EZIO SINIGAGLIA
ECLISSI
NUTRIMENTI
pp. 112Euro 15,00
Il libro
Eugenio Akron, architetto triestino, arriva su una sperduta isola
nordica per assistere all’eclissi totale di Sole, attesa per il giorno
dell’equinozio di primavera. È quello che considera il suo ultimo
viaggio, un regalo di compleanno anticipato per i suoi settant’anni,
un’estrema emozione strappata alla quotidianità . Ad accoglierlo è la
natura ruvida di un popolo abituato a convivere con la scura solennità
delle rocce e la vastità dell’oceano: una donna austera gli affitta una
camera, un arcigno pescatore gli offre la sua barca per osservare
l’eclissi dal mare.
Tuttavia, tra i forestieri accorsi per l’evento, Akron s’imbatte in un’eccentrica vedova americana, Mrs Clara Wilson, che gli impone, con garbata energia, la sua presenza. L’inattesa complicità che si instaura fra i due fa riaffiorare nella memoria dell’uomo un ricordo del passato, un nodo irrisolto che troverà soluzione soltanto fra le tenebre dell’eclissi.
A trent’anni dal suo esordio – Il Pantarèi, metaromanzo sul romanzo del Novecento, uscì per una piccola casa editrice dopo aver collezionato molti rifiuti ma anche l’elogio di lettori come Vittorio Sereni, Giovanna Bemporad e Giuliano Gramigna – Ezio Sinigaglia torna alla narrativa con un racconto potente e suggestivo, caratterizzato da una scrittura magnetica, ironica, di rara perfezione formale.
Tuttavia, tra i forestieri accorsi per l’evento, Akron s’imbatte in un’eccentrica vedova americana, Mrs Clara Wilson, che gli impone, con garbata energia, la sua presenza. L’inattesa complicità che si instaura fra i due fa riaffiorare nella memoria dell’uomo un ricordo del passato, un nodo irrisolto che troverà soluzione soltanto fra le tenebre dell’eclissi.
A trent’anni dal suo esordio – Il Pantarèi, metaromanzo sul romanzo del Novecento, uscì per una piccola casa editrice dopo aver collezionato molti rifiuti ma anche l’elogio di lettori come Vittorio Sereni, Giovanna Bemporad e Giuliano Gramigna – Ezio Sinigaglia torna alla narrativa con un racconto potente e suggestivo, caratterizzato da una scrittura magnetica, ironica, di rara perfezione formale.
RECENSIONE
Ancora una volta sorprendente è Sinigaglia, autore di Eclissi, romanzo dal procedimento narrativo che vede in campo un io narrante, di Eugenio Akron, che si racconta, e un tu narrativo che gli si rivolge ora interrogante, ora provocatorio, ora soprattutto memorante a Akron momenti felici della sua vita, proprio di un raccontare guardandosi dentro che di fatto riproduce quella malinconica dolcezza.
Individuata la chiave di questo curioso e straordinario scrittore nell'irrequietudine del viaggiare, nella sua mobilità sempre in anticipo sui temi in territori inesplorati. Un'inquietudine che è il velo senza il quale molto del nostro Novecento sarebbe incomprensibile.
In quell'ansia carica di turbamento, in quel timore di finire è araldicamente racchiuso e iscritto lo stile del secolo trascorso, uno stile di cui l'eclissi è parte integrante. E proprio la sospensione è una delle figure più utilizzate dall'autore, che narra con garbo e intelligenza la vita di uomini e donne senza mai scivolare nelle paludi del pettegolezzo.
La reticenza, la capacità di tacere il dettaglio biografico indiscreto o maldicente, il rifiuto di qualsiasi sfoggio è forse la cifra caratterizzante della scrittura di Ezio Sinigaglia che sa cogliere anche nei particolari di vita vissuta, nei ritrovi estivi, ciò che conta raccontare, ritagliando dettagli sfocati e riconducendoli al primo piano.
Le pagine di Eclissi mutano l'ombra in <<movimento e luce>>, e restituendo vitalità all'inesistenza, alludono alla necessità di <<indicare un passagggio di testimone>>, collegano presente e passato in una continuità prima di tutto civile.
Così, i personaggi di questo libro si spogliano delle loro malinconie o nostalgie, oltrepassando la biografia di chi ha vissuto su questa terra per mutarsi in realtà favolosa e la osserva dal basso, partecipe e insieme discosto.
«Akron stava vivendo […] un quarto d’ora di felicità così toccante nel
presente e, insieme, di così felice attesa del futuro da sentirsi
ricompensato, all’improvviso e in un istante solo, dell’immane fatica
che aveva dovuto sostenere per restare al mondo tanto a lungo».
Individuata la chiave di questo curioso e straordinario scrittore nell'irrequietudine del viaggiare, nella sua mobilità sempre in anticipo sui temi in territori inesplorati. Un'inquietudine che è il velo senza il quale molto del nostro Novecento sarebbe incomprensibile.
In quell'ansia carica di turbamento, in quel timore di finire è araldicamente racchiuso e iscritto lo stile del secolo trascorso, uno stile di cui l'eclissi è parte integrante. E proprio la sospensione è una delle figure più utilizzate dall'autore, che narra con garbo e intelligenza la vita di uomini e donne senza mai scivolare nelle paludi del pettegolezzo.
La reticenza, la capacità di tacere il dettaglio biografico indiscreto o maldicente, il rifiuto di qualsiasi sfoggio è forse la cifra caratterizzante della scrittura di Ezio Sinigaglia che sa cogliere anche nei particolari di vita vissuta, nei ritrovi estivi, ciò che conta raccontare, ritagliando dettagli sfocati e riconducendoli al primo piano.
Le pagine di Eclissi mutano l'ombra in <<movimento e luce>>, e restituendo vitalità all'inesistenza, alludono alla necessità di <<indicare un passagggio di testimone>>, collegano presente e passato in una continuità prima di tutto civile.
Così, i personaggi di questo libro si spogliano delle loro malinconie o nostalgie, oltrepassando la biografia di chi ha vissuto su questa terra per mutarsi in realtà favolosa e la osserva dal basso, partecipe e insieme discosto.
Citazioni del libro
«Akron stava vivendo […] un quarto d’ora di felicità così toccante nel
presente e, insieme, di così felice attesa del futuro da sentirsi
ricompensato, all’improvviso e in un istante solo, dell’immane fatica
che aveva dovuto sostenere per restare al mondo tanto a lungo».
"Akron pensò che il carattere dell’isola era dato da quel basalto
scuro e duro, che offriva a tutto la sua base solida, la sua reticenza
cromatica contro la quale ogni colore era splendente, la sua ottusità
incrollabile, così legata al basso e al vile, ma nelle cui cavità
nidificavano gli uccelli. Si domandò per un istante perché questi
basalti neri e forti, eroici e muti, lo incantassero come uno specchio
e, insieme, lo impaurissero e schiacciassero come un karma."
"Essendo venuto fin lì da Trieste a caccia di una domanda, Akron
giudicò che non doveva sorprendersi se le domande, dalla notte
precedente, avevano preso a fioccare sulla sua cuffia di lana come la
neve di gennaio sull’isola. Ne aveva in testa troppe, di domande, era
vero: e per di più sorgevano da ogni angolo del mondo su cui posasse lo
sguardo (..) Troppe domande, apparentemente prive di un legame
abbastanza forte l’una con l’altra perché potessero convergere verso
l’illuminante eclissi di una risposta comune." (pag. 82)
"Il suo progetto puntava dritto all’oscurità per cogliervi una luce. Era
inesplicabile a lui stesso. Eppure era il progetto più forte e preciso
che avesse mai formulato in vita sua.
L’evento era atteso per venerdì mattina. Ma Akron era giunto sull’isola domenica pomeriggio, con largo anticipo sull’onda di marea di atrofici e turisti. Bisognava preparare ogni cosa con cura. Ambientarsi, prima di tutto, assimilando la novità dei luoghi, del clima, della luce fino a trasformare l’estraneo in familiare, lo straordinario in quotidiano."
L’evento era atteso per venerdì mattina. Ma Akron era giunto sull’isola domenica pomeriggio, con largo anticipo sull’onda di marea di atrofici e turisti. Bisognava preparare ogni cosa con cura. Ambientarsi, prima di tutto, assimilando la novità dei luoghi, del clima, della luce fino a trasformare l’estraneo in familiare, lo straordinario in quotidiano."
"La morsa soffocante dell’angoscia che ogni giorno, da tre anni, lo
afferrava al risveglio per la gola e lo traeva con sé fino a notte, come
uno strangolatore irresoluto, si era allentata dopo poche ore
dall’arrivo e si era totalmente slegata da lui nella luce pallida e
meravigliosa della prima aurora. Il ricordo stesso di Irene si era come
mitigato, ammansito, quasi che quell’isola popolata più di greggi che di
uomini gli avesse insegnato ad addomesticare il suo dolore. Prima
quell’immagine lo perseguitava: non era possibile sfuggirle neppure per
un istante, perché si era insediata dentro di lui nelle forme di
un’Erinni spietata, che non gli perdonava la colpa di essere vivo.
Adesso, da due giorni, Irene mostrava i primi segni inequivocabili di rassegnazione. Erano sintomi forti, precisi e in rapida evoluzione, erano il presagio di un distacco imminente."
Adesso, da due giorni, Irene mostrava i primi segni inequivocabili di rassegnazione. Erano sintomi forti, precisi e in rapida evoluzione, erano il presagio di un distacco imminente."
"Forse, più che non l’arte politica dell’eludere e rimuovere, aveva
imparato quella chirurgica dell’isolare e circoscrivere. Accoglieva la
trafittura del ricordo, con pazienza, con gratitudine perfino, ma non
permetteva alla memoria di espandersi, di diramarsi per contagio. E ora,
invece, la memoria dilagava…"
"In più di un’occasione ho lasciato capire che l’incipit di Eclissi,
“Il suo progetto puntava dritto all’oscurità per cogliervi una luce”,
appeso lassù in cima alla prima pagina come un esergo, è anche una
dichiarazione d’intenti, una promessa fatta al lettore più attento, o
viceversa un monito rivolto a quello più frettoloso e meno disposto
all’avventura. In questo senso, dunque, il progetto di Akron, il
protagonista, coincide con il progetto dell’autore, ed è quindi lecito
ipotizzare che non si tratti di un progetto isolato, ma che per l’autore
scrivere voglia dire proprio questo: tuffarsi nelle tenebre per
sfruttare la sorprendente potenza che una flebile luce può assumere
quando è circondata dall’oscurità più totale. (Tratto dalla “conversazione” su Nazione Indiana.)
Nessun commento:
Posta un commento