martedì 28 febbraio 2023

RISPONDO ALLE VOSTRE DOMANDE DEL 28/02/2023

 Domande che mi avete inviato:  

1. C'è un enorme interesse per la scrittura di divulgazione scientifica. Tu come ti poni?

2. Le arti e la letteratura hanno dato grandissime rappresentazioni della vecchia. Saggezza, disperazione, furore, smarrimento, ridicolo, impotenza, energia della vecchiaia. C'è stato un cambiamento nel modo di vivere e scrivere della vecchiaia?

3. Un tema chiave quello della credibilità? Come rafforzarlo e contrastare la disinformazione?

4. La separazione tra artista e opera: un dilemma etico e culturale. È possibile separare l'artista dal lavoro?

5. Cosa rappresenta il Medioevo per gli scrittori? Che cos'è per loro questo periodo? 

6. Perchè tutto questo (si riferisce alla domanda n.5)?   

 1. C'è un enorme interesse per la scrittura di divulgazione scientifica. Tu come ti poni?

La scrittura di divulgazione scientifica fa parte dello spostamento della scienza dentro la cultura popolare. Se sei in un bar o a una cena, anche se non hai un backgraund scientifico puoi comunque essere coinvolto in una conversazione sulle scoperte di nuovi pianeti, sulla scienza dei buchi neri, e così via.

2. Le arti e la letteratura hanno dato grandissime rappresentazioni della vecchia. Saggezza, disperazione, furore, smarrimento, ridicolo, impotenza, energia della vecchiaia. C'è stato un cambiamento nel modo di vivere e scrivere della vecchiaia?

Uno dei più grandi scrittori che hanno narrato la vecchiaia, Italo Svevo, l'ha raffigurata pure come una libertà anarchica e selvaggia. Il vecchio libero dalla terribile lotta per la vita, dall'obbligo di vincere, di dimostrare il proprio valore di sedurre, liberato dalla continua lotta e tensione che provocano ansia, paura, schiavitù sociale e psicologica, disagio. Il vecchio può o potrebbe essere libero da tutto ciò, così la sua vita, scrive Svevo, sarebbe <<veramente selvaggia>>. La debolezza trasformata in difesa, il vecchio civicamente adeguato al cinismo della vita, giustificato e autogiustificato in un egoismo assoluto. Un'altra forma di quella che Nietzsche chiamava <<la congiura dei deboli>>.

3. Un tema chiave quello della credibilità? Come rafforzarlo e contrastare la disinformazione?

La risposta è in una parola: sperimentazione - sia tecnologica, incoraggiando esperimenti di intelligenza rtificiale, sia negli approcci, seguendo gli sviluppi accademici e gionalistici. Si potrebbe agire monitorando con costanza e creatività i bisogni e le esigenze delle persone coinvolte. "Se siamo qui per costruire la conoscenza del mondo, dobbiamo portarci il mondo dentro. Riuscirci è la sfida dei prossimi dieci anni".

4. La separazione tra artista e opera: un dilemma etico e culturale. È possibile separare l'artista dal lavoro? 

Stiamo chiudendo un decennio in cui abbiamo vissuto il coronavirus e il suo  impatto sullo spettacolo.Internet, da parte sua, ci ha permesso un accesso più vicino agli artisti che ammiriamo, il che è servito nel bene e nel male. Uno  dei dibattiti più infiammatori degli ultimi anni: la separazione tra artista e  opera ha portato alla discussione sulla necessità di valorizzare un'opera  senza tener conto dell'artista. Tuttavia, ci si domanda se è possibile continuare  a valutare una creazione senza tener conto del suo autore? Quindi, per  comprendere la poesia e il teatro di Federico García Lorca, è necessario conoscere il tempo in cui si è svolto, così come il folclore andaluso che ha  circondato il poeta e che ha permeato il suo simbolismo. D'altra parte, è  impossibile apprezzare Il Signore degli Anelli senza tenere conto del fatto che Tolkien ha sofferto dello stress post-traumatico della guerra e che si è riflesso nella sofferenza di Frodo.Inoltre, se decidiamo di separare l'artista dal lavoro, nel suo senso più letterale, dovremmo richiedere che tutta la creazione sia pubblicata in anonimato. Allo stesso modo, la responsabilità di come ci relazioniamo con gli artisti e lo spazio che diamo loro è inevitabile. Assegniamo premi a un regista in attesa di processo per omicidio? Abbiamo assunto uno scrittore per una convention sapendo che può usare i soldi per la terapia di conversione? Abbiamo un attore accusato di stupro durante le riprese e di compromettere la sicurezza del resto del cast? Anche se possiamo passare ore a discutere la questione, dobbiamo essere coerenti riguardo agli altari che costruiamo e agli idoli che adoriamo e / o condanniamo.

5. Cosa rappresenta il Medioevo per gli scrittori? Che cos'è per loro questo periodo?

E' a mio parere la possibilità di rinfocolare i temi del suprematismo, del razzismo, del disprezzo dell'altro, della guerra santa, del tradizionalismo cristiano e così via. Con tutto il loro corteggio di cerimoniali, rievocazioni e simboli pseudomedievali. Come le Crociate, entrate pienamente nel linguaggio di certa cultura. 

6. Perchè tutto questo?

Perchè il concetto di Medioevo si presta: flessibile e modellabile, a secondo dei tempi. Materia utile per tutti, strumentalizzabile per rinnovati razzismi quanto per i sogni di castelli fatati, cavalieri e Il Trono di Spade.

 

 

RECENSIONE "PIOGGIA SOTTILE" DI LUIS LANDERO. FAZI EDITORE

 

Luis Landero

Pioggia sottile

Titolo originale: Lluvia fina
Collana: Le strade
Numero collana: 531
Pagine: 238 - Prezzo cartaceo: € 18,50
Data pubblicazione: 07-02-2023

 

 

 Il libro

A Madrid vive una famiglia come tante: una madre vedova ormai anziana, tre figli adulti. La madre fra poco compirà ottant’anni e, per l’occasione, l’unico figlio maschio vuole organizzare un pranzo che riunisca tutti. Ma le sorelle non ci stanno: ha forse dimenticato che non si parlano più da mesi? In effetti, a ben guardare la situazione è tutt’altro che idilliaca. Nel tempo, malumori e risentimenti di ogni sorta hanno logorato i rapporti, in un groviglio di accuse reciproche che sembra inestricabile: la gelosia fra le due figlie, il loro comune rancore verso il fratello, ma anche verso la madre, colpevole di aver sempre preferito lui. All’annuncio di questo pranzo imminente, i problemi tornano a galla e ognuna delle donne di famiglia cerca un’alleata in Aurora, l’irreprensibile nuora e cognata che suo malgrado è diventata la confidente di tutti ed è costretta a trascorrere le giornate al telefono ascoltando le loro lamentele. Cosa che comincia a pesarle più di quanto potesse immaginare… Si può parlare di tutto con i propri cari? Nessun racconto è innocente, tantomeno lo è quello che ci raccontiamo sulla nostra famiglia.
Lo straordinario Pioggia sottile, il romanzo dell’anno per le testate spagnole più autorevoli, pluripremiato e accolto dal pubblico con un entusiasmo che l’ha mantenuto ai vertici delle classifiche di vendita per mesi, è il libro che tutte le famiglie spagnole hanno letto: un romanzo commovente e vivace che trascina il lettore in un vortice di incomprensioni in cui la necessità di affermare la propria verità è più forte del desiderio di riappacificazione.

«Pioggia sottile è un romanzo eccezionale, ci parla dei segreti familiari che si trasformano in demoni, in oscurità, in oblio. Landero è diventato il nostro Dostoevskij. Landero è uno dei più grandi scrittori del mondo».
Manuel Vilas

«Con la sua prosa ammirevole, marchio di fabbrica, Pioggia sottile ci conduce dentro il tortuoso labirinto delle relazioni familiari, dei ricordi opprimenti, dei conflitti mai risolti. È difficile per il lettore non farsi risucchiare nel vortice di questo intenso romanzo».
Fernando Aramburu

«Una grande storia percorsa da una tensione spesso insostenibile. Aurora interpreta in maniera magistrale la parte che tutti a volte interpretiamo, quella del grande ascoltatore. Questo è un libro che vorrei rileggere, perché soltanto verso la fine ho capito quanto sia brillante».
Herman Koch

«Non è solo un bel libro: è un libro da consigliare assolutamente a chi vuole capire la vita. È una grande metafora, come Madame Bovary o I fratelli Karamazov».
Juan Cruz Ruiz, «El Día» 

 

 RECENSIONE

E' un romanzo sui legami di famiglia. Gabriel, professore di filosofia, un uomo buono, un sognatore, un ingenuo, sposato con Aurora, un angelo come il suo nome, vuole festeggiare gli ottant'anni della madre, una maniaco depressiva che ha rovinato la vita a tutti. Il padre Gabriel, ha lo stesso nome è morto, quindi tocca a lui, l'unico maschio ad organizzare la festa. Decide di chiamare le sorelle, Sonia, la maggiore, Andrea quella di mezzo. Gabriel sembra essersi dimenticato che sono vent'anni che i tre non si parlano o si sparlano a vicenda, non si frequentano. A fare da tramite, a smussare gli angoli, è Aurora, l'unica che ha tenuto i rapporti con la famiglia del marito. Perchè lei è il tipo che sa ascoltare ed è diventata la confidente di tutti. Le telefonate diventano un viaggio infernle verso la tragedia. Il racconto parte come una pioggerela e diventa una tempesta. E' tutto un rinfacciarsi di colpe. Un campanello d'allarme ci aveva avvertito all'inizio, quando una sorella dice ad Aurora: "Tu non lo sai, ma Gabriel non è quello che sembra." Se i ricordi sono sabbie mobili, trovare la verità è un compito arduo.

RECENSIONE "GENTILUOMO IN MARE" DI HERBERT CLYDE LEWIS - ADELPHI

Herbert Clyde Lewis

Gentiluomo in mare

A cura di Marco Rossari
Piccola Biblioteca Adelphi, 788
2023, pp. 152
Temi: Letteratura nordamericana
€ 13,00 

 

 

 

 

Il libro

Che cosa si prova a cadere da un piroscafo in mezzo al Pacifico? Chiedetelo a Henry Preston Standish, il protagonista di questo piccolo libro, un agente di Borsa di New York che si è appena concesso la sua prima vacanza solitaria per poi, una volta al largo, cadere inopinatamente in mare. Sposato, con due figli e una carriera so­lida, Standish è un bravo cittadino, «scialbo co­me una tela grigia», che non ha mai avuto dub­bi o cedimenti, ma a un tratto ha sentito il biso­gno di partire. Se il viaggio non andrà come sperato è solo colpa della sua condizione di gentiluomo – fonte ultima dei suoi guai –, che gli ha impedito di urlare a squarciagola per chie­dere soccorso. Quando infatti si decide a farlo è troppo tardi e si ritrova in pieno oceano, men­tre la nave si allontana per sempre all’orizzon­te. Le ore successive le passerà a riflettere sulla tragica ironia della sua sorte: una minima odis­sea tutta interiore che lentamente si trasforma in una sorta di regressione talassale, in un livi­do ritorno a una agognata condizione prena­tale. E su quello che in fondo è solo uno scivolo­ne, Lewis costruisce – con un senso dell’equili­brio che ha del miracoloso – un apologo beffar­do e una novella perfetta.

A cura di Marco Rossari.

RECENSIONE 

Un uomo inciampa in una macchia di olio e cade in mare da un cargo. Per prima cosa pensa a quanto sia imbarazzante la situazione in cui si è messo quando verrà ripescato. «Cadere da una nave era molto peggio che rovesciare il vassoio di una cameriera o calpestare la strascico di una signora. Era ancora più imbarazzante di quello che era capitato a una povera ragazza dell’aristocrazia newyorchese, che aveva incespicato  ed era finita giù per tutta una rampa di scale mentre faceva l’entrée nella sera del suo debutto in società». 

Ma poi, pian piano, Henry Preston Standish si rende conto che i suoi problemi sono ben più preoccupanti dell’imbarazzo, dovendo sperare, mentre galleggia nell’Oceano Pacifico, che prima o poi qualcuno a bordo si accorga della sua assenza e faccia tornare indietro la nave. Piccolo prezioso libro, Gentiluomo in mare di Herbert Clyde Lewis, può essere condensato in queste poche righe, ma è in realtà uno straordinario shottino letterario: poche pagine da mandare giù in un sol sorso e quella sensazione di calore e di piacevole bruciore che dà la letteratura migliore.

 A cominciare dal suo protagonista, Henry Standish, che come giustamente ricorda nella postfazione Marco Rossari, curatore dell’edizione, ha qualcosa in comune con Bartleby e (aggiungo io) con tutti gli altri eroi mediocri della letteratura novecentesca; gente che sembra fatta più di carta che di carne ma con cui è piuttosto naturale stabilire un’empatia immediata. Ad accrescere il fascino del libro, sia la storia travagliata del suo autore – giornalista, scrittore, sceneggiatore sempre sul punto di arrivare al successo, ma in definitiva fallito e marchiato dal destino – sia quella editoriale della novella, uscita con scarsi riscontri nel 1937, scomparsa e poi ripescata a partire dagli anni Dieci di questo secolo, prima in Argentina, poi in Olanda e in Inghilterra, con un successo notevole e quasi beffardo.

RECENSIONE " LA VITA INTIMA" DI NICCOLO' AMMANITI - EINAUDI

 

Niccolò Ammaniti, una patinata vita intima

esistenza lussuosa e paure di Maria Cristina, moglie del premier

NICCOLO' AMMANITI, ''LA VITA INTIMA'' (EINAUDI, pp.

306 - 19,00 euro).

Come dice il titolo, il nuovo romanzo di Niccolò Ammaniti indaga l'intimità di Maria Cristina Palma, più articolata e meno superficiale di quel gioco delle parti che è la sua vita e quello cui sembra da sempre predestinata ma di cui spesso però si sente prigioniera e con la voglia di trovare altro, di esser se stessa. 

    Un Ammaniti diverso, che è come si fosse lasciato alle spalle le intense storie di giovani spesso claustrofobiche dei suoi fortunati libri precedenti, e può sconcertare o deludere il lettore, avendo scelto, per quel percorso femminile di cui si è detto, una figura patinata, costruendo un gioco che sembra in parte un lungo articolo di una di quelle riviste di gossip sulla vita privata dei ricchi e potenti. Maria Cristina infatti ha la fortuna di riuscire a trovarsi dalla parte giusta, grazie anche al proprio fisico perfetto e atletico, al suo aver fatto la modella, all'arrivare a venir dichiarata a un certo punto addirittura ''la donna più bella del mondo'', vedova di un primo amato marito artista e sposa poi di un uomo molto ricco e potente, che diventa capo del governo, presidente del Consiglio, da cui ha una figlia Irene, che sente distante. 

    Il quotidiano di questa donna in questa situazione, tra parrucchieri, salotti, autisti, trainer privato, un'assistente personale (Caterina Gamberini), bellissima casa e bella, lussuosa vita, è vero che è probabilmente pensato per offrire maggior contrasto alla sua vita intima, le sue paure, le sue insicurezze anche dovute a un passato in cui ha come sotterrato il dolore per la tragica morte del suo amato fratello, Alessio, durante una crociera estiva con amici nel 1996, che lei aveva lasciato pochi giorni prima. E c'è, sin dalla prima pagina, un dolore fisico, l'alluce destro che è rimasto schiacciato sotto un peso durante un esercizio di ginnastica, che la perseguita per tutto il racconto, specie se deve mettere le scarpe e magari con i tacchi alti per una situazione elegante, e appunto mette anche il corpo e il suo essere vivo a contrasto di un certo modo d'essere ormai abitudine, superficiale dovere senza vita. 

    A mettere in crisi Maria Cristina sarà la ricomparsa dopo tanti anni di un vecchio amico suo e di suo fratello, Nicola Sarti, che partecipò a quella crociera fatale e con cui lei ebbe una brevissima storia, un incontro di sesso. Lui si direbbe contento di questo ritrovarsi e forse anche lei ne è intrigata, ma è molto timorosa e attenta sapendo di essere imprigionata dai suoi doveri di prima donna pubblica. A Nicola si direbbe venga comunque voglia di riuscire a resuscitare il passato, che le ricorda quando si rivedranno, mandandole poi sul telefonino foto di quel tempo e anche un video hard molto esplicito di un loro incontro girato in barca. 

    Lei comincia a temere subito, dietro quell'invio, l'ombra di un ricatto e uno scandalo, fa fantasie paranoiche, gli fa giurare che lo cancellerà totalmente dal telefonino e il pc in cui lo conserva, ma l'ansia non cala e giunge a un certo punto a affrontarlo e accusarlo, mentre lui nega, si inalbera e si offende. Lei coinvolgerà allora il più privato e importante consigliere del marito, un personaggio davvero abbastanza poco credibile, che dà quasi ordini al Primo ministro, alla moglie e lo staff su tutto, dal come vestirsi a cosa dire, senza mai essersi rivelato, rimanendo anonimo e nascosto, tanto che quando Maria Cristina riuscirà a incontrarlo si presenta con un casco integrale da motociclista. 

    Come si vede si finisce per essere presi e raccontare più la superficie, come del resto fa Ammaniti, che la vita intima che dovrebbe fermentare sotto, che c'è ma finisce per apparire abbastanza semplicistica e strumentale per far sì che alla fine Maria Cristina riesca a pacificarsi con se stessa e chi ama. Un romanzo quindi, certo ben costruito, di semplice scrittura e che si legge d'un fiato ma che, più che rivelarci l'oggi, il mondo delle apparenze, dell'apparire che cancella l'essere, ne sembra in fondo un frutto. C'erano sicuramente tanti altri personaggi e stuazioni se si voleva fare un simile discorso.

 

POST DEL 28/02/2023

Marzo porta con sè una novità che sono sicura ti farà emozionare.

In libreria quale esordio ti ha fatto affascina?

Avete preparato una lista di letture perfette?



lunedì 27 febbraio 2023

UNA VITA PER LE PAROLE DI LUCA SERIANNI

 

Addio a Serianni, una vita per le parole

Investito a Ostia, aveva 74 anni. Il dolore degli allievi

"I miei allievi hanno tutti un loro profilo specifico all'interno di un sapere e di un metodo condiviso.

La mia impronta, se c'è, si esaurisce in un noto obbligo al quale tutti loro sanno di non poter derogare: l'uso dell'accento grafico su sé stesso".

Linguista di fama mondiale, accademico della Crusca, membro dei Lincei, Luca Serianni morto oggi a 74 anni per i postumi dell'investimento che lo aveva visto vittima qualche giorno fa a Ostia, scherzava così, schernendosi, con gli studenti e i colleghi professori che riempivano all'inverosimile l'aula magna dell'Università La Sapienza di Roma per la sua ultima lezione. Era il giugno del 2017, quel suo discorso, durato oltre un'ora come tutte le sue seguitissime lezioni, andò avanti punteggiato da continui, fragorosi, applausi. Ma anche da tante risate, quasi a voler suggellare la cifra di quello che per 38 anni era stato il suo rapporto con gli studenti e con la disciplina, amatissima, che insegnava, argomento dei suoi infiniti studi e di tanti libri, dalla Grammatica italiana Utet alla Storia della lingua italiana pubblicata da Carocci, da Un treno di sintomi (Garzanti) a Parola (2016) solo per citarne alcuni, oltre naturalmente al dizionario Devoto-Oli curato con Maurizio Trifone, agli scritti su Dante. "Chi ha scelto di fare l'insegnante ha scommesso sui propri scolari", sottolineava ancora in quella sua ultima lezione, con parole che in queste ore ricorrono citate sui social dai suoi tanti, tantissimi allievi (lui ne contava "circa 5mila). "Chi ha scelto di fare l'insegnante non può prendersi il lusso di fare il pessimista". Lui era così, un maestro "autorevole e gentile", come tanti oggi lo definiscono, nel cordoglio diffuso delle istituzioni, dal presidente della Repubblica Mattarella al ministro della cultura Franceschini, del mondo universitario, dei politici, della gente comune, un intellettuale con il sorriso sempre pronto, uno studioso che credeva fermamente nella condivisione della cultura e nel senso civico della sua professione, lo stesso sentimento che ne animava le doti di generoso divulgatore, preciso, autorevole, incisivo, eppure mai cattedratico, mai noioso. Al centro dei suoi studi la parola, primo strumento del pensiero umano, ponte tra noi e il mondo, ma anche l'analisi dell'evoluzione della lingua dal latino all'italiano, dall'idioma popolare al linguaggio poetico, dalla grammatica storica all'influenza dei contesti culturali e sociali. La lingua cambia, certo, " ma questo avviene molto più lentamente di quanto non si creda", rispondeva qualche tempo fa a chi gli chiedeva se la pandemia da Covid avrebbe lasciato una traccia nella nostra lingua. I neologismi "sono un po' come i girini, ne nascono moltissimi ma alla fine sono pochi quelli che riescono ad impiantarsi stabilmente". Critico sull'uso smodato degli anglismi, soprattutto da parte delle istituzioni e dei giornalisti, sorrideva sull'uso di termini come Jobs act "che non si sa cosa voglia dire". Grande amante di Dante, gli piaceva notare come fossero diffuse le citazioni "inconsapevoli" della Divina Commedia, una su tutte quel "Mi taccio" tanto usato dai politici invitati nei dibattiti televisivi, forse senza ricordarne l'origine nel X canto dell'Inferno, quello di Farinata degli Uberti. Nato a Roma nel 1947, dopo la laurea in Lettere con Arrigo Castellani, aveva iniziato molto presto la carriera accademica, professore incaricato di Storia della lingua italiana nelle università di Siena, poi all'Aquila e Messina prima di diventare ordinario a Roma, dove ha insegnato dal 1980 al 2017. Negli ultimi anni viveva a Ostia dove continuava ad essere molto attivo sul piano culturale e sociale, girando per le scuole, tenendo lezioni sulla Divina Commedia. Animato da un senso civico fortissimo, lo stesso che lo aveva portato a considerare la sua professione come un servizio, un dovere costituzionale, un precetto al quale adempiere nei confronti dei suoi studenti. Ai quali non a caso, in quell'ultima lezione, volle ricordare proprio quel passo della Costituzione ("Comma 2 dell'articolo 45") che per tutta la sua vita di docente ha voluto seguire, interpretandolo anzi "oltre la lettera". "Per me, ragazzi, voi rappresentate lo Stato".

sabato 25 febbraio 2023

POST DEL 25/02/2023


Non ci sono amicizie più rapide di quelle tra persone che amano gli stessi libri. (Irving Stone)

venerdì 24 febbraio 2023

RECENSIONE DEL 24 FEBBRAIO 2023 - "LA MEMORIA DEL CIELO" DI PAOLA MASTROCOLA - RIZZOLI

 PAOLA MASTROCOLA, LA MEMORIA DEL CIELO (RIZZOLI, PP 272, EURO 19,00).

Una bambina che scopre il potere magico della scrittura in un'Italia che non c'è più.

Nel suo nuovo libro, tra memoir e romanzo, in uscita il 14 febbraio per Rizzoli, Paola Mastrocola torna, sul filo della memoria, a oggetti e ricordi un po' veri e un po' inventati.
    "La memoria del cielo" ci porta nella Torino degli anni Cinquanta dove si incontrano un uomo arrivato dall'Abruzzo con il sogno di entrare alla Fiat e una donna, che ha vissuto un'infanzia buia, fa la sarta da quando aveva undici anni e non riesce ad avere figli. Finchè non arriva Donata, la figlia inattesa, che scende dal "mondo della luna" con l'idea di proteggere la madre e renderla felice.
    La Mastrocola, che ha esordito nel 2000 con il romanzo Premio Calvino "La gallina volante", vincitrice nel 2004 del Premio Campiello con "Una barca nel bosco" e finalista al premio Strega nel 2001 con "Palline di pane", da voce in questo nuovo libro al difficile rapporto tra Nord e Sud e al contrasto tra l'universo sfavillante delle signore che si misurano in sartoria i vestiti e quello modesto della propria famiglia che sogna una casa di proprietà. Tutto è filtrato dallo sguardo tormentato di Donata, una bambina che si vergogna del suo mondo, anche di quel padre sempre affettuoso e allegro che, secondo lei, costringe la moglie a sacrifici e rinunce. Un mondo sbagliato ai suoi occhi, prima fra tutti lei.
    Nel suo libro più intimo la Mastrocola scava nei ricordi e si chiede quanto ci sia di vero in quello che Donata crede di ricordare.

VIDEO RECENSIONE "LA MEMORIA DEL CIELO" DI PAOLA MASTROCOLA - RIZZOLI

 



REEL DEL 24/02/2023 "TI DOMANDO UN'IMPRESA (QUASI) IMPOSSIBILE: SCEGLIERE IL ROMANZO DEL CUORE.

 



giovedì 23 febbraio 2023

RECENSIONE: STUPORE DI ZERUYA SHALEV - FELTRINELLI


Shalev, Stupore tra passato e presente

Rachel e Atara, la vita di due donne e la nascita di Israele

ZERUYA SHALEV, ''STUPORE'' (FELTRINELLI, pp.

316 - 19,00 euro - Traduzione di Elena Loewenthal).

La vita di Atara, protagonista di questo complesso e intenso romanzo di Zeruya Shalev, è alla fine metafora della vita del suo paese, Israele, col grande vitalismo, eppure inquieta tra sensi di colpa e desiderio di superarli e godersi il presente, coinvolta dalla necessità di indagare il passato col suo peso per coglierne il senso e il bisogno, la voglia di amore e di amare. E tutto questo segnato da un senso di lutto, da un coinvolgente rapporto con la morte, al dentro del quale è quella di suo padre Manu Rabin, uomo difficile e dispotico, scienziato di fama internazionale che, in punto di morte, l'ha scambiata per Rachel, la sua prima moglie di cui non si sa più nulla, dicendole parole amorevoli.
    Rachel diviene allora, per Atara che la cerca e vuol sapere cosa successe tra lei e suo padre, l'altra protagonista di questo racconto, in un contrasto tra passato e presente, tra l'impeto giovanile, l'impegno e il desiderio di costruire un futuro e un paese in cui vivere, dopo la guerra e la Shoah, dell'oramai molto anziana donna e il voler capire quel passato della più giovane (che oramai va per i cinquanta anni), la difficoltà di vivere il presente, i sensi di colpa per quel che poteva essere e non è stato, nel suo privato e, possiamo dire, in Israele.
    Detto questa, la forza della Shalev, grande, sottile scrittrice, non è nel pretesto dei racconti storici che man mano si svelano e il loro contesto di sfondo, ma nella costruzione psicologica dei personaggi, nel loro rapporto con i sentimenti verso se stessi, verso i genitori, verso Alex, il secondo marito che muore troppo presto lasciandola sola e con un senso d'amore perduto, verso i figli cui dedica tutte le attenzioni e l'impegno di un amore tenero e disinteressato. Ed è questa scrittura, in terza persona ma che col sentimento e il disvelamento di un monologo, coinvolgente e umanissima, che ritroviamo nella traduzione della Loewenthal, che rende alla fine vero anche tutto il resto.
    Rachel, con Manu, aveva fatto parte di quell'organizzazione combattente, considerata terrorista dagli inglesi, contro cui lottò armi alla mano negli anni '40 per cacciarli dalla Palestina e far nascere lo stato di Israele. Ma i due, dalla vita spericolata, innamorati e uniti dalla passione sionista, coinvolti indirettamente in un attentato in cui muore una giovane che avevano conosciuto, reagiranno nel tempo in modo diverso, arrivando a una rottura senza rimedio, dopo la quale non si rincontreranno mai. E' ''quell'amputazione drastica'' cui Rachel, quasi centenaria, ''si era imposta di non pensare per tutta la vita'', sino a quando non le compare davanti Atara, con quel nome che lei sa bene perché le è stato dato.
    Atara, con una figlia che vive oramai lontana e un figlio che, segnato da qualcosa di incomprensibile, si è arruolato militare in marina, alla fine ritroverà se stessa proprio attraverso Rachel, scoprendosi capace finalmente di dare, proprio quando riesce a riconoscere la forza e il senso di quella ''mancanza'', che è il marito scomparso, ma anche il padre, ma anche la madre e tutta una vita segnata per molti versi dall'incapacità di amare e il frustrante tentativo continuo di riuscirci

 

RECENSIONE "MIA CUGINA RACHELE" DI DAFNE DU MAURIER - NERI POZZA


Mia cugina Rachele

Daphne Du Maurier
 

Collana: I Narratori delle Tavole

Pagine: 383 - Prezzo:17,00

Tradotto da: Marina Morpurgo

 
Il libro
 

Mia cugina Rachele

Daphne Du Maurier
Cornovaglia, metà Ottocento. Rimasto orfano a diciotto mesi, dopo la morte improvvisa dei genitori, Philip Ashley viene cresciuto dal cugino Ambrose, uno scapolo impenitente e non privo di una buona dose di misoginia. Per anni il loro ménage familiare scorre sereno e tranquillo e vano risulta qualsiasi tentativo da parte di amici e conoscenti di spingere Ambrose verso le gioie domestiche del matrimonio. Grande è, perciò, lo stupore di Philip nel ricevere una lettera da Firenze, dove da qualche anno Ambrose si reca a svernare per motivi di salute, in cui il cugino gli comunica di aver sposato una lontana parente, la cugina Rachele, vedova di un nobile italiano che è stato ucciso in un duello, lasciandola con un mucchio di debiti e una grande villa vuota. Quando le lettere di Ambrose dall’Italia assumono i toni sempre più confusi e drammatici di un uomo spaventato, lo sconcerto di Philip si trasforma in un’apprensione tale da spingerlo a raggiungere al più presto la città toscana. A Firenze, però, lo aspetta un’amara realtà: Ambrose è deceduto in seguito a un male che lo ha consumato in breve tempo, e Rachele è partita subito dopo il funerale, chiudendo la villa e portando via con sé tutti gli effetti personali del defunto.
Rientrato in Cornovaglia, Philip si macera nell’odio nei confronti della cugina Rachele, che si figura come una creatura grottesca e mostruosa capace, davanti al corpo di Ambrose,  di afferrare le sue cose, infilare tutto nei bauli e sgusciare via col fare di un serpente.
Ma ogni certezza vacilla quando Rachele giunge all’improvviso in Cornovaglia per restituire a Philip gli averi di Ambrose. Intenzionato ad accoglierla con freddo cinismo, se non con aperta ostilità, il giovane si ritrova, turbato e stupefatto, dinanzi a una donna molto diversa da quella che ha agitato le sue veglie e i suoi sogni per mesi. Ma chi si cela, davvero, dietro quella affascinante vedova dai lineamenti belli e regolari e dagli occhi grandi? Una donna che ha perduto l’uomo che amava o una potenziale assassina a caccia di denaro?
Con Mia cugina Rachele Daphne du Maurier, maestra indiscussa di suspense, torna alle sinistre ed eccitanti atmosfere di Rebecca, la prima moglie, consegnando al lettore un romanzo dal ritmo serrato che, attraverso personaggi magistralmente descritti, dipana la sua trama in un crescendo di inquietudine.

La casa sull'estuario

Daphne Du Maurier
Dick Young è un giovane inglese con un modesto e banale impiego in una casa editrice londinese e un’ambiziosa moglie americana che lo vorrebbe a  New York, a lavorare nella fiorente impresa editoriale di suo fratello.
Un giorno Dick viene invitato a cena dall’amico storico dei tempi di  Cambridge, Magnus Lane, divenuto nel frattempo un luminare della biofisica.
Durante la cena Magnus accenna quasi di sfuggita alla possibilità di poter ospitare l’amico e la sua famiglia a Kilmarth, nella casa in Cornovaglia  ereditata dai genitori. Un’offerta allettante. Il miraggio di lunghe, incantevoli giornate passate a poltrire in un giardino o a veleggiare in una baia è  certamente preferibile, per Dick, alla prospettiva di un fastidioso trasferimento a New York.
Dopo qualche bicchiere di brandy, Magnus raddoppia la sua offerta: nel laboratorio di Kilmarth ricavato nella vecchia lavanderia seminterrata, Dick  potrebbe sperimentare qualcosa di straordinario: una droga, ottenuta  mescolando una certa pianta con delle sostanze chimiche, che non trasporta  come la mescalina o lsd in un luogo fantastico popolato di meravigliosi fiori  esotici, ma in un mondo reale, fatto di esseri altrettanto reali: il passato. Soggiogato dalla personalità di Magnus, Dick accetta. Una volta nella casa  sull’estuario, nel macabro laboratorio popolato di embrioni sotto vetro e di  teste di scimmia, beve la pozione preparata da Magnus e si ritrova nella  Cornovaglia del XIV secolo, al cospetto di dame e cavalieri, spettatore  invisibile di drammatiche vicende di nobili famiglie, di intrighi e aperte rivalità,  di amori e segreti inconfessabili.
La scoperta di Magnus Lane potrebbe cambiare le sorti del mondo se, nell’uso prolungato della sua pozione, passato e presente non cominciassero a  sovrapporsi in una pericolosa spirale, e il gioco del tempo non si mutasse  inesorabilmente in dramma.
Originale e avvincente romanzo, La casa sull’estuario riesce abilmente a  coniugare un tema ricorrente in letteratura, i viaggi nel tempo, con  l’inconfondibile vena di mistero che caratterizza tutte le opere dell’autrice di Rebecca, la prima moglie.

Jamaica Inn

Daphne Du Maurier
All’inizio dell’Ottocento, Mary Yellan, giovane orfana di belle speranze e di avvenente aspetto, giunge al Jamaica Inn, una locanda tra i picchi e le scogliere della Cornovaglia, terra, all’alba del nuovo secolo, di pietre e ginestre rachitiche, di pirati e predoni.
Dopo la morte della madre
 

RECENSIONE
 
Mia cugina Rachele di  Daphne Du Maurierfu pubblicato nel 1951, diventò un film nel 1952. La protagonista è Rachele. 
 
Chi è Rachele? 
Così perfetta e gentile nei suoi comportamenti, così sibillina e segreta nei suoi pensieri? E' una spietata manipolatrice, capace di conquistare il ricco Ambrose e il suo giovane cugino, capace di conquistare il ricco Ambrose e il suo giovane cugino o una vittima delle paranoie maschili? E' una bugiarda senza freni o è limpida come l'acqua? E' interessante notare come oggi, che non si fa altro che parlare di manipolatori maschi, incomincino a riscoprire le dark lady, ma con nuove caratteristiche.
 
Negli anni in cui scriveva la Du Maurier, nei romanzi e nei fim, circolavano parecchie donne manipolatori? 
 
Eroine ma anche manipolatrici e come tale si appropria di un potere pericoloso.

Su cosa si basa questo potere?
 
Narciso. Vampiro. 

Che cosa intende?
 
Per confermare la propria identità maschile o femminile fragile, il vampiro pratica la seduzione compulsiva, per cui più seduce - meglio se uomini o donne di rango, belli e ambiti - più salgono le sue quotazioni.
 
Questa è la forma classica, sessuale, finalizzante ad affermare la propria identità. Ma oggi esistono anche altre forme di manipolazione femminile? 
 
Direi che oltre a quella sessuale ne vediamo altre due. Una punta al potere economico, al mantenimento, al matrimonio: senza sentimento. Basta vedere quante donne giovani e giovanissime fanno corteggiare o corteggiano uomini potenti e ricchi ai quali dicono: <<Non ho mai incontrato un amante come te>>. Con lo scopo di sposarsi e fare un figlio che diventa un assegno di mantenimento a vita.

Non è un fenomeno nuovo, però.
 
Una volat era diverso. I matrimoni erano combinati dalle famiglie in cerca di una persona benestante per assicurare a tutti un futuro tranquillo. Oggi è un fenomeno che parte dalle giovani donne. L'importante è essere garantite a vita.

Poi c'è la carriera. Ma per fortuna noi oggi andiamo avanti nel lavoro soltanto 
grazie ai propri meriti. 

Un uomo ammette raramente di soffrire a causa di una donna manipolatrice. Per quale ragione?
 
Perchè per l'uomo si tratta di un diminutio: è inaccettabile che una donna non solo abbia fatto soffrire, ma addirittura lo abbia fatto soffrire. Non può ammetterlo nemmeno con se stesso.

Come si diventa manipolatrici?
 
Bambine bellissime, sono abituate fin da piccole a esercitare il loro charme sul papà. Da adulte per confermare il proprio fascino, sposare i potenti o fare carriera. Ecco chi sono le nuove dark lady.

Ma come ci si difende da questi personaggi?
 
Se abbiamo una vita di relazioni costruita su sentimenti veri, genuini, siamo protetti dai rischi peggiori nei quali incorrono, invece, le persone sole.

mercoledì 22 febbraio 2023

LE MODIFICHE AI ROMANZI DI ROALD DAHL

 


Vi ricordate la Fabbrica di cioccolato, Matilda, Gli sporcelli, Le streghe, James e la pesca gigante? Oggi leggere i grandi classici di Roald Dahl potrebbe non essere più la stessa cosa: nelle nuove edizioni messe in commercio dalla casa editrice britannica Puffin Books, parte della celebre Penguin Random House, sono stati cambiati alcuni passi delle storie più famose in nome dell'inclusione. In particolare, come si legge sul Daily Telegraph, sono state apportate modifiche nelle parti dei romanzi per bambini in cui l'autore, morto nel 1990, utilizzava espressioni ritenute razziste, grassofobiche e misogine, per rendere il linguaggio più inclusivo

La casa editrice ha spiegato il suo intento con una nota nelle nuove edizioni, avvertendo i lettori dei cambiamenti che sono stati introdotti per far sì che le opere di Dahl “possano essere apprezzate da tutti anche oggi”. Le operazioni di revisione sarebbero iniziate a partire dal 2020 in collaborazione con la Roald Dahl Story Company, un anno prima dell'acquisizione dei diritti da parte di Netflix nel 2021. Nel dettaglio, i libri dell'autore sui cui è intervenuta la casa editrice, con modifiche rispetto all'edizione del 2001 sono Gli sporcelli, Le streghe, Matilda, La magica medicina, James e la pesca gigante, La fabbrica di cioccolato, Fantastic Mr Fox, Il Ggg, Il coccodrillo Enorme, Agura Trot. 

I cambiamenti

Il giornale britannico ha riportato alcune delle modifiche più significative nelle varie opere rispetto all'edizione del 2001. Ne Le Streghe, ad esempio, la parola queer è stata sostituita con “strange, chambermaid, cameriera, con “cleaner”, addetto/a delle pulizie, mentre il passaggio “Quando un'attrice indossa una parrucca, o se tu o io la indossiamo, l'appoggiamo sopra i nostri capelli, ma una strega la deve sistemare sopra il cuoio capelluto nudo” è stato rimosso. In Matilda, l'espressione “padre e madre” è stata sostituita con “genitori”, mentre i riferimenti a Joseph Conrad e a Rudyard Kipling sono stati sostituiti con quelli a Jane Austen e a John Steinbeck. Ne La fabbrica di cioccolato, invece, l'espressione enormously fat” viene sostituita da “enormous, mentre è stato rimosso il passaggio che descriveva le abitudini degli Umpa Lumpa specificando che passavano ogni momento della loro vita arrampicandosi sugli alberi. 

I precedenti

Sebbene non in modo così radicale, non è la prima volta che le opere di Dahl subiscono modifiche: l'autore stesso in alcuni casi avrebbe infatti cambiato le sue opere nel corso degli anni. Nella prima edizione della Fabbrica di cioccolato, ad esempio, gli Umpa Lumpa venivano descritti come schiavi provenienti dall'Africa deportati da Willy Wonka, in un'edizione successiva, venivano invece presentati come personaggi di fantasia. Inoltre, nel 2020 la famiglia dell'autore e la Roald Dahl Story Company si sono scusate per alcune dichiarazioni antisemite che l'autore avrebbe pronunciato e scritto quando era ancora in vita. 

Sulla revisione delle opere di Dahl si è pronunciato anche l'autore Salman Rushdie, che in passato si era detto contrario alla cancel culture: sul suo account Twitter ha scritto in merito “Roald Dahl non era un angelo, ma questa è un'assurda censura. Puffin Books e la Dahl estate dovrebbero vergognarsi”.

martedì 21 febbraio 2023

RECENSIONE "LA CITTA' DELLA VITTORIA" DI SALMAN RUSHIDIE- MONDADORI

La città della vittoria

Salman Rushdie
pubblicato da Mondadori

Pubblicato 07/02/2023

Pagine 360- Euro 22,00

Traduttore S. Mogni  -  S. Puggioni

Traduttore S. Mogni  -  S. Puggioni 

 

 

 

Il libro  

Nell'India del XIV secolo, dopo una sanguinosa battaglia tra due regni ormai dimenticati, una bambina di nove anni ha un incontro divino che cambierà il corso della storia. La giovanissima Pampa Kampana, distrutta dal dolore per la morte della madre, diventa un tramite per la dea sua omonima, che non solo inizia a parlare attraverso la sua bocca, ma le accorda enormi poteri e le rivela che sarà determinante per la nascita di una grande città chiamata Bisnaga (letteralmente "città della vittoria"). Nei 250 anni successivi, la vita di Pampa Kampana si intreccia profondamente con quella di Bisnaga: dalla creazione resa possibile grazie a un sacchetto di semi magici alla tragica rovina provocata dall'arroganza dei potenti. E sarà proprio il racconto sussurrato a mezza voce dalla nostra eroina a dar vita, via via, a Bisnaga e ai suoi cittadini, nel tentativo di portare a termine il compito che la dea le ha assegnato: garantire alle donne un potere paritario in un mondo patriarcale. Ma tutte le storie hanno un modo per rendersi indipendenti dal loro creatore, e Bisnaga non farà eccezione. Con il passare degli anni, con l'avvicendarsi dei governanti, delle battaglie vinte e di quelle perse, il tessuto stesso di Bisnaga diventa un arazzo sempre più complesso, al centro del quale resta però comunque la nostra eroina. Strutturato come la traduzione di un'antica epopea, La città della vittoria è una saga di amore, avventura e mito e una testimonianza del potere della narrazione. 

RECENSIONE

Ha nove anni Pampa Kampana quando la madre lascia la sua mano per gettarsi tra le fiamme, per andare incontro alla morte in un rogo, insieme ad altre donne, dopo che tutti i loro mariti sono morti come soldati in battaglia.

Questa bambina distrutta dal dolore vivrà 247 anni e riceverà dalla dea dell'induismo Parvati, la moglie di Shiva, di cui è un'incarnazione, enormi poteri. Un dono che userà per creare una città immaginaria, un regno del fantastico di cui sarà più volte regina, chiamato Bisnaga, letteralmente "la città della vittoria". Un regno nato dal sangue e dal fuoco in cui gli uomini "iniziassero a considerare le donne con occhi nuovi". 


    Nel suo nuovo attesissimo romanzo, 'La città della vittoria' appunto, Salman Rushdie torna all'India delle origini, immagina di ritrovare l'immenso poema narrativo su Bisnaga scritto in sanscrito da Pampa, conservato in un vaso di terracotta sigillato con la cera e seppellito. Una storia in cui ci fa rivivere, in oltre 350 pagine, la straordinaria e lunga vita di questa profetessa nell'India del XIV secolo. 


    Il romanzo arriva nelle librerie italiane e in quelle degli Stati Uniti il 7 febbraio, pubblicato da noi per Mondadori nella traduzione di Stefano Mogni e Sara Puggioni, a sei mesi dall'agguato durante un evento letterario nei pressi di New York, in cui l'autore de 'I versi satanici' e di 'Figli della mezzanotte' (Booker Prize nel 1981) è stato gravemente ferito a coltellate. 


    Poetessa cieca, artefice di grandi miracoli, Pampa Kampana passa molto tempo dopo la morte della madre senza dire una parola in una grotta, dimora di un monaco. Il compito che la dea Parvati le ha assegnato è quello di garantire alle donne un potere paritario in un mondo patriarcale e a Bisnaga le donne faranno quello che altrove nel paese veniva considerato inadatto a loro.

 La Regina Pampa Kampana ha apertamente mariti e amanti come il forestiero portoghese dai capelli fulvi e gli occhi verdi che sarà determinante per trovare il nome della città quando viene creata. Tra i forestieri compare nel libro anche un italiano Niccolò de' Vieri che viene dalla Serenissima, "più affascinante di qualsiasi altra città della terra, la cui vera bellezza e la cui natura più autentica sono invisibili". Pampa ad un certo punto ha anche la responsabilità di sovrintendere al progresso dell'architettura, della poesia, della pittura, della musica e delle questioni sessuali di quel regno scomparso che si estendeva in tutta l'India meridionale. 


    Saga di amore, avventura e mito, ma soprattutto toccante testimonianza sul potere della narrazione 'La città della vittoria' viene creata grazie a un sacchetto di semi magici ma ad un certo punto gli esseri umani devono imparare a vincere le proprie battaglie da soli. La regina che nella sua lunga vita avrà tre figlie e poi tre figli, questi ultimi ripudiati, fugge due volte dal regno, vive nella giungla, cade addormentata e viene risvegliata da un gesto d'amore, torna a Bisnaga tra cadute e gloria, fino alla tragica rovina provocata dall'arroganza dei potenti e il commovente finale. 


    La longevità è un dono ma soprattutto una dannazione per Pampa per la quale il tempo scorre lento, è ancora giovane e bella mentre vede invecchiare e morire le persone intorno a lei, tutti quelli che ha amato e che hanno composto le sue famiglie. "Le parole sono le uniche vincitrici" come dice nel suo poema. 


    Composta da quattro parti: Nascita, Esilio, Gloria e Caduta, la saga tra battaglie vinte e perse, governanti, donne guerriere, tesse una trama del tempo e del destino che è nello stesso tempo fuori e dentro la realtà, in cui la personalità dei luoghi e delle persone è intessuta sui ricordi e in cui spesso quello che è accaduto sembra non essere mai esistito se non nei sogni. E dove il trionfo e il fallimento alla fine si incontrano. 


    "Ho sempre creduto che una donna potesse mettere radici in se stessa" dice Pampa Kampana nel romanzo, il tredicesimo di Rushdie, ancora convalescente per l'attacco del 12 agosto 2022, arrivato 33 anni dopo la fatwa per 'I versi Satanici', per cui non sono previste presentazioni del libro che esce nel Regno Unito il 9 febbraio.

Book Haul e TBR - Ultime letture.

VIDEO RECENSIONE DEL 21/02/2023 "LA PRESIDENTE" DI ALICIA GIMENEZ BARTLETT - SELLERIO EDITORE

 


domenica 12 febbraio 2023

ARTICOLO PER GIORNALE/RIVITA "LA MONTAGNA".


NELLA MAGIA DI UNA VALLE, UN FASCINO SENZA FINE.

LA LUCE INCONFONDIBILE DELLE ALPI.

IL CALORE UNICO DELLE NEVI.

GLI SPAZI INFINITI, FRA LE MONTAGNE.

Un weekend (o una vacanza) sulla neve per regalarsi una fuga dalla routine? Ecco qualche idea di Airbnb per chi ama gli sport invernali (e non solo).

Amate la montagna? Siete degli appassionati (irriducibili) di tutti gli sport invernali?

Nel cuore delle Montagne, le finestre ci consentono una suggestiva full immersion nella natura incontaminata, grazie anche ai tanti sentieri da scoprire. La Montagna è la cornice ideale per ritemprare la mente e lo spirito dopo una giornata trascorsa al freddo sulle piste da sci.

Che si tratti di una fuga “last minute” dalla routine quotidiana, di un weekend sulla neve o di una vera e propria settimana bianca, la nuova categoria di alloggi “Sulle piste” di Airbnb offre spunti interessanti per regalarsi soggiorni unici a pochi passi dalle più belle stazioni sciistiche. Meglio ancora se “pied dans la neige”, in località mozzafiato colorate di bianco e immerse nella quiete invernale. Se le parole chiave della vostra vacanza sono piste innevate, panorami straordinari, full immersion nella natura, avventura, sport e benessere, ecco, a disposizione degli utenti del portale, oltre 35mila case tra cui scegliere. Ma quali sono le più amate dai globaltrotter di ogni dove? Quali case in montagna, sulla neve, più contesi dai viaggiatori di Airbnb. E voi? Siete pronti a partire?