mercoledì 22 aprile 2020

RECENSIONE #46/2020 LA FORZA DELLA NATURA by ANTONIO LEOTTI - MARSILIO FARFALLE



La forza della natura

Marsilio (Farfalle)

pp. 304, 1° ed.


Il libro
Quando Anna rimane vedova di Euclide è ancora giovane, bella e, all’indomani del funerale, incredibilmente decisa a non rimettere mai più piede nel paesino della Toscana dove per anni il marito ha tenuto le redini dell’azienda di famiglia. Anna vuole restare a Roma, ai Parioli, ripensare all’uomo che ha amato, bere Martini in terrazza e dimenticare i contadini con i quali Euclide lavorava e che lei disprezza, considerandoli un inutile retaggio medievale. E quale modo migliore per dimenticare di vendere tutto, castello, terre e poderi? Tuttavia, tra Anna e la libertà si frappone la famiglia Rencinai, contadini da duecento anni su un podere del quale, morto Euclide, reclamano la proprietà. Comincia così, per una lite che finisce in tribunale, la nuova vita di Anna che, costretta alla campagna, se ne innamora tanto da prendere in mano l’azienda di famiglia e avvicinarsi ai detestati contadini. In questo percorso di avvicinamento alle radici (non solo metaforiche), Anna si troverà a essere oggetto del corteggiamento di diversi uomini: un vecchio amico di infanzia, il figlio ribelle della famiglia Rencinai, un ricco aristocratico piemontese e addirittura un piccolo malvivente romano. Chi sposerà Anna? E quanto tempo impiegherà a lasciar andare il suo Euclide?
Quello di Antonio Leotti è un romanzo inglese ambientato in Toscana, ma più comico che tragico. Una commedia irresistibile che avanza per coincidenze ed equivoci, raccontando quanto le gioie della campagna e quelle della città – così come i disagi dell’una e dell’altra – non siano in fondo che luoghi comuni dei quali si può ridere insieme.  


Autore

 (Roma, 1958) è sceneggiatore e scrittore. Ha scritto a quattro mani con Luciano Ligabue la sceneggiatura di Radiofreccia (1998), vincitore di tre David di Donatello, due nastri d’argento e quattro Ciak d’oro, e proiettato nel 2006 al MOMA di New York; tra i suoi lavori come sceneggiatore ricordiamo Il partigiano Johnny (2000), Amore che vieni, amore che vai (2008), Vallanzasca – Gli angeli del male (2010), Il paese delle spose infelici (2011), Era d’estate (2005). È autore dei saggi Il mestiere più antico del mondo (Fandango 2011) e Nella valle senza nome (Laterza 2016), e del romanzo Il giorno del settimo cielo (Fandango 2007). Da più di trent’anni conduce l’azienda agricola di famiglia insieme ai suoi fratelli.
 


RECENSIONE

A dispetto del titolo La forza della natura, in questo nuovo romanzo a Leotti interessa in realtà vedere che cosa le parole non sanno oppure non dicono. Leotti oltre questo romanzo La forza della natura ha scritto a quattro mani con Luciano Ligabue Radiofreccia, in seguito a pubblicato Vallenzasca. 

Leotti nel romanzo La forza della natura, porta avanti la storia di Anna con un meccanismo narrativo, che gioca su vari registri. La sua eroina Anna, orfana di madre dall'età di 8 anni, cresciuta dalle suore inglesi del Marymount, e ora, in procinto di seppellire il marito, Euclide. Al funerale del marito, la splendida e subtrentenne Anna Neri, decide di non mettere più piede a Castelmemmo, paesino toscano in cui è nata e dove possiede diversi ettari di terrono dal padre, con annesso un castello.

Una vicenda di fuga da un ambiente asfittico, di legami complicati, spesso irrisolti, perfino mentre assiste impietrita alle esequie dell'amatissimo consorte, non nasconde il fastidio per gli stucchi barocchi che hanno irrimediabilmente deturpato la chiesetta romanica, per l'interminabile omelia del parroco e di un paese dove tutti conoscono tutti, sono per lo più contadini, che nel lessico familiare si traduce con un <<nome dispregiativo>>, invece lei, non manca di precisare, è nata in un castello dove la sua stanza misura 80 metri quadri.
Da quel paese Anna è scappata, si è trasferita a Roma, nel quartiere chic dei Parioli, dove vive con sforzo la sua nuova condizione di vedovanza. Da quel giorno ella ha rinunciato all'amore <<la più inservibile delle retoriche>>, la sua vita, il suo respiro, la sua forza, e per difendersi dal dolore della perdita senza bisogno di <<psiconalisi, paroloni e intellettuali>>.

Ma non ha fatto i conti con i Rencinai, famiglia di fittavoli con a capo il vecchio Raniero che fomentato da un avvocato <<comunista>> le fa causa, perchè vuole la terra, la casa e pure un indennizzo di diversi milioni. E Anna, costretta a tornare al paese per il processo in compagnia del suo avvocato fidato Pompei, finisce per innamorarsi della tenuta e decide di non cederla. 

La storia non si esaurisce però in un senso idillico della natura come suggerisce il titolo, ma bensì in una commedia degli equivoci, fitta di personaggi, con una protagonista Anna di straordinaria bellezza, che a tutti sfugge  e tutti la insegnano, Leotti con perfetto senso del ritmo cinematografico registra le storie, con la lucidità malinconica di chi non ha mai sotterrato, il tempo, le persone e il luogo che per anni aveva dormito con lei, senza dare fastidio.

Ma "La forza della natura", in cui la storia cuce un affresco preciso: guardarsi intorno e contare su se stessi, con la voglia di appartenere agli altri. A costeggiarla da sempre c'è l'amico Mario innammorato da una vita e lei non l'ha espulso dalla propria, prodigo di preziosi consigli in materia finanziaria. Poi c'è il compagno di scuola e amico di sempre Paolo, geologo, rimasto prigioniero tre giorni sotto il crollo di una miniera, che si reinventa fisioterapista dopo lunghe cure e si dichiara più volte ad Anna senza successo. 

Roberto Sperandini, detto Er Sacra Sindone, ladro incallito, folgorato quando lei, un giorno ai Parioli senza neppure avvedersene, con un gesto non curante ne disarma la mano armata da allora passa la vita in prigione e a fare il clochard salvo il folle tentativo di furto per regalare alla donna dei suoi sogni un diamante.

E perfino Remilio Rencinai, sfidando le ire paterne. Colui che la impalma è il nobile snob Sergianni. Nel matrimonio così formato appena nato e già finito Anna, ritrova <<la soave superficialità>> e si abbandona all'ozio con voluttà. Ma Sergianni è un fedifrago pieno di debiti e il divorzio mette fine a tutto. 

Anna se ne torna a lavorare la terra con successo. Gli anni trascorrono senza mutare, la sua bellezza. I luoghi assorbono una ferocia che Anna riversa perchè si sente tradita. A scombussolare i giochi arriva un incendio che trasforma la mancanza in assenza, a riportare ordine nella vita di tutti, a riannodare i fili della trama e avvicinare il lettore al personaggio di Anna, piena di spigoli, spesso antipatica, ma altrettanto fragile.

RECENSIONE #47/2020 NERO COME LA NOTTE by TULLIO AVOLEDO - MARSILIO (FARFALLE)

NERO COME LA NOTTE

MARSILIO EDITORE

pp. 528, 1° ed.

 

 

 

Il libro

 

Sergio Stokar era un buon poliziotto. Forse il migliore a Pista Prima, degradata ma ancora grassa città del Nord-Est. Fino al giorno in cui, senza saperlo, ha pestato i piedi alle persone sbagliate. Così qualcuno l’ha lasciato, mezzo morto, sulla porta dell’ultimo posto in cui avrebbe voluto finire: le Zattere, un complesso di edifici abbandonati dove si è insediata, dandosi proprie leggi, una comunità di immigrati irregolari. Quel rifugio dall’equilibrio fragile e precario – con la sua babele di lingue, razze e odori – normalmente sarebbe un incubo per uno col credo politico di Sergio. Ma è un incubo in cui è costretto a rimanere, adattandosi a nuove regole e a convivere con una realtà che un tempo avrebbe rifiutato. Per poter stare al sicuro, è diventato “lo sceriffo delle Zattere”: mantiene l’ordine, indaga su piccoli reati.
Finché un giorno il Consiglio che governa il complesso gli affida un incarico speciale. Alcune ragazze delle Zattere sono state uccise in modo orribile, c’è un assassino in agguato, e solo un poliziotto abile come Sergio può scovarlo, con il suo fiuto e le sue conoscenze, ma soprattutto grazie a un’ostinazione che lo trasforma in un autentico rullo compressore. In un’Italia appena dietro l’angolo – l’Italia di dopodomani, che ci indica con chiarezza dove sta andando il nostro paese – Sergio Stokar deve tornare dal regno dei morti e rimettersi a indagare, frugando nel passato e negli angoli più in ombra della sua città, per scoprire, alla fine, che forse l’indagine è una sola, e che l’orrore si nasconde in luoghi e persone insospettabili. Tutto è legato da un filo. Un filo nero come la notte, rosso come il sangue. Perché in un mondo che ha fatto dell’avidità il suo credo non esistono colpevoli e innocenti, ma solo infinite sfumature di male. Tullio Avoledo esordisce nel noir con un romanzo vorticosamente appassionante e di grande attualità, che non teme di calarsi nei recessi più oscuri di una società rabbiosa e corrotta.

 

Autore


,friulano, è nato a Valvasone nel 1957 e vive e lavora a Pordenone. Oltre a Lo stato dell'unione ha pubblicato: L’elenco telefonico di Atlantide (Sironi 2003, Einaudi 2003), Mare di Bering (Sironi 2003, Einaudi 2004), Tre sono le cose misteriose (Einaudi 2005), Breve storia di lunghi tradimenti (Einaudi 2007), La ragazza di Vajont (Einaudi 2008), L’ultimo giorno felice (Edizioni Ambiente 2008, Einaudi 2011), L’anno dei dodici inverni (Einaudi 2009), Le radici del cielo (Multiplayer.it 2011), La crociata dei bambini (Multiplayer.it 2014) – due romanzi ambientati nel Metro 2033 Universe inventato da Dmitrij Gluchovskij – e Furland® (chiarelettere 2018). Insieme a Davide Boosta Dileo ha scritto Un buon posto per morire (Einaudi 2011). Per Marsilio ha pubblicato anche i romanzi Chiedi alla luce (2016) e Nero come la notte (2020).

 

 

RECENSIONE 

 

E' il racconto di un uomo che non e' mai riuscito a trovare una propria identità al di fuori del perimetro del suo villaggio, ma anche quello di un'Europa grassa del Nord-Est. Lontana dalle grandi città, dove la nazionalità si integra senza il lubrificante di un'infrastruttura sociale urbanizzata, dove la novità si comunica sempre per strappi e avanzamenti di fronte.

 

Ho pensato a Stokar mentre assisteva alle proteste della comunità. Le persone protestavano quando arrivavano, ma anche quando venivano trasferiti. Avoledo ha voluto mostrare questa alternanza contraddittoria, e immaginare cosa succeda quando quella sorgente di paura e speranza svanisce.

 

I cittadini di quel rifugio dall'equilibrio fragile, sono la cartina tornasole di un'urbanizzazione galoppante, sono anche: rappresentanti di una generazione privata dal futuro, paralizzata nel presente, persa in una rassegnata contemplazione del passato. La corruzione e i traffici illegali che coinvolgevano direttamente personaggi di dubbia fama. Il noir di Avoledo è fortemente legato alla città, ne descrive luoghi e abitudini, ne denuncia i lati oscuri. E' in questo contesto che si incardina il rebus che dà il titolo al libro. 

 

".... sponde opposte dello stesso mare, nel quale male e bene si confondono".

 

Attraverso la storia del protagonista - Sergio Stokar, poliziotto degradato - lo scrittore Tullio Avoledo, pubblica Nero come la notte, per la casa editrice Marsilio (Farfalle). 

 

La perdita di memoria che colpisce Stokar, non è solo vista come un defict fisiologico, ma anche fenomeno logico: i ricordi, il passato, il vissuto, la propria identità, sfuggono all'io narrante e questo produce un trauma mai risolto con il mondo che gli si presenta sempre come indecifrabile. C'è una sorta di zona vuota tra l'io e il mondo che il protagonista cerca di colmare, ma spesso le parole non sono sufficienti e così la frustazione del protagonista è irosa: il poliziotto incomincia a mordere. A ben leggere, questo gesto contiene in sè i prodromi di un tentativo di comunicazione.

 

La lingua che Avoledo mette in campo in queste pagine, pur nella sua sostanziale uguaglianza di significato e significante, registra una serie di mutazioni. Le parole per il personaggio narrante sono come degli <<agenti segreti in missione>>, che devono scandagliare un mondo nuovo, dove termini come: famiglia, fratello, amore e silenzio non hanno più lo stesso significato, la questione che il romanzo pone al suo centro non riguarda tanto la descrizione di un futuro possibile, quanto la sopravvivenza del linguaggio, in particolare di quello letterario, nel mondo a venire.

 

"Che fare quando le tracce impresse sulla tavoletta cerata, della mente svaporano sotto il raschietto dell'oblio? Non ci sono vie di fuga, al di là di quella della prossimità dell'ascolto."

 

Ci siamo. La membrana che separava il poliziotto Sergio Stokar, dal più potente urto emotivo di una vita ricca di altri potenti urti emotivi e caduta. La discesa di un uomo all'inferno. Un romanzo che non ha paura di guardare in volto il nostro tempo e di cercare nella brutalità del male la forza del bene.

 

Ad abbracciare  i due poli del desiderio, sigillati e sepolti in quel luogo, a custodirne un sogno di gioventù incompiuto, la serenità tra chi li dentro ci aveva nascosto il passato.

 

"Mentre le tessere del passato riemergono intrecciandosi con il presente, le vicende evolvono in diverse direzioni."

 

Sergio Stokar è  un angelo quotidiano che si intreccia con l'umanità dove vive.


"A volte non combina quasi nulla, i meccanismi con cui vive stridono e s'inceppano ma, questo non vuol dire che non ci stia provando."


Tanti suoi tentativi nell'avvicinare le persone tra le pagine del libro, anche perchè a prenderne l'atteggiamento nella vita reale, talvolta, ci sono persone come Sergio Stokar: poliziotto, amico, angelo, risolutivo.


Quale esperienza può essere più devastante di un uomo che scompare nel nulla, una mattina come tutte le altre?


Ho provato ad ascoltare l'eco immaginario di un distacco così e ho sentito il battito di un cuore attraverso i giorni, gli anni, le ere, immutato. Il cuore di chi hai portato dentro di te, di chi avresti dovuto custodire. Un cuore che continua a chiamarti, giorni e notte, e implora di ricongiungersi al tuo.


E' una storia d'amore e di vita interrotta, un protagonista di colpo venuto meno: la mente può fornire infiniti proseguimenti alla narrazione e si esterna a cercarli. Di norma, vi introduce capi espiatori, affinchè il senso di colpa non uccide. 


E l'incertezza ad allontanare la pace: non c'è un corpo nè altra motivazione visibile della separazione che, possono far scendere a patti la logica con lo strappo improvviso di un legame simbiotico.


La speranza si corrode forgiando una pazienza folle, mentre la mente gioca al teatro delle ombre con le paure, evoca misteri e parla con loro. Quando tutti attorno si allontanano - la disperazione espone a un contagio da evitare - mostri e fantasmi sono gli unici a rispondere. Se sopravvivi, cominci a cercare quella persona in ogni sguardo, in ogni ricordo, ovunque anche solo un riflesso ti rammenti i suoi passi in questo mondo.


Perdere un membro del proprio gruppo familiare è una paura atavica che continua a dimorare nell'amigdala, in quella parte di cervello rettile che guida l'uomo nella fuga e nella lotta per la vita.

 

mercoledì 15 aprile 2020

RECENSIONE #45/2020 GLI AMANTI by EUGENIA RICO - EDITORE ELLIOTT


Eugenia Rico
Gli amanti 
Pierpaolo Marchetti (Traduttore)   
Editore: Elliot (16 febbraio 2017) 
Venduto da:  Amazon Media EU S.à r.l.
Lingua: Italiano 
13,50








 Il libro

Un minuto è sufficiente per cambiare la vita di Antonio. Il telefono squilla, la voce angosciata del suo amico Jean Charles gli chiede aiuto ma viene interrotta prima che possa dire altro. È passato del tempo dal loro ultimo incontro. Il loro rapporto era stato perfetto fino all?arrivo di Ofélie, una donna piena di fascino, complicata. Lei credeva nell?amore, Jean Charles nell?amicizia, Antonio in entrambe le cose. Poi la complessità dei sentimenti li aveva trascinati in un labirinto di passioni, tradimenti e segreti che li aveva fatti allontanare. Ora però l?unico obiettivo è ritrovare Jean Charles, e forse sarà necessario ritrovare anche Ofélie? Eugenia Rico scrive con una prosa elegante, misurata, e con una voce matura che conquista il lettore, facendogli vivere la storia di un travolgente triangolo amoroso in cui ognuno, a modo suo, cerca di esorcizzare i fantasmi della solitudine e della tristezza.

Eugenia Rico

Nata a Oviedo, in Spagna, è laureata in legge. Tra le sue opere di maggiore successo, tradotte in varie lingue, ricordiamo: La muerte blanca (Premio Azorin 2002), il saggio En el país de las vacas sin ojos (Premio Espiritualidad 2005), El otoño alemán (Premio Ateneo de Sevilla 2006), Aunque seamos malditas. La sua opera ha ricevuto il riconoscimento Beca Valle-Inclán dall?Accademia reale di Spagna a Roma. Collabora re go larmente con «El Mundo» e «El País». È stata la prima scrittrice spagnola ad aggiudicarsi l’International Writing Program presso l’università dell?Iowa, al quale hanno preso parte scrittori come Raymond Carver e Flannery O’Connor. Vive e lavora a Venezia.

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RECENSIONE 

Amicizia e amore, dove comincia uno e finisce l'altro? Jean Charles crede nell'amicizia, Ophelie parteggia per l'amore, e Antonio, invece, rischia di perdere l'uno e l'altro perchè, per Ophelie, tradisce Jean, il suo più caro amico.
Il triangolo ha angoli troppo aguzzi, che possono lacerare la carne e l'anima. Eugenia Rico è considerata, probabilmente, la più grande scrittrice contemporanea spagnola, al suo esordio in Italia, ci regala un romanzo che trascina, pagina dopo pagina, nelle pieghe più recondite dell'animo umano, a cavallo tra le sue contraddizioni, solitudini e paure.

RECENSIONE #44/2020 POTRESTI FARTI MALE by MARINA REBONATO - EDIZIONI FREEMEDIA ROSSO VIVO

Potresti farti male 

RECENSIONE #43/2020 QUESTA NON E' UNA STORIA D'AMORE by JOSE' A. PEREZ LEDO - EDITRICE TRE60


 


                                      Questa non è una storia d'amore

di Perez Ledo Josè A. 

450 pagine

€ 18,00  

 

Il libro 

  «Non è l’amore a far muovere il mondo, ma l’illusione di viverlo come in un film.» Daniel ne è sicuro: l’amore è una bugia.
Cinema, libri, canzoni non fanno altro che alimentare desideri irrealistici. Non fanno altro che deludere.
Quindi l’amore è ben lontano dalla sua vita. Fa lo scrittore, ma scrive aride biografie di manager che vanno in pensione. Ha degli amici, ma li tiene (un po’) a distanza. Perché non si sa mai chi ti può ferire.
E poi conosce Eva.
Che, nell’ordine, ha: i capelli nerissimi, un orecchino sulla narice destra e una lunga gonna bianca.
Che è tutta sporca di colori a tempera perché lavora in un asilo.
E che prova un’istantanea, irrefrenabile antipatia per Daniel.
E lui s’innamora perdutamente.
Ma non sarà troppo tardi?
O forse è ancora troppo presto?  

 

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RECENSIONE 

Daniel non crede nell'amore, lo considera una bufala colossale, una pura invenzione. Poi incontra Eva, un nome che è tutto un programma e ha a che fare con la tentazione. Lei non lo sopporta e lui, invece, se ne innamora, perdutamente.

Quella ragazza gli entra prima nei pensieri e poi nella carne, con i suoi capelli neri come l'ebano e per contro i vestiti e le mani, sempre sporche di colori, perchè Eva usa le tempere con i bambini, nell'asilo nel quale lavora. 

E Daniel, giorno dopo giorno, rischia di trasformarsi in un  personaggio di quelli patetici che si vedono nei film, un clichè che lui ha sempre disprezzato ....

martedì 14 aprile 2020

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #42/2020 GLI INCENDIARI by R.O.KWON - E...

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #42/2020 GLI INCENDIARI by R.O.KWON - E...: «La prosa di R. O. Kwon è tutta ritmo e zero fronzoli, tesa come il cavo d’acciaio su cui cammina il funambolo». Martino Go...

RECENSIONE #42/2020 GLI INCENDIARI by R.O.KWON - EINAUDI

«La prosa di R. O. Kwon è tutta ritmo e zero fronzoli, tesa come il cavo d’acciaio su cui cammina il funambolo».
Martino Gozzi,
 
Gli incendiari
 Traduzione di 
2020
Supercoralli
pp. 208
€ 18,50
 
 
Will e Phoebe si incontrano al college e subito si amano di un amore complice e sensuale che sembra saper colmare i loro vuoti. Will è un ragazzo serio che evita ogni distrazione, ma la perdita della fede ha lasciato in lui «un buco a forma di Dio». Phoebe al contrario è affascinante e disinvolta, e passa da una festa all'altra per nascondere il senso di colpa per la morte della madre. Nelle crepe del loro passato s'insinua John Leal, un predicatore scalzo che avvicina «discepoli» da convertire. Come in ogni battaglia d'amore, la posta in gioco è la loro stessa anima.
«La prosa di Kwon definisce un mondo e poi si fa da parte per lasciare che sia il mistero ad abitarlo».
«The New Yorker»

«Questo romanzo è elettrico, qualcosa di nuovo nel firmamento. Tutti dovrebbero leggerlo».
Garth Greenwell


Il libro 

Cosí si dice: da giovane attivista John Leal aveva aiutato i dissidenti coreani a raggiungere clandestinamente Seul dalla Corea del Nord, fino al giorno in cui era stato rapito, gettato in un gulag e torturato. Scampato alla morte, ma non al ricordo degli orrori, era ritornato in America, aveva avuto una rivelazione e si era messo al servizio dell’umanità fondando il gruppo Jejah. Questa storia, o una versione sempre un po’ diversa di essa, racconta John Leal ai «discepoli» riuniti al suo cospetto. Ma Will non ci casca. La retorica della fede, i «giochi di magia», l’«abracadabra», come li definisce, gli sono ben noti, e per questo ne diffida. Lui stesso li ha praticati nella sua vita precedente, quando viveva in California e aveva abbracciato la religione e il proselitismo per tentare di salvare una madre sofferente. Un giorno poi si era inginocchiato in preghiera come d’abitudine, ma non aveva sentito niente. La voce di Dio era sparita. Aveva abbandonato la Scuola biblica, cambiato costa e vita e si era iscritto al prestigioso Edwards College. È all’Edwards che Will incontra Phoebe. La sua disinvoltura, la popolarità a scuola e con i ragazzi di quella bruna sottile dai tratti coreani accendono immediatamente il suo desiderio, cosí poco allenato, ma nascondono anche ferite profonde e mai rimarginate: il fantasma di un pianoforte a cui Phoebe ha rinunciato quando ha capito di non poter essere la piú brava, e il fantasma di una madre amorevole e protettiva, morta forse anche per sua colpa. Will e Phoebe si amano come fanno i naufraghi con la terra avvistata, bramosi e incerti, ma le acque che li circondano sono molto insidiose. John Leal subodora il vuoto quando lo incontra, e promette di saperlo riempire. Come in ogni forma d’amore, la battaglia che viene ingaggiata ha per posta l’anima. Quando in tv vede scorrere le immagini di un attentato ai danni della clinica Phipps, dove si praticano aborti, Will deve chiedersi chi infine si sia aggiudicato quella di Phoebe, e la propria.

«Ogni esplosivo richiede un detonatore. Gli incendiari è quel detonatore, e leggerlo significa seguire l’inesorabile avvicinarsi della fiammella al bersaglio dell’esplosione: i personaggi, il crimine, la vicenda, e infine il lettore».
Viet Thanh Nguyen

«Non mi stancherò di ripeterlo: R. O. Kwon è una potenza».
Lauren Groff

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RECENSIONE
 
Aver subito una cosa, qualsiasi cosa, conferisce il diritto inalienabile di scriverla. Che cosa accade quando siamo disposti a tutto per un ideale? Una feroce presa di coscienza che investe: la fede e la sua perdita, le sue passioni, il dolore e il rischio di diventare un estremista, sono alcuni dei temi affrontati ne "Gli incendiari", il primo romanzo di R.O. Kwon, pubblicato negli Stati Uniti nel 2018 e da poco uscito anche da noi per Einaudi.
 
Tutto ha inizio con un'esplosione in una clinica dove si effettuano aborti e prosegue narrando le tensioni e le pluralità più oscure dell'ambiente multietnico di oggi, attraverso le voci dei tre protagonisti: Will, Phoebe e John.
 
Leggendo il libro si percepisce la nuda necessità di mettere in parole quella che, a distanza di anni, appare un'esperienza umana totale 
 
<<della vita e della morte, del tempo, della morale e del divieto, della legge, una esperienza vissuta dall'inizio alla fine attraverso l'utilizzo della scrittura alla prova della realtà è l'imperativo al quale Kwon non riesce a sottrarsi>>.
 
Kwon ha l'affilata capacità di dire il vero a un livello così puro e feroce da rendere la sua storia - una storia collettiva - l'affresco di un'epoca, la vivisezione di un trapasso storico. 
 
Davanti a una tragedia, si può perdere la fede? La tragedia ci convertirà?
E la domanda che giro a voi in conclusione.  
 
Quindi in conclusione: Come fronteggiare il dolore e le difficoltà della vita quando questi diventano opperessivi, forti, apparentemente impossibili da superare?
 
La  fede va però compresa e alimentata, a mio parere. Essa è una via di salvezza dalle difficoltà della vita ma è anche quella che per prima viene messa in difficoltà e criticata quando si verificano eventi spiacevoli, o si deve vivere la realtà del dolore. 
 
Che senso hanno il mio malessere, il mio dolore, il mio lutto? 
 
Contro la solitudine in cui sembra rinchiuderci il dolore.
 
Quindi in conclusione: Come fronteggiare il dolore e le difficoltà della vita quando questi diventano opperessivi, forti, apparentemente impossibili da superare?

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #41/2020 LA STRADA by ANN PETRY - MONDA...

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE #41/2020 LA STRADA by ANN PETRY - MONDA...: La strada by Ann Petry pubbl...

RECENSIONE #41/2020 LA STRADA by ANN PETRY - MONDADORI

La strada

by Ann Petry
pubblicato da Mondadori   
Traduttore Manuela Faimali 
Pagine 378
20,00 





Il libro

Siamo negli anni della seconda guerra mondiale e Lutie Johnson è una giovane donna nera che vive a Harlem con Bub, il figlio di otto anni. Quella di Lutie non è certo una vita facile: si è lasciata alle spalle un marito infedele e irresponsabile e deve tirare avanti da sola. Ma è sorretta da un'idea: crede nel sogno americano ed è convinta di poter aspirare a un'esistenza migliore grazie a una vita di duro lavoro. "La strada" è la storia di una lotta: la lotta di Lutie alla ricerca di una casa per il figlio, per farlo crescere lontano dalla paura e dalla violenza, per tenerlo lontano dalla strada, insomma. Le vicende di Lutie e Bub si intrecciano con quelle di diversi personaggi, che vivono nella stessa casa o nella stessa via, tutti alle prese con la stessa disperata lotta per la sopravvivenza. E le loro vite disegnano il ritratto doloroso di una realtà così lontana nel tempo eppure ancora così vicina. A più di settant'anni dalla pubblicazione di questo romanzo, Lutie Johnson resta una figura potentissima - nera e sola è alle prese con un mondo ostile alle donne e pervaso di razzismo -, e la sua vicenda cruda e vibrante ci racconta la storia amara dell'altra faccia del sogno americano, mostrandoci una New York troppo spesso dimenticata. Quando venne pubblicato nel 1946, "La strada" fu il primo romanzo di un'autrice afroamericana a vendere più di un milione di copie, ed è tuttora considerato un grande classico della letteratura americana, nel quale la potenza della testimonianza e la forza della letteratura si sommano regalandoci pagine indimenticabili. Introduzione di Tayari Jones. 

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RECENSIONE

La strada esplora il peccato originale americano: il razzismo. Il primo romanzo di Ann Petry è anche un'affasciante storia di tradimenti, vendette e omicidi che manterrà il lettore incollato alla pagina fino al tragico finale. Pubblicato nel 1946, un risultato sprprendente perchè vendette molte copie ma in seguito, il libro è scivolato nell'oscurità, un destino particolarmente crudele dato che il modo esplicito di trattare argomenti come: la razza, il sesso e la classe sociale è attuale ora come allora.
Questa nuova edizione ci permette di ascoltare una voce importante del dibattito sul razzismo. La protagonista del romanzo è Lutie Johnspn, una giovane madre di un bambino di otto anni Bub, (questo è il suo nome), nera e single. Ambientato nel 1944 il libro racconta il trasferimento di Lutie dalla città di Harlem, a New York. E' un luogo pieno di vita ma anche carico di pericoli, Lutie è convinta che sia solo una tappa temporanea nel suo cammino verso il superamento della povertà e della mancanza di opportunità.

Lutie e Bub si trasferiscono in un appartamento in affitto. A questo punto l'autore Petry fa un passo indietro raccontando la storia della sua eroina. Lutie si era sposata molto giovane con Jim, un ragazzo bello e viziato. All'inizio loro erano felici, poi Jim non è riuscito a trovare un lavoro stabile e Lutie è stata costretta a fare la cameriera per una ricca famiglia bianca. Col passare del tempo e con l'orgoglio ferito di Jim il matrimonio franò, lasciando sola Lutie e il figlio.

Dapprima Lutie rimasta sola, affronta con coraggio e ottimismo la vita. Confida che anche per lei ci sia la possibilità di guadagnarsi una fetta di quel sogno americano. Attorno a lei i pericoli di razzismo e sessismo si propagano, ma altre donne di colore erano riuscite ad avere successo, quindi perchè non lei? In realtà lei sottovaluta i pericoli e i rischi che ha di fronte. Questi si manifestano immediatamente nei rapporti con i vicini. 

C'è il signor Jones, il terrificante custode dell'edificio, un uomo che si occupa da troppo tempo della caldaia e delle tubature per saper trattare la gente. Jones si invaghisce di Lutie e cerca di conquistarla, anche se non avrà nessuna possibilità. C'è poi la signora Hedges, un'enorme <<Madame>>, sfregiata che gestisce un bordello al piano terra. Anche lei nota la bellezza di Lutie, capisce che Lutie sia una merce pregiata e redditizia per la sua scuderia di prostitute.

Sebbene questi vicini siano minacciosi, nessuno è paragonbile al vero nemico di Lutie, la società bianca. 

<<In qualsiasi direzione, ovunque ci si voltasse, c'era sempre la figura implacabile di un uomo bianco che bloccava la strada, era impossibile fuggire>>.

Per quanti sforzi faccia Lutie, non riuscirà mai a superare la legge immutabile della società americana.

L'intento di Petry è narrare la storia di Lutie, ma il romanzo è attraversato anche da tanti altri personaggi. Il personaggio più importante è la <<strada>> stessa, che più che una strada è una prigione, gestita da una società bianca che non ha mai rinunciato alla schiavitù.

La strada è il ritratto a tutto tondo della società americana. Nel romanzo un crescendo di violenza che potrebbe scioccare il lettore. (Petry è un'artista, consapevole del fatto che creare una buona storia è il modo migliore per assicurarsi che le dure verità narrate rimarranno nella mente del lettore).

Questo lo possiamo dedurre nel personaggio di Lutie, una donna in carne e ossa il cui eroismo fa a pugni con i suoi difetti. E' orgogliosa, nei rapporti con i meno dotati severa, con il figlio insensibile alle storie che hanno trasformato in disgraziati i suoi vicini.

Petry sottolinea che la lotta della sua eroina è ancora più dura, perchè è una donna. Quel che provocherà la tragedia finale del libro, quando attirerà l'attenzione di un potente bianco che non si fermerà finchè non l'avrà.







lunedì 6 aprile 2020

La Biblioteca di Katia: RECESNIONE #40/2020 LA FORESTA D'ACQUA by KENZABUR...

La Biblioteca di Katia: RECESNIONE #40/2020 LA FORESTA D'ACQUA by KENZABUR...:   Il fiume più lungo scorre dentro di noi. Solo risalendo la corrente, possiamo conoscere la verità. La foresta ...

RECESNIONE #40/2020 LA FORESTA D'ACQUA by KENZABURO OE - GARZANTI

 
Il fiume più lungo scorre dentro di noi. Solo risalendo la corrente, possiamo conoscere la verità.

La foresta d’acqua

di Kenzaburo Oe

GARZANTI

480 pagine, Cartonato 
25,00€

 


La tempesta imperversa sul fiume, ma la luna buca la coltre di nubi e illumina a giorno la figura di un uomo inghiottito dalle onde. È questo il sogno che tormenta Choko Kogito da quando suo padre è annegato, anni prima, proprio in quelle acque. Da allora, ha cercato di affidare alle pagine di un romanzo  Choko Kogito che ancora prova, ma non ci è mai riuscito. Finché sua sorella Asa lo invita a tornare nella valle natia dello Shikoku: ad attenderlo c’è una valigia rossa che contiene alcuni documenti del padre che potrebbero aiutarlo a sciogliere i nodi del suo passato e a mettere fine a una crisi d’ispirazione durata troppo a lungo. Kogito non esita un istante a lasciare Tokyo per tornare nel luogo in cui è cresciuto. Qui, giorno dopo giorno, cerca di trovare un senso a eventi che la sua immaginazione ha ormai trasfigurato e di mettere ordine dentro sé stesso. Ma si rende conto che da solo non può riuscirci. Ha bisogno di qualcuno con cui condividere le difficoltà e che sia in grado di guidare il suo sguardo nella giusta direzione. Ed è nella giovane Unaiko che trova l’aiuto desiderato. Come lui, l’aspirante attrice nasconde profonde fragilità e sa cosa significhi passare la vita alla ricerca di un finale che tarda ad arrivare. Dopo il loro fortuito incontro, Kogito e Unaiko iniziano a collaborare alla stesura di una complessa sceneggiatura teatrale. Perché sono convinti che unendo le forze potranno ritrovare la linfa creativa necessaria a dar voce a ciò che finora è stato solo silenzio. 

Kenzaburo Oe, premio Nobel per la letteratura nel 1994, ci consegna un romanzo visionario che rappresenta la summa della sua esperienza autoriale. La foresta d’acqua non è solo uno splendido e toccante ritratto dell’artista che si confronta con lo scorrere del tempo, ma anche un’acuta riflessione sulla forza della narrazione e dei modi in cui può ricomporre fratture emotive, personali e collettive.

Un libro esemplare.
The Independent
 
Un romanzo epico in cui Ōesi confronta con i grandi temi della paternità e dei doveri di famiglia.
Elle
 
Uno dei romanzi di Ōe meglio riusciti: provocatorio, profondo ed elegante.
Kirkus
 
In «La foresta d’acqua», Ōe, con grande maestria, guida il lettore in una densa foresta di storie e reminiscenze e riflette sul valore inestimabile della memoria.
The Guardian
 
Una grande storia di necessarie introspezioni e oggettivazioni.
Goffredo Fofi, Internazionale
 
Kenzaburō Ōe moltiplica le piste narrative, che si attorcigliano in un libro ambizioso.
Marco Del Corona, La Lettura - Corriere della Sera
Kenzaburo Oe è nato nel 1935 nell’isola dello Shikoku, nel sud-ovest del Giappone. Scrittore di fama mondiale, ha vinto il premio Nobel per la letteratura nel 1994, oltre a numerosi altri riconoscimenti. Sempre presente nella vita pubblica, ha fatto sua la campagna contro l’energia nucleare.


  
RECENSIONE
  
Choko Kogito è uno scrittore non più giovane che non ha ancora superato il senso di smarrimento con la scomparsa del padre, uno strano annegamento, un uomo inghiottito dalle onde, e non è l'unica questione in sospeso: madre, sorella, un affollarsi di memorie chiedono di pacificarsi, ma ci sono troppe cose da chiarire, partendo dalla <<valigia di pelle rossa>> che <<conteneva una parte delle leggende di famiglia>> e, che potrebbero aiutarlo a sciogliere i nodi del suo passato e a mettere fine a una crisi d’ispirazione durata troppo a lungo.
In La foresta d'acqua Kenzaburo Oe moltiplica le piste narrative, che si attorcigliano in un libro ambizioso, nel quale il confine con la sua autobiografia è labile. L'io narrante è infatti l'autore, ed come <<vero>> Oe, un figlio disabile. Lo ritroviamo nel romanzo Il giorno in cui lui mi asciugherà le lecrime (un romanzo breve uscito in Italia con altri in Insegnaci a superare la nostra pazzia nel 1992.

Ma tutto il romanzo è edificato su un'opposizione di piani: vita e scrittura, vita e teatro, libertà individuale e un destino che germina dalla famiglia, realtà e mondo degli spiriti. Il punto di equilibrio è forse un'acqua che ci dissolve.