I primaverili di Luca Ricci premio Lugnano
amaro e divertente romanzo su forza e illusioni del desiderio
LUCA RICCI
I PRIMAVERILI
LA NAVE DI TESEO
pp.254 - 19,00 euro
Il libro
Un uomo che ha scritto un romanzo d’amore e una donna appassionata di
Roland Barthes per quanto tempo possono ignorarsi se frequentano la
stessa libreria di quartiere? Presto i due si baciano, in effetti,
illuminati dal culto condiviso per i libri. Sembrerebbe una storia
destinata a una qualche forma di felicità, eppure la bilancia non è in
perfetto equilibrio. Lui vorrebbe dar seguito al successo del primo
libro, ma gli mancano l’ispirazione e la voglia di assimilarsi alle
ipocrisie del mondo culturale. La donna pare custodire un mistero che è
anche un dogma intoccabile del suo cuore: spurgare il sesso dall’amore,
pretendere un rapporto “bianco”. L’uomo saprà decifrare quel mistero –
talvolta così fastidiosamente simile a un’imposizione – o ne rimarrà
vittima? E il valore della castità, il tentativo di ritornare vergini
così come si fa risalendo la corrente impetuosa di un fiume fino alla
sorgente, riuscirà davvero a purificare i sentimenti, o non sarà
piuttosto una capricciosa forma di idealismo?
Mentre lo sbocciare
della primavera romana viene descritto giorno dopo giorno nella stesura
febbrile e puntigliosa di un diario intimo, la relazione dei due sembra
dipanarsi soltanto per creare nodi e garbugli ancora più consistenti –
come avviene talvolta in letteratura, spesso in amore, sempre nella
vita.
Dopo Gli autunnali, Gli estivi e Gli invernali, Luca Ricci ci consegna l’ultimo tassello della quadrilogia delle stagioni, un romanzo che torna a indagare le passioni delle donne e degli uomini, ancora una volta raccontati nel disperato tentativo di acciuffare la cosa più emozionante di tutte: il tempo.
Luca Ricci
Recensione
''La primavera è trascorsa, ora possiamo farci deludere da tutto'' è la frase che conclude questa ultima parte della quadrilogia delle stagioni di Luca Ricci, di cui erano già usciti 'Gli autunnali, 'Gli estivi', 'Gli invernali', e può esser letta sia in relazione all'esistenza di ognuno e delle speranze di gioventù che non si avvereranno, come in maniera più esemplare alla primavera che trascorre l'io narrante, uno scrittore di mezz'età in crisi, dopo un brillante esordio.
'I primaverili', con cui Ricci ha appena vinto la nona edizione del Premio nazionale Città di Lugnano, sono personaggi che cercano di sbocciare ma si scoprono invece destinati al fallimento nella loro ansia di amore e di creazione artistica e la stagione della rinascita si rivelerà illusoria. E, in impotenza di azione per i pretesti più diversi, il personaggio divaga e indaga, indica maestri, dall'ironia di Ennio Flaiano e la sua Roma che tutto assorbe e stempera alla vitale rabbia di Bianciaradi, sino alle intuizioni, all'indagare frammentario ma ''geniale e furbo'' dei ''Discorsi amorosi'' di Roland Barthes.
Ecco allora la tragicommedia del continuo comprare una poltrona e poi cambiarla con una più costosa, alla ricerca di un comodità esterna che spera gli permetta di stare a suo agio e riprendere a scrivere, senza mai ovviamente trovarla. Del resto ha anche la scusa che per vivere si trova costretto continuamente a distrarsi, a scrivere altro, sceneggiature, articoli e così via. Ed ecco, quasi allo stesso modo, il perseguire un'amore nato tra i libri per comune passione, che al di là di qualche bacio non riesce mai a concretizzarsi, perché è lei, Simonetta, una libraia sfuggente che pensa, per vivere e prolungare il desiderio, vero momento di tensione, si debba essere ''una coppia bianca''. Nonostante questo, capita che il protagonista si dica: ''E' un fulgido sabato di fine maggio e sono innamorato. Cosa chiedere di più?''. Basta allora ricordarsi del burbero collega scrittore Alberto Gittani, presente anche negli altri romanzi, che sottolinea: ''Detesto la primavera, perché ci rende speranzosi''.
Una primavera che ha appunto la potenza e le illusioni del desiderio, in fondo agitata nella sua ricerca malinconica, ostinata e assieme cosciente dell'inutilità forse del vivere stesso, vista la mancanza di un qualsivoglia approdo, anzi di una serie di trappole disseminate lungo il cammino dei giorni e dei rapporti convenzionali, tra una Fiera del libro, un premio letterario e l'irritato sarcastico battibeccare con chi gli offre una collaborazione giornalistica. E naturalmente personaggi che in quella società culturale prosperano perché recitano, attori capaci di ''sguazzare nel possibile'', o direttori camaleontici buoni per tutte le situazioni.
Ritratti amari e comici, ma senza che riescano a suscitare nel protagonista vera rabbia, sentendo dire che ''tutta la vera letteratura, non solo quella di Bianciardi, dovrebbe essere letteratura della rabbia'' da ''bischeri'', come direbbe lui, che parlano per luoghi comuni, senza un guizzo di personalità, di intelligenza.
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