domenica 22 maggio 2016

Lettere Fra L'erba di Clara Cerri

                                                        
                            


Sono stat ORFANA appena venuta al mondo e sono RINATA mettendo i tasselli mancanti al puzzle della  mia vita, ma mi sno scontrata con un'OSCURA infelicità che poteva segnarmi per sempre. Con fatica ho visto ancora la luce.

La protagonista del romanzo è Isabella, una sedicenne che a causa della morte della madre all'età di tre mesi a vissuto fino ad oggi in collegio. La ragazza non è in grado di parlare della madre, non ha nessun ricordo e non conosce il suo passato. Ma quella mancanza dell'affetto materno provoca in lei un profondo desiderio di protezione e affetto come a dover risarcire il dolore passato. Desidera ascoltare il racconto della sua nascita, della sua storia intrecciato a quello della madre che non ha conosciuto, l'ha incanta e voleva sentirlo ripetere in continuazione. Per lei era una fiaba bellissima dove il desiderio di averla voluta era il principe che regnava su ogni cosa. A quella grossa mancanza non è riuscito a provvedere il padre, Vincenzo, dal quale torno a vivere dopo il collegio. Il padre è una figura enigmatica, taciturna, assente dalla vita della figlia, non è in grado di raccontarle la persona Ilaria. Così Isabella non può rivivere, nè identificarsi come donna in colei che le ha dato vita. Era troppo piccola allora per potersi ricordare della madre, ed oggi avverte la sensazione di non potersi più fidare della felicità, come se fosse sempre in agguato qualcosa, che me l'avrebbe portata via. A sedici anni, in piena adolescenza, questo secondo dolore lo ricorda bene. Un pozzo nero e profondo, in cui la tristezza si mescola alle domande angoscianti e riporta in superficie, prepotente, la sensazione di non potermi permettere di credere alla felicità, di non poterci sperare neanche. La mia salvezza è stata l'inizio ad una partecipazione di un gruppo teatrale: da l' ho cominciato il mio viggio per rinascere una terza volta, finalmente nei panni di me stessa. la compagnia teatrale è gestita da Antonio, un'amico di vecchia data della madre. Nello stesso periodo Isabella viene in possesso di alcune lettere della madre, scritte proprio di suo pugno è inviate alla sua amica Eleonora. Ovviamente non è un caso che, dopo un periodo in cui trovavo faticoso anche solo leggerle o guardarle, sia finita per dedicarmi proprio alla conoscenza di questa corrispondenza. Si èchiuso un cerchio: in esso ho trovato un misto di tenerezza e comprensione che ha sciolto i nodi delle domande e li ha fatti scivolare via, senza più colpe da cercare e perdoni da elargire.
La trama del romanzo mette in luce come, nelle diversità di ogni ricordo, si ritrovino degli elementi e dei meccanismi comuni ad ognuno di noi. Quello che secondo me tiene a trasmettere è che le difficoltà di genitori e dei loro figli, sono reali, ma guardandole insieme, si possono trasformare in qualcosa che unisce anzichè allontanare. Isabella sapeva quale fosse la strada giusta da prendere, senza che nessuno giel'avesse indicata. Essere giovani significa, avere meno filtri e possedere dentro di sè una particolare verità delle cose che poi, con il tempo e le convenzioni, scompare. la cosa piùimportante sia non temere di rivelarsi ai propri figli. E' bene accogliere le difficoltà con amore, ma senza nascondere mai i propri timori, le debolezze, il senso di inadeguatezza. Perchè ciò che secondo me pare un mostro spaventoso, guardato alla luce della condivisione si rivela per quello che è: una fragile e splendida umanità, che può essere abbraciata. In ogni sua nascita, e rinascita.

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