venerdì 25 giugno 2021

RECENSIONE - LA RAPRESENTAZIONE by ROMANA PETRI - MONDADORI

ROMANA PETRI

LA RAPPRESENTAZIONE

MONDADORI

Pagine 408

Euro 20,00

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Dopo "Pranzi di famiglia", Romana Petri torna a raccontarci di Lisbona, le sue ombre, i suoi intrighi. Lisbona. Dopo la mostra in cui la pittrice Albertini ha ritratto l'intera famiglia del marito, la coppia è costretta a trasferirsi a Roma. Gli "sgorbi" hanno divertito solo Rita (la figlia nata deforme e che la madre Maria do Ceu ha fatto rattoppare chirurgicamente più volte). La Albertini d'altro canto se ne frega: detestava i silenziosi pranzi di famiglia della domenica. Quando entra in gioco un abile gallerista di Milano è il successo, soprattutto a partire da una serie di quadri su santa Teresa d'Avila. Non solo: i critici notano che - basta guardarli con attenzione - quei quadri prendono vita. Pittrice ormai ricca e famosa, la Albertini potrebbe finalmente vivere una bella vita con il marito Vasco, abituato, a differenza di lei, ad avere un patrimonio alle spalle. E tuttavia il rapporto coniugale si complica, innescando una sorta di conflitto che è al contempo torbida sfida e luminoso riscatto. E forse l'amore solo una "rappresentazione"? In un continuo, drammatico andare e venire tra Roma e Lisbona, la Albertini si prepara a combattere, a crescere, a guardare al di là dello specchio in cui ha rischiato di vedersi prigioniera: lo specchio dei glaciali, interminabili e quasi invincibili silenzi. Romana Petri si muove fra l'ottusità dei rituali famigliari, il teatro morbido e morboso della bellezza di Lisbona e il gesto rivelatore e magico dell'arte. Passione, scandaglio di anime, saga famigliare, "La rappresentazione" è un romanzo che esplora i suoi confini, e li supera.

Accade nelle migliori famiglie, di venire a patti con un muro di gomma. Per loro è potente il disprezzo per il prossimo.

Il loro motto cita: <<Il mondo è una cospirazione di idioti.>>

<<Qualsiasi ragionamento ti si inceppa nella borghese volgarità.>>

<<Ce ne voleva poi per riprendersi da quei pranzi. Ti lasciavano addosso come una colla che si induriva in fretta.>>

<<Perché quello era il bello, essere convincenti nonostante tutto e contro tutti.>>

Ecco Vasco quell’ingrediente dell’insicurezza e dell’inferiorità l’aveva proprio scientemente gettato nella spazzatura.>>

<<Poi, per farsi coraggio cercò di dominare e non mostrare quella maledetta balbuzie che lo ossessionava fin dall’infanzia. Trovò una scappatoia, per prendere tempo o per camuffarla.>>

<<Beh, dunque potrebbe essere>>, era la sua ciambella di salvataggio?

Se non aveva pietà nemmeno un padre ex balbuziente, cosa si doveva aspettare dal mondo?

Un’irregolarità che lo legava in modo tragico alla deforme sorella. In quella strana famiglia era capace di ipotizzare un punto di vista diverso dal proprio. Erano tante isole. Tanti vasi incomunicanti che ragionavano ognuno con la sua terra e l’acqua che li bagnava.

Si scrollo di dosso la fuliggine che annebbia la vista e diede un ritmo al suo futuro prossimo, convinto che solo in quel modo potesse liberarsi di tutto il peso della crudeltà. Non aveva amici e così non li aveva presentati a nessuno. O meglio, ne aveva due, ma doveva già essere successo qualcosa.

Ci voleva il punto di vista esterno ai tanti pranzi di famiglia.

Lei era brusca perché la brutalità della sua vita l’aveva resa tale. E dei sentimenti conosceva poco: giusto un calore minuto intorno al cuore. Nessuna parola. È come essere guardati da occhi che non sono i tuoi.

<<Affermava: Ho avuto una strana famiglia. In molte cose mi hanno … Diciamo che mi hanno rovinato.>>

Tanta insistenza nello stare insieme, e poi quasi la melassa che si poteva usare all’interno della sua famiglia.

Cos’è Vasco, avevi forse in mente una terapia familiare? Ti eri forse fatto questa illusione?

E tutto questo per quella pulce all’orecchio sull’eredità. Nessuno dei tre fratelli sapeva quanto denaro possedesse realmente quel padre. Era oscuro, e gli piaceva esserlo. Solo una cosa aveva detto un giorno, durante uno dei soliti pranzi di famiglia.

Fu quel giorno che Vasco, per la prima volta, le disse che chi aspetta le scarpe del morto rischia di restare scalzo.

Emergere, secondo lui, voleva dire evolversi, cancellare il marchio della povertà dandosi allo spreco, alla bella vita. Fare calcoli non gli piaceva, ma effettivamente entrare in possesso dell’eredità a settant’anni non era una bella prospettiva.

Fece un bel respiro. Aveva sempre creduto di avere un animo nomade. Quell’idea di imbarcarsi un giorno, su una nave era una bella invenzione della sua fantasia: una rappresentazione.

Ripenso per un momento alla necessità di un amore fatto di evidenza, al bisogno costante di scambio e di sentimentali conferme. Lei era sempre a caccia di quell’impossibile amore. Come può un pezzo di ghiaccio ricambiare? Ma per lei ogni mezzo era buono, anche l’adulazione, anche la menzogna.

Loro, da sempre, non erano altro che vasi incomunicanti.

Teneva in tasca il quaderno che aveva riempito con i ricordi dimenticati. Quelli che era riuscito a far riaffiorare con la pura forza della volontà. Lo chiamava la memoria della vita.

Citazioni del libro

“Nessuno la capiva fino in fondo perché in quella strana famiglia nessuno era capace di ipotizzare un punto di vista diverso dal proprio. Erano tante isole. Tanti vasi incomunicanti che ragionavano ognuno con la sua terra e l’acqua che li bagnava.”
“Si erano creati delle leggi che erano diventate puntelli affettivi. Se si sta insieme nelle date fondamentali la famiglia si può considerare unita. Se durante i pranzi non si scambia una parola e si dicono solo banalità non ha nessuna importanza, quel che conta è che non ci siano intoppi, e se tutto fila liscio fino alla fine quello sarà considerato da tutti un pranzo ben riuscito.”

 

 

 

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