Casa di foglie by Mark Z. Danielewski racconta di un giovane che si trasferisce in un'abitazione a Los Angeles appartenuta a un cieco ottantenne scomparso in circostanze misteriose e di un baule trova un manoscritto altrettanto misterioso. Opera che va al di là di ogni canone, ha uno stile deflagrante che confonde i sensi e ha la capacità di destabilizzare il lettore mescolando i concetti di vero e falso, di reale e onirico.
Casa di foglie
Editore: 66th and 2nd; 2 edizione (7 novembre 2019)
Pagine: 760 pagine
Prezzo: € 29,00
Un
grande romanzo. Un debutto fenomenale. Incredibilmente vivo,
inquietante in maniera sublime, terrificante e intelligente da togliere
il fiato… Immaginate Thomas Pynchon, J.G. Ballard, Stephen King e David
Foster Wallace inchinati ai piedi di Danielewski, soffocati di risate,
stupore, sorpresa e soggezione.
Bret Easton Ellis
Bret Easton Ellis
Casa di foglie è la mia casa dell’orrore.
Stephen King |
Questo
romanzo diabolicamente brillante è impossibile da ignorare, metter giù o
anche decidersi a finirlo. Se ne comprate una copia potreste persino
trovarmi fra le sue pagine, ridotto in miniatura come Vincent Prize ne
La Mosca, intrappolato per sempre nella rete delle sue maligne,
bellissime pagine.
Jonatham Lethem
Jonatham Lethem
Il libro
Quando la prima edizione di Casa di foglie iniziò a circolare
negli Stati Uniti, affiorando a poco a poco su Internet, nessuno avrebbe
potuto immaginare il seguito di appassionati che avrebbe raccolto.
All’inizio tra i più giovani – musicisti, tatuatori, programmatori,
ecologisti, drogati di adrenalina –, poi presso un pubblico sempre più
ampio. Finché Stephen King, in una conversazione pubblicata sul «New
York Times Magazine», non indicò Casa di foglie come il Moby Dick
del genere horror. Un horror letterario che si tramuta in un attacco al
concetto stesso di «narrazione». Qualcun altro l’ha definita una storia
d’amore scritta da un semiologo, un mosaico narrativo in bilico tra la
suspense e un onirico viaggio nel subconscio. O ancora: una bizzarra
invenzione à la Pynchon, pervasa dall’ossessione linguistica di
Nabokov e mutevole come un borgesiano labirinto dell’irrealtà.
Impossibile inquadrare in una formula l’inquietante debutto di Mark Z.
Danielewski, o anche solo provare a ricostruirne la trama, punteggiata
di citazioni, digressioni erudite, immagini e appendici. La storia ruota
intorno a un misterioso manoscritto rinvenuto in un baule dopo la morte
del suo estensore, l’anziano Zampanò, e consiste nell’esplorazione di
un film di culto girato nella casa stregata di Ash Tree Lane in cui
viveva la famiglia del regista, Will Navidson, premio Pulitzer per la
fotografia, che finirà per svelare un abisso senza fine, spalancato su
una tenebra senziente e ferina, capace di inghiottire chiunque osi
disturbarla.
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