domenica 29 novembre 2020

RECENSIONE - RACCONTO DELL'ARTE OCCIDENTALE DAI GRECI ALLA POP ART by PHILIPPE DAVERIO - SOLFERINO EDITORE

 


Racconto dell’arte occidentale

di Philippe Daverio

SOLFERINO EDITORE

  • Lingua Italiano
  • Pagine 432
  • Anno 2020
  • Collana Saggi
  • Formato Cartonato
  • Prezzo di copertina 29 Euro 
     
    Il libro
     

    “Questo libro è un viaggio attraverso i secoli che intende fornire al lettore una serie di riflessioni su un vasto patrimonio comune, nato dalle ceneri del mondo antico e plasmato dalle nostre fortune come dai nostri conflitti.” Da Giotto a Monet, passando per Raffaello, Michelangelo, Modigliani, Bernini, Van Eyck e molti altri.

    Tremila anni di storia e di storie sull’arte raccontati da un maestro della divulgazione con l’ausilio di un ricco apparato di immagini. Philippe Daverio conferma il suo estro interpretativo e la sua abilità narrativa dando vita a un grande racconto della nostra cultura.

    Dall’antica Grecia alla Pop art di Andy Warhol, il suo occhio critico ci accompagna in un affascinante percorso attraverso scultura, pittura e architettura in Italia e nel mondo alla riscoperta dei grandi maestri e dei loro segreti. Una vera e propria cavalcata d’autore a grandi tappe e ricca di aneddoti gustosi, confronti originali e sintesi illuminanti, nella grande storia della creatività dell’uomo.

    Biografia

    Philippe Daverio

    Autore

     


    Philippe Daverio è nato nel 1949 a Mulhouse, in Alsazia, e vive a Milano.

    È stato Professore ordinario alla Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo, ha tenuto corsi presso la Facoltà di Design del Politecnico di Milano. È direttore della rivista «Art e Dossier» oltre che autore e conduttore televisivo di Passepartout, Emporio Daverio e Il Capitale.

    Nel 2011 ha pubblicato Il Museo immaginato, nel 2012 Il secolo lungo della modernità, nel 2013 Guardar lontano Veder vicino, nel 2014 Il secolo spezzato delle avanguardie, nel 2015 Il gioco della pittura, nel 2016 Le Stanze dell’Armonia, nel 2017 Ho finalmente capito l’Italia, nel 2018 Grand Tour d’Italia a piccoli passi e nel 2019 La mia Europa a piccoli passi.

     

     RECENSIONE

    L'idea di scrivere questo libro nasce dalla passione per l'arte. Ho letto e recensito il saggio di Philippe Daverio, ed oggi lo presento a voi. E' un viaggio nell'Arte, attraverso tre processi/correnti - diversi: il grande impatto visivo e ricco di contenuti, il progetto con il quale ho affrontato il libro, l'ho diviso in 3 gruppi di competenza:

    1. Linguaggio dell'Arte.

    2. Storia dell'Arte.

    3. Il Patrimonio artistico della Regione Italiana.

     ***
    1. Il linguaggio dell'Arte - Insegna a decodificare, i messaggi visivi e a interagire con essi in modo attivo e critico . Comprende: la percezione visiva, i codici visivi, le tecniche, i temi operativi, la comunicazione visiva, i beni culturali. Il testo offre una nuova prospettiva di approccio al linguaggio dell'Arte che stimola la formazione di un personale modo di sentire, percepire e interpretare la realtà. Le opere d'arte non sono solo testi da studiare e analizzare, ma diventano anche pretesti per rivolgere un nuovo sguardo a ciò che ci circonda: i materiali dell'arte diventano un patrimonio da rielaborare in modo creativo e personale. Il saggio offre inoltre uno sguardo inedito sul panorama dell'arte contemporanea.
     
    L'epica astratta dei dolori dell'uomo.
     
    Un linguaggio che potesse corrispondere agli stati d'animo, alle tragedie e ai dolori della contemporaneità. Nella varietà di esiti, linee, colori, forme e texture delle loro opere, scardinano i parametri estetici tradizionali, hanno dimostrato la possibilità di esprimere in modo nuovo i grandi temi e l'epica eterna dell'uomo.

    Inquietudine, forza, curiosità. Queste le caratteristiche che rendono ancora oggi uniche alcune immagini. I tanti temi artistici scandagliati da Philippe Daverio << che lo spinge a navigare nei flutti della modernità e a farsi precursore e ispiratore di tendenze artistiche future>>.

    Daverio è un critico che ha saputo mantenere viva la curiosità e la volontà d'espressione. Se si parla di tradizione, s'intende qualcosa di comune a molti, o almeno a un gruppo, cioè qualcosa di pubblico. E poi, come difesa della mia singolarità, mi sono attrezzato di una risposta alla domanda che mi viene invariabilmente rivolta: che cosa si prova a ..? 
     
    Il senso della pittura. Un pittura libera da costrizioni linguistiche, più dalla parte della corporeità che dalla spiritualizzazione del linguaggio. Considero la pittura una sola, infinita, che è sempre presente, fuori da ogni scansione o avvincendamento storico o formale. 
     
    ***




    Il movimento artistico che ha caratterizzato l'arte  italiana dell'Ottocento: I Macchioli. Storia di una rivoluzione d'arte, ripercorrono attraverso le opere, l'evoluzione di questo movimento che si formò nel cuore di Firenze, sui tavolini del Caffè Michelangelo. Qui si riunivano questi artisti che miravano a dipingere partendo dall'osservazione della realtà e ribellandosi ai dettami dell'accademia. Una definizione, quella di macchioli, affibiato loro per spregio ma che essi stessi finirono con l'adottare perchè rappresentava appieno lo stile dei loro dipinti. Siano paesaggi o personaggi, le loro opere attirano lo sguardo grazie alle nette campiture di colore.

    ***

     

    Palazzo Ducale
    L'inquietissima età dell'incertezza
     
    Alcune opere raccontano un decennio cruciale, che segnò il passaggio dal trauma della Grande Guerra al crollo di Wall Street, attraverso l'ascesa al potere del fascismo. Sono in realtà un'età incerta, dominata dall'inquietudine. Sono una stagione sospesa, ma già intrisa dai germi che porteranno a un altro conflitto mondiale, ancora più devastante.

    ***

     
    Dipinta a Milano, presumibilmente intorno al 1510 Sant'Anna, la Vergine e il Bambino con l'agnellino, è una di quelle rare opere d'arte in cui sembra che il Rinascimento intero rispecchi sè stesso dichiarandosi inarrivabile alle generazioni dei posteri. E l'aspro, verticale, quasi monocromo paesaggio montuoso che si spalanca alle spalle dei personaggi in primo piano ha una parte non indifferente nella strabiliante perfezione del risultato. Un vero colpo di genio, a equilibrare l'idillio primaverile di intimi affetti familiari che coinvolge più persone, così tenero e palpitante che facilmente si trascura la sua natura di simbolo sacrificale (agnello). 
     
    Mai monti, regali e impassibili, conferiscono alla scena un'inaspettata solennità, qualcosa come un brivido gotico e fiammingo, una tensione decisamente metafisica. Perchè anche se può assumere le attraenti apparenze, di una scampagnata in famiglia, una storia sacra è pur sempre qualcosa di terribile.
     
    ***
    La cronaca del lungo incontro con il capolavoro, il viaggio di Philippe Daverio è un'esperienza unica. Vertigine assoluta: faccia a faccia con il sublime. Potete osservare da ogni angolazione una tra le vette del <<pensiero in fuga>>. Sublime composizione corporea, architettonica e simbolica, si offrirà per quello che è: vertigine assoluta. Vi si celebra la volontà di potenza dell'uomo moderno attraverso una forma che tende ad avvolgersi in un gorgo, modulandosi fino a farsi-finta. Lo spazio si dissolve in un moto centripeto. Smarrite dentro un abisso celeste, affiorano le anatomie muscolose di un'umanità estrema, sulla soglia tra terrore e salvezza.

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    Il Giudizio Universale della Cappella Sistina non era ancora completato, quando Biagio da Cesena, un collaboratore del papà, criticò duramente il lavoro di Michelangelo. "Così tanti corpi nudi paiono più adatti ad un bagno pubblico o a un'osteria che a una sacra cappella!". Ovviamente tale stroncatura fece infuriare Michelangelo, che, per vendicarsi, dipinse Biagio da Cesena con le fattezze di un mostro infernale con le orecchie asinine.
     
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    Oggigiorno la semplice presenza del nome di Caravaggio nel titolo basterebbe ad assicurare a una mostra uno straordinario successo di pubblico. Tuttavia, il grande artista lombardo non ha sempre goduto del medesimo favore di pubblico e critica.

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    Philipe Daverio. Uomo coltissimo, fine e prodigo letterato a conoscenza di secoli di culturale da scrivere, fra le centinaia di suoi libri, un testo mirabile: <Racconto dell'arte Occidentale dai greci alla pop art, nel quale tornano molti dei propositi d'ispirazione a promuovere l'arte <<realista>> della Storia umana, il che traccia una linea unica attraverso oltre millenni di evoluzione del genere umano in Occidente. E così si potrebbe in modo provocatorio sostenere che la storia intera del nostro Occidente altro non sia che il grande peregrinare poetico.
     
    La cronaca del lungo incontro con il capolavoro. Vi si celebra la volontà di potenza dell'uomo moderno attraverso una forma che tende ad avvolgersi in un gorgo, modulandosi fino a farsi - non finta. Lo spazio si dissolve in un moto centripeto. Smarrite dentro un abisso celeste, affiorano le anatomie muscolose di un'umanità estrema, sulla soglia tra terrore e salvezza.
     
    La raccolta di testi che costituisce questo libro è un viaggio attraverso i secoli che intende fornire al lettore una serie di riflessioni su un vasto patrimonio comune, nato dalle ceneri del mondo antico e plasmato dalle nostre fortune come dai nostri conflitti.

    Storia di pace culturale e di guerre sanguinose sarà nei secoli quella dell'Europa. Si tratta del percorso d'un filo rosso che attraversa il suo divenire, che parte dal passato, e si pone oggi sul limite dei secoli non sapendo se si tratti del suo baratro definitivo o la fortuna d'una sua possibile e rinnovata centralità.

    Nel mondo attuale ogni cultura, ogni letteratura, ogni arte appartengono a una classe ben determinata e sono quindi vincolate a una determinata politica. L'arte per l'arte, l'arte al di sopra delle classi, l'arte al di fuori della politica e indipendente da essa in realtà non esiste.

    L'arte in Europa sempre fu politica, e a differenza di altre parti del mondo dove quest'arte appare talvolta ripetuta all'infinito, nel nostro Vecchio Continente si è evoluta al pari delle mutazioni nelle classi e nei ceti del potere, dalle democrazie antiche agli imperi, dalle società medievali spesso senza frontiere agli Stati moderni, trincerati nei loro singoli idiomi.

    Una certezza dunque rimane: noi europei siamo innegabilmente particolari, rissosi, diversi, ma drammaticamente collegati. Abbiamo in uso un medesimo alfabeto, chi con più lettere, chi con meno, chi con grafia latina, chi con quella greca evoluta fino a diventare, complicandosi nelle sue supreme eleganze.

    Abbiamo contaminato con le nostre migrazioni l'intero continente americano, che continua ad usare le nostre lingue, storpiandone semmai la grammatica e la pronuncia, per generare autentici capolavori letterari senza i quali il mondo innegabile appare più scialbo.

    Per capire la mutazione che portò dall'antico mondo a quello d'oggi, vi è un momento cruciale, quello nel quale sorge il pensiero dell'individuo singolo. Sosterrà infatti nella seconda metà del XIX secolo Gustave Flaubert: "Gli dei non essendoci più e il Cristo non ancora, vi fu, da Cicerone e Marco Aurelio, un momento unico nel quale fu solo l'uomo". Nei tempi correnti per assaporarne l'indomità attualità: non sono i fatti che turbano gli uomini, ma i giudizi che gli uomini formulano sui fatti", è una formula tuttora valida sia in politica, sia in casa, sia nei listini di borsa.

    Ed è in questo clima, in un percorso innegabilmente caotico, ma che al contempo sembra essere il fiume carsico della nostra cultura occidentale e ritrova pure un simbolo sacro nel primo Mazda zoroastrico, quello rappresentato dalla fiamma che arde.

    Sembra che di questa raffinata poesia dell'arte, esposta da Philippe Daverio, testimone d'una visione del mondo che appare, nella civiltà, perenne. I tanti temi artistici scandagliati da Philippe Daverio <<che lo spinge a navigare nei flutti della modernità e a farsi precursore e ispiratore di tendenze artistiche future>>. 
     
    La raccolta di testi che costituisce questo libro è un viaggio attraverso i secoli che intende fornire al lettore una serie di riflessioni su un vasto patrimonio comune, nato dalle ceneri del mondo antico e plasmato dalle nostre fortune come dai nostri conflitti.
     
    Si identifica con un linguaggio che potesse corrispondere agli stati d'animo, alle tragedie e ai dolori della contemporaneità. Nella varietà di esiti, linee, colori, forme e texture delle loro opere, scardinano i parametri estetici tradizionali, hanno dimostrato la possibilità di esprimere in modo nuovo i grandi temi e l'epica eterna dell'uomo. Inquietudine, forza, curiosità. Queste le caratteristiche che rendono ancora oggi uniche alcune immagini.
     
    Erotismo o solitudine, realtà o sogno, questi dipinti hanno i toni del mistero. 
     
    Il Rinascimento riletto in chiave storica. Siamo a cavallo tra '400 e '500, nel secolo delle grandi scoperte. Sono gli anni dei grandi viaggi, delle esplorazioni, delle conquiste nel nuovo mondo - quella dell'America è avvenuta nel 1492, - di intensi scambi di idee e di incredibili capolavori artistici. Il Rinascimento riletto in chiave storica, di uno dei momenti più floridi della storia dell'arte europea. 

    Erotismo o solitudine, realtà o sogno, questi dipinti hanno i toni del mistero. Sacra e profana, l'arte che fece grande la città dei Medici. Mostra che Firenze ha dedicato ai grandi protagonisti del Cinquecento, dove convivono in una sinfonia di colori, giochi d'ombra e di luce, arte sacra e profana, umanesimo e religione. L'arte, avvolge l'osservatore con accostamenti di artisti capaci di mettersi in gioco tra la vecchia e la nuova visione della natura.

    Quando furono create queste opere, gli artisti non sapevano che sarebbero durate fino ad oggi. Loro creavano senza sapere che proiettavano. Noi rileggendo vediamo all'indietro come in un cannocchiale rovesciato situazioni che mentalmente rielaboriamo. Immaginiamo quei personaggi alterando la situazione oggettiva nella quale l'artista li ha collocati.

    La letteratura dell'arte chiede una rielaborazione dell'immaginazione. Quando vediamo il giovanotto di Monet, non siamo costretti a immaginarlo perchè lui attraversa con un salto un secolo e mezzo e si presenta al nostro cospetto vivo e fresco. Solo la pittura passa talvolta attraverso la porta del tempo. Va detto che la pittura venne realizzata quando ha già incendiato l'Europa, ma l'Italia non è ancora intervenuta a raccogliere i frutti d'una malaugurata adesione tardiva, quella desiderata dagli stati maggiori e da tutti gli artisti intervenuti. Dalla guerra in poi il cromatismo allegro scompare in tutto l'Occidente e la stessa coscienza collettiva inizia a vedere il periodo come se provenisse da un film in bianco e nero, mescolando realtà e arte.
     
    Il maestro Philippe Daverio espone la grande rilevanza nazionale e internazionale alla preparazione della stessa del saggio:<<L'alchimia delle grazie.>> Il saggio è un progetto assolutamente originale, si pone come un satellite di riferimento e come collettore ai vari decenni trascorsi tra storia e arte.
     
    Il saggio, che vede un lungo lavoro di gestione e di preparazione racconta tante e divrerse storie intorno alla vita e alle opere di questi straordinari artisti che mutarono completamente il posizionamento culturale della nostra città nel Cinquecento e nei secoli a venire.
     
    Il saggio ha rivelato il critico Philippe Daverio, tende ad esaudire in uno spazio focale, quasi una porta iniziatica dell'arte, alchimia e storie che partendo dalle opere di artisti visionari, permetteranno di rivelare inaspettate connessioni, simboliche narrazioni e particolari visioni. E' una grande ambizione ne è un ambizione che ha fatto del nostro continente quella cosa particolare della quale abbiamo l'onore di essere eredi. Abbiamo l'onore e anche l'obbligo di trasmettere questa eredità, di farla fruttare, di trasformarla.

    "E' l'essere umano, nella sua essenza ontologica, a essere irrimediabilmente complicato e proprio per questo motivo così curiosamernte creativo e degno di nota."
    Philippe Daverio (1949-2020)
     
    Nel tentativo di delineare una panoramica più ampia riguardo al rapporto tra antico e contemporaneità  e riguardo alla relazione tra ricerca e spazio specifico con cui ogni artista si è trovato a lavorare. Di questa metodologia, intesa come l'intreccio tra azione e comunicazione, è stata e sarà la premessa per un proficuo scambio di idee.

    Le opere appartenenti alla contemporaneità costituiscono un ponte tra l'eredità culturale della città stessa e la sua naturale evoluzione nel tessuto sociale della quotidianità. Le opere di carattere contemporaneo collocate all'interno di un contesto storico e antico sottolinea la connessione e la relazione esistenti tra la tradizione dell'arte e l'arte più recente.

    E' indubbio come l'arte contemporanea sia da considerare come uno sviluppo e molte volte un rimando o una ripresa di elementi tipici del passato, essendone di questa la sua diretta evoluzione.

    "Come si può integrare oggi l'arte contemporanea all'interno degli spazi storici per la cultura e per l'arte; ovvero, può l'arte contemporanea integrarsi con l'arte del passato e se si in che modo?"
     
    Philippe Daverio nel suo saggio risponde che: Tendenzialmente no, l'arte di oggi non si integra perchè a meno che non si raggiungano livelli molto elevati di qualità. Sebbene molti confronti stridono, se si colloca in uno spazio antico un'opera contemporanea. L'arte è la conseguenza di un'epoca.

    "Cosa ne pensa del museo in quanto istituzione o del palazzo storico come contenitore di contemporaneità? Qual'è il rapporto esistente tra contemporaneità e tradizione?"
     
    La risposta di Philippe Daverio ha molte sfaccettature. Se per contemporaneità intendiamo il rapporto con la tradizione non esiste perchè anche il mondo critico che gli sta dietro non ha mai sentito parlare della storia. Se invece intendiamo il rapporto della contemporaneità con il passato nell'ambito di pensieri più articolati, allora è possibile.

    "Che interazione ha la sua ricerca curatoriale con gli ultimi spazi in cui ha lavorato? Che tipo di spazi erano? Secondo lei quanto può influire lo spazio scelto per l'allestimento di un lavoro?"
     
    Lo spazio precisa Pçhilippe Daverio è elemento fondamentale, non solo per l'arte contemporanea ma anche per le grandi tele dell'arte antica.

    "L'obiettivo finale del saggio è la realizzazione di un catalago virtuale per una (mostra inesistente). Come si pone, secondo Lei un approccio di questo tipo nei confronti della circolazione e della diffusione dei lavori dei giovani artisti?"
     
    Se ci riferiamo all'Italia non saprei dirlo, perchè è un paese poco generoso con l'arte oggi, non interessa a nessuno. Prendendo ad esempio l'estero, i giovani artisti hanno molte più possibilità di mostrare i loro lavori, essendo anche sostenuti da gallerie spesso emergenti.

    "Essendo la mostra (inesistente), per via della pandemia, si pone il problema della fugacità delle opere, che vengono alleviate solo per il tempo necessario ad uno scatto fotogtrafico. Viene quindi messo in discussione il tempo di fruizione dell'opera ed in particolare la relazione diretta tra opera e fruitore che, in questo tipo di allestimento, viene a mancare. Cosa ne pensa al riguardo? Nella storia dell'arte ci sono degli esempi che Lei, si ricorda di opere allestite solo per un breve istante, quasi fugace?"
     
    La pratica di allestimenti brevi è come già nell'antichitè, e talvolta può essere un'operazione divertente, ma la caratteristica di un allestimento effimero è che lascia comunque un ricordo trasversale e non preciso perchè essendo di breve durata, non può essere verificato in un secondo momento.

    Un tema storico quello dell'arte di grande rilievo in un ampio volume ricco di illustrazioni. Una narrazione scorrevole che raggiunge perfino la contemporaneità.
     
     

                    

     
     


 

lunedì 23 novembre 2020

POST - RACCONTO DELL'ARTE OCCIDENTALE by PHILIPPE DAVERIO - SOLFERINO EDITORE

"La cronaca del lungo incontro con il Capolavoro dell'Arte, il viaggio di Phippe Daverio è un'esperienza unica. Vertigine assoluta: faccia a faccia con il sublime. Potete osservare da ogni angolazione una tra le vette del <<pensiero in fuga>>. Sublime composizione corporea, architettonica e simbolica, si offrirà per quello che è: vertigine assoluta. Vi si celebra la volontà di potenza dell'uomo moderno attraverso una forma che tende ad avvolgersi in un gorgo, modulandosi fino a farsi-non finta. Lo spazio si dissolve in un moto centripeto. Smarrite dentro un abisso celeste, affiorano le anatomie muscolose di un'umanità estrema, sulla soglia tra terrore e salvezza."


Racconto dell’arte occidentale

di Philippe Daverio

SOLFERINO

  • Lingua Italiano
  • Pagine 432
  • Anno 2020
  • Collana Saggi
  • Formato Cartonato
  • Prezzo di copertina 29 Euro

 Il libro

“Questo libro è un viaggio attraverso i secoli che intende fornire al lettore una serie di riflessioni su un vasto patrimonio comune, nato dalle ceneri del mondo antico e plasmato dalle nostre fortune come dai nostri conflitti.” Da Giotto a Monet, passando per Raffaello, Michelangelo, Modigliani, Bernini, Van Eyck e molti altri.

Tremila anni di storia e di storie sull’arte raccontati da un maestro della divulgazione con l’ausilio di un ricco apparato di immagini. Philippe Daverio conferma il suo estro interpretativo e la sua abilità narrativa dando vita a un grande racconto della nostra cultura.

Dall’antica Grecia alla Pop art di Andy Warhol, il suo occhio critico ci accompagna in un affascinante percorso attraverso scultura, pittura e architettura in Italia e nel mondo alla riscoperta dei grandi maestri e dei loro segreti. Una vera e propria cavalcata d’autore a grandi tappe e ricca di aneddoti gustosi, confronti originali e sintesi illuminanti, nella grande storia della creatività dell’uomo.

 

sabato 21 novembre 2020

RECENSIONI - LESSICI FAMILIARI: Presento 5 libri: "CARISSIMI" by LETIZIA MURTORI (LA NAVE DI TESEO) - "SIGHT" by JESSIE GREENGRASS (BOMPIANI)- "LA MADRE AMERICANA" by LAURA LAURENZI (SOLFERINO) - "NON E' VERO CHE NON SIAMO STATI FELICI" by IRENE SALVATORI (BOLLATI BORINGHIERI) - "L'AMORE ALTROVE" by CYNTIA COLLU ( DEA PLANETA).

Ti sarai accorta che i romanzi sono un affare di famiglia. Descrivono un ventaglio di (ri)sentimenti, emozioni e freddezze e consente di tratteggiare e descrivere una quantità di caratteri: ci sono i padri naturali e quelli putativi, i padri padrone, i padri putativi, madre emancipate e matrigne affannate, figli dipendenti e genitori dipendenti.

Ma che cosa dicono queste storie <<familiari>>, del mondo di oggi dell'individuo e del romanzo contemporaneo?

Intanto, mettono in scena una <<famiglia allargata>>, in cui i personaggi legati a ruoli più tradizionali entrano in crisi tra matrigne, patrigni, sorellastre e fratellastri. Come per esempio nel romanzo Carissimi di Letizia Muratori (La nave di Teseo).

La protagonista Nurit sa fin da bambina di essere nata per inseminazione artificiale, figlia di Giorgio, e non di Piero che l'ha cresciuta. Appena diciott'enne si lancia alla scoperta del vero padre, ormai morto, e progetta di fare un film sulla sua vita, per farlo deve  conoscere la vedeva del padre, Franca, e i suoi figli legittimi, Giovanni ed Emanuele. Nurit riuscirà a girare il suo film e a capire qualcosa di più delle scelte dei padri. Ma la vedova Franca vivrà l'avvicinamento <<della figlia di quell'altra>> come un'attentato alla sua identità, addirittura alla sicurezza della casa. Il dramma arriva al punto di perquisire il figlio Giovanni, reo di simpatizzarecon l'altra famiglia.

Quando Fiovanni passava il fine settimana in casa del padre, Franca, fingendo di fargli il solletico, lo perquisiva. Le sue mani frugavano dappertutto. E una volta la sentì dire al padre: lei ci spia, usa il bambino, il bambino ha addosso cimici. A un certo punto, i suoi sospetti mutarono oggetto: Franca avvertiva strani fruscii al telefono. Letizia Muratori - Carissimi (La Nave di Teseo).

Altrettanto complessi sono i rapporti in Sight di Jessie Greengrass (Bompiani). 

 

Sight vuol dire <<vista>>, e sono i punti di vista, la forza narrativa di un libro che racconta la maturità di una donna attraverso il suo ricordo della madre scomparsa. Un rapporto che risulta però bloccato: la madre è prodiga di doni, complicità, espressione di affetto che accontentano la bimba ma la tengono a distanza di sicurezza. Anche quando la madre si ammalerà, i loro rapporti resteranno gelidi.

Durante le prima fasi del male credevo che a un  certo punto del dolore la barriera tra me e mia madre, ormai non più necessaria, si sarebbe sfondata e dalla breccia sarebbre sgorgata una verità di qualche tipo, in forma di rivolo o forse di una piena che travolge e purifica.  Jessie Greengrass - Sight (Bompiani, traduzione di Tommaso Pincio).

Una madre un pò distante, straniera fin dal titolo del romanzo, ma raccontata come un ciclone benefico, è La madre Americana di Laura Laurenti (Solferino). 

 

 Il lettore è trascinato nella vita dell'autrice da bambina e in quella del Paese nel dopoguerra. Questa madre è una soldatessa, e non solo perchè è ufficiale del Forest Parents Plan dell'esercito americano, attivo nell'assistenza dei bambini italiani orfani. E' una donna che vive in un turbine di incontri, di viaggi, di impegni: viaggia qua e là per soccorrere gli orfani, accompagna Gary Cooper nel suo Gran Tour Italiano, racconta gossip su Fiorello La Guardia. E il padre, per parte sua, non è da meno: legge alla bambina i racconti di Poe invece delle favole, si apparta con gli ambasciatori dursante le serate di gala, porta a cena Flaiano e Montale. C'è molta vivacità, ma anche qualche lontananza, che non nasce solo dalla morte prematura e improvvisa di questa madre, a cinquant'anni.

Mia madre si metteva in strada sempre prestissimo la mattina, quando d'inverno era ancora buio. Io e mio fratello facevamo colazione in silenzio, seduti al tavolo di marmo della cucina, spezzettando  e inzuppando decine di Oro Saiwa nelle nostre ciotole colme di orzo fumante, e poi ci preparavamo per andare a scuola. Senza dircelo pensavamo tutti e due alla stessa cosa. Ci interrogavamo muti sui bambini che nostra madre avrebbe incontrato quel giorno, in quali case, orfanotrofi, ospedali sarebbe andata a visitarli, che tipo di famiglia avevano alle spalle (...) Li avrebbe incontrati a uno a uno. Incontrati e aiutati, soccorsi, rassicurati, incoraggiati a studiare, forse accarezzati. Anche amati. Perchè l'amore non si divide, mamma ce l'aveva spiegato con chiarezza: l'amore si moltiplica, e dunque, a pensarci bene, non aveva senso essere gelosi dell'americana. Laura Laurenti - La madre americana (Solferino).

Concepito come una serie di lettere della protagonists alla mamma morta, il romanzo Non è vero che non siamo stati felici by Irene Salvatori (Bollati Boringhieri). 

Dà questa sensazione di obbligo e di rivincita più dal titolo. La protagonista affida all'epistolario tutto ciò che ha imparato a fare e a fare bene, e piano piano intorno alle sue lettere fiorisce la storia di una vita sempre un pò <<a confronto>>, più che <<in dialogo>>, con il fantasma materno.

Sono passati tanti anni, mamma, è stata una fatica, ma ho imparato anche a fare molte cose. Alcune sono cose piccole eppure è da lì che parte (...) Ho imparato a venire qui da sola, ma non so neanche bene quando ci sono arrivata, so che a un certo punto ho trovato anche quella chiave lì, quella che mi ha fatto capire che andava bene. Andava bene permetterselo. Fino ad allora mi sentivo in colpa di essere sola, sai. In colpa, fuori misura, sbagliata. Tutto quello che facevo aveva senso nel momento in cui lo facevo per qualcuno. Perchè te mamma cucinavi solo per te? Irene Salvatori - Non è vero che non siamo stati felici (Bollati Boringhieri).

Irrangiungibili, queste donne lo sono anche nella sofferenza: come il corpo enorme, sgraziato, ma anche potente, della madre nel romanzo L'amore altrove di Cyntia Collu (DeA Planeta). 

 

Una casalinga negli anni 80, vessata dal marito ubriacone e manesco, incapace di ribellarsi, però capace di accudirlo come un bambino quando lui si ammala o soffre, è un persona che sembra considerarsi provvisoria, marginale nella vita domestica. Estramea. E infatti la sua gioia, umilissima, è scovare e aggiustare piccoli giocattoli rotti, trovati nei rifiuti, al parco, nei cespugli. Appare e si sente perfino più straniera dell'americana di Laurenzi.

Mamma da sempre la ricordo enorme e goffa. Porta in giro il suo corpo con cautela, intimità, chiedendoci scusa per il troppo spazio che occupa. A volte, mentre passa, mi arriva forte l'odore della candeggina; emana dalla sua carne, la precede, la segue, le volteggia attorno in una danza protettrice. Le prime volte mi chiedevo come mai quell'odore fosse tanto forte, sembra quasi che lei ci faccia dentro il bagno.  Chyntia Collu - L'amore altrove (DeA Planeta).


giovedì 19 novembre 2020

RECENSIONE "HARVEY" by EMMA CLINE - EINAUDI

Dall'autrice del best seller Le ragazze

«Quello che mi interessa sono i momenti di umanità, banalità, noia delle figure oscure del nostro mondo. Il mio Harvey, ad esempio, è meschino nel modo in cui tutti noi siamo meschini».
 
Emma Cline
Harvey
EINAUDI
2020
Stile Libero Big
pp. 104 
€ 12,00 
Traduzione di
 
Il libro
 

Quando Harvey apre gli occhi sono le quattro del mattino. Solo, immobile, nella camera da letto di una casa in Connecticut, inizia a fissare il soffitto. Mancano ventiquattro ore al verdetto che potrebbe togliergli tutto. Ma l’Harvey Weinstein di Emma Cline non è il predatore feroce e minaccioso sbattuto sulle prime pagine dei giornali, bensí un uomo annoiato, impaurito, goffo, che scambia il vicino per il famoso scrittore Don DeLillo e si infastidisce per l’arrivo di figlia e nipote, alla cui visita avrebbe preferito un pomeriggio di serie tv. Con una voce narrante che segue Harvey in ogni momento, Cline irrompe nella cronaca, reinventa alcuni episodi e allude ad altri. Riuscendo, con maestria e formidabile finezza psicologica, a trasformare un celebre caso giudiziario in un racconto universale e senza tempo.

«La scrittura di Emma Cline è pura estasi».
The New York Times Book Review

«Cline ha il dono di guardare in modo nuovo, come un pittore, e vedere le cose meglio di quanto faccia la maggior parte di noi».
The New Yorker

Emma Cline 

Emma Cline è nata in California. Le ragazze, il suo primo romanzo (Einaudi 2016 e 2017), è stato un successo di critica e vendite in tutto il mondo. Sempre per Einaudi ha pubblicato Harvey (2020).

Altri libri di
 
EMMA CLINE
LE RAGAZZE 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

RECENSIONE 
 
 
Questa tragedia lascia senza parole. L'incapacità di far fronte alle continue pressioni della società? Oppure l'ultimo atto di quest'uomo è legato meno al destino individuale e più alla tragica esperienza dell'umanità in un distopico ma prossimo futuro.

E se il tempo scorresse diversamente, sarebbe possibile tornare indietro?

Si può solo speculare sul passato e sui motivi che hanno indotto questo uomo ad una sorte avversa. Osservare i suoi ultimi gesti, il tentativo di mantenere una certa normalità. Un momento di determinazione, poi l'esitazione. Una volontà di vivere ridotta al silenzio, il panico improvviso di fronte ad un evento sconvolgente. La violenza della storia che si estende nel presente.

Questo legame rappresenta una sorta di fuga dalle circostanze che il protagonista non può più sopportare, che sembrano totalitarie per la sua vita, in cui i suoi desideri e le sue idee non contano più.
 
Il problema della violenza, ovunque appaia nella Storia, è che il protagonista è intrappolato dalle circostanze. Possiamo <<rimodellare>> il mondo solo collettivamente. La trama del romanzo di Emma Cline, sembra essere fuori dal tempo, oppure svolgersi contemporaneamente nel presente, nel futuro e nel passato. Eppure, sì, riguarda la Storia. Ed esplora anche in quale misura accettiamo le circostanze in cui viviamo, condizionati dalla nostra storia, in quanto tali o come cerchiamo di rimodellarle. Soprattutto nell'attuale crisi, il sentimento di impotenza, e al tempo stesso di trasformare la società, è onnipresente.

L'ineluttabilità di un'azione terribile è uno dei punti centrali del romanzo. Il lettore sa sin dall'inizio la conclusione della Storia. parliamo anche dell'immutabilità della Storia, nel corso degli eventi che hanno segnato la vita del protagonista. 

Del senso di accettazione e di impotenza che, di fronte a ciò, proviamo. C'è una narrazione definita che dobbiamo ripetere più e più volte? Certe persone sono vittime perpetue? O si può rompere il cerchio. E' possibile prendere qualcosa che è stato tramandato come base per la costruzione dei nostri giorni e semplicemente interromperlo, per giungere a una visione completamente nuova del presente?

 

 

 

 

martedì 17 novembre 2020

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE "SPILLOVER" by DAVID QUAMMEN -- ADELHI

La Biblioteca di Katia: RECENSIONE "SPILLOVER" by DAVID QUAMMEN -- ADELHI:   David Quammen Spillover ADELPHI  La collana dei casi , 103 2014,  pp. 608,  € 29,00     Og...

RECENSIONE "SPILLOVER" by DAVID QUAMMEN -- ADELHI

 


David Quammen

Spillover

ADELPHI 

2014, 
pp. 608, 
€ 29,00
 
 
Traduzione di Luigi Civalleri
 
Traduzione di Luigi Civalleri

 RECENSIONE

 

David Quammen è divulgatore scientifico più letto e ascoltato del momento. Nel 2012 ha scritto un saggio narrativo, pubblicato dopo due anni da Adelphi in Italia, che anticipa esattamente quello che sta succedendo con la pandemia di Covid-19. Si intitola <<Spillover>>. Spillover è il termine che indica il salto di specie di un patogeno. E' una parola del futuro, destinata a diventare comune nel nostro vocabolario.

A chi gli chiede come abbia fatto a prevedere tutto questo molto tempo fa, David Quammen risponde: <<Nessuna profezia, ho solo scritto quello che scienziati lungimiranti avevano annunciato>>. Vale a dire l'epidemia più diffusa dell'ultimo mezzo secolo, la pandemia da coronavirus Sars-Cov-2 (Covid-19 è il termine che indica la malattia respiratoria) che sta riscrivendo priorità e agende del nostro mondo. Difficile dire se la risposta sia più logica o più allarmante.

Quammen ha trascorso buona parte della sua vita seguendo in giro per il mondo quelli che lui chiama <<i cacciatori di virus>>. A loro, a chi spende la vita a studiare natura e diffusione dei patogeni, nel 2012 ha dedicato spillover, il saggio narrativo pubblicato da Adelphi nel 2014, che ha descritto in dettaglio cause e modalità dell'emergenza sanitaria attuale. 

Nell'uso corrente in ecologia ed epidemiologia, il termine spillover, indica il momento in cui un patogeno passa da una specie ospite a un'altra, per esempio quando un virus animale diventa a trasmissione interumana. Lo spillover porta all'emergenza quando un patogeno che ha infettato qualche individuo di una nuova specie ospite trova condizioni favorevoli e si propaga tra i suoi membri. La cosiddetta <<spagnola>> del 1918 arriva da uno spillover, così come l'ebola e l'aids. O come tutti i tipi di influenza umana, compresi i coronavirus vecchi, il nuovo e i prossimi.

Sì, proprio così, i prossimi, perchè la cosa più allarmante non è tanto che nel suo libro Quammen descriva la Terra come un pianeta denso di microscopiche minacce per l'uomo. E' che lo spillover abbia i tratti di <<una parola del futuro, destinata a diventare assai più comune nel corso di questo secolo>>.

In <<Spillover>> Quammen scrive che <<siamo una specie animale legata in modo indissolubile alle altre, nelle nostre origini, nell'evoluzione, nella salute e nella malattia>>. Il virus lo sta tragicamente confermando. Eppure più che una risposta univoca, sembra chre i governi stiano trovando, anche nell'emergenza, ulteriori elementi di contrasto. 

Gli approcci con cui si sta affrontando la pandemia sono diversi: si va dalle soluzioni <<tecnologiche>>, alle <<chiusure>> Ialia in testa. Tempo fa il <<Guardian>> ha pubblicato un documento riservato del Public Health England secondo il quale la crisi durerà fino alla primavera 2021. Quando tutto questo finirà davvero? La risposta di Quammen è molto vaga. Nessuno lo sa: non siamo in grado di conoscere in anticipo cosa faranno le persone nè come si comporterà il virus. Dobbiamo essere pronti al peggio e sperare per il meglio.

Viene da domandarsi: Che cosa sta insegnandoci, o che cosa dovrebbe insegnarci, come specie, come essere umani, questa pandemia? Alla domanda Quammen risponde: nessun uomo, nessuna donna, nessuno si salva da solo. Siamo tutti connessi dalla storia evolutiva e dal nostro dover coesistere su un pianeta così piccolo. Condividiamo spazi, risorse, e a volte può capitare, anche i virus. 

Tuttavia, aggiunge Quammen, noi esseri umani siamo fortunati, poichè dominiamo il pianeta e possiamo contare su un'intelligenza e una capacità di adattamento speciali. E' giunto il momento di ritrovare l'umiltà e capire come trattare con il massimo rispetto il resto del mondo vivente.

giovedì 12 novembre 2020

RECENSIONI DI: L'ATTRICE by ANNE ENRIGHT - LA NAVE DI TESEO --- LA VEGLIA by ANNE ENRIGHT -- BOMPIANI --- LUMINOSA by GILDA MANSO --- WOITEK EDITORE

 

L’attrice

Anne Enright

La Nave di Teseo 

(3 settembre 2020)

223 pagine

Euro 19,00 

Il libro

Katherine O’Dell è una leggenda del teatro irlandese. Sua figlia Norah, nel corso di un’intervista, inizia a tratteggiarne un ritratto, rievocando la figura magnetica e ingombrante della madre. Katherine aveva conosciuto il teatro seguendo la compagnia di cui faceva parte il padre per poi approdare a Londra, Broadway e, infine, Hollywood in un’ascesa fulminea e inarrestabile. Ma il successo, arrivato così rapidamente, altrettanto velocemente la abbandona. Per lei, abituata ai riflettori e alle attenzioni della gente, è un duro colpo che la porta a distaccarsi dalla realtà, in un crescendo di follia che le fa compiere un bizzarro crimine. Raccontando la diva Katherine O’Dell, Norah svela anche la sua storia: il loro rapporto difficile ma forte, i litigi e i chiarimenti, l’atmosfera dell’Irlanda degli anni settanta in cui è cresciuta. Un flusso di coscienza che mischia nostalgia e disincanto, tenerezza e dolore tra il suo dover essere figlia e il voler essere se stessa.
Anne Enright costruisce il ritratto raffinato e commovente di due donne allo specchio, due generazioni femminili alle prese con la libertà, il desiderio sessuale, la fragilità, la ricerca della fama, il bisogno dell’amore.

 


LA VEGLIA

ANNE ENRIGHT

BOMPIANI (3 settembre 2008)

289 pagine

Euro 18,00

 

Il libro

Veronica Hegarty fa parte di una famiglia cattolica irlandese. Ha un marito, due figlie di otto e sei anni, una madre settantenne e ben otto fra fratelli e sorelle. Quando il corpo di Liam, il fratello che Veronica sente più vicino, viene ritrovato nei pressi di Brighton, la donna vuole, a ogni costo, capire cosa abbia spezzato la vita del fratello più amato. Non basta, dunque, organizzare il funerale e assolvere ai doveri di circostanza di una famiglia tradizionale e molto numerosa. Intraprende così un viaggio nel suo passato e in quello dei suoi cari, andando a fondo delle proprie paure sessuali, delle proprie ossessioni, dei segreti che popolano il suo passato e quello di Liam.

 

Anne Enright


Anne Enright è nata a Dublino nel 1962 ed è producer e regista televisiva. Ha pubblicato due raccolte di racconti, un saggio e cinque romanzi, tra cui La veglia, che ha ottenuto i premi "Irish Novel of the Year", "Irish Fiction Award" e il "Man Booker Prize 2007". Nel 2015 è stata nominata Laureate for Irish Fiction. Ha pubblicato inoltre: Il piacere di Eliza Lynch, Il valzer dimenticato, Fare figli inciampando nella maternità e La strada verde.

 

 

 

 

 

 


LUMINOSA

GILDA MANSO 

Editore : Wojtek (16 settembre 2020)

A. Di Nobile (Traduttore)  

Categorie: , ,  

120 pagine 

14.00

 

Il libro  

Fausta viene svegliata all’alba da tre squilli del telefono. Riceve una chiamata, una chiamata per lei: è un imprevisto, uno shock, ed è un dono. Davanti alla sua porta c’è qualcosa di completamente inatteso, una sfida e un’opportunità precise: sarai madre, Fausta, qui e ora. La prosa misurata – puntale, densa e ironica – di Gilda Manso indaga, in Luminosa, il senso delle scelte di un individuo, delle illusioni, dei fallimenti e degli entusiasmi fino al picco del percorso: l’accettazione senza riserve del proprio desiderio.

Traduzione e postfazione di Antonella Di Nobile.

 

BIOGRAFIA DI GILDA MANSO


Gilda Manso ( Buenos Aires, 1983) è scrittrice e giornalista. È autrice di varie raccolte di racconti e romanzi, tra cui Matrioska (2010) e Luminosa (2016). In Italia Edizioni Arcoiris ha tradotto il suo romanzo Verme (2018).

 

 

 

RASSEGNA STAMPA

Recensione, “Luminosa”, di Gabriele Ottaviani, Convenzionali, 11 Settembre 2020

Recensione, “Luminosa, una storia sulla maternità improvvisa”, di Antonella di Nobile, Lettoriforty, 16 settembre 2020

RECENSIONI
 

Come nel romanzo La veglia, vincitore del Man Booker Prize nel 2007, anche in questo nuovo romanzo: L'attrice, Anne Enright mette a confronto un vivente con una creatura che non c'è più, il "cenere muto", per usare la bella e precisa espressione foscoliana, perchè appunto chi vive, se rivolge l'anima e il pensiero a chi più non vive, ha prima di tutto a che fare con il silenzio.

In La veglia, una sorella di fronte al suicidio del fratello s'interroga sulla vita di lui e sulla propria. Qui è una figlia, molti anni dopo la morte della madre, che ne ricostruisce la storia spinta dalla curiosità altrui, in particolare quella di una giovane ricercatrice che vuole scrivere un tesi. Perchè la madre che non c'è più era un'attrice, anzi per un certo periodo una diva: nata a Londra, scappata con i genitori irlandesi teatranti nella neutrale Irlanda mentre sulla città cadevano le bombe naziste, rifugiata e poi rapita dal fluttuante mondo del teatro, aveva debuttato sul palcoscenico londinesi per essere in seguito scoperta da Hollywood in un tripudio di celebrità che, per quanto momentaneo, l'aveva trasformata in una vera star.

Questi i tratti curriculari di Katherine O'Dell, l'attrice, come appaiono al mondo, per giunta corredati da un finale tenebroso che ben si addice a una diva del suo tempo: un colpo di pistola a un produttore (non per ragioni di sesso, almeno così pare), seguito dall'internamento in un ospedale psichiatrico e dal venir meno della realtà del circostante mondo.

Ma com'era davvero la grande attrice?

Glielo chiedono un pò tutti, la figlia, anche la ricercatrice che è molto interessata, dice, allo <<stile sessuale>> della signora. Ovviamente sono domande che a Norah danno sui nervi, ma poi fatalmente finiscono per irretirla, e anche lei, che ora ha cinquantotto anni, l'età che aveva sua madre quando è morta, sente che deve interrogare quell'ombra e dunque i ricordi e persino gli oggetti, i luoghi, le sceneggiature e tutto ciò che può parlare di lei.

In realtà questo materiale, che oscilla tra il contenuto della mente e quello dei cassetti e degli archivi, non restituisce una figura intera: restituisce un insieme di vuoti, di labili tracce contraddittorie, di zone di frontiera in cui Norah non sa distinguere l'attrice dalla madre e la madre dall'attrice. Ed è proprio in questo confine insidioso che Anne Enright, costruisce la storia di un rapporto asimmetrico, sghembo, incoerente come è sempre quello di una madre e di un figlio o figlia. Perchè, sembra suggerire questo intenso romanzo col suo tono un pò nevrotico un pò confidenziale, una madre è sempre un pò un'attrice.

Norah sa molto dell'abitudine di sua madre, il modo in cui sbocconcella i toast, i suoi gesti in fatto di abbigliamento, le trenta sigarette fumate al giorno, la simpatia per l'alcool, il talento in scena e certi misteriosi amori che un pò intravede e un pò le vengono celati. Ma tante cose importanti non le sa: non sa chi era suo padre, e le versioni della sua nascita che le dà la madre sfumano nel leggendario; non sa perchè la madre è andata a sparare a quel produttore colpevole di averle rifiutato una sceneggiatura.

La incalzante ma confusa, incerta indagine retrospettiva della figlia sulla quale Enright edifica il suo racconto è coinvolgente e in fondo che Katherine O'Dell sia stata una star e dopo una stella caduta, man mano che si procede nella lettura importa poco: quello che il romanzo mette in scena è il mistero della maternità, il fatto che una madre prima di essere tale è una donna, che questa donna non coincide in tutto e per tutto col suo essere madre, e che per suo figlio, per una figlia in particolare, quella parte che non coincide è destinata a rimanere per sempre estranea, sconosciuta, invisibile come le cose che stanno troppo vicino agli occhi.

Malgrado tutte le retoriche sulla maternità, quelle edulcorate di ieri e quelle progressiste di oggi. Il modo che unisce ma non identifica una donna alla maternità è al centro di un altro romanzo appena pubblicato.

Luminosa, di una giovane autrice argentina, Gilda Manso. La breve storia, un pò favola mistica un pò thriller, squaderna una serie di modi che sono tematiche brucianti del nostro tempo. Una mattina prima dell'alba una signora quarantenne di una cittadina vicino Buenos Aires, Fausta, svegliata da una scampanellata trova davanti alla porta di casa un pacco. E' un pacco speciale: una bambina di pochi mesi, con qualche oggetto di corredo e una lettera di accompagnamento in cui una ignota madre biologica esorta la donna a tenersi quel pacco, a farsi cioè madre di quella creatura sconosciuta. 

Si potrebbe pensare, di fronte all'ovvio stupore che l'avvenimento le provoca, che Fausta non sappia cosa fare. Invece lo sa benissimo, e qui entra in gioco la sua storia, cioè quella parte di lei che madre non è, che è il vero cuore del racconto. E' una storia oggi, comune a tante donne: un fidanzamento tutto in gioventù non sentendosi ancora pronta al matrimonio e ai figli, poi ancora un rinvio per l'impegno nel lavoro, infine, ormai quarantenne e con un improvviso, inarrestabile desiderio di maternità, la frustazione di dolorosi fallimenti e di una diagnosi di impossibilità dopo vari tentativi di fecondazione assistita. 

Quella bambina impacchettata sulla porta di casa è un'apparizione angelica alla quale Fausta per nulla al mondo vorrà rinunciare, malgrado non sia pronta, malgrado nessuna gravidanza biologica, o quella gravidanza burocratica che un'adozione comporta, l'abbia preparata a diventare madre.

 

 

mercoledì 11 novembre 2020

RECENSIONE "L'ARTE DI CORRERE" by MURAKAMI HARUKI - EINAUDI SUPER ET

 


L’arte di correre
EINAUDI
2013
Super ET
pp. 160
€ 11,00
Traduzione di
  • Antonietta Pastore 
  •  «Come in tutti i libri di Murakami, la voce narrante convince per schiettezza e vivacità, e una volta conclusa la lettura si resta incantati dalla sua grazia semplice e genuina».

    «The Observer»
     
  • Il libro

    Murakami Haruki in uniform edition Super ET, con le copertine di Noma Bar.

    ***

    Una riflessione sul talento, sulla creatività e piú in generale sulla condizione umana; l’autoritratto di uno scrittore-maratoneta, di un uomo di straordinaria determinazione, di profonda consapevolezza – dei propri limiti come delle proprie capacità -, di maniacale disciplina nel sottoporre il proprio fisico al duro esercizio della corsa; e non da ultimo la sorpresa di scoprire che un autore celebrato per la potenza della sua fantasia sia in realtà una natura estremamente metodica, ordinata, agli antipodi dello stereotipo dell’artista tutto «genio e sregolatezza».

    Murakami Haruki


    Murakami Haruki
    è nato a Kyoto nel 1949 ed è cresciuto a Kobe. È autore di molti romanzi, racconti e saggi e ha tradotto in giapponese autori americani come Fitzgerald, Carver, Capote, Salinger. Con La fine del mondo e il paese delle meraviglie Murakami ha vinto in Giappone il Premio Tanizaki. Einaudi ha pubblicato Dance Dance Dance, La ragazza dello Sputnik, Underground, Tutti i figli di Dio danzano, Norwegian Wood (Tokyo Blues), L'uccello che girava le Viti del Mondo, La fine del mondo e il paese delle meraviglie, Kafka sulla spiaggia, After Dark, L'elefante scomparso e altri racconti, L'arte di correre, Nel segno della pecora, I salici ciechi e la donna addormentata, 1Q84, A sud del confine, a ovest del sole, Ritratti in jazz (con le illustrazioni di Wada Makoto), L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, Sonno, Uomini senza donne, La strana biblioteca (con le illustrazioni di Lorenzo Ceccotti), Vento & Flipper, Gli assalti alle panetterie (illustrato da Igort), Il mestiere dello scrittore, Ranocchio salva Tokyo (con le illustrazioni di Lorenzo Ceccotti), L'assassinio del Commendatore. Libro primo e L'assassino del commendatore. Libro secondo. Einaudi ha anche pubblicato in uniform edition nei Super ET, con le copertine di Noma Bar: L'arte di correre, L'elefante scomparso, L'uccello che girava le Viti del Mondo, Norwegian Wood, Dance Dance Dance, La ragazza dello Sputnik, Nel segno della pecora, Kafka sulla spiaggia, I salici ciechi e la donna addormentata, La fine del mondo e il paese delle meraviglie, Tutti i figli di Dio danzano, After Dark, Underground, A sud del confine, a ovest del sole, Uomini senza donne, L'incolore Tazaki Tsukuru e i suoi anni di pellegrinaggio, Vento & Flipper, Il mestiere dello scrittore e, con Ozawa Seiji, Assolutamente musica.

    ***

    «Amo la cultura pop: i Rolling Stones, i Doors, David Lynch, questo genere di cose. Non mi piace ciò che è elitario. Amo i film del terrore, Stephen King, Raymond Chandler, e i polizieschi. Ma non è questo ciò che voglio scrivere. Quello che voglio fare è usarne le strutture, non il contenuto. Mi piace mettere i miei contenuti in queste strutture. Questa è la mia via, il mio stile. Perciò non piaccio né agli scrittori di consumo né ai letterati seri. lo sono a metà strada, e cerco di fare qualcosa di nuovo. [...] Scrivo storie strane, bizzarre. Non so perché mi piaccia tanto tutto ciò che è strano. In realtà, sono un uomo molto razionale. Non credo alla New Age, né alla reincarnazione, ai sogni, ai tarocchi, all'oroscopo. [...] Ma quando scrivo, scrivo cose bizzarre. Non so perché. Piú sono serio, piú divento balzano e contorto».
    Murakami Haruki «The Salon Magazine», 16-12-1997

    ***

    Fin dal suo primo romanzo, Ascolta la canzone del vento, del 1979, Murakami si è imposto sulla scena letteraria giapponese come uno scrittore di primo piano che non sembrava appartenere alla tradizione nipponica. I suoi scenari metropolitani e i riferimenti alla cultura popolare occidentale (da Michel Polnareff ai Beach Boys, dai film di Peckinpah a Jean Seberg), perfino la forma della scrittura, debitrice a Fitzgerald e a Capote, piú che a Kawabata o Tanizaki, proiettavano la letteratura giapponese in spazi nuovi e inattesi. L'influenza della cultura occidentale su uno scrittore giapponese nato nel 1949 non era certo cosí sorprendente di per sé, anzi rispecchiava una formazione comune a un'intera generazione di giovani; ma era la prima volta che queste atmosfere venivano rappresentate nell'ambito della letteratura «alta». Alla sua attività ricca e costante di narratore e saggista, Murakami ha affiancato il lavoro di traduzione letteraria facendo conoscere in Giappone l'opera completa di Raymond Carver, oltre a numerosi racconti e romanzi di Francis Scott Fitzgerald, Truman Capote, Tim O'Brien, John Irving.

    RECENSIONE 

    Dalla lotta fatta di doveri, codici e imposizioni si è arrivati oggi, a un io fragile, indifeso, narcisistico. La lotta è quella che ciascuno combatte, fin dall'infanzia, per costruire se stesso confrontandosi con gli altri e con il mondo. Essa comporta inevitabilmente, l'obbligo di sottomettersi a una dura disciplina, fatta di doveri, codici di condotta e modi <<appropriati>>, di pensare e sentire, dapprima imposti dall'esterno e poi interiorizzati e rielaborati.

    La vittoria su se stessi, ammesso che si consegna, non è mai, tuttavia, completa e definitiva. Implica un aspro conflitto che scinde la volontà, opponendo una parte di noi che cerca di prevalere a un'altra riluttante a piegarsi e sempre pronta a ribellarsi o a negoziare compromessi al ribasso.

    Ogni persona porta in sè le ferite e le cicatrici di questa guerra per distaccarsi dalla propria vita meramente biologica. Nello stesso tempo, tenta di emendarsi da idee e forme di condotta riprovevoli in modo da conquistare una sempre maggiore autonomia.

    In tale confronto l'individuo, rischiando di logorarsi e di perdersi, avverte la tentazione di lasciarsi andare, di abbandonare nell'arena del conflitto, di cedere al desiderio di irresponsabilità o di dare retta ai richiami della nostalgia, che lo invita a mettere indietro l'orologio della propria storia e ad abbandonare la battaglia.

    Troppe appaiono le <<spine>> che i comandi e gli obblighi hanno conficcato nella sua carne, troppi gli insuccessi e le inadeguatezze cui è andata incontro. Tra gli innumerevoli paradigmi predisposti nel tempo e nello spazio, ho deciso di esaminarne soltanto due, quelli canonici di cui - mediante molteplici filtri e ibridazioni - siamo noi stessi gli eredi. Entrambi si basano sulla metafora sportiva della corsa, declinata, in modi sostanzialmente diversi.

    Non si tratta più, come nella filosofia degli storici e degli epicurei, di conseguire la tranquillità dell'animo, di giungere a posizioni contemplative di equilibrio statico, ma di raggiungere un piacere e una felicità che nascono da un incessante movimento: nel non fermarsi mai e nell'avanzare sempre: <<La felicità è un continuo progredire del desiderio da un oggetto a un altro, non essendo il conseguimento del primo che la vita verso quello che viene dopo>>. O in maniera più incisiva, la felicità è <<un progredire che incontra un minimo di impedimenti al conseguimento di fini sempre più avanzati (ad fnes semper ulteriores minime impedita progressio).

    Giungendo velocemente all'oggi e trascurando per ovvia brevità i passaggi riguardanti gli articolati processi e le molteplici teorie della conquista del Sè, attraverso un severo confronto, è giusto dire che la nostra civiltà procede in questo periodo verso l'attenuazione o, addirittura, verso l'elusione dei conflitti volti a ricomporre la personalità di ciascuno?

    E ch la corsa, se si affronta, ha per meta, soprattutto, l'avanzamento di carriera e di <<tramonto dell'Occidente? Ci siamo realmente "sdraiati"? Forse in questa fase storica, crediamo di avere meno bisogno di sforzarci e di ingaggiare una guerra contro noi stessi perchè godiamo, in diversa misura, della maggiore rendita di posizione accumulata negli ultimi cinque secoli di dominio del globo, di maggiore ricchezza e libertà nei confronti di paesi che devono colmare il divario.

    Eppure, nascondendo i conflitti, gloriandoci pigramente del fatto di essere "liquidi" e "plasmabili", indebolendo la lotta per auto-sovvertirci, come potremo reggere - perfino sul piano culturale - nel mondo globalizzato e nelle economie di mercato di un lontano futuro, alla sfida di una concorrenza aggressiva e spietata?