martedì 7 luglio 2020

RECENSIONE #63/2020 L'OMBRA DEL VENTO by CARLOS RUIZ ZAFON - MONDADORI

L'ombra del vento

Collana Oscar absolute 
Traduttore L. Sezzi   
Pagine 419


Il libro  

Una mattina del 1945 il proprietario di un modesto negozio di libri usati conduce il figlio undicenne, Daniel, nel cuore della città vecchia di Barcellona al Cimitero dei Libri Dimenticati, un luogo in cui migliaia di libri di cui il tempo ha cancellato il ricordo, vengono sottratti all'oblio. Qui Daniel entra in possesso del libro "maledetto" che cambierà il corso della sua vita, introducendolo in un labirinto di intrighi legati alla figura del suo autore e da tempo sepolti nell'anima oscura della città. Un romanzo in cui i bagliori di un passato inquietante si riverberano sul presente del giovane protagonista, in una Barcellona dalla duplice identità: quella ricca ed elegante degli ultimi splendori del Modernismo e quella cupa del dopoguerra.
RECENSIONE
 
Già qualche tempo fa Carlos Ruiz Zafon ci aveva accompagnato attraverso la sua Barcellona: passeggiate della memoria tra vicoli e porti, che riannodano i fili di un'esperienza umana e professionale che l'ha visto passare dagli studi alle tensioni del quartiere. Ora questi libri si arricchiscono di un nuovo punto di vista. Un segno dei tempi. Un viaggio in una capitale del mondo: <<E' imperiale. Tutti i treni e le strade portano qui>>.

La letteratura possiede antenne sensibili e molti romanzi di Zafon dimostrano il successo grazie al passaparola dei lettori. I quali hanno saputo cogliere, forse più di ohni saggio serioso pur arricchito da copiosa documentazione, quel miscuglio di risentimenti, senso di esclusione, percezione di un declino, stanchezza, crisi identitaria che sta alla base del grande malessere in cui si sta avviando il nostro modo di vivere e di pensare, anche con il cinismo sotto gli occhi di tutti.

Ora i lettori possono conoscer e leggere i romanzi importanti di Zafon, in cui la trama, gli intrecci privati, la dimensione puramente personale dei protagonisti si interseca felicemente con uno sguardo ai dettagli della condizione umana di questa Barcellona di inizio secolo. Uno sguardo attento ed empatico che solo la letteratura, riesce a raffigurare pienamente.

Romanzi che hanno un ritmo, un passo e una profondità davvero singolari. Beninteso, si tratta di romanzi, non di trattati sociologici, ma nelle pagine del libro di Zafon, si capiscono molti aspetti delle pulsioni identitarie non solo dell'indipendentismo dalla guerra civile, o del colera che si era portato via molte vite.

Il giorno in cui compiva quattro anni, sotto una pioggia battente seppelliva la madre.

"Ricordo che quando domandai a mio padre se il cielo piangeva, gli mancò la voce".

Deluso dal cinismo di una modernità urbana sempre più scolorita e convenzionale. Daniel il (ricercatore), protagonista del romanzo, riassapora il ricordo di quel mattino in cui il padre gli fece conoscere il "Cimitero dei Libri Dimenticati". Erano i primi giorni dell'estate del 1945, e padre e figlio camminavano per le strade di Barcellona intrappolati sotto il cielo di cenere.

Per strada i lampioni impallidivano accompagnando il pigro risveglio della città, pronta a disfarsi della sua maschera di colori slavati. Di fronte a loro si ergeva quella che a Daniel parve il cadavere abbandonato di un palazzo, un mausoleo di echi e di ombre. 

Il desiderio di autenticità ricercato nel pulviscolo disordinato della dimensione di una strada simile ad una cicatrice. Le vicende private e quelle pubbliche si intrecciano indissolubilmente, ma nella curiosità del ricercatore Daniel che torna nel folto delle sue radici si annida il germe di un'ulteriore delusione.

Eppure, ed è qui che il romanzo di Zafon si fa involontariamente indagine su una sensibilità collettiva che cambia, questo richiamo alle radici sembra funzionare. Una frattura, si è aperta irreversibilmente, ed il protagonista, non riesce a venire a capo di un'autenticità ricercata ma introvabile, una sospensione tra due mondi che riproduce esattamente, sia pure a ritroso, quella vissuta dagli <<esclusi>>, degli antenati, o meglio dei giovani e meno giovani che vedono spezzarsi i meccanismi dell'emancipazione sociale promessa dalla Barcellona moderna e non sanno come arginare la delusione di una promessa non mantenuta.

Ma i figli di quel mondo, insomma il mondo del protagonista Daniel del romanzo di Zafon, sentono solo il grigiore di vite vissute con indolenza, senza la minima fiducia che il corso della vita possa cambiare davvero e dare forma a un'esistenza ricca, soddisfacente, addirittura elettrizzante.

Dettagli di un disagio, di una disperazione sottile ma invincibile che spiega tante cose sulla sensibilità che ha attraversato la società ormai, lontana. Perchè il popolo aveva una sua coscienza, un suo lessico, un suo modo di essere. Dettagli che la letteratura riesce a cogliere, più e meglio di un trattato di sociologia politica.


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