lunedì 27 luglio 2020

RECENSIONE #67/2020 LA RIPARAZIONE DEL MONDO by SLOBODAN SNAJDER - SOLFERINO EDITORE

La riparazione del mondo

di Slobodan Šnajder

 

Solferino Editore

Lingua Italiano
Pagine 576
Anno 2019
Collana Narratori
Formato Cartonato
Prezzo di copertina 20 Euro 



Il  libro

È il 1769, in Germania, un anno di carestia. La sera, gli uomini siedono intorno ai tavoli, in silenzio. Le donne mondano cavoli. Ma nel cerchio dei lumi a olio, un giorno, si fa avanti uno sconosciuto. È un messo dell’imperatrice Maria Teresa, un pifferaio magico, e promette campi fertili e un futuro in una terra di cui nessuno di loro ha mai sentito parlare. Così Georg Kempf decide di partire. E la sua nuova casa, si scoprirà, si chiama Slavonia.
Oltre centocinquant’anni dopo, un altro messo bussa alla porta della famiglia Kempf. È la Germania, ora, che reclama i suoi figli per arruolarli nell’esercito del Reich millenario. I Kempf di tedesco non hanno più nemmeno i nomi: passando di nonno in nipote, Georg è diventato Đuka, e sono cambiati anche i suoi sogni. Đuka si sente un poeta.
Ma non fa alcuna differenza per i reclutatori: Kempf, come gli altri Volksdeutsche, i tedeschi che vivono fuori dai confini, deve seguire le Waffen-SS e combattere per una nazione che non è più la sua da quasi due secoli. Parte, suo malgrado, per il fronte orientale, partecipa, suo malgrado, a ogni genere di orrori e, alla fine, diserta.
A cavallo della sua bicicletta, intraprende il lungo cammino verso casa. Ma lì tutto è cambiato e il resto della sua esistenza sarà irrimediabilmente segnato dalla sua «piccola guerra polacca», indelebile come il tatuaggio delle SS con il gruppo sanguigno.
La riparazione del mondo è al contempo romanzo storico, saga familiare e racconto di un amore, quello fra Georg e la partigiana croata Vera. I due non si libereranno mai del peso di aver combattuto su due fronti diversi. Se solo si fossero incontrati poco prima, non avrebbero potuto far altro che uccidersi.

Slobodan Šnajder

Autore

Slobodan Šnajder (Zagabria, 1948) è scrittore e giornalista. Dopo la laurea in Filosofia e Anglistica, è stato cofondatore e direttore della rivista di teatro «Prolog» e editor presso la casa editrice Cekade di Zagabria. 
Ha pubblicato racconti, saggi e soprattutto pezzi teatrali, conquistando fama internazionale con Hrvatski Faust (Il Faust croato). Scrittore prevalentemente di prose brevi, ha pubblicato il suo primo romanzo, Morendo, nel 2012. La riparazione del mondo gli è valso numerosi riconoscimenti, tra cui il premio per il miglior romanzo croato del 2016.
Šnajder è tra i firmatari della Dichiarazione sulla lingua comune, che sostiene l’unicità della lingua tra Croazia, Serbia, Bosnia e Montenegro.



RECENSIONE

Il romanzo si apre, nella Germania meridionale della fine del 1700, colpita da una pesante carestia.

"Gli uomini siedono in silenzio intorno al tavolo, le donne mondano cavoli, l'unico cibo rimasto, i bambini sono stecchiti".

Una sera da affamati, come tutte le altre a seguire, quando, arriva un novello pifferario, uno sconosciuto, dice di essere un messaggero delle grande imperatrice Maria Teresa, il quale promette a chi vorrà seguirlo in terre lontane e fertili da coltivare, cibo in abbondanza, vita tranquilla. Fino in Transilvania, e il luogo eletto, e lì il  posto da "sogno", ci si arriva navigando lungo il Danubio, ma chi ci andrà non se ne pentirà, non avrà più fame.

Uno dei primi giovani, il padre di Snajder appunto, deciderà di seguire il pifferaio, in seguito anche altri lo seguiranno. Alcuni dei quali, finiranno in Transilvania, come Kemph, invece, altri saranno destinati alla città di Slavonia, corrispondente oggi all'odierna Croazia orientale. 

La terra del cambiamento, raggiuntala, non avranno più fame, costruiranno la loro casa, apprenderanno gli usi del luogo e con l'andare del tempo, perderanno la loro identità, cultura, lingua e tradizioni.

Dopo 150 anni, si presenta a Kemph, un uomo, dice di essere il mandante del Fuhrer che ordina di richiamare sotto le armi dei Reich tutti i Volskdentsche (cittadini di etnia tedesca), sparsi tra i Balcani e Carpazi. Sarà il giovane Djuka, (volontario obbligatorio), studente di medicina, interessato soprattutto all'alcool, alle ragazze e alla poesia, che verrà arruolato in un reparto di Waffen SS e spedito sul fronte orientale.

Kempf, è un uomo normale, non è un eroe. Ma neppure, uno sprovveduto. Ha già visto gli orrori della caccia agli ebrei, perpetrati nella sua cittadina natale, dove era diventata una prassi normale. Ma niente al confronto di ciò che avrebbe vissuto in Polonia che va oltre la sua immaginazione. Disserterà e, parte a piedi, parte in bicicletta tornerà a casa.

Com'è possibile che un uomo ricercato e tatuato dalle SS, sia sopravvissuto per quasi due anni ai camerati che gli danno la caccia, ai resistenti polacchi, ai militari sovietici? O forse è merito di un documento, rilasciato da un ufficiale russo, una specie di lascia passare attestante che Kempf, aveva combattuto dalla parte giusta.

Egli vivrà davvero come un <<animale>>, cibandosi di ciò che troverà negli orti e nelle campagne abbandonate, dormendo al gelo nei boschi, con addosso per diversi la stessa giubba, senza potersi lavare. Ed essendo testimone della visione di cadaveri ovunque: nelle fattorie incendiate, nelle case rese al suolo dai cannoni, nelle acque dei fiumi, appesi agli alberi, buttati nei fossi.

Insieme al documento di <<circolazione>>, assegnatogli, Kempf in tutto questo orrore, se ne porta un paio nel ricordo: quella di un cane salvato da un lago nel quale era caduto, un bambino salvato da  morte sicura,  e il rifiuto espresso durante la fucilazione di cinque uomini sconosciuti, acciuffati a caso in strada per vendicare il ferimento di un soldato delle SS. L'unico rammarico che si porta dietro Kempf, è quello di non aver salvato una infermiera , colpevole di aver lavorato nel lazzaretto delle Waffen SS, che aveva riconosciuto affacciata al finestrino di un treno in partenza per la Siberia.

Giunto a casa, niente è come prima, non ci sono più case, niente più amici, ed anche l'attestato ormai, illeggibile, nella Jugoslavia del dopoguerra non appare più così utile. Una voce si aggira intorno ai giorni che gli restano, è quella di una nuova guerra, quella degli anni Novanta.

Intanto, molti giovani senza lavoro, cominciano a emigrare verso la Germania. Allora ci si chiede,

"E' possibile una riparazione del mondo, dalla ferocia dei delitti che vengono commessi fin dalla notte dei tempi?".

Secondo il romanzo saga-familiare di Slobodan Snajder, decisamente no. Il romanzo descrive una quotidianità alterata dalla paura di morire, dall'assenza di libertà, da una situazione-limite che trasforma tutto.

Una città ridotta ormai, ad un cumulo di macerie, assediata dai nazisti, si scende negli scantinati, si trascorrono ore in fila per accaparrarsi un pezzo di pane e, soprattutto, si ha fame. Così, pagina dopo pagina, incontriamo capitoli, episodi, esperienze, dialoghi, raccontati da uno sguardo vicino alla sofferenza e alla capacità dell'essere umano di adattarsi e reagire.

Eppure Slobodan Snajder non elimina lo spazio della speranza degli invisibili agli occhi del mondo.

<<Chi scrive, che lo voglia o no, entra in dialogo con il mondo esterno. E anche quando chi ha scritto muore, ciò che è stato scritto rimane, senza bisogno di autorizzazione>>.

<<Scrivere del cerchio (il crimine dei nazisti) è spezzare il cerchio. Bene o male è sempre un'azione. Nell'abisso del tempo perduto, qualche cosa è stato trovato>>.
 

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