca di una talpa all'interno della polizia.

Gestire questo intreccio multiplo costituisce una prova di bravura, che Liz Moore supera alla grande, giocando con abilità sui tempi di attesa del lettore che vorrebbe indovinare che cosa mai tenga insieme le varie piste. Ma le pagine più avvincenti sono quelle dedicate a Kacey, che si avventura on the wild side (dal lato selvaggio). Anzi, vien voglia di andarli a trovare, i posti dove tutto comincia quando la mezzanotte è già passata da un pezzo.

L'itinerario in questa Philadelphia invisibile segue le tracce di Kacey, che si muove come un lupo solitario in cerca della preda. A notte fonda entra in quartieri malfamati: bar con tavolini scheggiati, poche bottiglie tristi, qualcuno seduto con un caffè che dura da ore. Ma la precisione dei dettagli, l'atmosfera, gli odori sono molto più veri di uno scenario da fiction. Nella periferia che ancora non è diventata un'attrazione per gli investitori. Strade dove non circola l'aria cool di cui va fiera Kensington. No, qui tutto è rimasto lo stesso da molti anni. L'unica cosa che è cambiata, a volte, sono i proprietari, i drogati e le prostitute.

Attorno, luce soffusa, tavolini con clienti che aspettano la chiamata di qualcuno che propone qualcosa da non ripetere ad alta voce. Aria discretamente elegante quanto lo può essere un luogo paralizzato da neon e trafficanti che nessuno si aspetta lì. Philadelphia macera nei vicoli. Tanto chi si siede e beve lo fa per ingannare l'attesa di un affare, un appuntamento, un traffico. Forse droga, forse una escort, si fa ma non si dice.

Qui il giro turistico per i lettori s'interrompe, Liz Moore va avanti, bische clandestine che nessuno cercherebbe in strade desolate, ingressi loschi con appena una lampadina, frequentatori che non promettono niente di buono. Là dentro il gioco si fa duro, lasciamo che i duri comincino a giocare.


Non è facile per Michaela, affrontare il suo lavoro. Mamma single di un bambino, alla ricerca costante della sorella Kacey, che vive per strada e si prostituisce per una dose. Due donne, ai capi estremi della giustizia. Michaela e Kacey, che la vita ha messo una di fronte all'altra, sponde opposte dello stesso mare, nel quale male e bene si confondono. Attraverso la storia di queste due protagoniste - Michael,  pattuglia le strade di Kensington, e Kacey, l'amata sorella da tenere d’occhio - l'autrice Liz Moore, esordisce nella narrativa con I cieli di Philadelphia (pubblicato dalla casa editrice NNEditore). Già autrice del romanzo Il peso (Neri Pozza 2012) è stato selezionato per l’International IMPAC Dublin Literary Award. Dopo aver vinto il Rome Prize nel 2014, l’autrice ha trascorso un anno all’American Academy di Roma, dove ha completato la stesura di The Unseen World, di prossima pubblicazione per NNE.

Liz Moore racconta una storia corale in cui i protagonisti alternano il loro punto di vista. Ma è la voce di Michaela a emergere e a trascinare il lettore nella sua indagine: <<Benvenuto a Kensington. Ma non fingere di averci capito qualcosa. Il quartiere ha avuto giorni migliori, no?>>.

Un giorno, Kacey scompare da Kensington, proprio nel momento in cui qualcuno comincia a uccidere le prostitute del quartiere. Tocca a Michaela, ereditare il peso del potere criminale. E Michaela, inizia a vivere all'ombra della sorella: spiandola, assorbe tutte le incertezze e le tenebre della sua esistenza.

<< Kacey faceva sempre quello che non doveva, era come se volesse attirarsi le sfuriate, sfidare gli adulti a punirla con sempre maggiore serietà, mettere alla prova i limiti della loro rabbia>>.

E' Michaela, si sente schiacciata dalla sua silenziosa complicità. E vedendo quel suo figlio Thomas, un bambino dolce e intelligente, decide di fermare il propagarsi di un male e la sua trasformazione in crimine appunto, della sua famiglia. Attraverso il pattugliamento, la ricerca, Michaela si specchia in Kacey.

L'agente di polizia si sente soffocare, proprio come Kacey. Diverse, opposte - l'emancipazione e la libertà di una, la vita segnata dalla prigione dell'eroina dell'altra - sono entrambe intrappolate in un presente che non fa che renderle infelici.

Quando entrambe le donne si incontrano, scopriranno di essere in qualche modo una il riflesso dell'altra, e il riflesso di una contaminazione: tra male e bene, tra giustizia e corruzione, tra famiglia e amore. Le attende un epilogo che manderà tutto in frantumi intorno a loro, ma che porterà al bisogno di ricomporre gli affetti; a cominciare da Michaela e Thomas, i soli portatori di un futuro diverso. E di una grande speranza: il <<diritto di scegliere>>.

La vediamo uscire di scena, lei che resta in vita e che tiene viva la percezione dell'atmosfera aleggiante su tutte le restanti pagine di questo romanzo. La osserviamo rincasare, sedersi al tavolo della cucina con la schiena rivolta alla finestra e, così, davanti ad un bicchiere di vino, <<con le spalle al mondo>>, pensare in fondo i suoi pensieri. E' allora che uno dopo l'altro prendono la parola quelli che il mondo se lo sono lasciato definitivamente alle spalle, come lei.

<<Ecco il segreto che scopprii quel giorno: nessuno di loro vuole essere salvato. Vogliono tutti sprofondare nella terra, essere inghiottiti, continuare a dormire. Quando vengono resuscitati, sul loro viso si dipinge l'odio>>.

Nessuno di loro fa menzione delle sciagure che - si intende dalle allusioni sapientemente disseminate nel testo - li avevano colpiti nel tempo delle vite mortali, sicchè il lettore resta con il cuore sospeso, catturato da un'angoscia di dolore mista a una curiosità che non avrà risposte.

Sono accadute cose terribili agli abitanti di Philadelphia quando ancora camminavano attorno ai vicoli poco frequentati, ma non c'è uno solo di loro che parli del proprio dolore, della disgrazia, della malattia che li ha distrutti. E chi legge è inevitabilmente troppo attaccato alla vita per poter provare davvero sollievo avvertendo che tutto questo ormai non importa.

Sta in questa profonda alterità del sentire, in questa differenza irriducibile, nel senso di estraneià, di lontananza incolmabile dai personaggi di cui pure si conoscono le storie tutte concluse da un unico finale l'originalità del romanzo di Liz Moore. 

Il cinismo che trapela dalle pagine, la forza della saggezza arcana che non vuole procurare consolazione al lettore, rende straordinarie e uniche queste pagine. Impossibile non provare una sincera simpatia o compassione. Impossibile non identificarsi con questi trasfigurati. Le loro storie brevi e semplici che, una dopo l'altra, vanno tutte a sfiorare l'ignoto. E non c'è enfasi in un simile contatto che suscita semmai la scossa un pò irritante di una beffa.

La morte arriva. La morte contiene la verità, però non la si può dire. I morti custodiscono gelosamente il loro segreto. E colui che pretende di ascoltarli ammette di non capirci niente. C'è qualche presentimento. Ci sono i ricordi. Tutta roba ingannevole. 

<<Quanti morti hai visto nella vita?>>, chiede Michaela al collega Lafferty. Non sa bene cos'altro dire. Non esiste modo di preparare qualcuno.

<<C'è qualcosa di feroce in questi uomini, di meschino e maligno, qualcosa di predatorio>>.

Eppure, anche nel gioco della narrazione si ostina ad alzare la posta e ad azzardare una scommessa sulla verità. Hanno un sapore forte di autenticità le frasi che fa pronunciare a coloro che sono fuori dalla partita e che non hanno più niente da perdere.

<<Corpi abbandonati da amici o amanti. Più spesso si trovano in angoli protetti in cui si sono assopiti per sempre. Altre volte tocca a noi trovarli>>.

Sugli oggetti cui ci aggrappiamo, <<il ciarpame delle nostre vite, o delle parole>>. Le parole possono svelare, mistificare, nascondere l'opacità dei rapporti famigliari. Ne esce ridisegnato il confine tra normalità e disagio, si invertono i ruoli tra vittima e trafficante.

Il romanzo racconta una personale crisi esistenziale tra due persone, Michaela e Kacey, che, proprio quando credono che la vita non riservi loro più nulla, scoprono la possibilità di qualcosa di autentico (un sentimento? Un'ossessione?) che si sviluppa proprio in quei vicoli poco frequentati. Nasce un'intimità una comunione di sentire che mina il rapporto che si crea. Entrambi i personaggi devono indossare una maschera per riuscire a vedere: sè stessi, la propria vita, il respiro della città, il corso della natura indifferente.

L'appuntamento alla ricerca di Kacey diventa impegno giornaliero, si succedono giorni buoni ad altri meno, altri discorsi e arriva il momento in cui la porta delle vite si apre. Michaela, racconta la sua storia di ordinaria violenza, espediente del romanzo per legare i personaggi mentre, l'intesa cresce fino a diventare urgenza, bisogno. L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è qui, l'inferno che abita tutti i giorni.

<<Mi manca la mia sorellina Kacey dalla battuta pronta, che correva qua e là, sempre piena di energia; la piccola, coraggiosa e temeraria versione dell'adolescente che ormai sembra vivere in una specie di crepuscolo, infinito e inesorabile>>.

<<In quel momento mi resi conto che eravamo ad un bivio. La mappa delle nostre vite si stendeva davanti a noi e io vedevo con molta chiarezza i diversi sentieri che avrei potuto imboccare, e in quale maniera queste scelte avrebbero influito su mia sorella>>.

<<Sono passati sedici anni, metà della nostra vita, dall'ultima volta che abbiamo dormito insieme. Mettimi la mano sulla schiena, diceva Kacey, e io obbedivo ripensando con tenerezza alla mano di mia madre sulla pelle. Forse cercavo di trasmetterle il senso del suo valore, di convincerla che ero il recipiente da cui si riversava l'amore di nostra madre per lei, di immunizzarla contro le cattiverie del mondo. In quella posizione, io con la mano sulla sua schiena, ci addormentavamo tutt'e due, Sopra di noi un tetto catramato, inadatto ai rigori dell'inverno e, oltre, il cielo notturno di Philadelphia. E oltre il cielo, chissà>>.

<<Ma poi guardo Kacey, che adesso viene a trovarci quasi tutte le domeniche, che in questo momento è seduta sul mio divano, che oggi non si fa da 189 giorni. La veterana di una guerra, ferita ma ancora viva>>.


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