mercoledì 22 aprile 2020

RECENSIONE #47/2020 NERO COME LA NOTTE by TULLIO AVOLEDO - MARSILIO (FARFALLE)

NERO COME LA NOTTE

MARSILIO EDITORE

pp. 528, 1° ed.

 

 

 

Il libro

 

Sergio Stokar era un buon poliziotto. Forse il migliore a Pista Prima, degradata ma ancora grassa città del Nord-Est. Fino al giorno in cui, senza saperlo, ha pestato i piedi alle persone sbagliate. Così qualcuno l’ha lasciato, mezzo morto, sulla porta dell’ultimo posto in cui avrebbe voluto finire: le Zattere, un complesso di edifici abbandonati dove si è insediata, dandosi proprie leggi, una comunità di immigrati irregolari. Quel rifugio dall’equilibrio fragile e precario – con la sua babele di lingue, razze e odori – normalmente sarebbe un incubo per uno col credo politico di Sergio. Ma è un incubo in cui è costretto a rimanere, adattandosi a nuove regole e a convivere con una realtà che un tempo avrebbe rifiutato. Per poter stare al sicuro, è diventato “lo sceriffo delle Zattere”: mantiene l’ordine, indaga su piccoli reati.
Finché un giorno il Consiglio che governa il complesso gli affida un incarico speciale. Alcune ragazze delle Zattere sono state uccise in modo orribile, c’è un assassino in agguato, e solo un poliziotto abile come Sergio può scovarlo, con il suo fiuto e le sue conoscenze, ma soprattutto grazie a un’ostinazione che lo trasforma in un autentico rullo compressore. In un’Italia appena dietro l’angolo – l’Italia di dopodomani, che ci indica con chiarezza dove sta andando il nostro paese – Sergio Stokar deve tornare dal regno dei morti e rimettersi a indagare, frugando nel passato e negli angoli più in ombra della sua città, per scoprire, alla fine, che forse l’indagine è una sola, e che l’orrore si nasconde in luoghi e persone insospettabili. Tutto è legato da un filo. Un filo nero come la notte, rosso come il sangue. Perché in un mondo che ha fatto dell’avidità il suo credo non esistono colpevoli e innocenti, ma solo infinite sfumature di male. Tullio Avoledo esordisce nel noir con un romanzo vorticosamente appassionante e di grande attualità, che non teme di calarsi nei recessi più oscuri di una società rabbiosa e corrotta.

 

Autore


,friulano, è nato a Valvasone nel 1957 e vive e lavora a Pordenone. Oltre a Lo stato dell'unione ha pubblicato: L’elenco telefonico di Atlantide (Sironi 2003, Einaudi 2003), Mare di Bering (Sironi 2003, Einaudi 2004), Tre sono le cose misteriose (Einaudi 2005), Breve storia di lunghi tradimenti (Einaudi 2007), La ragazza di Vajont (Einaudi 2008), L’ultimo giorno felice (Edizioni Ambiente 2008, Einaudi 2011), L’anno dei dodici inverni (Einaudi 2009), Le radici del cielo (Multiplayer.it 2011), La crociata dei bambini (Multiplayer.it 2014) – due romanzi ambientati nel Metro 2033 Universe inventato da Dmitrij Gluchovskij – e Furland® (chiarelettere 2018). Insieme a Davide Boosta Dileo ha scritto Un buon posto per morire (Einaudi 2011). Per Marsilio ha pubblicato anche i romanzi Chiedi alla luce (2016) e Nero come la notte (2020).

 

 

RECENSIONE 

 

E' il racconto di un uomo che non e' mai riuscito a trovare una propria identità al di fuori del perimetro del suo villaggio, ma anche quello di un'Europa grassa del Nord-Est. Lontana dalle grandi città, dove la nazionalità si integra senza il lubrificante di un'infrastruttura sociale urbanizzata, dove la novità si comunica sempre per strappi e avanzamenti di fronte.

 

Ho pensato a Stokar mentre assisteva alle proteste della comunità. Le persone protestavano quando arrivavano, ma anche quando venivano trasferiti. Avoledo ha voluto mostrare questa alternanza contraddittoria, e immaginare cosa succeda quando quella sorgente di paura e speranza svanisce.

 

I cittadini di quel rifugio dall'equilibrio fragile, sono la cartina tornasole di un'urbanizzazione galoppante, sono anche: rappresentanti di una generazione privata dal futuro, paralizzata nel presente, persa in una rassegnata contemplazione del passato. La corruzione e i traffici illegali che coinvolgevano direttamente personaggi di dubbia fama. Il noir di Avoledo è fortemente legato alla città, ne descrive luoghi e abitudini, ne denuncia i lati oscuri. E' in questo contesto che si incardina il rebus che dà il titolo al libro. 

 

".... sponde opposte dello stesso mare, nel quale male e bene si confondono".

 

Attraverso la storia del protagonista - Sergio Stokar, poliziotto degradato - lo scrittore Tullio Avoledo, pubblica Nero come la notte, per la casa editrice Marsilio (Farfalle). 

 

La perdita di memoria che colpisce Stokar, non è solo vista come un defict fisiologico, ma anche fenomeno logico: i ricordi, il passato, il vissuto, la propria identità, sfuggono all'io narrante e questo produce un trauma mai risolto con il mondo che gli si presenta sempre come indecifrabile. C'è una sorta di zona vuota tra l'io e il mondo che il protagonista cerca di colmare, ma spesso le parole non sono sufficienti e così la frustazione del protagonista è irosa: il poliziotto incomincia a mordere. A ben leggere, questo gesto contiene in sè i prodromi di un tentativo di comunicazione.

 

La lingua che Avoledo mette in campo in queste pagine, pur nella sua sostanziale uguaglianza di significato e significante, registra una serie di mutazioni. Le parole per il personaggio narrante sono come degli <<agenti segreti in missione>>, che devono scandagliare un mondo nuovo, dove termini come: famiglia, fratello, amore e silenzio non hanno più lo stesso significato, la questione che il romanzo pone al suo centro non riguarda tanto la descrizione di un futuro possibile, quanto la sopravvivenza del linguaggio, in particolare di quello letterario, nel mondo a venire.

 

"Che fare quando le tracce impresse sulla tavoletta cerata, della mente svaporano sotto il raschietto dell'oblio? Non ci sono vie di fuga, al di là di quella della prossimità dell'ascolto."

 

Ci siamo. La membrana che separava il poliziotto Sergio Stokar, dal più potente urto emotivo di una vita ricca di altri potenti urti emotivi e caduta. La discesa di un uomo all'inferno. Un romanzo che non ha paura di guardare in volto il nostro tempo e di cercare nella brutalità del male la forza del bene.

 

Ad abbracciare  i due poli del desiderio, sigillati e sepolti in quel luogo, a custodirne un sogno di gioventù incompiuto, la serenità tra chi li dentro ci aveva nascosto il passato.

 

"Mentre le tessere del passato riemergono intrecciandosi con il presente, le vicende evolvono in diverse direzioni."

 

Sergio Stokar è  un angelo quotidiano che si intreccia con l'umanità dove vive.


"A volte non combina quasi nulla, i meccanismi con cui vive stridono e s'inceppano ma, questo non vuol dire che non ci stia provando."


Tanti suoi tentativi nell'avvicinare le persone tra le pagine del libro, anche perchè a prenderne l'atteggiamento nella vita reale, talvolta, ci sono persone come Sergio Stokar: poliziotto, amico, angelo, risolutivo.


Quale esperienza può essere più devastante di un uomo che scompare nel nulla, una mattina come tutte le altre?


Ho provato ad ascoltare l'eco immaginario di un distacco così e ho sentito il battito di un cuore attraverso i giorni, gli anni, le ere, immutato. Il cuore di chi hai portato dentro di te, di chi avresti dovuto custodire. Un cuore che continua a chiamarti, giorni e notte, e implora di ricongiungersi al tuo.


E' una storia d'amore e di vita interrotta, un protagonista di colpo venuto meno: la mente può fornire infiniti proseguimenti alla narrazione e si esterna a cercarli. Di norma, vi introduce capi espiatori, affinchè il senso di colpa non uccide. 


E l'incertezza ad allontanare la pace: non c'è un corpo nè altra motivazione visibile della separazione che, possono far scendere a patti la logica con lo strappo improvviso di un legame simbiotico.


La speranza si corrode forgiando una pazienza folle, mentre la mente gioca al teatro delle ombre con le paure, evoca misteri e parla con loro. Quando tutti attorno si allontanano - la disperazione espone a un contagio da evitare - mostri e fantasmi sono gli unici a rispondere. Se sopravvivi, cominci a cercare quella persona in ogni sguardo, in ogni ricordo, ovunque anche solo un riflesso ti rammenti i suoi passi in questo mondo.


Perdere un membro del proprio gruppo familiare è una paura atavica che continua a dimorare nell'amigdala, in quella parte di cervello rettile che guida l'uomo nella fuga e nella lotta per la vita.

 

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