LATERZA - Portami oltre il buio. Viaggio nell'Italia che non ha paura
Boatti Giorgio
Pagine 233
Euro 18,00
Il libro
«I sogni ammonitori sono arrivati prima che partissi. Sono saliti al volo sull’idea di questo viaggio. Loro non ci credono proprio ai semi di nuovo, quelli sparsi da questi
anni difficili. Forse, semplicemente, non li vogliono vedere. Non
credono possibile un girar pagina, rispetto al passato, capace di
renderci diversi, forse persino migliori di ciò che siamo stati...»
Ecco l’Italia irrequieta ma non domata dalle difficoltà di questi anni.
Un Paese che si mette alla prova, con grinta e speranza, afferra i
cambiamenti e supera timori e autodenigrazioni. Oltre il buio, appunto.
È stata così lunga e severa la crisi che immaginare la vita degli
italiani ‘dopo’ pareva una sfida impossibile. Nasce così questa
esplorazione che dal Monferrato scivola leggera sino al Parco dei Paduli
nel Salento; salta da un coworking di Matera alle periferie di Genova e
sosta nel virtuoso paese dell’‘ulivo sospeso’, tra l’Amiata e il
Chianti. E ancora: da Roma, dirimpetto a Santa Marta, va alla reggia di
Babette, nel cuore della Food Valley emiliana, dove è sbocciata una
scuola molto speciale e, da un’avveniristica ‘play factory’, tra i colli
di Jesi, finisce all’Hotel Etico di Asti che punta a rendere inclusiva,
anche per i più fragili, un’intera città.
Ogni tappa di questo viaggio sorprendente è il racconto di un futuro inaspettato e vitale che non è dietro l’angolo. È già qui.
La crisi degli ultimi anni è stata così dura da rendere difficile,
quasi impossibile per alcuni, riuscire a immaginare una vita "dopo".
Invece c'è un'Italia che si è messa alla prova e ce l'ha fatta. Dal
Monferrato al Salento, da Matera a Genova, da Roma a Jesi: Giorgio
Boatti raccoglie e ci racconta storie vere e straordinarie di gente
comune che ha deciso di cambiare. Ve ne proponiamo una qui di seguito.
Al
mare ci è venuto dagli Appennini. Dunque dagli Appennini alle onde,
scherzano gli amici. Quello che fingono di non capire è che il suo non è
stato un bizzarro e improvviso cambiamento di scenario. Piuttosto è
stato lo stringere d’appresso una cosa più rilevante del panorama dove
si va a vivere. Qualcosa che non si può vedere con gli occhi. Per
riuscire a spiegarla va scritta – su quell'immaginaria lavagna di cui si
diceva prima – la parola giusta: essenzialità.
Fabrizio, da
qualche anno, ha deciso che la ricerca dell’essenzialità, in ogni cosa,
lo fa star bene. Lo aiuta a dar senso al suo vivere. Sconfigge le paure
che, come succede a tutti, lo incalzano. Dunque lui, da uomo coerente,
ha deciso di puntare a una vita essenziale. E per capire di cosa si sta
parlando è meglio raccontare i fatti. Dopo aver studiato agraria,
Fabrizio ha lavorato un po’ come tecnico nei consorzi agrari,
collaborando con il padre, e quindi, in cerca di indipendenza economica,
visto che si era fatto anche una certa esperienza come fotografo, è
approdato a Cologno Monzese, negli studi Mediaset. A pensarlo lì,
adesso, sembra incredibile. Eppure ci ha lavorato e per qualche tempo,
non tantissimo ma neppure poco, ha timbrato il cartellino, condiviso
giornate con i colleghi, affittato casa in un condominio.
Poi un
giorno ha capito che non era la vita che voleva fare e che doveva
scappare via, al più presto. Gran camminatore, abituato nel tempo libero
ad andare per vallate e crinali, gli è sembrato più che naturale
cercare la soluzione nell'Appennino, in quella specie di spina dorsale
fatta di boschi silenziosi e di paesini dimenticati che corre lungo
tutta l’Italia, dalla pianura padana sino allo stretto di Messina. Ha
lasciato la sicurezza di uno stipendio e di un posto che avrebbero
potuto tenerlo in ostaggio sino alla pensione; si è inventato un’altra
vita e un altro lavoro. Nell'Appennino, appunto. Per oltre dieci anni,
sino alla soglia dei cinquanta, è andato avanti cosi: si sceglieva un
pezzo di Appennino, ci trovava una casa e vi si installava. Detto così,
di corsa, significa poco: chi lo ha conosciuto già allora ricorda come
ogni abitazione dove ha piantato le tende fosse diversa da quelle
precedenti e, al tempo stesso, avesse qualcosa che la univa a tutte le
altre. Quelle venute prima e quelle che sarebbero arrivate dopo. Ognuna
prendeva posto in un album ideale dove aveva già la sua pagina pronta ad
aspettarla, con una storia che doveva ancora compiersi del tutto ma che
tuttavia, appena lui arrivava nei paraggi, cominciava a mettersi in
moto.
Ogni volta c’era l’imbattersi in una casa, sì, abbandonata
in qualche luogo sperduto, ma che parlava. C’era la ricerca di chi
accampava ancora diritti sulla costruzione e poi l’incontro con i
proprietari che di solito avveniva dopo una specie di mosca cieca più
complicata, surreale, spiazzante della più imprevedibile caccia al
tesoro. Qualche
esempio? Eredi di emigrati in Argentina rientrati all'improvviso, quasi
avessero un appuntamento fissato da tempo con qualcuno che si sarebbe
preso cura di quelle quattro mura da cui erano partiti i loro nonni.
Oppure vecchie signorine finite in città e che però, in una vecchia
torre avvoltolata dalla rosa canina e protetta da un secolare castagno,
avevano lasciato momenti della loro infanzia: ed erano felici di
affidarla a qualcuno che prometteva di averne cura senza cacciare via i
vecchi ricordi. In qualche caso spuntavano pazzarielli che quando
Fabrizio finalmente li raggiungeva e mostrava le foto della casa che
chiedeva loro di affittargli lo guardavano con benevolenza e
gratitudine, folgorati da attacchi di felicità e di quiete. Come se,
all'improvviso, scoprissero che la loro follia era un niente rispetto a
quella con cui quel giovanotto magro e alto e con gli occhi chiari stava
camminando a braccetto. Una volta trovato dove abitare e sistemata
qualche stanza alla meglio, eccolo affrontare ogni giornata esattamente
come aveva deciso dovesse essere.
Con
la macchina fotografica a tracolla e il blocco degli appunti in tasca,
percorreva crinali e cime, vallate e paesi abbandonati che gli stavano
attorno. Un anno, un anno e mezzo. Il tempo sufficiente, di solito, per
tirar fuori strepitosi volumi fotografici che poi stampava e vendeva in
proprio, puntando soprattutto sulle sagre estive giù nelle vallate e su
serate di presentazione che lo portavano in un’infinità di posti dove,
ogni volta, lo stimavano e apprezzavano. La sua traiettoria è partita
dall'estremo occidente, ai confini della Francia, e il suo progetto era
di percorrere tutti gli Appennini, anno dopo anno, vallata dopo vallata.
E di raccontarli con altrettanti libri.
Ma,
arrivato quasi al confine tra la Liguria e la Toscana, è accaduto
qualcosa che lo ha convinto a cambiare vita. Sarà stato che, a furia di
camminare lungo quei crinali, ci si abitua al mare che fa compagnia
appena lì sotto. Si assapora il salmastro e si respira al ritmo di quel
mondo liquido che, a differenza delle rocce e delle montagne, non sta
fermo un attimo. ?Quando sono fuori in mare, sul mio kayak, anche se è
notte o fa freddo, non ho mai pensieri tristi o le paure di un tempo.
Quello che penso e quello che sto vivendo in quel momento non sono più
distaccati, in contraddizione o ostili. Sono una sola cosa?.
Forse
l’essenzialità è la capacità di avere, dentro di sé, un unico sentire.
Di stare dentro una vita che pare attraversata da un filo teso che tiene
assieme tutto.
Giorgio Boatti, Portami oltre il buio. Viaggio nell'Italia che non ha paura
RECENSIONE
"Quelli erano i tempi in cui si odiava chi stava meglio, non come adesso che si odiano quelli che stanno peggio. pag.178
“In piedi, davanti all’armadio, pochi giorni prima avevamo pensato
al guardaroba, estate sopra, inverno sotto. Finito il lavoro provammo la
soddisfazione che ogni cosa fosse al suo posto, e invece da allora in
poi non sarebbe stato piú a posto niente. Gli invasori arrivarono e ci
colsero impreparati. Se l’avessimo saputo, davvero il cambio degli
armadi sarebbe stata l’ultima cosa”.