domenica 23 ottobre 2022

RECENSIONE "I MIEI STUPIDI INTENTI" DI BERNARDO ZANNONI - SELLERIO EDITORE

"Tutta la mia rabbia era sbiadita insieme allo sconforto. Il mio viaggio era diventato un ricordo leggero, una storia terribile ma antica. Stringendo i fogli nella zampa, avvertii il loro peso, era cambiato per sempre. Avevo intrappolato la mia prigione nella carta."

La storia di un animale, di una faina che scopre il mondo, le sue verità e le sue menzogne. Come fosse un personaggio strappato a Camus, e al tempo stesso a un film della Pixar. Un esordio sorprendente.

 Sangue, violenza, ferocia sono normali componenti di una esistenza bestiale, che non prevede un’etica umana. Ma quando questa si insinua diventa dirompente.

Vincitore del Premio Campiello, del Bagutta Opera prima e del Premio Salerno Libro d’Europa, Zannoni ha esordito al meglio.

Bernardo Zannoni

I miei stupidi intenti

Sellerio Editore

2021

Il contesto n. 123

252 pagine . Euro 16,00

La storia di un animale, di una faina che scopre il mondo, le sue verità e le sue menzogne. Come fosse un personaggio strappato a Camus, e al tempo stesso a un film della Pixar. Un esordio sorprendente.

«Esistono vari modi di strillare un libro magnifico. Ma solo un modo è giusto per I miei stupidi intenti: leggetelo, leggete questo romanzo in stato di grazia».

Marco Missiroli

 Il libro

Questa è la lunga vita di una faina, raccontata di suo pugno. Fra gli alberi dei boschi, le colline erbose, le tane sotterranee e la campagna soggiogata dall’uomo, si svela la storia di un animale diverso da tutti. Archy nasce una notte d’inverno, assieme ai suoi fratelli: alla madre hanno ucciso il compagno, e si ritrova a doverli crescere da sola.
Gli animali in questo libro parlano, usano i piatti per il cibo, stoviglie, tavoli, letti, accendono fuochi, ma il loro mondo rimane una lotta per la sopravvivenza, dura e spietata, come d’altronde è la natura. Sono mossi dalle necessità e dall’istinto, il più forte domina e chi perde deve arrangiarsi. È proprio intuendo la debolezza del figlio che la madre baratta Archy per una gallina e mezzo. Il suo nuovo padrone si chiama Solomon, ed è una vecchia volpe piena di segreti, che vive in cima a una collina. Questi cambiamenti sconvolgeranno la vita di Archy: gli amori rubati, la crudeltà quotidiana del vivere, il tempo presente e quello passato si manifesteranno ai suoi occhi con incredibile forza. Fra terrore e meraviglia, con il passare implacabile delle stagioni e il pungolo di nuovi desideri, si schiuderanno fra le sue zampe misteri e segreti. Archy sarà sempre meno animale, un miracolo silenzioso fra le foreste, un’anomalia. A contraltare, tra le pagine di questo libro, il miracolo di una narrazione trascinante, che accompagna il lettore in una dimensione non più umana, proprio quando lo pone di fronte alle domande essenziali del nostro essere uomini e donne.
I miei stupidi intenti è un romanzo ambizioso e limpido, ed è stato scritto da un ragazzo di soli venticinque anni. Come un segno di speranza, di futuro, per chi vive di libri.

RECENSIONE  

E' un libro che parla di storie, a partire da quella del narratore protagonista, una faina di nome Archy che, rimasta zoppa, viene ceduta dalla madre in cambio di una gallina e mezzo all'usuraio Solomon, una volpe, che da aguzzino diventerà il suo maestro e mentore, perchè insegnerà ad Archy a leggere e a scrivere.  Il romanzo di Zannoni si colloca nel solco della tradizione favolistica, poichè tutti i personaggi del romanzo sono animali. 

La similitudine fra uomo ed animale ed il loro accostamento nel bene e nel male è uno dei principali filoni di lettura del romanzo I miei stupidi intenti di Bernardo Zannoni che, a soli 27 anni, e con questo primo libro, si classifica nellacinquina di uno degli agoni letterari più noti d'Italia. 

Zannoni ha già ricevuto molte recensioni positive fra le quali quella dello scrittore Marco Missiroli. Viene da pensare che come nelle favole di Esopo, che hanno come protagonisti gli animali, I miei stupidi intenti,  edito Sellerio, contenga delle verità morali, ma che al contrario di esse non si lascino facilmente districare o meglio permettano diverse interpretazioni. I fatti, spesso quando sono cruenti, squarciano il velo di false menzogne e la faina Archy, o anche la volpe Solomon, sembrano a volte, e con fatica, strappare il bozzolo che ancora li racchiude per diventare uomini e come essi ragionare. Solomon è stato un terribile bandito ed Archy è, all'inizio, un giovane maschio di faina zoppo.

Mille avventure dentro una natura che può essere ostile, ma anche occasione di fortuna. Animali che come gli uomini usano le stoviglie, ma conservano spesso, ma non tutti, senza differenze di specie, un forte istinto. Lacrime scorrono sui loro musi che sembrano così più simili a uomini sensibili che non hanno perso nella corsa quotidiana della vita il sapore inconfondibile dell'umanità che non uccide, ma ama, che aiuta dimenticando anche il proprio interesse. Miseria e fame rendono tutti meno buoni nel bosco, fra le colline e nella campagna.  E poi scopriamo la tenerezza, alcuni gesti rivelatori, gli odori dell'universo e di noi ... che questo mondo popolato di animali racchiude.

L'esordio di Zannoni è un grande elogio alla solitudine, molti personaggi del libro appaiono anime salve, e lo sono per statuto Archy e Solomon, il cui rapporto vive di silenzi e parole silenziose. Solomon e Archy, il maestro e l'allievo (e Archy da anziano, diventerà a sua volta maestro, dell'istrice Klaus): <<La vecchia volpe decise di insegnarmi tutto quello che sapeva. (...) e siccome ero diventato suo apprendista, disse di non chiamarlo più signore, ma solo Solomon.

I miei stupidi intenti è anche il libro delle domande:<< I miei stupidi intenti sono veramente tali?>>. Non satira politica come "La Fattoria degli Animali" di George Orwell, il romanzo penetra nelle profonde radici della natura dei vizi e delle virtù. Quale sarà la condizione più desiderabile per vivere bene? Essere bestie o umani?

<<Riuscii a fermare quell'impeto alla gola, a sopprimerlo con un tremito, abbassai lo sguardo. Una profonda tristezza mi avvilì. Non mi sentivo più un animale; avevo barattato i miei istinti per dubbi e domande, per esercitare la ragione, per contraffare la mia natura. Solomon avrebbe detto che era un sentimento stupido, un amore fittizio, e a quello avevo pensato. Pensai anche a Dio, e alla maledizione di averlo trovato, e a Louise>>.

A mio parere però, in questa strabiliante presa di coscienza, c'è n punto di profonda ambiguità: l'avvicinamento a temi assoluti corre il rischio di confondere, portando il lettore (e forse, lo stesso autore) in un limbo di quesiti più grandi di lui. Sto parlando, in particolare delle conseguenze  di tale consapevolezza: esse non migliorano affatto la vitadella giovane faina, rendendola complessa e dolorosa, a tal punto da decidere di non divulgarla a terzik. Anche nel momento in cui il suo ruolo diventa quello di maestro del goffo istrice Klaus, egli omette tutti quei dilemmi che in giovinezza l'avevano afflitto:

<<Dopo un primo momento d'incertezza mi venne facile insegnargli a leggere e a scrivere. Non parlai mai di Dio, nè della morte; decisi di salvare la sua vita dai grandi dilemmi che mi avevano allitto, di lasciargli un'esistenza da animale. Dio sarebbe stato più contento, perchè nella sua ignoranza già faceva quello per cui era stato creato. Leggemmo insieme il libro di Solomon, tranne alcune parti che ebbi l'accortezza di togliere, perchè parlavano di cose che non doveva sapere>>.

Negli ultimi due atti del romanzo però, Archy decide di trascrivere le sue memorie per donarle a Klaus, nel tentativo ultimo di sconfiggere, con l'essenza atemporale della scrittura, la morte.

<<Mi ha guardato sbigottito, ancora sicuro che andassi da lui>>.

<<Tienili sempre con te, sono un tesoro. Ti diranno tanta verità, ti faranno male, ma non potranno mai ingannarti su quello che sei, su quello che siamo>>.

<<L'istrice allora ha capito, e ha fatto un mugolio strozzato, afferrandomi il pelo>>.

<<Insegnali ai tuoi figli, digli come raccontarli agli altri, come io ho fatto con te>>.

E' dunque giusto chiedersi, in ultima battuta, cosa I miei stupidi intenti, abbia voluto dirci realmente: è forse un rimpianto per tutto ciò che la conoscenza gli ha sottratto? Oppure è un omaggio all'essenza stessa dello scrivere? E soprattutto, che ruolo ha la figura di Dio nell'immaginario complessivo della storia?

Zannoni lascia aperte davanti a sè diverse strade da percorrere. Non resta che attendere quali.

 

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