Il volume "Lacrime bianche/ferite scure", di Ruby Hamad nasce da un suo articolo apparso sul <<Guardian Australia>>, che riguardava le modalità con le quali le femministe manifestano la supremazia bianca nei confronti delle donne afrodiscendenti nere e brown.
Lacrime bianche / ferite scure. Femminismo e supremazia bianca
Ruby Hamad
pubblicato da
Tlon
Pagine 322 - Euro 19,00
Traduttore D. Theodoli
Il libro
Quando Ruby Hamad denuncia sul «Guardian» il vittimismo che le donne bianche spesso usano come arma quando una donna di colore le mette di fronte al loro razzismo, si rende conto di aver toccato un nervo scoperto. Nonostante la reazione violenta e incontrollata di molte persone all'articolo, l'autrice decide di non tirarsi indietro. Nasce così "Lacrime bianche / ferite scure", che ci mette di fronte a una scomoda verità: dalla schiavitù e il colonialismo fino alla contemporaneità, le donne bianche sono state complici della supremazia razzista, ed è giunta l'ora che il loro femminismo faccia finalmente i conti con il proprio privilegio per essere davvero intersezionale. Come scrive Nadeesha Uyangoda nella sua prefazione, «I movimenti femministi occidentali non potranno mai né rispondere alle esigenze di tutte le donne né tanto meno porsi come lotte con un impatto globale, se prima non riflettono sulla responsabilità che hanno avuto e che continuano ad avere nell'oppressione sistematica delle donne di colore».
RECENSIONE
Ruby Hamad, giornalista, scrittrice, accademica australiana, è una donna che sa pesare le parole. Ogni parola può essere un'arma o una corazza, afferma Hamad. Può essere fraintesa o diventare parte della propria identità. Una parola può uccidere, ma anche aiutarci a risorgere. Consapevole di questo, Hamad apre il suo libro "Lacrime bianche/ferite scure. Femminismo e supremazia bianca".(2020, uscito in Italia quest'anno per Thon Edizioni, nella traduzione di Dorotea Theodoli, pp. 322, euro 19). Lo si può definire saggio, ma è qualcosa che vive fra la sua intimità e il suo attivismo.
Addentrarsi attraverso le appartenenze sentite o percepite non è mai facile. Infatti, Hamad afferma:<<Scrivere di razza, come anche di genere è impegnativo>>. Quale termine usare quindi? Nel testo Ruby Hamad sceglie di usare nero per gli afrodiscendenti neri e brown, (è stato lasciato tale perchè non è stato trovato un corrispettivo), <<sia come licenza poetica, usando una parola che rappresentasse tutte quelle persone che non si identificano come bianche, sia per indicare dove mi colloco io stessa - dice Hamad - in un contesto razzializzato>>. E così entra nel testo anche il termine razza che l'autrice non usa mai nel suo significatoi scientifico, biologico, ampiamente confutato dalla storia, ma con il suo significato politico, di oppressione, in quanto generatoere di razzismo. E naturalmente un'altra parola chiave nel testo non poteva che essere bianco, che non è un colore, ma indica il privilegio razziale.
E' di fronte a queste parole che a volte uccidono come una pistola, come un pugno, che Hamad, a deciso di prendere una penna in mano e scrivere. L'autrice ha già una carriera avviata quando nel 2018 pubblica un articolo, da cui poi nascerà "Lacrime bianche/ferite scure", per il <<Guardian Australia>> dal titolo:<<How White Women Use Strategic Thears to Silence Women of Colors. C'era qualcosa di molto personale in quell'articolo, qualcosa per lei doloroso. Ovvero come la propria sofferenza di donnarealizzata non solo non veniva capita, ma messa ai margini, alle colleghe o dalle compagne di lotta bianca. E come inevitabilmente ogni discussione tra donne, all'interno del mondo femminista e non solo, finiva con lacrime bianche, usate per tronacare sul nascere ogni discussione di razza, mettendosi così in secondo piano le ferite scure, la paura, la rabbia, lo sconcerto che le donne razzializzate vivevano.
L'articolo in seguito alla pubblicazione divenne virale. Ripreso anche dal <<Guardian>> nazionale e sui social. All'inizio Ruby Hamad ebbe molta paura di questa reazione pubblica, frammista anche a odio sociale, haters e commenti aggressivi. Il suo primissimo istinto fu quello di fuggire via, di chiedere al giornale di ritirare tutto. Ma in seguito per fortuna decise non solo di resistere, ma di cercare di approfondire tutto quello che stava succedendo intorno a lei. In fondo aveva fatto qualcosa di semplice, cioè raccontare una veritàuniverdsalmente nota nel mondo delle persone nere e divulgarlo all'esterno, su un mezzo di comunicazione accessibile al mondo liberal e bianco come il <<Guardian>>.
Dopo è stato tutto una scoperta per lei. Donne che le confessavano micro-aggressioni subite sul posto di lavoro oaddirittura licenziate perchè avevano affrontato a viso aperto quelle lacrime bianche.
E' da qui che Ruby Hamad ha deciso di fare un'indagine storica. Analizzare per esempio il ruolo delle donne bianche nella costruizione della colonia e nell'inferiorizzazione dell'altra donna, al scura. Come la <<purezza>> delle donne bianche ha aperto il via, anche con il, loro consenso, alla violazione dei corpi razzializzati costantemente torturati e violentati in quelle realtà del potere chepotevano essere la piantagione o la colonia. E come tutto questo con la sua tossicità si riverbera ancora nel mondo di oggi, dagli uffici fino alle produzioni mainstream delle major del cinema e del videogame.
Un libro, quello di Ruby Hamad, che non fa sconti alla realtà. E che comne dice nella sua introduzione Nadeesha Uyangoda, introduzione scritta all'indomani del brutale assassinio di Alika Orgorchukwu a Civitavecchia marche, è un libro necessario in un Paese come l'Italia che sta solo adesso iniziando un ragionamento serio sulla razza.
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