I vagabondi
Olga Tokarczuk
Traduttore Barbara Delfino
Pagine 384
Euro 20,00
SINOSSI
La narratrice che ci accoglie all’inizio di questo
romanzo confida che fin da piccola, quando
osservava lo scorrere dell’Oder, desiderava una
cosa sola: essere una barca su quel fiume, essere
eterno movimento. È questo spirito-guida che
ci conduce attraverso le esistenze fluide di uomini
e donne fuori dell’ordinario, come la sorella
di Chopin, che porta il cuore del musicista
da Parigi a Varsavia, per seppellirlo a casa; come
l’anatomista olandese scopritore del tendine
di Achille che usa il proprio corpo come terreno
di ricerca; come Soliman, rapito bambino
dalla Nigeria e portato alla corte d’Austria come
mascotte, infine, alla morte, impagliato e messo
in mostra; e un popolo di nomadi slavi, i bieguni,
i vagabondi del titolo, che conducono una vita
itinerante, contando sulla gentilezza altrui.
Come tanti affluenti, queste esistenze si raccolgono
in una corrente, una prosa che procede secondo
un andamento talvolta guizzante, come le rapide,
talvolta più lento, come se attraversasse le vaste
pianure dell’est, per raccontarci chi siamo stati,
chi siamo e forse chi saremo: individui capaci
di raccogliere il richiamo al nomadismo che fa
parte di noi, ci rende vivi e ci trasforma, perché
“il cambiamento è sempre più nobile della stabilità”.
RECENSIONE
Olga Tokarczukè <<un'orbita triste attorno ai propri sogni>>. E' un viaggio nel tempo il suo. Nel suo romanzo I vagabondi, pubblicato dalla Bompiani, si fondono due anime: quella della scrittrice e quella esistenziale. E' come se qualcuno cercasse di sfuggirci, come se non volesse che oltrepassino i suoi sguardi per entrare dentro di lei. Dentro ognuno di quegli sguardi del romanzo, si nasconde una storia, spesso affascinante. E ancora una volta è uno sguardo imprendibile e sfuggente. Come quando descrive i suoi genitori: <<Nello sguardo del padre c'è tutta l'ansia e la difficoltà di quella storia d'amore>>, ma c'è anche la tensione tra la scrittrice e il suo sguardo, tutto amplificato da quella stanza vuota e da quella facciata che compare sullo sfondo.
Quell'ombra di un padre così ingombrante. Però ancora una volta lui sembra sfuggirci, nascondersi nell'oscurità, un pò come facevano anche i suoi antenati. Con il tempo gli sguardi sembrano acquistare energia. Una vita affettiva quanto meno turbolenta.
Le oltre 384 pagine del romanzo di Olga Tokarczukè, diventano così un atlante degli sguardi, sguardi a cui lei si avvicina a volte con timidezza, altre volte con durezza, sempre con interesse. Senza seguire il percorso indicato dall'Accademia svedese, ma piuttosto quello dell'anima.
Con una passione e un'attenzione quasi enciclopedica, nelle austere stanze dell'Accademia e nonostante la folla di giovani, Olga Tokarczukè, racconta quell'universo stilistico ed emotivo, carico di sensualità: ogni volta enigmatico, ogni volta diverso, ogni volta pronto a qualsiasi lettura o interpretazione.
E poi ci sono le innumerevoli vite spezzate, incompiute, quasi si trattasse di un mosaico. A poco a poco, senza dare nell'occhio, ha segretamente liquidato tutto. Fu un addio lungo, un'occupazione faticosa, carica di tempeste emotive.
Olga Tokarczukè ha scritto un romanzo, I vagabondi, ora tradotto in italiano, che racconta le vicende del luogo dove è cresciuta, alla periferia della periferia. E' una Spoon River contemporanea, abitata da contadini che ricordano i fantasmi, fisionomie deformi, un universo brutale e tenero, selvaggio e dolce, quasi impossibile da vivere.
Olga Tokarczukè, racconte quella civiltà in via d'estinzione, dentro una geografia tanto affascinante quanto barbarica, un villaggio che svetta al termine di una strada chiusa dove sembra finire il mondo. Sono personaggi grotteschi di una realtà rurale lontana, in un paese in cui nulla sfugge a nessuno e il controllo sociale è totalizzante, guarda la vita degli altri attraverso un binocolo con gli occhi <<inumiditi>>. Gente detestata perchè non abbastanza religiosi, dei selvaggi, dei ladri e dei lussuriosi. Quel villaggio deve avergli lasciato dentro aspre tenebrosità, qualche scoria di ruvida selvatichezza.
<<E' una natura che impressiona e che fa paura, e un posto dove fa sempre troppo freddo>>. E' una geometria sconnessa. Proprio attorno all'identità sorgono nuovi muri e conflitti. La Polonia fa parte del Gruppo di Visegràd, che non esprime solidarietà verso l'Europa. Viene da domandarsi come spiega lo stato d'animo dei Paesi dell'Est, Olga Tokarczukè? Il suo stile di scrittura sfugge alle definizioni. Le sensazioni, difficilmente razionalizzabile, di amaro e irrisolto che al lettore rimane in bocca, porta a mettere in discussione, a far traballare, le fondamenta stesse del Premio Nobel per la Letteratura, tema del libro appena uscito.
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