WALTER SCOTT
IVANHOE
I CAPOLAVORI SANSONI
Il libro
Con Ivanhoe (1820) Walter Scott abbandona (benchè non definitivamente) i temi della Scozia che avevano dato tanta forza ai primi romanzi, e si volge all'esame di altri periodi e luoghi della storia. Ciò che lo attrae è sempre un momento di crisi di un popolo, crisi, contrasto, veduti secondo la prospettiva di un'evoluzione. Così anche Ivanhoe si impernia su un contrasto, l'antagonismo di due razze (la normanna e la sassone) all'alba dell'unità etnica e politica dell'Inghilterra, e su un presagio di questa unità. Siamo all'epoca di Riccardo Cuor di Leone, e il protagonista del romanzo, Ivanhoe, sembra tradire la causa degli avi per quella dei conquistatori. In verità egli, al pari di tanti altri eroi di scott, ha (come dice Lukàs) il compito di <<mediare gli estremi>>. L'interesse per i fatti della storia, il desiderio di ricavare anche dai più remoti la testimonianza di una linea evolutiva, un amore quasi sensuale dei costumi, le tracce di letture giovanili (fra cui i poemi cavallereschi italiani e spagnoli, le cronache francesi, la poesia nordica), tutto si fonde per creare la favola di Ivanhoe. Favola, non di più: ma, nei suoi limiti, bellissima, poichè si vale di ogni elemento del mondo della cavalleria (tornei, prove di Dio, assedi, foreste, armi, palafreni, abiti preziosi, morte, coraggio, ferocia). Rompono talvolta il tessuto della favola pagine drammatiche, quali quelle che ci mettono, commossi, di fronte all'avvincente alternarsi delle vicende del feroce templare Sir Brian, della bella e coraggiosa Rebecca, dell'intrepido Ivanhoe.
RECENSIONE
Tra i generi letterari che ebbero maggior successo nel XIX secolo vi è senza dubbio il romanzo storico, di cui Walter Scott, scrittore scozzese vissuto dal 1771 al 1832, viene considerato l'iniziatore : egli, uomo colto e attento studioso di docunenti storici, seppe fondere in modo armonioso le due componenti fondamentali di questo genere narrativo: quella storico-documentaristica e quella fantastico-avventurosa, portando inoltre nel romanzo storico anche molti dei motivi che erano stati propri dell'epica classica e, ancor più, della poesia cavalleresca medioevale: la figura dell'eroe generoso, coraggioso, capace di grandi virtù e grandi passioni, a cui si oppone un eroe tutto negativo, benchè talora dotato di coraggio e fierezza.
Nei suoi romanzi più riusciti, come Ivanhoe, pubblicato nel 1819, di cui qui in questa recensione leggerai, sullo sfondo di un Medioevo pittoresco, ricostruito sulla scorta della tradizione popolare più che di una storiografia "colta", si muovono personaggi che incarnano i valori più "veri" dell'epoca romantica: la coscienza e l'orgoglio di appartenere al proprio popolo, la fede nella possibilità di riscatto dei popolioppressi, la ribellione contro un potere esercitato in modo ingiusto.
Ivanhoe è ambientato in Inghilterra del XII secolo, quando ancora assai forti erano le tensioni sociali tra i Sassoni, originari del paese, e i Normanni, che l'avevano conquistata poco più di un secolo prima.
Tale contrasto è uno dei punti focali del romanzo; come infatti ebbe ad affermare l'autore stesso:
"L'esistenza delle due razze nello stesso paese, la vinta con i suoi modi semplici, schietti e casalinghi e con il suo spirito di libertà infuso dalle sue antiche leggi e istituzioni; e la vincitrice, con le sue brame fama militare (...) avrebbe dovuto interessare il lettore con il suo contrasto."
Il romanzo testimonia l'interesse, tipico dell'età romantica, per il Medievo, considerato la culla delle nazionalità moderne. Non è difficile scorgere, infatti, proprio in questa direzione, il significato fondamentale dell'opera.
Nella situazione storica di conflitto tra la popolazione indigena dei Sassoni, rappresentata dall'orgoglioso sir Cedric, e i Normanni conquistatori del feroce e imbelle re Giovanni, Vilfredo di Ivanhoe, protagonista del romanzo, rappresenta la mediazione possibile: anzichè perseverare in una sterile ed impari lotta, cercare la pace tra i due popoli, appoggiando la parte migliore della nobiltà normanna, rappresentata dal giusto e generoso re Riccardo.
E' questa la scelta storicamente giusta: dalla fusione tra i due popoli nascerà infatti la nazione anglo-sassone.
Il nobile sassone Vilfredo di Ivanhoe, è stato scacciato dal padre Cedric sia perchè innamorato di Rowena, l'ultima discendente dei re sassoni, che Cedtric vuole fare sposare ad Athelstane, anch'egli di sangue reale, nella speranza di restaurare così la monarchia sassone, sia perchè, a parere del padre, ha familiarizzato troppo con i normanni invasori e in particolare con re Riccardo, con il quale infine egli è partito per la terza crociata.
Tornati entrambi in incognito dalla Terrasanta, devono affrontare mille pericoli e difendersi dalle trame tessute contro di loro da Giovanni (che vuole usurpare il trono del fratello) e dai nobili normanni, tra cui, in primo piano, Brian de Bois-Guilbert.
Lo scontro, anche se ancora mascherato, ha la sua prima fase nel torneo cavalleresco, un tema obbligato della letteratura popolare, in cui il misterioso Cavaliere Diseredato (attraverso il cui trasparente soprannome non è certo difficile riconoscere Ivanhoe) umilia, con la sua forza ed il suo coraggio, i cavalieri normanni, odiati dalla popolazione di origine sassone e il loro ancor più odiato re, Giovanni Senza Terra.
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