IL PUNTO DI VISTA DEL RICCIO.
Sulla ricerca dell'ideale. Testo inglese a fronte
Editore: Morcelliana
Collana: Il pellicano rosso
Anno edizione: 2007
In commercio dal: 6 novembre 2007
Pagine: 64 p., Brossura
10,00€
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Il libro
Ho sempre considerato Sulla ricerca dell'ideale, il discorso preparato
da Isaiah Berlin per la cerimonia di consegna del Premio Senatore
Giovanni Agnelli del 1988, una vera e propria lezione. In più di un
senso. In queste pagine esemplari Berlin ricostruisce con efficacia,
semplicità, ironia e chiarezza il proprio percorso intellettuale. La sua
lunga e appassionata esplorazione dello spazio dell'etica, delle
differenti concezioni e delle differenti risposte alla domande a
proposito di come uomini e donne debbano convivere, e di quali valori
definiscano i tratti di una vita degna di essere vissuta. Una
prospettiva che Berlin propone di definire in termini di pluralismo,
avendo molta cura nel distinguerlo dal relativismo. Sostenere la tesi
del pluralismo in etica vuol dire riconoscere che i valori sono più
d'uno, che essi possono confliggere e scontrarsi fra loro. Ne deriva che
"i conflitti di valore fanno parte dell'essenza di ciò che sono i
valori e di ciò che noi stessi siamo". Noi siamo costretti a scegliere,
una volta dato il pluralismo dei valori che caratterizza la natura dello
spazio di ciò che per noi vale. E ogni scelta può comportare una
perdita in valore. (Salvatore Veca).
RECENSIONE
La volpe sa molte cose, ma il riccio ne sa una importantissima. Il valore è una cosa importantissima. Il motto di Archiloco, già citato in un famoso saggio di Isaiah Berlin, apre il testamento filosofico di Ronald Dworkin, Giustizia per i ricci.
Il riccio e la volpe rappresentano rispettivamente due visioni contrapposte di quello che oggi chiamiamo il pluralismo. La questione è: il pluralismo delle nostre società - e del mondo - è o non è compatibile con l'assenza di conflitto? No, dice la volpe; si, pensa il riccio.
Nel suo La ricerca dell'ideale, Berlin pone il problema in maniera quasi classica. Parlando della sua giovanile scoperta di Macchiavelli, per il quale <<la combinazione della virtù (antica, repubblicana) e dei valori cristiani è qualcosa di impossibile>>, Berlin conclude:
<<Tutto questo istillò in me un'idea che ebbe quasi l'effetto di uno shock ... veniva a minare la mia precedente convinzione, basata sulla philosophia perennis, che non potesse esservi conflitto fra fini veri, tra risposte vere ai problemi fondamentali della vita.
La prima questione che questo passaggio solleva è: se c'è incompatibilità fra <<risposte vere>> ai problemi fondamentali della vita, in che senso ci possono essere risposte vere? Certo non nel senso ordinario: se p e q sono incompatibili, non possono essere entrambe vere. D'altra parte Berlin non vuole sostenere che sono vere le nostre convinzioni e false quelle degli altri, sempre. Non resta allora che lo scetticismo; nel senso proprio di <<verità>>, i giudizi di valore non possono essere veri, nè falsi. E questa è la posizione mainstream. Berlin fa emergere a poco a poco gli eroi della modernità disillusa.
Sono Macchiavelli, Vico, Herder, Herzen ... vi possiamo aggiungere Niezsche, Weber, gli storicismi, i post-moderni. Anche se Berlin vede una gran differenza fra il semplice relativismo e ... il vero pluralismo. Come a Max Weber, il relativismo gli sembra frivolo.
<<Io preferisco il caffè, tu preferisci lo champagne. Abbiamo gusti diversi ... Ma non è questa la visione di Herder, nè la visione di Vico: nel loro caso parlerei piuttosto di pluraòlismo ... sono molti e diversi i fini cui gli uomini possono aspirare restando pienamente razionali, capaci di comprendersi tra loro ... Ma i nostri valori sono i nostri e i loro sono i loro>>.
Cosa dirà il riccio? Vorrà forse negare che esistano ordinamenti differenti di priorità di valore, che sono anche alla base della truttura normativa di una cultura, della sua civiltà, della sua pedagogia e tecnologia? Vorrà negare il fatto del pluralismo? No certamente. Sarebbe la peggior violazione di quel valore che è costitutivo della giustizia quanto lo è la pari dignità: la libertà, fondamento del diritto di vivere secondo il proprio ethos nei limiti del rispetto di quello altrui.
Idealmente, una <<democrazia costituzionale dei diritti>> (Rodotà) alberga molte diverse concezioni comprensive del bene, forse tante quanti sono i cittadini o almeno le comunità, le <<identità>>. Non è qui l'opposizione fra il riccio e la volpe. Dove allora? L'opposizione riguarda il modo di concepire il fenomeno forse più universale e importante della storia umana: il conflitto, il disaccordo, il dissenso. E quindi, naturalmente anche la politica e la guerra.
Prendiamo l'incipit di un altro saggio di Berlin, Due concetti di libertà: la teoria politica non sarebbe mai stata concepita <<se gli uomini non fossero mai entrati in disaccordo sui fini della vita, se i nostri antenati fossero rimasti nel Giardino dell'Eden>>. Vero. Il punto di vista del riccio sarebbe ben miope se consistesse nel negare l'esistenza delle guerre, da quelle che insanguinano il mondo a quelle che scuotono la pace delle case e perfino l'intimo delle persone, a quelle civilizzate che si dovrebbero svolgere sotto <<l'impero della legge>> (Dworkin), nella politica.
Il riccio e la volpe dissentono quindi nella lettura dei conflitti e più in generale del dissenso in materia assiologica, sale del resto della vita di ogni democrazia. Per la volpe,
<<Questi conflitti di valori fanno parte dell'essenza di ciò che sono i valori e di ciò che siamo noi stessi>>. Il riccio dubita che questa posizione sia coerente con un liberalismo politico moderno. Il fatto è che Berlin <<prende sul serio>>, il politeismo dei valori almeno quanto Dworkin <<prende sul serio>> l'universalità dei diritti. E' una nuova edizione della disputa fra Eutifrone e Socrate questa. Qual'è la fonte della norma e del valore? Forse siamo almeno riusciti a vedere in che direzione dovrà muovere il riccio, l'erede di Socrate.
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