lunedì 25 maggio 2020

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #52/2020 GIOVANISSIMI by ALESSIO FORGIO...

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #52/2020 GIOVANISSIMI by ALESSIO FORGIO...: Alessio Forgione   Giovanissimi Numero Pagine : 224 Prezzo : 16 € In libreria da : 23-01-2020 Il libro Marocco h...

RECENSIONE #52/2020 GIOVANISSIMI by ALESSIO FORGIONE - NNEDITORE


Alessio Forgione 

 Giovanissimi

Numero Pagine : 224
Prezzo : 16 €
In libreria da : 23-01-2020
Il libro
Marocco ha quattordici anni e vive con il padre a Soccavo, un quartiere di Napoli. La madre li ha abbandonati qualche anno prima, senza dare più notizie di sé, e lui vive quell’assenza come una ferita aperta, un dolore sordo che non dà pace. Frequenta il liceo con pessimi risultati e le sue giornate ruotano attorno agli allenamenti e alle trasferte: insieme a Gioiello, Fusco e Petrone è infatti una giovane promessa del calcio, ma nemmeno le vittorie sul campo riescono a placare la rabbia e il senso di vuoto che prova dentro.
Finché non accadono due cose: l’arrivo di Serena, che gli porta un amore acerbo e magnifico, e la proposta di Lunno, il suo amico più caro, che mette
in discussione tutte le sue certezze.
Dopo l’esordio con Napoli mon amour, Alessio Forgione torna con un romanzo di prime volte, e ci racconta un mondo di ragazzini che crescono da soli,tra desideri di grandezza e delusioni repentine, piccoli crimini e grandi violenze, in attesa di scorgere il varco che conduce all’età adulta.
Questo libro è per il primo uomo che è stato davvero sulla Luna, per chi sogna un’estate su una spiaggia solitaria, per chi infilava Dylan Dog nei libri di scuola fingendo di studiare, e per chi ha capito che l’amore, quando si presenta, rischia di trasformarci in nuvole: piccole forme delicate, semplici da distruggere.

Alessio Forgione è nato a Napoli nel 1986. Scrive perché ama leggere e ama leggere perché crede che una sola vita non sia abbastanza. Il suo romanzo d’esordio, Napoli mon amour, ha vinto il Premio Berto 2019 e il Premio Intersezioni Italia-Russia; in corso di traduzione in Francia e Russia, verrà portato in scena al Teatro Mercadante di Napoli con la regia di Rosario Sparno.


RECENSIONE 

Alessio Forgione ambienta un romanzo forte, in una Napoli in cui rischia di essere sommerso. Lo abita una schiera di non eroi. Raccontare la dipendenza della droga, la gioia totalizzante del buco a scuola e il luogo percorso dal demone e dell'eroina, la crisi di astinenza e gli escamotage per recuperarla, gli amici e conoscenti che muoiono usandola.
A un mondo oscuro e che sa di esserlo. Le droghe diventano abitudini e compagne dell'altrove fin dall'adolescenza. Dietro, spesso c'è il crollo è la violenza della famiglia da cui si proviene, nel caso del narratore Marocco, è un vuoto affettivo.

"Pensai che il tipo forse aveva ragione, perchè mia madre se n'era andata,un giorno, di punto in bianco, senza dirci nulla e mio padre aveva pianto ed io pure e pensai che in quel momento esatto, mentre il pallone volava nel cielo, forse davvero mia madre stava con un marocchino. Pensai che forse tutti mi chiamavano in quel modo perchè lo sapevano e tutti, quindi, mi sfottevano. Pensai che non assomigliavo molto a mio padre, se non per i capelli neri, ma i suoi erano lisci e i miei ricci come quelli di un africano. Però pensai che anche mio padre, per scherzare, mi aveva chiamato Marocco e allora non poteva essere così".

Il risultato è di far parte di una generazione che constata, invece di contestare. Anche perchè fin dalle prime pagine, si crea un'affascinante complicità con il lettore che lo coinvolge nella ricerca della 

"strada giusta e seguirla, a volte a testa bassa, senza lasciarsi influenzare da quello che ci accadeva attorno. Che alle volte, individuata la cosa giusta da fare, poi a farla sembrare strana e che spesso era proprio la cosa giusta da fare a essere strana".

Napoli stessa in cui si svolge la storia è <<randagia>>. Una prigione di immobilità, astio, conformismo, dentro la quale agisce un protagonista crudele, senza possibilità di redenzione. Si rivolge al protagonista il narratore. E via via svelerà quanto quel disfacimento fisico sia anche morale. Al centro dell'opera c'è un gruppo di ragazzi: Giovanissimi Regionali della Pro Calcio Napoli e una volta ogni due settimane andavamo in trasferta.
Il personaggio soprannonimato Marocco, che <<abita a Soccavo, come me>>, non lavorava e non cercava un impiego.

"Io non me la sentivo di affrontare il mondo, così, con tutte le sue conseguenze".

"Pensai che mi sarei sentito in imbarazzo a dire una frase del genere, pure se m'avessero pagato per dirla".

Il narratore incalza il personaggio: lo pungola e non lo molla per l'intero libro. Spesso ne assume il punto di vista, i pregiudizi, la violenza, che si traducono in un linguaggio duro, espressivo, a tratti volutamente disturbante. Ma quella che potrebbe sembrare una scelta di complicità tra narratore e protagonista ha in realtà un effetto paradossale, a volte sarcastico, che smaschera ancora di più il personaggio.

 Il che contribuisce a rendere la storia intensa, coinvolgente. Ciò che leggiamo, l'ambiente a rischio, l'umanità marcia, le meschinità del quotidiano che l'autore è bravo a indagare, ci riguardano. Efficace, sempre fastidiosa, è ad esempio la scena della madre; <<una ferita aperta>>, che si traduce in ossessione.
Funziona, specie nella seconda parte, lo sguardo che si allarga agli altri personaggi. Sono persone che <<si odiano e s'invidiano l'un l'altro>>, un catalogo di non eroi che popolano l'Inferno nella Terra. In alcune poetiche descrizioni:

"Non riuscivo a immaginare dove andare, ma ero sicuro che l'avrei fatto e mi dispiaceva, perchè pensai che io e mio padre, da soli, stavamo abbastanza bene così come stavamo".

E in rari sprazzi di umanità. Se il punto di vista è interno al personaggio, i dettagli dicono più delle parole. Il protagonista si ritrova già perduto, abbandonato, è la stasi totale, diventerà delirio, sarà annientamento. Nel libro di fatto si respira tensione. Napoli, in fondo, e la vita stessa, sono la sua punizione.
Gran parte di ciò che leggeremo: il gruppo, i giovani, dà avvio a una <<stagione eccitata>>, durante la quale: strepito, battito e aggressività, ma nient'altro, irrompono nella comunità napoletana violandone il languore e l'innocenza.

Marocco è calamitato dalla forza enigmatica dei suoi amici, giovani, alcuni poco più grandi di lui, si sente come trascinato verso le profondità equoree da cui proviene. Un romanzo che incanta è ustiona, tanto nella presenza quanto nell'assenza: gli eventi più drammatici avvengono infatti attraverso un motorino sgangherato comprato coi soldi del malaffare: un punto d'arrivo tanto piccolo nei suoi desideri, quanto capace di tradursi in punto di grande rottura.

Si vive da vagabondi alla gionata tra dosi, sesso, spaccio, furti. L'angoscia sale. In qualche modo, sempre e comunque, la droga si trova e la overdose del narratore e degli amici del calcio, all'incidente che vi figura, all'amore per una ragazza che ti cambia; all'ambientazione a Soccavo; e persino a Marocco, che <<abitava a Soccavo come me>>, così chiamato, soprannome che in Giovanissimi si traduce in <<denti marci>>. 

Tre registri tematici ricorrenti figurano: <<attesa n. 4 volte>>, <<aspettare n. 41 volte>>, <<paura n. 25 volte>>. E' un filo rosso senza uscita e la <<guerra>> personale e privata, che il protagonista combatte contro tutto e che, in fondo, com'è per tutti i tossici, fa a se stesso.

Il romanzo riesce a toccare margini della società troppo spesso stigmatizzati. Questo radicalmente nel territorio è un carattere costitutivo del romanzo, parte sempre dalla realtà.

 

martedì 5 maggio 2020

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #51/2020 LA STRADA VERDE by ANNE EURIGH...

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #51/2020 LA STRADA VERDE by ANNE EURIGH...: Narratori stranieri La strada verde Anne Enright BOMPIANI In libreria da l Settembre 2016 Traduzione di Alessandro Achilli pa...

RECENSIONE #51/2020 LA STRADA VERDE by ANNE EURIGHT - BOMPIANI

La strada verde

In libreria dal Settembre 2016
Traduzione di Alessandro Achilli
pagg. 318
Euro 19


Anne Enright

Anne Enright è nata a Dublino nel 1962 ed è producer e regista televisiva. Ha pubblicato due raccolte di racconti, un saggio e cinque romanzi, tra cui La veglia, che ha ottenuto il premio Irish Novel of the Year, l’Irish Fiction Award e il Man Booker Prize 2007. Nel 2015è stata nominata Laureate for Irish Fiction. Con Bompiani ha pubblicato La veglia, Il piacere di Eliza Lynch, Il valzer dimenticato, Fare figli inciampando nella maternità e La strada verde.

RECENSIONE 

Una famiglia irlandese alle prese con la tradizione e con l'atavico problema della diaspora, immersa negli stereopiti affettivi, afflitta dalle gerarchie e dai condizionamenti ancestrali: questo sono i Madigan, coagulati intorno alla figlia matriarcale di Rosaleen, che ha generato quattro figli (Hanna, Dan, Costance e Emmet), legati ai ricordi provinciali della contea di Clare, dove sono cresciuti a stretto contatto con il paesaggio dell'Isola di Smeraldo, così mutevole e impietoso, così disperato e ridente, negli improvvisi squarci di luce che scosrano le barriere di pioggia . Rosaleen è vedova e si sente alla fine della vita, una vita trascorsa interamente nel ruolo di casalinga in una casa di campagna alla sommità di una strada verde che si dipana da Ardeevin verso ciglioni e muri a secco, oltrepassando ruderi di case, prati e torbe, fino ad affacciarsi sul mare azzurro e vivido nei giorni di tempesta, il mare d'Irlanda.
Sulla linea attorcigliata di questa strada si depositano, accumulandosi negli anni, le vicende di Pat Madigan e Rosaleen Considine, una coppia come tante, intente ad amarsi e ad ignorarsi, nel duro lavoro dei campi e nella crescita dei figli. Ed è in questo luogo della memoria che Anne Enright, irlandese, classe 1962, ambienta il suo ultimo romanzo, intitolato "La strada verde", che racconta le storie separate dei figli di Rosaleen, e che li riunisce con un artifizio efficace come quello della "family reunion", per la festività natalizia del 2005. Enright è una narratrice puntigliosa, capace di approfondimenti psicologici che ben si accasano con le descrizioni di colore. Le vediamo assai chiare nella sua precedente opera, "La veglia" (Bompiani 2007), che gli è valsa inaspetto il Man Brooker Prize nel 2007, in cui viene descritta la struttura canonica della famiglia irlandese, un luogo dove c'è sempre un componente alcolista, un prete, un bambino sopraffatto, un sogno di successo frustato, oltre a una madre matrona, dominatrice <<nel letto e nella cucina>>.

La strada verde, infatti, utilizza tutti questi elementi ricostruiti con soavissima cura, ma lo scopo è ben diverso: essi appaiono ribaltati, nel contesto parentale rivisitato negli anni della "Celtic Tiger" (gli anni Ottanta pieni di speranze economiche) e su su fino alla prima decade del nuovo secolo. Si diceva dell'artifizio narrativo: l'idea del pranzo di Natale come momento in cui tutti i membri di una famiglia si riuniscono mettendo in comune contraddizioni e idiosincrasie reciproche ci può far pensare al T. S. Eliot teatrale (Cocktail Party) o al Joyce de I morti (descrizione del menù "etnico" compresa), e qui serve innanzi tutto a mostrare una complessa condivisione di ricordi fra quattro figli di Rosaleen. Ma ciò che preme a Enright è la possibilità di spiegarci come una famiglia che, invece di conservare eternamente i valori dell'unità, decide di distruggerli, insieme con i ricordi, annunciando che metterà in vendita la casa a vita, soggiacendo alle offerte allettanti di un parente immobiliarista.

Il romanzo di Enright è in realtà una raccolta di racconti, ognuno intitolato ai figli di Rosaleen, che ci illuminano sui loro fallimenti. A partire Hanna, che avrebbe dovuto fare una strepitosa carriera come attrice ma che finisce nelle spire dell'alcool, per proseguire con Dan, che avrebbe dovuto diventare prete (dare dunque lustro alla famiglia, come vuole la tradizione), ma che ha lasciato la veste per immergersi negli ambienti artistici di New York e scoprire la propria "scandalosa" omosessualità. Con l'aggiunta di Costance, la figlia più vicina a Rosaleen, che vive una vita anonima come farmacista, incapace di dare estro e vigore alla propria relazione sentimentale, anch'ella presa dalla vocazione materna, e infine di Ermmet, che si dedica a compiti umanitari in Mali, ma che si domanda a cosa serva ilsuo lavoro in un sistema corrotto e inefficace, sempre alla ricerca di una figura femminile capace di sostituire la madre.

I Madigan si ritrovano a Ardeevin ognuno con i propri insuccessi; e ognuno, più o meno inconsciamente, li attribuisce alla madre, senza in realtà aver mai approfondito i sentimenti della donna, da cui, appena hanno potuto, sono fuggiti (due di loro anche lontano fisicamente nel mondo). Ma Rosaleen, come ci dice Enright, è qualcosa di diverso e anche qualcosa di molto più complesso. Loro, in quel giorno di Natale, vorrebbero punirla per averli danneggiati: mentre alla fine sarà lei a vendicarsi per tutto l'amore che non ha saputo (o voluto) darle. E come metterà in atto la vendetta? Dopo cena scomparirà, se ne andrà sulla "strada verde" della sua vita, si allenerà a un mondo reietto per affacciarsi a quello del sogno. Anche se neppure il sogno servirà a darle appagamento.

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #48/2020 LA MADRE by GIUSEPPE UNGARETTI...

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #48/2020 LA MADRE by GIUSEPPE UNGARETTI...:  Immagine personale La recensione è della vera poesia di Ungaretti RECENSIONE Giuseppe Ungaretti classe (1888-1970), dopo aver...

RECENSIONE #48/2020 LA MADRE by GIUSEPPE UNGARETTI - MONDADORI

 Immagine personale
La recensione è della vera poesia di Ungaretti


RECENSIONE

Giuseppe Ungaretti classe (1888-1970), dopo aver aderito in gioventù al futurismo, partì come soldato semplice e combattè sul Carso nella prima guerra mondiale. Quest'esperienza fu decisiva per la sua poesia. La solitudine, la morte, l'istintivo e sbigottito riunirsi degli uomini in un vincolo di muto affetto fraterno in quelle ore di terribile verità, gli ispirarono versi brevissimi, di straordinaria forza emotiva, in cui la parola, appenasussurrata e le immagini d'una nuda essenzialità diventavano la testimonianza d'un dolore inesprimibile, chiuso, come felicemente è stato scritto, da un silenzio di pietra.

Con <<Sentimento del tempo>> (1933) Ungaretti abbandonò la sua prima fase poetica e si volse a un linguaggio più elaborato e complesso e a temi di natura religiosa (riflessioni sul tempo e sulla morte). La memoria gli fa qui rievocare la propria esperienza di uomo che egli pone, nella sua semplice e profonda verità, sullo sfondo dell'eternità. Così è nella lirica che riportiamo, nella quale il poeta immagina di ritrovare la madre, trepida e decisa, umile e tenerissima, dopo la morte.

E' forse questa la più toccante lirica ispirata al tema dell'amore materno, fra quante mai ne furono composte.

Il poeta vi si raffigura come figlio nel duplice aspetto di creatura generata secondo la carne e secondo lo spirito; parallelamente, la madre è esaltata come autrice della vita terrena e di quella celeste. L'atteggiamento della donna è semplice e dinesso: i gesti, quelli consueti che l'affetto ispira (come una volta mi darai la mano), ma lenti, pieni d'un significato nuovo, come fossero, pur nella dolcezza di sempre, divenuti espressione d'un rito. Lo guiderà silenziosamente, vedendolo forse smarrito nella sconosciuta regione al di là del muro d'ombra, e lo condurrà dinanzi a Dio. Qui sarà umile, come quando spirò devotamente invocando il Signore, ma anche forte, animata dalla ferma volontà di salvare il figlio che l'ha raggiunta (decisa ... come una statua). Alzerà le vecchie braccia in un'invocazione muta, in una totale sottomissione all'Onnipotente e in una purissima manifestazione d'amore. E solo quando sarà riuscita ad ottenere il perdono di Dio per il poeta, lo guarderà in viso, certa di non esserne separata mai più; solo allora ricorderà d'aver tanto sofferto aspettandolo ed esprimerà con lo sguardo la propria consolazione.

La lirica trova la sua suggestione proprio in questa sublimazione di consuetudini e affetti umani, che vengono evocati dal passato dove la memoria li fissò in gesti dolcissimi (come una volta ... come già ti vedeva/ quando eri ancora ... come quando ...) e collocati in una dimensione di eternità. Tutto, nella lirica, è d'assoluta essenzialità: nn solo le espressioni, ma anche la scena che esse suggeriscono. Il paradiso non è descritto come un sontuoso o ricco o meraviglioso paesaggio. Non si parla neanche del trono nè della potenza di Dio. Immaginiamo un infinito spazio vuoto, sul quale si staglia, grandiosa e umilissima, la figura della madre che prega. Il paradiso è soprattutto nella sua invocazione, in cui si esaltano la potenza della vera umiltà e la forza sublime dell'amore che continua a dar vita anche nell'al di là, ad avere una propria storia oltre le vicende del tempo. Il paradiso è nel silenzio che avvolge la scena, profondo ma che non spaura, perchè là dove regna l'amore perfetto non servono parole; e luce di paradiso è nei suoi occhi, dove la felicità, il dolore, le pene patite si esprimeranno in un rapido sospiro, pieno di intensa dolcezza e d'abbandono. La lirica tocca forse proprio nell'ultimo verso il punto di più alta poesia: il motivo religioso della preghiera trapassa naturalmente in quello umanissimo della gioia per il figlio ritrovato. Ed è sempre quel profondo silenzio, pieno d'amore.

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #50/2020 L'ANALISI PSICOLOGICA NELL'OPE...

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #50/2020 L'ANALISI PSICOLOGICA NELL'OPE...: Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto Einaudi La strada di Swann. All'ombra delle fanciulle ...

RECENSIONE #50/2020 L'ANALISI PSICOLOGICA NELL'OPERA DI PROUST - EINAUDI

Alla ricerca del tempo perduto
Einaudi

La strada di Swann. All'ombra delle fanciulle in fiore. I Guermantes. Sodoma e Gomorra. La prigioniera. Albertine scomparsa. Il tempo ritrovato
«A confronto con l'opera di Proust, quasi tutti i romanzi che si conoscono sembrano dei semplici racconti».
Erich Auerbach

 

 

Il libro

«A confronto con l’opera di Proust, quasi tutti i romanzi che si conoscono sembrano dei semplici racconti. Alla ricerca del tempo perduto è una cronaca ricavata dal ricordo: nella quale la successione empirica del tempo è sostituita dal misterioso e spesso trascurato collegarsi degli avvenimenti, che il biografo dell’anima, guardando all’indietro e dentro di sé, sente come l’unica cosa vera. Gli avvenimenti passati non hanno piú potere su di lui, ed egli non finge mai che quanto da tempo è accaduto non sia ancora accaduto, e che non sia ancora deciso quanto da tempo è deciso. Perciò non c’è tensione, non c’è acme drammatico, non c’è assalto e scontro, né susseguente soluzione e pacificazione. La cronaca della vita interiore scorre con armonia epica, poiché è soltanto ricordo e introspezione. È la vera epica dell’anima, la verità stessa, che qui irretisce il lettore in un dolce, lungo sogno in cui egli soffre molto, ma soffrendo gode anche la libertà e la pace; è il vero pathos del decorso delle cose terrene, quel pathos che sempre scorre, che mai si esaurisce, che costantemente ci opprime e costantemente ci sostiene».
Erich Auerbach

 RECENSIONE

La lettura di un brano di Proust, anche se può dare solo una testimonianza sommaria dell'estrema ricchezza di motivi dell'opera, necessità di alcune schematiche indicazioni di lettura che permettono di superare le difficoltà del primo approccio:

1) La narrazione è lenta perchè lo svolgimento dell'intreccio non è ciò che importa. L'autore si sofferma ad esplorare sottilmente i motivi segreti di una parola o di un atto, crea una catena di spiegazioni che si sviluppano l'una dall'altra ampliando il periodo in una serie di onde successive;

2) L'analisi psicologica non tende, come nella narrativa d'impostazione tradizionale, a definire i tratti essenziali di un carattere, ma a far rivivere singolarmente le emozioni e le sensazioni che si accompagnano in un dato momento ad una data situazione dell'animo: ad es., la disposizione indicata inizialmente nel secondo brano, l'attrazione che un pre-adolescente prova per una compagna di giochi, si articola in uno svolgimento che, mentre è particolarmente povero di fatti, presenta una serie di reminescenze dell'ambiente e del paesaggio, dei suoni e dei colori, che nell'animo del protagonista assumono un rilievo particolare perchè collegati all'immagine della ragazza. Ne emerge non una psicologia tipica e generica di adolescente innamorato, ma l'eco di un'esperienza particolare frantumata in una quantità di emozioni individuali e temporanee;

3) La cronice storica, la rappresentazione della vita elegante e mondana che coinvolge anche il mondo infantile, non è presentata immediatamente nei suoi caratteri fondamentali, ma emerge da una serie di particolari, talora insignificanti, che la memoria recupera attribuendovi un valore particolare. L'opera di Proust è sotto questo aspetto anche il romanzo di costume e ricostruzione di un'epoca.

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #49/2020 ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO...

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #49/2020 ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO...: Marcel Proust Alla ricerca del tempo perduto ENAUDI La strada di Swann. All'ombra delle fanciulle in...

RECENSIONE #49/2020 ALLA RICERCA DEL TEMPO PERDUTO by MARCEL PROUST - EINAUDI

Alla ricerca del tempo perduto
EINAUDI

La strada di Swann. All'ombra delle fanciulle in fiore. I Guermantes. Sodoma e Gomorra. La prigioniera. Albertine scomparsa. Il tempo ritrovato


«A confronto con l'opera di Proust, quasi tutti i romanzi che si conoscono sembrano dei semplici racconti».
Erich Auerbach

2017
ET Biblioteca
ENAUDI
pp. XXX - 2340
€ 55,00

 

Il libro

«A confronto con l’opera di Proust, quasi tutti i romanzi che si conoscono sembrano dei semplici racconti. Alla ricerca del tempo perduto è una cronaca ricavata dal ricordo: nella quale la successione empirica del tempo è sostituita dal misterioso e spesso trascurato collegarsi degli avvenimenti, che il biografo dell’anima, guardando all’indietro e dentro di sé, sente come l’unica cosa vera. Gli avvenimenti passati non hanno piú potere su di lui, ed egli non finge mai che quanto da tempo è accaduto non sia ancora accaduto, e che non sia ancora deciso quanto da tempo è deciso. Perciò non c’è tensione, non c’è acme drammatico, non c’è assalto e scontro, né susseguente soluzione e pacificazione. La cronaca della vita interiore scorre con armonia epica, poiché è soltanto ricordo e introspezione. È la vera epica dell’anima, la verità stessa, che qui irretisce il lettore in un dolce, lungo sogno in cui egli soffre molto, ma soffrendo gode anche la libertà e la pace; è il vero pathos del decorso delle cose terrene, quel pathos che sempre scorre, che mai si esaurisce, che costantemente ci opprime e costantemente ci sostiene».
Erich Auerbach



 RECENSIONE

Marcel Proust classe (1871-1922) è il narratore della vita del gran mondo parigino tra la fine dell'Ottocento ed il primo decennio del nuovo secolo. Egli stesso fu un raffinato frequentatore dei salotti mondani; gli ambienti ed i personaggi che descrive quindi sono gli stessi che egli conobbe ed amò, un mondo di aristocratiche convenzioni che lo scoppio della prima guerra mondiale avrebbe inesorabilmente disperso, con le sue abitudini raffinate ed intelligenti, i riti mondani (balli, riunioni salottiere, amori, discussioni d'arte e di letteratura) che ne costituivano l'essenziale ragione di vita.

Proust, con la sua sottile e raffinata sensibilità di esteta, è il tipico interprete di questo mondo che egli ama e di cui recupera nella memoria i personaggi e le atmosfere. Dopo il 1905 egli si isola dalla realtà esterna, si rinchiude in un appartamento nel centro di Parigi, di cui fa tappezzare le pareti di sughero per eliminare ogni rumore esterno e concentrarsi completamente sui temi dei suoi ricordi: compone così, in anni di lavoro, Alla ricerca del tempo perduto, il vastissimo romanzo in sette libri in cui fa rivivere i personaggi e gli ambienti delle sue esperienze mondane filtrati attraverso il ricordo ed il commento di un protagonista, Marcel, in cui chiaramente si identifica lo stesso autore.

Alla ricerca del tempo perduto è quindi anzitutto un grande documento di un'epoca: ma la sua novità fondamentale consiste nella nuova tecnica narrativa con cui viene affrontato il recupero del passato.

Esso potrà di nuovo appartenerci nella pienezza dei suoi significati se sapremo recuperare non solo l'aspetto esteriore dei fatti e dei personaggi, ma l'essenza delle emozioni e delle sensazioni di un tempo; solo così il passato torna ad essere presente nella memoria.

Il celebre brano agli inizi dell'opera ci presenta intuizione di questa operazione affidata non alla memoria volontaria ma alla pura sensibilità; il gesto quotidiano di intingere un piccolo dolce in una tazza di thè suscita, in un particolare momento, una serie di analogie e di emozioni che di colpo risvegliano un'atmosfera di mattinate d'infanzia, che si era perduta nel ricordo e che la memoria cosciente invano si era sforzata di recuperare.

Nella prima parte della sua vastissima narrazione Proust dà ampio spazio all'analisi dei sentimenti e delle emozioni dell'infanzia e dell'adolescenza, sentite come età ricche di quella spontanea sensibilità che il sopraggiungere della maturità, con l'adozione di comportamenti vincolati dagli obblighi mondani, attenua e spegne negli adulti.

Tra questi sentimenti vi è la prima rivelazione dell'amore, collegata alla sublimazione della figura femminile. E' un amore nato in mezzo ai giochi dell'infanzia ed ancora legato ad atteggiamenti infantili, ma che si carica di ansie e di attese che la memoria, a distanza di anni, riscopre in tutta la loro serietà, ritrovandovi ingenuamente anticipati tutti i travagli spirituali degli adulti.