martedì 5 maggio 2020

RECENSIONE #48/2020 LA MADRE by GIUSEPPE UNGARETTI - MONDADORI

 Immagine personale
La recensione è della vera poesia di Ungaretti


RECENSIONE

Giuseppe Ungaretti classe (1888-1970), dopo aver aderito in gioventù al futurismo, partì come soldato semplice e combattè sul Carso nella prima guerra mondiale. Quest'esperienza fu decisiva per la sua poesia. La solitudine, la morte, l'istintivo e sbigottito riunirsi degli uomini in un vincolo di muto affetto fraterno in quelle ore di terribile verità, gli ispirarono versi brevissimi, di straordinaria forza emotiva, in cui la parola, appenasussurrata e le immagini d'una nuda essenzialità diventavano la testimonianza d'un dolore inesprimibile, chiuso, come felicemente è stato scritto, da un silenzio di pietra.

Con <<Sentimento del tempo>> (1933) Ungaretti abbandonò la sua prima fase poetica e si volse a un linguaggio più elaborato e complesso e a temi di natura religiosa (riflessioni sul tempo e sulla morte). La memoria gli fa qui rievocare la propria esperienza di uomo che egli pone, nella sua semplice e profonda verità, sullo sfondo dell'eternità. Così è nella lirica che riportiamo, nella quale il poeta immagina di ritrovare la madre, trepida e decisa, umile e tenerissima, dopo la morte.

E' forse questa la più toccante lirica ispirata al tema dell'amore materno, fra quante mai ne furono composte.

Il poeta vi si raffigura come figlio nel duplice aspetto di creatura generata secondo la carne e secondo lo spirito; parallelamente, la madre è esaltata come autrice della vita terrena e di quella celeste. L'atteggiamento della donna è semplice e dinesso: i gesti, quelli consueti che l'affetto ispira (come una volta mi darai la mano), ma lenti, pieni d'un significato nuovo, come fossero, pur nella dolcezza di sempre, divenuti espressione d'un rito. Lo guiderà silenziosamente, vedendolo forse smarrito nella sconosciuta regione al di là del muro d'ombra, e lo condurrà dinanzi a Dio. Qui sarà umile, come quando spirò devotamente invocando il Signore, ma anche forte, animata dalla ferma volontà di salvare il figlio che l'ha raggiunta (decisa ... come una statua). Alzerà le vecchie braccia in un'invocazione muta, in una totale sottomissione all'Onnipotente e in una purissima manifestazione d'amore. E solo quando sarà riuscita ad ottenere il perdono di Dio per il poeta, lo guarderà in viso, certa di non esserne separata mai più; solo allora ricorderà d'aver tanto sofferto aspettandolo ed esprimerà con lo sguardo la propria consolazione.

La lirica trova la sua suggestione proprio in questa sublimazione di consuetudini e affetti umani, che vengono evocati dal passato dove la memoria li fissò in gesti dolcissimi (come una volta ... come già ti vedeva/ quando eri ancora ... come quando ...) e collocati in una dimensione di eternità. Tutto, nella lirica, è d'assoluta essenzialità: nn solo le espressioni, ma anche la scena che esse suggeriscono. Il paradiso non è descritto come un sontuoso o ricco o meraviglioso paesaggio. Non si parla neanche del trono nè della potenza di Dio. Immaginiamo un infinito spazio vuoto, sul quale si staglia, grandiosa e umilissima, la figura della madre che prega. Il paradiso è soprattutto nella sua invocazione, in cui si esaltano la potenza della vera umiltà e la forza sublime dell'amore che continua a dar vita anche nell'al di là, ad avere una propria storia oltre le vicende del tempo. Il paradiso è nel silenzio che avvolge la scena, profondo ma che non spaura, perchè là dove regna l'amore perfetto non servono parole; e luce di paradiso è nei suoi occhi, dove la felicità, il dolore, le pene patite si esprimeranno in un rapido sospiro, pieno di intensa dolcezza e d'abbandono. La lirica tocca forse proprio nell'ultimo verso il punto di più alta poesia: il motivo religioso della preghiera trapassa naturalmente in quello umanissimo della gioia per il figlio ritrovato. Ed è sempre quel profondo silenzio, pieno d'amore.

Nessun commento:

Posta un commento