lunedì 19 giugno 2017

IL MINISTERO DELLA SUPREMA FELICITA' DI ARUNDHATI ROY - GUANDA



  Titolo IL MISTERO DELLA SUPREMA FELICITA'
Casa Editrice GUANDA
Aree tematiche
Dettagli
ISBN 9788823518148

496 pagine, Cartonato

Prezzo di questa edizione cartacea





IL NUOVO ROMANZO DI ARUNDHATI ROY



Il ministero della suprema felicità ci accompagna in un lungo viaggio nel vasto mondo dell’India: dagli angusti quartieri della vecchia Delhi agli scintillanti centri commerciali della nuova metropoli, fino alle valli e alle cime innevate del Kashmir dove la guerra è pace, la pace è guerra e occasionalmente viene dichiarato lo «stato di normalità».

Anjum, nuova incarnazione di Aftab, srotola un consunto tappeto persiano nel cimitero cittadino che ha eletto a propria dimora. Una bambina appare all’improvviso su un marciapiede, poco dopo mezzanotte, in una culla di rifiuti. L’enigmatica S. Tilottama è una presenza forte ma è anche un’assenza amara nelle vite dei tre uomini che l’hanno amata: tra loro Musa, il cui destino è indissolubilmente intrecciato al suo.

Dolente storia di sentimenti e insieme vibrante protesta, Il ministero della suprema felicità si snoda tra sussurri e grida, tra lacrime e sorrisi. I suoi eroi, spezzati dalla realtà in cui vivono, si salvano grazie a una cura fatta di gesti d’amore e di speranza. Ed è per questa ragione che, malgrado la loro fragilità, non si arrendono.

Questa storia profondamente umana reinventa ciò che un romanzo può fare e può essere, e riafferma ad ogni pagina le doti narrative di Arundhati Roy. 



SINOSSI
Su un marciapiede di cemento un neonato compare all'improvviso, appena dopo la mezzanotte, in una culla di rifiuti... "Nessun angelo cantò, nessun uomo saggio portò doni, ma un milione di stelle apparvero a Oriente ad annunciare la sua venuta." In un cimitero di città un abitante srotola un logoro tappeto persiano tra due lapidi... "Come per un suo gioco personale, mai le stesse per due sere consecutive." In una valle innevata... "Dove le lapidi spuntavano da terra come denti di bambini" un padre scrive alla sua bimba di cinque anni per raccontarle quante persone hanno assistito al suo funerale... "Come faccio a spiegarti cos'è centomila, se sai contare solo fino a cinquantanove? Proviamo a ragionare in stagioni? Pensa a quanti papaveri rossi fioriscono nei prati in primavera..." In un appartamento al secondo piano, sorvegliato da un gufetto, una donna sola nutre un piccolo geco con zanzare morte... "Ecco cosa avrei dovuto fare" pensò "l'allevatrice di gechi." E alla pensione Paradiso, due persone che si conoscono da tutta la vita dormono abbracciate come se si fossero appena conosciute.

DICONO DEL ROMANZO




Siamo solo a metà del 2017, ma so per certo che "Il ministero della suprema felicità" sarà il mio libro dell'anno, e degli anni a venire

Catherine Dunne su Vanity Fair
 

È un libro mondo meraviglioso e selvaggio, incredibile e contraddittorio come il subcontinente che racconta. Una fiaba magica e crudele, originale e sconcertante, dove tutto si tiene e tutto si perde, dove l'identità di genere e le religioni si confondono, e dove gli unici a salvarsi saranno i reietti, una manciata di personaggi che entrano sotto la pelle del lettore, ci rimangono e crescono di statura e profondità mentre si avanza nelle pagine di questo romanzo.

Caterina Soffici su Tuttolibri - La Stampa
 

Arundhati Roy crea un mondo in cui i personaggi varcano confini di etnia, religione e genere per trovare, davvero, quella suprema felicità di cui parla il titolo del romanzo.

KIRKUS REVIEWS
 

Il libro più atteso dell’anno è la seconda opera di narrativa che la scrittrice Arundhati Roy ha finalmente sfornato a vent’anni da quel “Dio delle piccole cose” che la rese celebre. Molto atteso anche dai librai, per i quali sarà il superbestseller dell’estate.

 

Come in un'antica saga, ma anche in un dramma intensamente personale e passionale, ognuno dei tanti personaggi della storia si trova al centro della eterna e sempre nuova sfida tra il bene e il male, ognuno con le sue ferite e le sue fragilità che diventano l'arma vincente della battaglia.

Elisabetta Rasy su Il Sole 24 Ore
 

Il 2017 segna l'atteso ritorno di una delle scrittrici indiane più amate.

IL SOLE 24 ORE
 

Due decenni dopo il celebrato Dio delle piccolo cose, il secondo romanzo di Arundhati Roy, ambizioso e originale, fonde brutalità e tenerezza, risonanza mitica e materia da prima pagina di giornale.

PUBLISHERS WEEKLY
 

Il ministero della suprema felicità colpisce dritto al cuore. Straripante di denuncia, travolgente e disperato, punta i riflettori sugli invisibili, tutti quelli che la nuova India, la superpotenza del nazionalismo indù di Modi, occupata a mostrare i muscoli e a contare i soldi ha confinato nell'oblio o represso con la violenza. Anime inconsolabili, spezzate dalla vita, che cercano riparo nell'amore.

Mara Accettura su D - Repubblica
 

Arundhati Roy ha in comune con autori come García Márquez e Rushdie la profonda compassione, la magia narrativa, l’umorismo pungente nel mettere in discussione la nostra percezione di temi come genere, famiglia, casa, patria, guerra, libertà, amore e morte, in questa sua tenera e rigorosa esplorazione delle paradossali capacità del genere umano di esprimere crudeltà e amore.

BOOKLIST
 

Il nuovo libro di Arundhati Roy è un'opera fluviale, alla Balzac: le storie di molti personaggi tessono la trama di un'umanità che vive nella vertigine di Nuova Delhi. Assomigliano ai gemelli protagonisti del primo romanzo che qui sono cresciuti, graffiati e maturati: la loro voce ci dice che l'India non è un posto per bambini.

Stefano Massini su Robinson - La Repubblica

CONOSCIAMO L'AUTRICE:  ARUNDHATI ROY
 Arundhati Roy, nata nel Kerala, si è laureata alla Delhi School of Architecture e vive a New Delhi. E’ stata assistente al National Institute of Urban Affairs e ha studiato Restauro dei monumenti a Firenze. Ha scritto alcune sceneggiature e collabora a varie testate, fra cui “Internazionale”. Il dio delle piccole cose, suo romanzo d’esordio, è stato un caso letterario e un best seller in tutto il mondo. Guanda ha in catalogo anche i saggi: La fine delle illusioni, Guerra è pace, Guida all’impero per la gente comune, L’impero e il vuoto e La strana storia dell’assalto al parlamento indiano.



RECENSIONE


Arundhati Roy ci racconta, con la sua leggerezza, con la sua scrittura cruda e poetica, una vicenda struggente, di sentimenti forti. Ci porta in un lungo viaggio nel vasto mondo dell’India per farci scoprire un mondo e la sua repentina distruzione. Rintracciando però quel filo che continua a legare vecchio e nuovo, passato e futuro, in un flusso ininterrotto di vita.

Non si può entrare in punta di piedi lì dove i personaggi, a costo di mostrare la loro anima sotto forma di semplice verità, si svestono fin anche della loro pelle. In queste pagine c’è un mondo che si schiude mostrando tutta la sua fragilità e bellezza, un mondo nel quale i personaggi si muovono consapevoli della loro ineluttabile fine, sottoposta all’incedere costante del tempo, che trasforma le persone in ricordi fissandoli in un eterno presente.
 
Attraverso le pagine del romanzo si possono percepire le mille sfaccettature e le mille contraddizioni che di volta in volta hanno alimentato questo importante fenomeno sociale. Si è unificato in vari decenni di storia come ruscelli in un fiume, come una sorta di contenitore, in un grande mondo dove la devianza, la violenza e la criminalità deformata, rappresentano le figure primordiali, gli archetipi di un’anima in cerca della propria identità.

Un mondo dove demoni e dei, tempestosi agitano le coscienze di chi vive, dove essenze metafisiche si alleano in complotti strategici, per aggirare e denomizzare l’immagine di moralità, il Dio della "coscienziosità", richiudendolo nella profondità degli inferi ed aprendo a Thanatos, l’oscura via della perversione e della malvagità.

E’ un mondo quello descritto nel romanzo di Roy esistente, un mondo vero, fatto di crudeltà e di demoniache presenze, con il quale la nostra anima si deve relazionare in un meccanismo d’interazione umana e spirituale. Così come le anime cerchino con tutte le forze la ricerca della Verità, una ricerca non soltanto intellettuale, ma quasi fisica, come quella di chi sta affogando e cerca qualcosa a cui aggrapparsi.

Ed è con il volgere lo sguardo su quelle verità universali, che dovremmo cercare di contrastare quelle anime che invece hanno conosciuto solo il mondo degli inferi e la gretta oscurità degli archetipi, nei quali invece, d’insegnare amore, ha mostrato solo rabbia, violenza, distruzione di sé.

Nel romanzo “Il Ministero della Suprema Felicità” l’autrice ci parla di un "mondo deviato", un "mondo perverso" che, mostra a chi lo interpreta, tutti i loro difetti, i loro conflitti. La lettura del romanzo in senso metaforico è come una sorta di viaggio dantesco, negli inferi dell’anima, dove l’autrice ha cercato di catturare la visione completa del teatro dell’umanità abbandonata a sé stessa. Ci si domanda: Quanto ci vorrà per guarire le profonde ferite provocate all’anima? 

La violenza infatti, oltre ad ostacolare ogni processo di maturazione, spezza di continuo quella fiducia di base indispensabile ad ogni vita per costruire quel senso di sé che risulterà in futuro decisivo per la propria sopravvivenza. 

In un mondo dove l’uomo è considerato portatore di valori, in un mondo dove è come se la foresta muore è qualcosa che muore dentro di noi (inteso come uomo), ogni fiume, luogo o mare che muore, muore dentro di noi. La natura esteriore e quella interiore dell’uomo e tutto interconnesso, in un’unità indissolubile. Non uccidiamo la vita, non uccidiamo l’anima.

Il romanzo mi ha stupita a cominciare dal fatto che il popolo stesso non si stupisce più di nulla. La trama del Ministero della Suprema Felicità, coglie alcuni aspetti dell’India con una aderenza quasi fotografica al vero, oltre che un saggio di prosa di indubbio valore letterario, è anche la testimonianza dell’interesse e della curiosità con cui un Europeo guarda questo paese, così lontano dalla nostra cultura e che par quasi appartenere a un altro mondo. Le immagini che  Arundhati Roy, coglie man mano prendono forma davanti i nostri occhi, precise, ben definite e pur misteriose. Il lettore scorre le pagine del romanzo senza provare un solo attimo di noia, ricavandone anzi un piacere intellettuale che è molto superiore all’appagamento del suo desiderio di informazione. 

L’autrice Arundhati Roy, nella descrizione dell’immagine stessa dell’India, della sua antica miseria, del suo fatalismo, della sua indifferenza per la realtà, ne ritrae l’anima stessa , antica e immutabile, strana e curiosa, assurda e misteriosa. La sua prosa è la più fedele espressione dell’apatia di un’intera nazione.

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