martedì 28 marzo 2023

ARTICOLO PER GIORNALE/RIVISTA "I PROFESSORI INDEBOLITI. LA SOLITUDINE IN CLASSE".






 Il malessere profondo dei docenti privi di autorità e inascoltati.

<<La nostra competenza è inutile. Non abbiamo più ragion d'essere>>.

I professori indeboliti. La soliudine in catteda.


Quante volte lo abbiamo sentito: <<Ci deve pensare la scuola>>. In occasione di qualunque caso di cronaca che riguardi gli adolescenti, dalle baby gang al bullismo, dalla lotta alla droga a una educazione civica che latita. Ma nessuno pensa alla scuola, salvo nelle annuali ricorrenze, come la maturità, quando il discorso viene declinato comunque in modo tecnico le tracce di esame, le novità. 

La scuola è scomparsa anche dai radar della politica. Dopo un biennio di discussioni spesso aspre sulla Buona Scuola, il nuovo governo l'ha messa in secondo piano, oscurata da altre priorità, che si chiamino immigrazione, o reddito di cittadinanza.

Quando c'è da tagliare, quattro miliardi negli ultimi cinque anni secondo i sindacati, meglio il silenzio. E così anche i numeri sugli abbandoni dei docenti passano senza lasciare traccia, nonostante qualifichino la spirale di disamore e frustazione che da troppo tempo, vent'anni almeno, avvolge gli insegnanti, l'unico elemento fisso di un passaggio umano che si rinnova ogni settmbre.

La scuola è l'ultimo luogo dove gli italiani condividono una esperienza comune. Ma nessuno sa più cosa succede davvero nelle aule scolastiche, e forse non interessa neppure saperlo.

Gli ostacoli amministrativi e la burocrazia hanno fatto vedere le stelle, non solo in senso figurato al lato più debole del triangolo insegnante-alunno-genitore. C'è un malessere più profondo, identitario che colpisce anche chi dal proprio modo di insegnare ha ottenuto riconoscimenti importanti.

<<Con gli anni realizzi che le tue competenze non servono. E hai sempre meno tempo a disposizione. Mentre parli, dopo dieci secondi ti accorgi che qualche alunno distoglie lo sguardo. Gli effetti sui cellulari, della connessione perpetua. Ma tanto non importa. Perchè ormai, il lavoro è mirato sulle nostre spalle. La prima cosa è evitare i ricorsi, stare attenti al pericolo della culpa in vigilando. E così perdiamo ogni giorno di più la nostra ragion d'essere>>.

La reputazione sociale degli insegnanti italiani ormai, è certificata sulla loro pelle. Come è potuto accadere? Come siamo potuti passare dagli austeri maestri di Collodi e dal maestro Manzi a questo stato di prostazione?

<<In un sistema integrato con il mondo del lavoro, la scuola non deve essere un luogo fatto solo per studiare, ma anche per conoscere se stessi>>.

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