Una vita su misura
pp. 176, 1° ed.
RECESIONE
La voce narrante del romanzo Una vita su misura, è quella del collega di Karl Dijk. Un uomo sereno, quarant'anni dopo il suo primo giorno di lavoro al servizio dell'Ufficio Pesi e Misure, Karl Dijk non si presenta alla festicciola organizzata per il suo pensionamento, alla quale Dijk non si presenterà.
Anche lui era diventato un pezzo da museo, anzi, peggio ancora: un souvenir in vendita al negozio di un museo. Oggi era già ieri e in quell'ufficio zeppo di distrazioni Dijk aveva scoperto di essere accerchiato dalla realtà del domani.
Ma dovevo ritenere che il comportamento di Dijk fosse normale? Anche se avevamo lavorato insieme per anni, presentandosi in quel modo si era trasformato in un volgare intruso. Un seccatore. Qualcuno che si era infischiato non solo delle leggi della natura, ma anche dell'etichetta. In primo luogo quello che aveva fatto non era possibile e, in secondo luogo, non si faceva.
L'azienda era entrata in una nuova fase, e i meriti di Dijk, che erano indiscutibilmente molti, appartenevano più che altro al passato. Ora più che mai bisognava concentrarsi sul futuro. E il futuro era pieno di cambiamenti, in perenne movimento. La competenza di oggi sarebbe stata il prezzo da museo di domani.
L'indagine sui misteri di Dijk diventa l'occasione per parlare di cura su misura, aveva un senso, la cura cucita addosso a ogni persona, ritagliata sulla vita, sulla storia, i bisogni e i desideri di ciascuno, con tessuti diversi, colori imprevedibili, dove l'unità di misura diventa motivo di gioco di fantasia, di svago.
Tuttavia un metro di distanza è (per ora) la regola nella realtà.
Cos'ha spinto l'impiegato Karl Dijk che, anno dopo anno, ha attraversato le campagne dei Paesi Bassi controllando bilance e verificando masse e grandezze a rinunciare a quel commiato?
Incaricato di scrivere il discorso d'addio, il collega più anziano ne ripercorre la storia, a partire dal freddo mattino del 1961 in cui, insieme, avevano varcato quell'austero ufficio. Mentre il mondo era cambiato profondamente, rendendo obsoleta la competenza acquisita nel tempo, Dijk era rimasto sempre uguale a se stesso.
Che cosa nasconde la vita di Karl Dijk? E davvero esistono pesi e misure, immutabili e universali?
Il romanzo racconta di due generazioni a confronto: una gravata dal tempo che ha vissuto e l'altra incapace di riconoscersi. Siamo in transito. Non è una metafora. Karl Dijk, dopo quarant'annidi lavoro all'interno della società liquida, si è arenato. E' un approdo sconosciuto che assomiglia al mondo che abbiamo lasciato, ma con caratteristiche inedite. La sua vita in divenire ha caratteristiche del tuttoautonome, in cui si possono rintracciare elementi di bisogno impellente di rassicurazioni, il superamento delle paure sociali, la fiducia nel futuro.
Nella sua poetica rievocazione, H. M. van den Brink, racconta del dominio del mercato e di piccoli negozi di alimentari che scompaiono, ma anche di rapporti umani, di passioni e di idiosincrasie. La storia di un amicizia fra due colleghi, fra due anime diverse. Sia dall'ambito più domestico, più intimo. Un libro pieno di momenti delicati e gemme di saggezza.
"Gli anni che abbiamo vissuto hanno seppellito per sempre l'innocenza del mondo."
Non si deve dimenticare. Si deve portare i ricordi in salvo nella memoria. Tenere tutto dentro stretto, fin dal principio, i dettagli, il fluire degli eventi. Prima che la distanza offuschi lo sguardo che si volge indietro, attutendo il frastuono delle voci, dei ricordi che cambiano forma, il riso, e le certezze di un mondo più vicino a noi.
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