Guerra
A cura di Pascal Fouché
Con una Premessa di François Gibault
Biblioteca Adelphi, 748
2023, pp. 156, 1 immagine a colori - 18,00 euro
Temi: Letteratura francese
Céline inedito racconta ''la guerra nella testa''
una dolorosa necessità e felicità di scrittura affabulatoria
Il libro
Primo, folgorante scampolo degli inediti rubati nel 1944 dall’abitazione di Céline, e rocambolescamente ricomparsi quasi sessant’anni dopo la sua morte, Guerra narra episodi contemporanei alla prima parte di Viaggio al termine della notte, come se da esso fosse stato espulso e poi abbandonato in una stesura ancora grezza e incandescente. Dal momento in cui riprende conoscenza, seguiamo Ferdinand, vent’anni, ferito a un braccio e con una grave lesione all’orecchio dovuta a un’esplosione, mentre cerca di guadagnare le retrovie attraverso campi di battaglia disseminati di cadaveri, in una notte visitata da presenze ostili, fantasmi quanto mai reali.
Lo ritroveremo in un ospedale, in mezzo a malati e farabutti d’ogni risma, affidato alle cure di un’infermiera sadica e vampiresca. Qui fa amicizia con il malavitoso parigino Bébert e con sua moglie Angèle, che al fronte batte il marciapiede per lui: spunto per nuovi episodi grotteschi, esilaranti e raccapriccianti al tempo stesso, dove Céline preme sul pedale di una sessualità oltraggiosa e sfrenata. Infine, l’inattesa partenza per Londra, un posto dove andare come sempre a perdersi.
Céline è scrittore da dimenticare, hanno detto, se vuoi vivere, anche
se vuoi soltanto leggere, capace com’è di rendere illeggibili gli altri
scrittori. «Mi sono beccato la guerra nella testa. Ce l’ho chiusa nella
testa» dice Ferdinand all’inizio di queste pagine, come se l’esperienza
bellica – divenuta esperienza acustica – fosse solo la propaggine di
una guerra molto più estesa e devastante, interna alla materia
cerebrale. Eppure, attraverso il suo delirio – il suo parlottio
ipnotico, sbracato e ininterrotto, come il fischio del rimorchiatore
sulla Senna, nella notte, che chiudeva il Viaggio –, ci si
accorge che Céline è stato l’unico scrittore capace di nominarla.
Dalla parte dei Buoni nessuno ha trovato la parola.
''Ce l'ho chiusa nella testa'' la guerra, scrive Louis-Ferdinad Céline ferito alla testa vicino a un orecchio e al braccio destro durante uno scontro all'inizio della Grande Guerra, nel 2014 mentre era in missione per il suo reggimento nei pressi di Ypres.
Il giovane ventenne è così ''perseguitato da un orribile baccano che sfondava la testa'' ed è come se scrivesse per sfuggirlo, per sovrastarlo e salvarsi, aggrappandosi al disastro del mondo che lo circonda fin dentro un ospedale da campo allestito nella navata di una chiesa, sempre in prima persona, come nel suo stile diretto e coinvolgente, legato a una dolorosa necessità e felicità di scrittura.
Questo racconto di un centinaio di pagine, intitolato 'Guerra'', è la
trascrizione a cura di Pascal Fouché di una prima stesura di un
manoscritto, uno di quelli scoperti tra quelle che erano nel suo
appartamento di Montparnasse e che sembravano andate perdute.
Sembrerebbe legarsi in modo non casuale e anche cronologicamente al
romanzo '' Viaggio al termine della notte'', del 1932, ma ci sono prove
che fu scritto qualche anno dopo e Francois Gibault nella sua nota
introduttiva lo vede come ''un resoconto... registrazione di ricordi
reali...
che pagina dopo pagina diventa sempre più romanzesco'',
ovvero finisce per appartenere alla creazione letteraria di Céline
sempre così affondata nella realtà, anche se distorta dal suo modo di
viverla e raccontarla per renderla più vera, cruda, paradossale come
l'esistenza stessa.
Si tratta di un testo grezzo, eppure ricco
di ripensamenti e cancellature da parere già abbastanza lavorato, che ha
subito minimi interventi, da una correzione illeggibile ripristinata
con la versione precedente a parole particolari o di difficile
decifrazione che sono state messe in evidenza. Del resto sappiamo che
sarà lui a minacciare i propri editori se avessero cambiato anche una
sola virgola dei suoi scritti. Così la lettura appare fluente grazie a
una scrittura intensa e quella densa narrazione personale, affabulatoria
e avvolgente così ben resa in italiano da Ottavio Fatica, e che, anche
in questo caso, vive di una serie di incontri particolari, a cominciare
dalla infermiera l'Espinasse che sembra assieme dare e succhiargli via
quel po' di vita che è rimasta al povero Ferdinand. Ci sono poi i
''piagnucolosi'' genitori in visita e la cantiniera Onime che reclama un
credito di 322 franchi, ma soprattutto il malavitoso Bébert e in
particolare sua moglie Angèle, prostituta che esercita anche al fronte.
Così il racconto passa dai sanguinolenti e dolorosi resoconti fisici e medici a episodi di una sfrontata e assoluta sessualità, sempre osservando tutti con occhi che colgono l'estremo, il comico e il grottesco di ogni situazione.
Questo in quella realtà sempre più
romanzesca come è in effetti e come sempre ce la racconta Céline, sino a
quando il suo Ferdinand non si imbarcherà all'improvviso a Boulogne per
l'Inghilterra, commentando, in una pagina finale che vale tutto il
libro: ''Ci sono esseri così, è strano, sono carichi, arrivano
dall'infinito, ti vengo a esporre sotto gli occhi il loro gran fagotto
di sentimenti come al mercato.... Non sano presentare bene le cose. e tu
non hai comunque il tempo di rovistare tra le loro carabattole.... Che
fanno allora? Buttano via tutto? Non lo so. Che ne è di loro? Non se ne
sa niente....
Certo che è enorme la vita. Ti ci perdi dappertutto''.
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