lunedì 13 luglio 2020

RECENSIONE #65/2020 LE ASSIAGGIATRICI by ROSELLA POSTORINO - FELTRINELLI

Le assaggiatrici

di Rosella Postorino

 FELTRINELLI



Il libro

La prima volta in cui Rosa Sauer entra nella stanza in cui dovrà consumare i suoi prossimi pasti è affamata. “Da anni avevamo fame e paura,” dice. Siamo nell’autunno del 1943, a Gross-Partsch, un villaggio molto vicino alla Tana del Lupo, il nascondiglio di Hitler. Ha ventisei anni, Rosa, ed è arrivata da Berlino una settimana prima, ospite dei genitori di suo marito Gregor, che combatte sul fronte russo. Le SS posano sotto ai suoi occhi un piatto squisito: “mangiate” dicono, e la fame ha la meglio sulla paura, la paura stessa diventa fame. Dopo aver terminato il pasto, però, lei e le altre assaggiatrici devono restare per un’ora sotto osservazione in caserma, cavie di cui le ss studiano le reazioni per accertarsi che il cibo da servire a Hitler non sia avvelenato. Nell’ambiente chiuso di quella mensa forzata, sotto lo sguardo vigile dei loro carcerieri, fra le dieci giovani donne si allacciano, con lo scorrere dei mesi, alleanze, patti segreti e amicizie. Nel gruppo Rosa è subito la straniera, la “berlinese”: è difficile ottenere benevolenza, tuttavia lei si sorprende a cercarla, ad averne bisogno. Soprattutto con Elfriede, la ragazza più misteriosa e ostile, la più carismatica. Poi, nella primavera del ’44, in caserma arriva un nuovo comandante, Albert Ziegler. Severo e ingiusto, instaura sin dal primo giorno un clima di terrore, eppure – mentre su tutti, come una sorta di divinità che non compare mai, incombe il Führer – fra lui e Rosa si crea un legame speciale, inaudito. Con una rara capacità di dare conto dell’ambiguità dell’animo umano, Rosella Postorino, ispirandosi alla storia vera di Margot Wölk (assaggiatrice di Hitler nella caserma di Krausendorf), racconta la vicenda eccezionale di una donna in trappola, fragile di fronte alla violenza della Storia, forte dei desideri della giovinezza. Proprio come lei, i lettori si trovano in bilico sul crinale della collusione con il Male, della colpa accidentale, protratta per l’istinto antieroico di sopravvivenza.
Autrice

ROSELLA POSTORINO (1978) ha pubblicato La stanza di sopra (Neri Pozza 2017; Feltrinelli, 2018; Premio Rapallo Carige Opera Prima), L'estate che perdemmo Dio (Einaudi 2009; Premio Benedetto Croce e Premio Speciale della giuria Cesare Lollis), Il mare in salita (Laterza, 2011), Il corpo docile (Einaudi, 2013, Premio Penne). Con Le assaggiatrici (Feltrinelli 2018) ha vinto il Premio Campiello 2018 e molti altri premi letterari, fra i quali il Rapallo, il Chianti, il Lucio Mastronardi, il Pozzale Luigi Russo, il Wondy e, in Francia, il Prix Jean - Monet. In corso di traduzione in trenta lingue, il romanzo diventerà un film diretto da Cristina Comencini.

 

Premi

Per la narrativa italiana 2020
Vincitrice Premio Letterario Chianti 2019
Selezione Giuria dei Letterati 2018
Vincitrice 2019
Gruppi di Lettura di Fahrenheit Radio 3 2018
Finalista Premio Rapallo per la donna scrittrice 2018
Premio Campiello - Selezione giuria dei letterati 2018
Vincitrice 2018
Vincitrice Premio Pozzale Lugi Russo 2018
Finalista Premio Letterario Manzoni Lecco 2018
Finalista Premio Letterario Lucio Mastronardi - Città di Vigevano 2018
Finalista Premio Alassio Un autore per l'Europa 2018
Finalista Premio Minerva 2018
RECENSIONE
Rosella Postorino ha preso su di sè il compito di far rivivere per noi tutti, una realtà, una cultura e un mondo di storie praticamente cancellati dalla follia criminale nazista. Un mondo ordinato, straniero, ed è riuscita a farlo nostro. Una galleria di immagini, persone centrali o sfuggenti nel tempo. Dono, o condanna, di sentire il dolore, vedere i morti di morte violenta e ascoltare le loro ultime parole.
La terra dei nazisti, uno scenario agghiacciante, riempie le pagine del libro. Personaggi autentici all'inseguimento di una vita dignitosa, altri all'inseguimento di una vita straordinaria o ribelli in cerca di utopia o poveracci in cerca di dignità umana: tutti diventano personaggi di un lungo racconto ininterrotto, oscillante tra malinconica ironia che, scruta il mistero celato nei grandi avvenimenti corali o in un piatto celebre, o negli occhi figure dall'eroismo vero o posticcio.
Molti imprevisti e forse, in realtà, fin troppo spiegabili, piccoli e grandi equivoci dietro i quali covano i mali di un'intera società, dal nazismo alla crisi dei rapporti personali e di coppia; donne che si trascinano devastate dal <<compito>>, di una guerra che ha segnato irreversibilmente la loro psiche; crudeltà, dolcezze, soprassalti di dignità: le storie delle "Le assaggiatrici", vanno a comporre un affresco ampio e variegato nel quale a scorrerci davanti sono anni e più di storia nazista. 

E ci offre il ritratto a tutto tondo di un passato oscuro, che con umiltà pari solo al talento ha saputo esplorare, portandola a un passo dalla perfezione, il racconto. Senza mai dimenticare quella che è la vocazione più autentica: la capacità di immergersi con sguardo spietato e partecipe negli abissi più neri della mente umana.

Tutti i protagonisti di una faticosa ed entusiasmante arte di vivere di cui Postorino è stata attenta, commossa testimone ricucendo, per via puramente letterale, a raggiungere la precisione - e la realtà. Inventare il futuro e sbriciolarlo con le dita. Mentre la città si apre, alla primavera, nel solito trionfo di profumi e canzoni, l'illusione diventa la peggiore delle condanne: e spegne quell'ardore di sopravvivenza anche il ricordo di antiche passioni.

Nell'autunno del '43, aveva ventisei anni Rosa Sanez. La mia battaglia con il veleno aveva una posta in gioco troppo alta, perchè le gambe non tremassero ogni volta che la sazietà abbassava le difese. Non era prevista solidarietà fra le assaggiatrici. Eravamo zolle che galleggiano e collidono, scorrono l'una accanto all'altra e si allontanano. Come si diventa amiche? Ora che ne riconoscevo le espressioni, che addirittura le anticipavo, i volti delle mie compagne mi sembravano diversi da quelli che avevo visto il primo giorno.

All'inizio prendiamo bocconi misurati, come se non fossimo obbligati a ingoiare tutto, come se potessimo rifiutarlo, questo cibo, questo pranzo che non è destinato a noi, che ci spetta per caso, per caso siamo degne di partecipare. Quasi che ogni gesto di sopravvivenza esponesse il rischio della fine: vivere era pericoloso; il mondo intero, un agguato.
Quando il tempo opaco e smisurato della nostra digestione fece rientrare l'allarme, le guardie ci misero in fila verso il pulmino che ci avrebbe riportate a casa. Il mio stomaco non ribolliva più: si era lasciato occupare. Il mio corpo aveva assorbito il cibo del Fulrer, esso mi circolava nel sangue. Io avevo di nuovo fame.
Una morte in sordina, fuori scena. Una morte da topi, non da eroi. E Rosa sprovveduta come Cappuccetto Rosso, era finita nella sua pancia. Quel giorno sancì in modo definitivo il nostro status di cavie: se il giorno prima poteva sembrare un'inaugurazione, una prova generale, a partire da quel momento la nostra attività di assaggiatrici diventava inderogabile.

Da mesi ero dedita a un dolore che mi distraeva dal resto, un dolore tanto esteso da superare il suo stesso oggetto. Era diventato un tratto della personalità.

Non era tanto la minaccia del  mondo su di me, quanto l'impotenza a commuovermi. Non era intimità, tra me e le altre, era paura. Misuravamo gli altri e lo spazio intorno a noi con lo stesso terrore incosciente di chi è appena venuto al mondo.

Il mio bisogno di ambientarmi: mi rendeva vulnerabile. "Su che base ci avevano scelto?". La prima volta che Rosa era salita sul pulmino si aspettavo di trovare un covo di ardenti nazisti, presto aveva capito che non era stata la fede nel Partito, il criterio di selezione. Avevano arruolato le più povere, le più bisognose.


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