martedì 30 maggio 2023

RECENSIONE " DOVE NON MI HAI PORTATA" DI MARIA GRAZIA CALANDRONE - EINAUDI - PREMIO STREGA 2023

Premio Strega 2023
«Dove non mi hai portata» di Maria Grazia Calandrone nella dozzina

 Mia madre, un caso di cronaca

 MARIA GRAZIA CALANDRONE

'DOVE NON MI HAI PORTATA

EINAUDI

pp. 250 - 19,50 euro

1965. Un uomo e una donna, dopo aver abbandonato nel parco di Villa Borghese la figlia di otto mesi, compiono un gesto estremo.
2021. Quella bambina abbandonata era Maria Grazia Calandrone. Decisa a scoprire la verità, torna nei luoghi in cui sua madre ha vissuto, sofferto, lavorato e amato. E indagando sul passato illumina di una luce nuova la sua vita.

Dove non mi hai portata è un libro intimo eppure pubblico, profondamente emozionante e insieme lucidissimo. Attraversando lo specchio del tempo, racconta una scheggia di storia d'Italia e le vite interrotte delle donne. Ma è anche un'indagine sentimentale che non lascia scampo a nessuno, neppure a chi legge.


Il libro 

Quando Lucia e Giuseppe arrivano a Roma è l’estate del 1965. Hanno con sé la figlia di otto mesi, sono innamorati, ma non riescono a liberarsi dall’inquietudine che prova chi è braccato. Perché Lucia è fuggita da un marito violento che era stata costretta a sposare e che la umiliava ogni giorno, e ha tentato di costruirsi una nuova vita proprio insieme a Giuseppe. Per la legge dell’epoca, però, la donna si è macchiata di gravi reati: relazione adulterina e abbandono del tetto coniugale. Prima di scivolare nelle acque del Tevere in circostanze misteriose, la coppia lascia la bambina su un prato di Villa Borghese, confidando nel fatto che qualcuno si prenderà cura di lei. Piú di cinquant’anni dopo quella bambina, a sua volta diventata madre, si mette in viaggio per ricostruire quello che è davvero successo ai suoi genitori.
Come una detective, Maria Grazia Calandrone ricostruisce la sequenza dei movimenti di Lucia e Giuseppe, enumera gli oggetti abbandonati dietro di loro, s’informa sul tempo che impiega un corpo per morire in acqua e sul funzionamento delle poste nel 1965, per capire quando e dove i suoi genitori abbiano spedito la lettera a «l’Unità» in cui spiegavano con poche parole il loro gesto.
Dopo Splendi come vita, in cui l’autrice affrontava il difficile rapporto con la madre adottiva, Dove non mi hai portata esplora un nodo se possibile ancora piú intimo e complesso. Indagando la storia dei genitori grazie agli articoli di cronaca dell’epoca, Calandrone fa emergere il ritratto di un’Italia stanca di guerra ma non di regole coercitive. Un Paese che ha spinto una donna forte e vitale a sentirsi smarrita e senza vie di fuga. Fino a pagare con la vita la sua scelta d’amore.

RECENSIONE

''Scrivo questo libro perché mia madre diventi reale'' afferma sin dall'inizio Maria Grazia Calandrone, spiegando di aver esplorato ''un metodo per chi ha perduto la sua origine, un sistema matematico di sentimento e pensiero, così intero da rianimare un corpo, caldo come la terra d'estate, e altrettanto coerente''. 


    L'autrice e oggi nota poetessa la madre, Lucia Galante, non la ha mai praticamente conosciuta, essendo quella bambina che il 24 giugno 1965 fu abbandonata a otto mesi dietro i cancelli di Villa Borghese a Piazzale Flaminio. Una storia che finì per giorni su tutti i giornali col ritrovamento della madre nemmeno trentenne e il padre biologico, Giuseppe Di Pietro, annegati nel Tevere, suicidi, dopo aver imbucato una lettera per 'L'Unità' in cui spiegavano chi era la bambina e che si chiamava Maria Grazia Greco.

    Per arrivare a scrivere questo libro, frutto di una lunga indagine, di ricerca di testimoni, di documenti di archivio, nel tentativo di ricostruire con minuzia e cercar di capire vite precedenti e mosse e motivi di quei gesti estremi. Prima ecco quindi l'Italia provinciale, contadina e perbenista degli anni '50 nelle campagne del Molise e lo svolgersi di una storia al femminile, di pregiudizi e amore, sino alla fine, che è tutta in quella dichiarazione: ''Vengo a te dove non mi hai portata, nella morte'', non tirandosi indietro davanti a nulla, nemmeno lo studio dei cadaveri degli annegati, per trovare qualcosa che la aiuti a spiegare modalità e ragioni. 

    Non si pensi però a un giallo dai risvolti neri, che questo è tutt'altro, è un gesto d'amore e di cui si avverte la necessità e che per poter essere espresso ha dovuto aspettare cinquant'anni, raccontando come un romanzo la vita di Lucia, innamorata di Tonino, ma data sposa a un contadino grazie a un suo campo confinante, Luigi Greco detto Centolire, che non la toccherà mai, che la picchia, la umilia, non le dà da mangiare e la usa come serva. ''Io credo questa povera ragazza ha sofferto tantissimo. E che le sue sofferenze sono servite a darti tanto onore a te'', come dice una vecchia del paese, Palata in provincia di Campobasso, rintracciata dalla Calandrone.

    Un romanzo anche quindi di denuncia della condizione femminile in quegli anni, violentata e umiliata, che aiuta a capire. Lucia poi incontrerà Giuseppe, operaio di cui si innamora e col quale, per cercar di trovare un po' di libertà, letteralmente fugge al nord, a Milano, quella agra di Bianciardi, dove comunque arriva la denuncia per adulterio, secondo le leggi sulla famiglia allora ancora in vigore, e le difficoltà economiche e di lavoro si fanno molto pesanti. Le aggrava la nascita della figlia Maria Grazia, che prende il cognome non di Di Pietro, il vero padre, ma Greco, quello del marito della mamma, che scriverà un'aspra, terribile lettera per disconoscere quella paternità. Prendono allora il sopravvento vergogna, sensi di colpa e ''condizioni disperate'': ''Non ho scelto altro che la strada di lasciare mia figlia alla compassione di tutti'', come si legge nell'ultima lettera. 


    ''Vengo a prenderti, adesso che ho il doppio dei tuoi anni e ti guardo, da una vita che forse hai immaginato per me. Adesso vengo a prenderti e ti porto via. Lucia, dammi la mano'', scrive Calandrone e questo ritrovarsi, tutta la storia è narrata appunto come una scoperta di cui il lettore diventa partecipe, grazie a una scrittura alta, vera, priva di sentimentalismi, tesa e intensa, lucida e emotiva tanto che, quando il dolore del dire, il riferire si fa indicibile, si fa lirica e, in alcuni punti, il coinvolgimento si scioglie proprio in versi, acquistando l'immediatezza, la forza antiretorica e la profondità della poesia. ''Ci sono io che dal futuro ti guardo / calarti piano in quello specchio atomico / in quella fine del mondo, e ti guardo / e ti lascio / libera, ti lascio / e, per me, prendo solo da chiarire / la solitudine della tua materia / disabitata. / Siamo dentro una vasca di luce. Ogni passo che faccio verso di te fa un rumore subacqueo''.

    Questo ''Dove non mi hai mai portata'' è una riconciliazione con la figura della madre, che arriva due anni dopo la poetica scrittura in prosa di ''Splendi come vita'' sul rapporto, non facile, tanto da finire infranto e vissuto con dolore sino alla catarsi finale, con la madre adottiva. A proposito Calandrone spiegava: ''Chi scrive rivede oggi la madre con gli occhi di una donna adulta, non più solo come la propria madre, ma come una donna a sua volta adulta, con la sua storia e i suoi propri dolori e gioie. Quando si smette di vedere la propria madre esclusivamente come la propria madre, la si può finalmente 'vedere' come essere separato, autonomo e, per ciò, tanto più amabile''.

RECENSIONE "IL FRUTTETO" DI DAVID HOPEN - NUTRIMENTI



David Hopen

Il frutteto

pp. 576 Prima edizione febbraio 2023

Traduzione di Nicola Manuppelli
In copertina: © Arieh Smith

Nutrimenti

 “Essere trasportati, in massa, in un mondo nuovo e sconosciuto è uno
dei grandi doni della letteratura, e le prime pagine dell’ambizioso ro
-
manzo d’esordio di David Hopen,
Il frutteto, promettono esattamente
questo... Il talento è evidente”.

New York Times Book Review

“Potente e commovente, come una versione ebraica del 2020 di
The
Catcher in the Rye

Good Morning America

“Fresco e toccante... essenzialmente la storia segreta ambientata fra

ebrei floridani molto attenti... abbondano eretici, sesso, droghe e

persino rituali talmudici che rasentano i baccanali”.

Entertaiment Weekly

novembre 2022
| narrativa
Traduzione
dall’inglese di Nicola Manuppelli  - Collana Greenwich
Settore
narrativa
Uscita
10/2/2023 - pp. 576 - Euro 25,00
Parole chiave narrativa americana,
ebraismo, gioventù ribelle,

romanzo di formazione, Florid


Il libro

Ari Eden è cresciuto nella comunità ebraica ortodossa di Brooklyn, governata da regole ferree, dedicandosi allo studio e ai riti religiosi. Un’adolescenza di solitudine e rigidità – fra un padre profondamente osservante e una madre che rimpiange la vita mondana che non ha potuto vivere – stravolta quando la famiglia decide di trasferirsi in uno sfarzoso sobborgo di Miami. È a questo punto che Ari coglie l’inaspettata possibilità di sperimentare un altro modo di vivere. Viene accettato dalla migliore accademia ebraica del luogo e conosce la ricchezza, vertiginosa, l’ambizione, la spudorata ricerca dei piaceri della vita dei suoi coetanei, fra feste, appuntamenti via chat, bagni in piscina e riflessioni su Nabokov e Nietzsche.

Sotto l’ala protettrice del pupillo dell’accademia, Noah, Ari si ritrova invischiato nel gruppo più esclusivo e ribelle della scuola, amici seducenti e provocatori – soprattutto Evan, il genio tormentato del gruppo – che, influenzati da un carismatico rabbino, iniziano a mettere alla prova la religione di Ari in modi non convenzionali, fino a spingersi presto oltre i confini morali in un gioco ad alto rischio.


David Hopen

David Hopen è uno studente della Yale Law School. Cresciuto a Hollywood, in Florida, ha conseguito il master presso l’Università di Oxford e si è laureato allo Yale College. Il frutteto è il suo romanzo d’esordio che lo ha consacrato subito come il nuovo astro nascente della letteratura ebreo-americana.

 

La discesa pericolosa di un astro nascente della letteratura

“Il frutteto” di David Hopen è in libreria per i tipi di Nutrimenti

Lo stile maturo, la credibilità della storia e l'intreccio narrativo ben costruito non farebbero mai pensare che “Il frutteto” di David Hopen sia un'opera prima.
La storia narra di Aryeh Eden, un diciassettenne che vive con i genitori a Williamsburg, quartiere ebreo ortodosso di Brooklyn, nel quale vive tranquillo e del quale vive inconsapevolmente tutte le contraddizioni. Inclusa la sua vita che scorre serena tra prospettive e possibilità che non siano già comprese nel sostantivo “precetti”.

Il trasferimento in Florida

Studia quotidianamente la Torah in un mondo che si è secolarizzato e in un quartiere, una sorta di cortina invisibile, in cui i “diversi” sono quelli che non rispettano le rigide regole sociali imposte dalla religione. Eppure, come nei migliori thriller – e questo romanzo non lo è neanche lontanamente – il colpo di scena è dietro l'angolo, assumendo la forma di una opportunità lavorativa del padre di Ari, come viene chiamato in famiglia e dagli amici, che condurrà lui e la sua famiglia in Florida, vicino Miami.Il seducente mondo che gli si para davanti finirà per cambiare le coordinate della sua vita. Le contaminazioni esistenziali che vivrà a Zion Hills, il luogo in cui si trasferisce con la sua famiglia, le contraddizioni che vivrà tra ciò che lo circonda, e da cui sarà “rapito”, e ciò che ha dentro, sono i simboli di una revisione profonda di quelle certezze che rappresentavano l'unico vissuto che gli fosse consentito avere.

Conosce Noah, frequenta l'accademia ebraica. Incontra persone, un mondo che non è il suo, diverso da tutto ciò che aveva conosciuto fino a quel momento. E che lo attrae terribilmente. A cominciare da una forma di edonismo laico che ai suoi occhi appare, a tratti, come una “colpa”. Ne verrà travolto, da comparsa, poi da protagonista, poi da complice.

Una discesa pericolosa

Ma è come una strada senza uscita che punta dritta verso una discesa. Pericolosa, perché i vincoli, le regole della religione che Aryeh aveva conosciuto sin da bambino sono state forse un freno, ma anche sinonimo del concetto di “limite” che, immaginando il proprio futuro, diventa un solido pilastro. Esperienza dopo esperienza il gruppo di quei giovani ebrei “ribelli”, come per nemesi, brandisce la propria fede come un'arma.C'è poco spazio ne “Il frutteto” per i buoni sentimenti. La società è cambiata perché sono cambiati i rapporti di forza tra individuo e comunità. Tra i punti di forza di questo romanzo, vi è la capacità di Hopen di tracciare i profili psicologici dei protagonisti con precisione shakespeariana. Il linguaggio non è mai crudo, ma vero, e si inserisce a pieno titolo tra le migliori opere del postmoderno americano contemporaneo. Impossibile non girare pagina per capire cosa succederà dopo. E poi, a suo ulteriore merito, vi è anche che l'elemento più visibile, quello religioso, sembra essere solo un espediente narrativo per raccontare un conflitto tra generazioni e testimoniare con amarezza come l'individuo, con le sue scelte, sia sempre artefice del proprio destino.


venerdì 26 maggio 2023

RECENSIONE "UN MATRIMONIO EPISTOLARE. CORRISPONDENZA TRA GIUSEPPE TOMASI DI LAMPEDUSA E ALESSANDRA WOLFF VON STOMERSEE" DI CATERINA CARDONA - SELLERIO EDITORE

 

Un matrimonio epistolare. Corrispondenza tra Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Alessandra Wolff von Stomersee

Con uno scritto di Giorgio Manganelli

Nella corrispondenza tra Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Alessandra Wolff von Stomersee il ritratto intimo di due personaggi straordinari.

CATERINA CARDONA, 'UN MATRIMONIO EPISTOLARE' (SELLERIO, PP. 195, EURO 14)

Il libro

Giuseppe Tomasi di Lampedusa, autore del Gattopardo, e Alessandra Wolff von Stomersee, baronessa baltica e psicoanalista che contribuì a introdurre Freud in Italia, si sposarono nel 1932, trentottenne lei, di due anni di meno lui: si erano conosciuti grazie a complicati incroci di famiglia, frequenti tra gli aristocratici del tempo. Per una lunga fase della vita si spedirono lettere con molte notizie su come trascorrevano le giornate, su parenti, amici, pranzi e cani e, soprattutto, sulle reciproche letture. Rari i sentimenti. Scritte tra il 1932 e il 1943, quando, a causa delle vicende belliche, il loro matrimonio finì per assumere un «assetto più tradizionale», queste circa duecento lettere costituiscono una testimonianza estremamente significativa. Fino ad allora il loro era stato, infatti, quello che si potrebbe definire un «matrimonio epistolare»: basato su di una forte consonanza intellettuale ma di cui lo stare lontani per lunghi periodi costituiva «un elemento strutturale». Erano, i coniugi Lampedusa, fatalmente vincolati ai luoghi, alle case, ai miti fondanti della propria origine, tanto che lo scambio epistolare, il parlarsi rimanendo ognuno nel suo mondo, era divenuto, negli anni, uno dei codici primari della loro comunicazione. Giuseppe amava perdutamente la grande casa di Palermo: la casa dove era nato e si aspettava di morire. Licy (così veniva chiamata in famiglia Alessandra) non poteva, invece, restare separata a lungo dal castello avito di Stomersee in Lettonia e dalla «gente del Baltico», la «sua» gente. Sarà la guerra a scompigliare definitivamente assetti fino ad allora ritenuti immutabili: Palazzo Lampedusa viene bombardato e distrutto nel 1943, il castello di Stomersee confiscato tra l’avanzata dei tedeschi e la controffensiva sovietica. Nel commento che conclude il volume, Giorgio Manganelli caratterizza così i due personaggi: lei, «regina boreale che ha per reggia un castello tedesco in terra di Lettonia»; lui, «custode della propria infanzia»; e sottolinea quanta energia promani da lei e quanto più languido, infantile ed emotivo appaia lui. Caterina Cardona sulle lettere, attraverso le lettere e oltre le lettere di Giuseppe e Licy conduce la sua sottile indagine svelando «un gioco della psiche, una astuzia della intelligenza e degli affetti» (Manganelli) che cattura l’interesse del lettore conducendolo alla ricerca della chiave profonda di un matrimonio e alla genesi imprevista di un capolavoro: Il Gattopardo.

Autore

Caterina Cardona (Roma 1949) è stata, a partire dal 2000, Direttore Scientifico delle Scuderie del Quirinale, Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Londra e membro del Consiglio d’Amministrazione del Maxxi, dopo una lunga attività di giornalismo culturale. Con Sellerio ha pubblicato Un matrimonio epistolare. Corrispondenza tra Giuseppe Tomasi di Lampedusa e Alessandra Wolff von Stomersee (1987, 2023).

 RECENSIONE

'Un matrimonio epistolare' di Caterina Cardona (1949) - giornalista di lunga esperienza in ambito culturale - è un libro sui coniugi Lampedusa: Giuseppe Tomasi, autore del 'Gattopardo', e sua moglie, la baronessa e nota psicoanalista Alessandra Wolff von Stomersee, detta Licy, che contribuì a introdurre Freud in Italia.

Il libro passa in rassegna molte delle lettere che i due si scambiarono nel tempo; un carteggio che disegna un ritratto sia di Giuseppe, nobile siciliano, colto, grande lettore, poliglotta e goloso di cremolato di fragole e crema, sia della consorte, nobildonna baltica che viveva in un castello da fiaba in terra di Lettonia. 


    I due si sposarono nel 1932. La corrispondenza attraversa un periodo che va dal 1932 al 1943. I Lampedusa trascorsero lunghi periodi lontani, Giuseppe nell'adorata casa di Palermo, lei nel castello lettone di Stomersee. Alessandra non sopportava il caldo siciliano. Giuseppe e Alessandra si scrivevano in francese. Lui non usava parole di affetto se non nell'intestazione o nel congedo e Alessandra anche era austera. 


    Nelle lettere parlano di soldi, tasse, parenti, amici, letture, pranzi e di cani, che entrambi adorano. Giuseppe le racconta di Crab, cocker nero che divora pasta e broccoli a colazione: 'Il nostro Piccolo mangia magnificamente ed è grasso e grosso'. Il sabato a Crab 'viene comprata della carne che divora fino al lunedì. Ogni tanto ha qualche pesciolino'. 


    In 'Un matrimonio epistolare' veniamo a conoscenza anche di una lettera che Tomasi di Lampedusa indirizza al suo migliore amico Guido. Nell'epistola lo scrittore spiega i motivi che portarono alla nascita del 'Gattopardo'. Tomasi di Lampedusa inizia a scrivere il romanzo quasi per sfida, quando si accorge che i suoi tre cugini si danno da fare, e con successo, in campo artistico. Uno di questi parenti è il poeta Lucio Piccolo, apprezzato da Montale. Tomasi di Lampedusa rivela candidamente:'Benché io voglia molto bene a questi cugini debbo confessare che mi sono sentito pungere sul vivo: avevo la certezza matematica di non essere più fesso di loro. Cosicché mi son seduto a tavolino ed ho scritto un romanzo: per meglio dire tre lunghe novelle collegate tra loro'. 


    'Un matrimonio epistolare' era già stato pubblicato da Sellerio nel 1987 ed è ora riproposto in una nuova edizione accresciuta, nella collana 'La memoria'

giovedì 25 maggio 2023

RECENSIONE: "LA RICREAZIONE E' FINITA" DI DARIO FERRARI - SELLERIO

 

La ricreazione è finita

Dario Ferrari, la ricreazione è finita 

bel romanzo tra oggi e anni '70, tra università e terrorismo

La ricreazione è finita

Sellerio

pp. 470 - Euro 16,00

«La storia di un ricercatore che crede di sapere cosa cerca, e di un ricercato che è stato trovato e rinchiuso. E dei molti modi in cui si sbagliavano entrambi».

Marco Malvaldi

Il libro 

Marcello è un trentenne senza un vero lavoro, resiste ai tentativi della fidanzata di rinsaldare il legame e cerca di prolungare ad libitum la sua condizione di post-adolescente fuori tempo massimo. La sua sola certezza è che vuole dirazzare, cioè non finire come suo padre a occuparsi del bar di famiglia. Per spirito di contraddizione, partecipa a un concorso di dottorato in Lettere, e imprevedibilmente vince la borsa. Entra così nel mondo accademico e il suo professore, un barone di nome Sacrosanti, gli affida come tesi un lavoro sul viareggino Tito Sella, un terrorista finito presto in galera e morto in carcere, dove però ha potuto completare alcuni scritti tra cui le Agiografie infami, e dove si dice abbia scritto La Fantasima, la presunta autobiografia mai ritrovata.
Lo studio della vita e delle opere di Sella sviluppa in lui una specie di identificazione, una profonda empatia con il terrorista-scrittore: lo colpisce il carattere personale, più che sociale, della sua disperazione. Contemporaneamente sperimenta dal di dentro l’università: gli intrighi, le lotte di potere tra cordate e le pretestuose contrapposizioni ideologiche, come funziona una carriera nell’università, perfino come si scrive un articolo «scientifico» e come viene valutato. Si moltiplicano così i riferimenti alla vita e alla letteratura di Tito Sella, inventate ma ironicamente ricostruite nei minimi dettagli; e mentre prosegue la sarcastica descrizione della vita universitaria, il racconto entra nella vita quotidiana di Marcello e nelle sue vitellonesche amicizie viareggine.
Realtà sovrapposte, in cui si rivelano come colpi di scena delle verità sospese. Che cosa contiene l’archivio Sella, conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi? Perché il vecchio luminare Sacrosanti ha interesse per un terrorista e oscuro scrittore? E che cosa racconta, se esiste, La Fantasima, l’autobiografia perduta?
La ricreazione è finita è un’opera che si presta a significati e interpretazioni molteplici. Un narrato in cui si stratificano il genere del romanzo universitario – imperniato dentro l’artificioso e ossimorico mondo dell’accademia –, con il romanzo di formazione; il divertimento divagante sui giorni perduti di una generazione di provincia, con la riflessione, audace e penetrante, sulla figura del terrorista; e il romanzo nel romanzo, dove l’autore cede la parola all’autobiografia del suo personaggio. Questo libro racconta la storia di due giovinezze incompiute, diversissime eppure con una loro sghemba simmetria.

RECENSIONE

Un bel romanzo per scrittura e costruzione che riesce a procedere su due piani temporali che si riverberano uno nell'altro illustrando una realtà esistenziale fatta di illusioni, di velleità e assieme di resistenza e voglia di capire in un mondo, un ambiente che si rivela ostile per natura, quello accademico in cui i cattedratici operano ''sentendosi delle rockstar'' e che riserva sorprese, colpi di scena inaspettati.
 
    Marcello Gori è un ragazzo di provincia, viareggino, che cera di sfuggire al suo destino di gestore del bar di famiglia laureandosi in lettere e tentando concorsi di dottorato, compreso quello presso la sua università di Pisa, che per una serie di circostanze assolutamente impreviste lo vede entrare nella terna dei vincitori con lo sconcerto del Prof Sacrosanti (e il nome non è casuale) e la sorpresa di suoi colleghi di lungo servizio in attesa di sistemazione, che gli danno consigli su tutto, compreso le regole per scrivere un saggio accademico. 

    C'è così la descrizione dell'ambiente provinciale, attraverso il retroterra famigliare e Letizia, fidanzata di Marcello che vorrebbe si sistemasse presto, come il mondo accademico reso con fine realismo e ironia nei discorsi con gli amici d'università, tra cui spicca Pier Paolo, amato allievo di Sacrosanti. Tutto fino a quando, quasi per sfidarlo in una prova particolare, il professore, che lui definisce ''il Murinho della letteratura italiana'', gli assegna come argomento per la sua tesi vita e opere di quello che presenta come un oscuro scrittore anche lui di Viareggio, Tito Sella. Solo che quando Marcello cerca di capire chi sia, scopre sì che ha scritto di narrativa, ma che soprattutto e quasi solamente è ricordato come terrorista italiano degli anni '70 e, a Viareggio, per aver fatto saltare in aria un carro del carnevale del 1977. 

    Ed è nel rapporto e la scoperta di questa figura che il racconto entra nell'altra dimensione, con Marcello che alla fine si convince a recarsi a Parigi per studiare le carte dell'archivio di Sella, studiandone i particolari che divide in ''Cose'', i fatti biografici, e ''Parole'' il suo lavoro di scrittura letteraria. E così, pian piano vi si perde e quella sua mitica e introvabile autobiografia di cui si parla, intitolata 'La fantasima', finisce per metterla insime e riscriverla lui, col suo sguardo provinciale e disincantato di giovane degli anni duemila. In un processo di identificazione vede persino il suo innamoramento parigino per Tea riflettersi nella storia d'amore di Sella per Emma: ''Prima avevo studiato i suoi romanzi, poi mi ero messo a riscrivere la sua vicenda: adesso era venuto il momento di provare ad essere lui''. 

    Noi così leggiamo coinvolti e divertiti le vicende tragiche a paradossali talvolta sino alla comicità di un gruppo di ragazzi della Versilia legati negli anni '70 all'estrema sinistra che finiscono, più che per vera convinzione ideologica, come mezzo e scusa per non pensare e far finta di dare un senso ai propri problemi, per entrare in clandestinità e fondare la Brigata Ravachol, dal nome di un anarchico francese. Nel gruppo Tito è una figura chiave che partecipa e anche critica quando dal rifiuto dell'indifferenza e il rischio di diventare ''uno stolido parassita della storia'', si passa all'azione (per lui sarà ''il momento unico in cui l'uomo sa per sempre chi è'') e pian piano, di azione in azione, di discussione in discussione, progettando di rapire il giudice Altieri, si va verso un epilogo drammatico. 

    Per Marcello poi ''la ricreazione è finita'' e la vicenda torna sui binari del suo presente, col ritorno a casa, dove lo aspettano una serie di decisioni e sorprese, compresa quella che illumina tutta la sua vicenda, facendone una complessa, articolata educazione sentimentale.

RECENSIONE "CI VEDIAMO PER UN CAFFE'" DI TOSHIKAZU KAWAGUCHI - GARZANTI LIBRI


Ci vediamo per un caffè - Toshikazu Kawaguchi Ci vediamo per un caffè

Toshikazu Kawaguchi

Editore Garzanti Libri

Collana Narratori moderni

Pagine 160 - Euro 16,00 


Lo scrittore, regista e drammaturgo giapponese Toshikazu Kawaguchi (classe '71) è una penna dal tocco magico.

 

 

 

Il libro

Tra le montagne del Giappone si nasconde un luogo leggendario. Sono tanti coloro che lo cercano, perché si racconta che chi è abbastanza determinato possa riuscire a trovarvi le risposte di cui ha bisogno. Per raggiungerlo basta seguire l'aroma intenso del caffè, varcare la soglia, sedersi e ordinare una tazza fumante. Ma solo chi non lascerà raffreddare la bevanda potrà rivivere l'istante del suo passato in cui ha preso una scelta alla quale continua a ripensare, in cui è rimasto in silenzio quando avrebbe voluto dire la verità, in cui ha dato la risposta sbagliata. Sono pochissimi i fortunati che hanno saputo cogliere l'occasione. Tra di loro ci sono il professor Kadokura, che ha trascurato la famiglia per il lavoro; i coniugi Sunao e Mutsuo, addolorati per la scomparsa dell'amatissimo cane; Hikari, pentita di non aver accettato la proposta di matrimonio del fidanzato Yoji; e infine Michiko, che è tornata nel locale in cui aveva incontrato il padre. Ognuno ha una storia diversa, ma tutti hanno lo stesso sguardo rivolto all'indietro, verso il momento in cui avrebbero potuto agire diversamente. Solo chi ha il coraggio di rievocare quell'istante avrà la possibilità di vederlo sotto un'altra luce e vivere con serenità il presente. I libri di Toshikazu Kawaguchi sono un appuntamento irrinunciabile per il pubblico italiano. Dopo "Finché il caffè è caldo" Kawaguchi ci ha donato speranza e spensieratezza, diventando uno degli scrittori più apprezzati dai lettori e dalla stampa. Ora ci regala un nuovo episodio della caffetteria in cui ognuno di noi vorrebbe entrare, ritrovando alcuni personaggi del primo romanzo. Perché c'è sempre un modo per rimediare al primo errore, ma anche al secondo e al terzo. Possiamo sempre riscrivere la nostra vita.

RECENSIONE

Paragonato a Banana Yoshimoto e Haruki Murakami, i suoi romanzi ammaliano lettori in tutto il mondo. 'Ci vediamo per un caffè' è il quarto capitolo della fortunata serie iniziata con 'Finché il caffè è caldo', uscito in Italia nel 2020 e da allora sempre in testa alle classifiche. Gli altri titoli della saga sono: 'Basta un caffè per essere felici' (2021) e 'Il primo caffè della giornata' (2022). Kawaguchi plasma storie delicate e feroci, di straordinaria potenza narrativa, capaci di toccare le corde giuste. Descrive situazioni universali che sanno parlare in maniera unica al cuore delle persone. Teatro dei sentimenti è un locale fiabesco, una caffetteria speciale, dove è possibile correre indietro nel tempo, spostare le lancette e rivivere situazioni remote per guarire dai rimpianti. Le regole per agguantare i momenti perduti sono ferree e gli avventori devono rispettarle: il viaggio inizia quando il caffè viene versato nella tazza e dura finché è caldo, guai a farlo raffreddare perché se il caffè si raffredda allora si diventa fantasmi e si rimane seduti per sempre al tavolo. 


    I personaggi di Kawaguchi, umanissimi e vulnerabili, talvolta egoisti e indifferenti, andando a ritroso, compiono discese catartiche, si alleggeriscono di fardelli ingombranti che impediscono loro di vivere con serenità. Tuttavia ad essi non è possibile modificare gli eventi: il presente non si può cambiare. In questo nuovo capitolo del ciclo incontriamo un marito terribilmente in colpa per avere trascurato la moglie; l'uomo non può più parlarle perché la donna, dopo un incidente, è finita in stato vegetativo. Suo desiderio è di rivederla in salute per manifestarle tenerezza e confessarle che con lei è sempre stato felice anche se non lo ha mai dato a vedere, così preso com'era dal lavoro, chiuso nel proprio mondo e poco presente in famiglia: 'Non ho mai detto nulla di simile prima d'ora, quindi magari non mi crederai. Volevo che tu sapessi che ero felice grazie a te. Volevo dirtelo. Ero felice. Grazie'. 


    Altro 'quadro' toccante, dei quattro presenti nel romanzo, è quello di una figlia distrutta dal dolore: trattava male il padre e non ha avuto modo di scusarsi col genitore perché lui è morto improvvisamente. Le parole che lei vorrebbe dirgli guardandolo negli occhi: 'Mi dispiace di essere stata così fredda con te, anche quando mi aspettavi sveglio finché non tornavo a casa. Mi dispiace di aver ignorato le telefonate che mi hai fatto. Mi dispiace di averti risposto male. Mi dispiace di aver litigato tutto il tempo. Mi dispiace che ti sia capitata una figlia come me'. Sono queste le frasi che la giovane vorrebbe rivolgere al papà, cogliendo al volo una seconda occasione. 


    Kawaguchi con uno stile essenziale muove i destini di personaggi tridimensionali in cui ognuno può trovare qualcosa di sé. Leggendo Kawaguchi s'impara l'arte di perdonare e perdonarsi, e soprattutto quella di dare valore ad ogni istante.

RECENSIONE: KINTSUGI DI SELENE CALLONI WILLIAMS - PIEMME

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Selene Calloni Williams

Kintsugi

PIEMME

PP 262, EURO 12,90

 

 

 

 

 

 

 

 RECENSIONE

L'antichissima arte giapponese di riparare gli oggetti rotti con l'oro diventa in 'Kintsugi', il nuovo libro di Selene Calloni Williams, una fonte di ispirazione e una via da seguire per riparare le ferite dell'anima e aprire una finestra di luce proprio dove la nostra vita si è frantumata.

Una strada di consapevolezza per rendere prezioso ogni istante che l'allieva del grande psicoanalista James Hillman, fondatrice dell'Imaginal Academy e della Societa' di Non-Terapia, percorre nel libro - pubblicato da Piemme e diventato anche audiolibro per Audible - alternando il racconto con episodi della sua vita che finora non aveva mai narrato e con la storia fantastica dell'antica samurai e sciamana Tomoe.
    Un cammino in nove tappe che corrispondono alle nove leggi per riparare le ferite con l'oro, con pratiche meditative ed esercizi da applicare nella quotidianità per superare sensi di colpa, rabbia e insoddisfazione e ritrovare entusiasmo e gioia.
    Pensate a un vaso perfetto e bellissimo, ma rotto. Sembra compromesso e non più utilizzabile, eppure se riusciamo a ripararlo può tornare a splendere più di prima. Vale anche, ci dice Selene Calloni Williams, come abilità di trasformare le nostre ferite fisiche ed emotive in una straordinaria occasione di crescita e cambiamento.
    Esperta di meditazione e benessere, autrice di oltre venti libri tra cui 'Wabi Sabi' e 'Daimon', pubblicati sempre da Piemme, e di numerosi documentari, Selene Calloni Williams, che da giovanissima ha studiato e praticato nella foresta la meditazione buddista theravada, ha saputo coniugare in un modo tutto suo la psicologia del profondo e la filosofia di Oriente e Occidente. E il 23 aprile Selene lancerà da Vienna il primo metaverso per la meditazione in Europa, il Virtual Imaginal Scw.
    "Quando ci si mette al tavolo per iniziare la riparazione bisogna avere tutti gli ingredienti con sé, lasciare andare la mente ed entrare nel cuore" racconta.
    'Kintsugi', come tutti i suoi libri può essere letto a diversi livelli: ci fa scoprire o riscoprire miti e leggende in una nuova visione, ci fa compiere un viaggio dentro noi stessi, ci invita a fare esperienza delle pratiche che ci portano ad avere uno sguardo diverso del mondo. "Il Kintsugi può sorgere dentro di noi come un sole che ci riscalda il cuore, una fontana aurea alla quale esporci nudi e riempire così ogni crepa, ogni ruga, ogni ferita della nostra psiche e del nostro corpo con lo zampillante oro della consapevolezza" spiega l'autrice.
    Un percorso che può non essere facile seguire senza lasciare andare teorie e credenze accumulate per vivere nell'attimo presente. "La polvere d'oro riguarda anche la fede, necessaria in ogni singolo istante della vita" racconta Selene e sono proprio coraggio e fede i due pilastri su cui si fonda la riparazione dell'anima con l'oro. I pezzi mancanti possono essere sostituiti in diversi modi e tra gli ingredienti principali ci sono Piacere, Entusiasmo, Solitudine.

RECENSIONE - LA TIGNA DI ROBERTO CONTU - CASTELVECCHI EDITORE

LA TIGNA, di Roberto Contu, Castelvecchi Editore, pp. 182 - 17,50 euro

La tigna

Penso che Roberto Contu, insegnate che scrive di scuola e di letteratura italiana, realtà che si intrecciano anche in questo libro, sia davvero tignoso, ovvero caparbio, persona che non demorde, secondo il significato popolare traslato di questo termine, se è riuscito a scrivere un libro controcorrente, forte e coinvolgente, come questo, in cui cerca di far capire come la vita, nella sua forma positiva, ''rabbiosa, tignosa'' anche lei , più forte di ogni avversità, sia un bene che alla fine resiste e vince sempre, anche quando abbiamo smesso di crederci.


    Siamo nell'ultimo, emblematico anno del secolo scorso, il 1999 e la vicenda si apre sul primo giorno di scuola per concludersi con le vacanze di Natale, pur gettando oltre lo sguardo, e col professor Renato Contro che arriva al Istituto tecnico commerciale Danti di Perugia, sua nuova sede, entrando nella V D, dove invece mancano Francesco Mazzoli e Benedetta Ferri, due studenti che in quelle ore sono presi da problemi vitali e concreti, perché dopo giorni di attesa e ansia la ragazza ha fatto il test di gravidanza e è risultata positiva. 


    La sua prima reazione è naturalmente quella di di pensare di essere troppo giovane per rovinarsi la vita e quindi, essendo maggiorenne, di poter abortire. Il problema è la famiglia, i rapporti non facili con la madre, separata e infermiera in una casa per anziani, cui spera riesca a parlare l'uomo che con lei ha una relazione, il padre di Luca, loro compagno di scuola e miglior amico di Francesco, oltre che figlio della preside del Danti Roberta Valentini. 


    E' in questo insieme di rapporti e problemi personali in una città di provincia che mette in relazione ognuno con tutti gli altri e crea, tra desideri, fraintendimenti, finzioni e timori, un intreccio che la narrazione di Contu tiene viva e ha nella scuola, col suo gioco di ruoli e rapporti generazionali, il palcoscenico dove tutto trova inevitabilmente una sua evidenza e si scontrano/incontrano visioni differenti sulle quali naturalmente alleggia col suo carico di implicazioni lo stato di Francesca, su cui Luca non ha saputo tenere il segreto richiesto. Luca infatti è in un momento di confusione, esistenziale generale e anche per quel che riguarda la sua fede, il suo passato all'oratorio, e quando si trova a confrontarsi a tu per tu con Padre Andrea, l'insegnate di religione del Danti cui sua madre ha chiesto di parlargli, finisce per dirgli tutto. 


    Il protagonista però del romanzo, la pietra di confronto per tutti, è il professor Contro, col suo cognome che è un programma, a cominciare da come si rapporta duramente con i ragazzi che però conquista con le sue provocazioni, le letture, i discorsi fuori di ogni schema, senza tirarsi indietro, ma replicando spiazzante, come accade il giorno che Benedetta durante una lezione gli chiede all'improvviso ''Ma lei che ne pensa dell'aborto?''. Lui in risposta legge un articolo del 1975 di Pier Paolo Pasolini, perché ''a domande così importanti bisogna avere il coraggio di dare la dignità di una risposta che sia a livello della domanda, andando a fondo delle proprie ragioni'', che per Pasolini si inserivano in una sua analisi profonda della società, di cui denunciava la perdita di quello che definiva ''il senso della sacralità della vita degli altri e la fine di ogni sentimento della propria''. 


    Riguardano Contro anche alcuni capitoli in cui si rivivono momenti intensi e pesanti che hanno segnato e inasprito la sua vita due anni prima, relativi alla sua famiglia, la moglie Laura, il figlio Valerio e in particolare la malattia e la perdita della figlia Claudia, che si è lasciato alle spalle, decidendo di andarsene da Gubbio. Anche lui, ''interrogandosi luteranamente'' ha messo in crisi la sua fede. Ma gli resta, in quel suo difendersi e essere in guerra con se stesso, appunto la letteratura e citerà, discutendo con la preside, prima di Leopardi e poi del Calvino di ''Una giornata di uno scrutatore'' a proposito dell'idea di bene come fine ultimo del senso umano: ''La letteratura ha il coraggio di osare, e con lei la vita, la sua vita la mia vita allora sì che diventano irrilevanti, allora sì che davvero si muore: ma non si muore, no che non si muore, la domanda più importante che dovrebbe assilarci non è perché si muore, ma perché si vive''. 


    Un romanzo di bell'impatto che cala nel quotidiano problemi, interrogativi alti e si fa leggere sino alla fine non grazie a una qualche accorta costruzione, ma per la verità che la scrittura di Contu mette nel racconto, nei personaggi, con una lingua che si adatta, che prende termini dialettali o del gergo giovanile, che si sporca senza perdere qualità.

RECENSIONE "QUALCHE MESE DELLA MIA VITA" DI MICHEL HOUELLEBECQ - LA NAVE DI TESEO


   © ANSA

Michel Houellebecq si racconta in Qualche mese

della mia vita

Esce in Italia e in Francia in contemporanea il 26 maggio

''Avevo del resto smesso di credere in ogni forma di credo, vale a dire nelle idee politiche, filosofiche o religiose attorno alle quali gli uomini fingono di raccogliersi.

Credevo ancora nell'amore''.

Parola di Michel Houellebecq, grande scrittore francese sempre al centro delle polemiche, di cui sta per uscire - dal 26 maggio - in Italia e in contemporanea in Francia ''Qualche mese della mia vita'' per La Nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi: nella collana Oceani, e con la traduzione di Milena Zemira Ciccimarra (pp. 112, 15 euro). 

    In queste pagine Houellebecq racconta Houellebecq: le accuse di razzismo e islamofobia, le minacce, gli inganni e le battaglie legali, il suo rapporto con il cinema e la pornografia.
    ''Non si può dire che la lettura e la scrittura facciano veramente parte della vita, le offrono piuttosto un'alternativa. 

    La sessualità era stata la gioia più grande della mia vita e, in maniera sorprendente, la più duratura in fin dei conti. Non ero mai davvero riuscito a tenerne traccia, per le ragioni che ho detto. Non avevo intenzione di rendere pubblica quella traccia, se non forse a titolo postumo, nel caso in cui fossi riuscito a catturare un momento che racchiudeva un fascino particolare, e a condizione che la donna con cui avevo condiviso quel momento vi fosse anch'essa sensibile. Era atroce per me pensare che l'unica traccia che sarebbe rimasta della mia vita sessuale, la parte più vivace della mia vita, sarebbe stata un coito mediocre... Mi meritavo di meglio; chiunque si merita di meglio''. 

    Michel Houellebecq, romanziere, poeta e saggista francese, ha pubblicato i romanzi Le particelle elementari (1999, nuova edizione La nave di Teseo 2021), Estensione del dominio della lotta (2000, nuova edizione La nave di Teseo 2019), Piattaforma (2001, nuova edizione La nave di Teseo 2019), Lanzarote (2002, nuova edizione La nave di Teseo 2019), La possibilità di un'isola (2005), divenuto un film con la regia dell'autore nel 2008, La carta e il territorio (2010, nuova edizione La nave di Teseo 2022), con cui ha vinto il premio Goncourt, Sottomissione (2015), Serotonina (La nave di Teseo 2019), Annientare (La nave di Teseo 2022); le raccolte poetiche Il senso della lotta (2000), Configurazioni dell'ultima riva (2015), La vita è rara. 

    Tutte le poesie (2016); i saggi H. P. Lovecraft. Contro il mondo, contro la vita (2001), La ricerca della felicità (2008), In presenza di Schopenhauer (La nave di Teseo 2017), Interventi (La nave di Teseo 2022), il libro scritto con Bernard-Henri Lévy, Nemici pubblici (2009), e Cahier (La nave di Teseo 2019).

 

mercoledì 17 maggio 2023

SALONE DEL LIBRO 2023

Nei mondi infiniti 

del Salone del libro 2023

(il) tutto ci riguarda.

Leggere.Capire.Sognare

L'importanza della letteratura in tempo di guerra. Quanto sta accadendo nel mondo, cambierà il vostro approccio alla scrittura? 

La percezione di <<vivere improvvisamente in una nuova epoca, in una realtà che sta cambiando in fretta>>, ma nella quale la parola, il dialogo, la letteratura possono e devono continuare a fare la loro parte. L'unico modo per superare l'odio e il dolore è la cultura>>. Grandi protagonisti della letteratura europea e del mercato editoriale, aggiungono ulteriore prospettive a una visione dell'uomo nel segno di suggestioni più moderne, dalle immagini vertiginose create dalle intelligenze artificiali. L'evento ci propone delle Porte della percezione ma, già con un dubbio, un timore: non sarà che in tutti i mondi, non importa se fantastici o realistici, onirici o visionari, è sempre in agguato la solitudine? In questo tempo ribollente di visioni e irrimediabilmente caotico, la letteratura ci propone di girare/raccontare città in cui realtà e visione si mischiano producendo enigmi per definizione irrisolvibili, dietro ai quali si celano le grandi domande che animano la poetica degli autori: perchè siamo al mondo? Cosa ci facciamo qui, in mezzo al dolore e alla prostazione? Perchè siamo bloccati in un corpo mortale? Per quale motivo siamo così piccoli e irrilevanti rispetto alla grandezza del cosmo e all'estensione del tempo dietro e davanti a noi? E perchè, se siamo così piccoli e irrilevanti, ci è stata data la facoltà di esperire almeno una stilla dell'infinito, dell'assoluto?

RECENSIONE "OSCURA E CELESTE" DI MARCO MALVALDI - GIUNTI


Marco Malvaldi

Oscura e celeste

Giunti Editore

Collana: H - Pagine: 352 - eURO 19,00
Data di pubblicazione: 26/04/2023
 

 

 

 

 

 

Il libro

L’Europa è in guerra, le risorse scarseggiano ed è in corso una pandemia: no, non stiamo parlando di attualità ma dell’anno 1631. A Firenze la peste infuria, il Granduca dà disposizioni per limitare i contagi ma c’è chi sa trarre beneficio dalle situazioni di emergenza: tra gli altri, un “filosofo naturale” che con la scusa del morbo ha ottenuto di stampare il suo ultimo libro in città anziché a Roma, eludendo gli accaniti controlli dell’Inquisizione. È Galileo Galilei, l’uomo che con il suo “cannone occhiale” ha scoperto le fasi di Venere e i satelliti di Giove, che fa esperimenti sul pendolo e sulla caduta dei gravi e adesso sta per pubblicare il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo: un’opera scritta in volgare affinché tutti possano capire che non l’uomo con i suoi dogmi bensì il Sole sta al centro dell’universo. La vista di Galileo, però, è sempre più appannata, e le sue minute devono essere trascritte per il tipografo dalla figlia Virginia, che ha preso il velo nel convento di San Matteo in Arcetri. E come osservando attentamente la Luna si scopre che è coperta di macchie, così anche un luogo di preghiera, a frequentarlo assiduamente, rivela aspetti inattesi: c’è chi dice, per esempio, che alcune sorelle “ricevano”; che in una cella il lume rimanga acceso troppo a lungo; che una notte si sia udito il suono di un corpo che cade… Galileo dovrà portare luce in un mistero più buio di una notte senza stelle, ma nulla può fermarlo perché lui sa che ogni cosa illuminata ha una parte oscura: sta a noi capire da che lato osservarla. E quando arriviamo a vederla nella sua interezza, ci avviciniamo alla nostra natura celeste. 

Marco Malvaldi torna al giallo storico riportando in vita il padre della scienza moderna: un toscano verace, amante del vino e della tavola, incline alle facezie ma capace di volgere il proprio straordinario ingegno alla conoscenza, consegnandoci gli strumenti attraverso cui pensare il futuro.
 

RECENSIONE

Marco Malvaldi riporta in vita Galileo Galilei, magnifico filosofo, straordinario matematico, ma soprattutto "grandissimo provocatore" nel suo nuovo romanzo Oscura e Celeste che arriva in libreria oggi per Giunti.

    Siamo nel 1631, a Firenze infuria la peste e l'Europa è in guerra, Galileo Galilei sta per pubblicare il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo che ha scritto in volgare perché tutti possano capire che non è l'uomo ma il Sole a stare al centro dell'universo. Teme l'Inquisizione ma, la pandemia è in qualche modo favorevole al padre della scienza moderna che, con la scusa del morbo, ha ottenuto di stampare il suo ultimo libro in città anziché a Roma, sottraendosi così agli accaniti controlli del tribunale ecclesiastico. 

    Galilei nel ritratto di Malvaldi è anche un toscano spiritoso, amante del vino e della tavola, con sempre più problemi alla vista, Dovrà per questo affidare alla figlia prediletta, Virginia, che ha preso i voti ed è diventata Suor Maria Celeste nel convento di San Matteo in Arcetri, la trascrizione in bella copia delle pagine del Dialogo per il tipografo. Al convento sono finite anche Livia Galilei, sua sorella, che a sua volta ha preso il velo e ora è Suor Arcangela, furibonda per essere stata messa dal padre nel monastero, a differenza di Virginia. 


    "Suor Maria Celeste e il padre si mandavano lettere con grande frequenza, e l'unico periodo in cui non si scrissero (proprio perché Galileo, abitante ad Arcetri, poteva andarla a trovare tutti i giorni) è tra il 1631 e il 1632" spiega Malvaldi che ha sfruttato "questo intervallo privo di attestazioni scritte - come tutti i buchi nella documentazione, disperazione degli storici, ma benedizione per i romanzieri". 


    Con le due sorelle diventate monache, c'è Suor Chiara, cugina di Livia e Virginia, e Suor Agnese, amica delle sorelle, che non farà una bella fine. A Suor Agnese spetta "il ruolo d'onore tra i pochi personaggi di fantasia" ed è un omaggio, racconta nella nota in fondo al libro Malvaldi, alla pioniera della fisica Agnes Pockels, a cavallo tra il XIX e XX secolo. Il convento diventa uno scenario oscuro e misterioso, mostra aspetti inattesi: in alcune celle il lume rimane acceso a lungo, le monache ricevono visite e una notte si sente il rumore di un corpo che cade. Galilei che con il suo "cannone occhiale" ha scoperto le fasi di Venere e i satelliti di Giove, che fa esperimenti sul pendolo e sulla caduta dei gravi, non si ferma davanti a nulla perché sa che ogni cosa illuminata ha una parte oscura. Quello che vediamo dipende da che parte abbiamo scelto di osservarlo e se cogliamo la sua interezza, ci avviciniamo alla nostra natura celeste. 


    Dedicato a don Piero Malvaldi, parente dello scrittore, in Oscura e Celeste, al cui interno sono riprodotte anche mappe, incisioni e terzine autografe, troviamo tanti altri personaggi tra cui la figura del Granduca, il canonico Cini, i padri gesuiti del Collegio Romano e alcuni discepoli di Galilei. È un libro che non vuol essere di storia, come spiega lo stesso Malvaldi nella nota di chiusura, benchè "in questo caso, separare il vero dal verosimile non è così facile" e soprattutto ci sono cose che potrebbero apparire incredibili che sono invece storicamente fondate.

martedì 16 maggio 2023

DALLA TRASMISSIONE DEL 16/05/2023 "FUORI DAL CORO" DIRETTORE MARIO GIORDANO. DOMANDA:CHE VALORE HA UNA VITA?

LA TRASMISSIONE "FUORI DAL CORO" DIRETTORE MARIO GIORDANO HA LANCIATO UNA DOMANDA: 

<<CHE VALORE HA UNA VITA?>>

Il millennio s'è aperto con l'attacco dell'11 settembre, una nuova guerra e un nuovo incubo atomico minacciano l'Europa; abbiamo trascorso due anni in regime di semilibertà (necessario per arginare il contagio, ma le relazioni ne hanno sofferto) e viviamo su un precipizio ambientale ... Molti libri riflettono sulle radici del male: quello che non ha spiegazioni e quello provocato, quello privato e quello pubblico, quello dei genitori e quello dei figli ... A questo punto mi chiedo:<<Che cos'è il male?>>. <<Perchè il male colpisce anche gli innocenti?>>. <<La tecnologia è un elemento negativo?>>. <<Quali sono i limiti della tecnologia? Il mondo digitale può in qualche modo esserci d'aiuto?>>.<<Ma si può dire: Putin è cattivo?>>. <<In questo clima di incertezze, c'è il pericolo di affidarci all'<<uomo carismatico>>: chi promette la salvezza proponendo soluzioni semplicistiche spesso genera soltanto illusioni e produce effetti catastrofici. Capo espiatorio. La tentazione di consegnarsi al leader forte.

LA BOTTEGA DEI GIOCATTOLI DI ANGELA CARTER - FAZI EDITORE

 

La fabbrica degli incubi

Caterina Giuseppa Buttitta


Angela Carter

La bottega dei giocattoli

Titolo originale: The Magic Toyshop
Collana: Le strade
Numero collana: 542
Pagine: 238 - Prezzo cartaceo: € 20
Data pubblicazione: 23-05-2023 
Traduzione di Maria Baiocchi

 

 

 

Il libro

Angela Carter, tra le più grandi e più audaci scrittrici inglesi di sempre, ritorna con uno dei suoi capolavori: La bottega dei giocattoli, vincitore del John Llewellyn Rhys Prize, è l’esempio perfetto di uno stile unico e di una fantasia travolgente.

Nell’estate dei suoi quindici anni, per Melanie cambia tutto. Ormai non è più una bambina: lunghe ore trascorse in esplorazione davanti allo specchio lo confermano. Deliziata dalla scoperta del proprio corpo, la ragazza è tutta un fremito. Una notte in cui è a casa da sola, troppo eccitata per dormire, non resiste alla tentazione del proibito e, indossato il candido abito nuziale della madre, esce in giardino e passeggia al chiaro di luna. Qualcosa, però, va storto, e il giorno seguente il destino le fa visita presentandole il conto: i suoi genitori non ci sono più. Melanie e i suoi due fratellini sono dunque costretti ad abbandonare la casa di famiglia per trasferirsi a Londra, dagli zii che non hanno mai conosciuto: zia Margaret, una donna gentile che ha smesso di parlare quando si è sposata, e zio Philip, giocattolaio ossessivo, dispotico e manipolatore. Come se non bastasse, alla coppia fa seguito il giovane Finn, che da subito si mostra molto interessato alla nuova arrivata. Sempre più consapevole della propria femminilità e sempre più affamata di libertà, Melanie dovrà imparare in fretta a non farsi sottomettere…

Un vibrante romanzo sul fascino inquietante del diventare adulti e un tassello importante nell’opera di Angela Carter, capace di farci ridere, di turbarci, di trasportarci in mondi affascinanti e misteriosi.

«La sua prosa si presta a magnifiche scene di meticolosa sensualità… Sogni, miti, fiabe, metamorfosi, l’inconscio ribelle, viaggi epici e una celebrazione molto sensuale della sessualità nelle sue manifestazioni più gioiose e più oscure».
Ian McEwan

«I suoi libri ci liberano dalle catene, rovesciando le statue del pomposo, demolendo i templi della rettitudine. Prendono la loro forza da tutto ciò che è ingiusto, illegittimo, basso. Non hanno eguali né rivali».
Salman Rushdie

«Veloce, ficcante e impreziosito da uno stile efficace, il libro avvinghia il lettore. La storia non delude, rimanendoti appiccicata per giorni».
Omar Di Monopoli

 

POST N. 2 DEL 16/05/2023 "GLI AMORI DIFFICILI" DI ITALO CALVINO - OSCAR MONDADORI

Gli amori difficili” non sono racconti d’amore,ma storie di amori cercati e spesso mancati,storie di silenzi e di vuoti comunicativi, dove il soggetto non può fare altro che rassegnarsi a constatare la quotidianità con le sue bruttezze e con i suoi incanti momentanei e lontani. 


RECENSIONE "RUBARE LA NOTTE" DI ROMANA PETRI - MONDADORI - CANDIDATO AL PREMIO STREGA 2023


Romana Petri, Rubare la notte e gli 80 anni del Piccolo principe

RUBARE LA NOTTE

Romana Petri
pubblicato da Mondadori

Pubblicato 14/02/2023

Pagine 264- Euro 19,00

 


 

 

 

 Il libro

Tutti lo sanno: Antoine de Saint-Exupéry ha scritto "Il piccolo principe", uno dei romanzi più popolari del mondo. Quello che tutti non sanno è che Antoine, famigliarmente Tonio, è un personaggio che vale da solo una grande storia. Ed è la storia che Romana Petri ha scritto con la febbre e la furia di chi si lascia catturare da un carattere e lo fa suo, anzi lo ruba, tanto che il documento prende più che spesso la forma dell'immaginazione. Orfano di padre, Tonio vive un'infanzia felice nel castello di Saint-Maurice-de-Rémens, amato, celebrato, avviluppato al mostruoso quasi ossessivo amore per la madre; un'infanzia che gli resta incollata all'anima per tutta la vita, fin da quando, straziato, vede morire il fratello più giovane. L'infanzia lo tallona come un destino quando, esaltato, comincia a volare, pilota civile e pilota militare, quando si innamora tanto e tante volte, quando si trasferisce in America, quando scrive, persino quando si schiera e sceglie di combattere per un'idea di Francia che forse è sua e solo sua. Dove sia andato Tonio, non sappiamo, nei cieli in fiamme del 1944. Sappiamo che ci ha lasciato le stelle della notte, il sogno di una meraviglia che non si è mai consumata, il bambino che lui ci invita a riconoscere eterno dentro di noi. Romana Petri costruisce e decostruisce, sgretola le regole della biografia, evoca e racconta amori, amicizie e sgomenti come dettagli di un appetito d'avventura mai sazio, si muove fra le date e dentro la Storia alla sola ricerca del principe che ha sconfitto la notte ed è entrato volando nell'infinito.

RECENSIONE

Il 6 aprile del 1943, giusto 80 anni fa a New York, usciva in libreria per Reynald & Hitchcock, un romanzo che ha segnato e continua a segnare l'immaginario di molte generazioni, Il piccolo principe.

Lo aveva scritto Antoine de Saint-Exupery, ovvero Tonio, che il 31 luglio del 1944 scomparve nel nulla con il suo aereo nei pressi dell'Isola di Rou inabissandosi nelle acque di un mistero mai veramente risolto nonostante le tante ricerche. Era nato a Lione 44 anni prima ma la sua vita avventurosa e misteriosa, così lontana da quel viso tondo e rassicurante che mostra nelle sue foto, è rimasta legata ad un unico romanzo celebre anche se aveva scritto e fatto molto altro. Nelle sere della sua infanzia, ha raccontato Romana Petri, l'amatissimo padre celebre cantante lirico, leggeva e recitava per lei non solo Il piccolo Principe ma anche altre pagine di quello scrittore così romantico nelle sue notti stellate. 

Deve esserle rimasto nel cuore al punto da assumere le sue sembianze in un romanzo, Rubare la notte che ora è giustamente tra i dodici finalisti del Premio Strega. La scrittrice capace di penetrare l'anima dei suoi personaggi, come ha dimostrato in alcuni bellissimi romanzi - da Il mio cane del Klondike, a Figlio del lupo, alla saga di Pranzi di famiglia - qui presta la penna all'anima inquieta di un uomo che sembra stare sempre in bilico con i piedi per terra, in una sorta di eterna infanzia mai conclusa. Il suo Tonio, orfano di padre, è prima un bambino felice poi un ragazzo segnato dalla scomparsa del fratello più piccolo poi un uomo che cerca l'amore, che si annoda l'anima intorno ai sentimenti senza riuscire a trovare risposte.

 Al centro di tutto c'è l'attaccamento smisurato, quasi ossessivo, a senso unico, senza motivo, nei confronti della madre che segna tutta la sua esistenza. ''Direi che non ho fatto altro che che guardarmi intorno, a terra e in volo. Ho perso tutto questo tempo a guardare le cose'', scrive alla ''madre carissima'' il 27 febbraio 1928. Gli piaceva guardarla muoversi, dipingere, riempire l'aria intorno a lei: ''Lo sai perchè siamo così meravigliosi figlio mio? Tonio scosse la testa. ''Perchè grazie a Dio ci manca il concetto dell'esattezza''. 

Un vuoto questo che il giovane aviatore cerca di compensare con la sua aspirazione al cielo, fin dalle prime esperienze dai Breguet ''che trasportavano tesori senza prezzo perchè con loro volavano le parole''. Il primo prezioso servizio postale, il consegnare le lettere che portano dentro l'esistenza stessa dell'umanità o meglio quello che gli è più caro, sembra essere la metafora che guida questo libro di Romana Petri. Non è una biografia perchè Tonio è un personaggio profondamente letterario che attraversa la vita e due guerre cercando di guardare dall'alto un mondo che a terra non penetra e non capisce. ''La giovinezza è una questione personale. Io credo di averla persa molto presto.
    Guardavo negli occhi di mia madre e a ogni sguardo che ci scambiavamo ne perdevo una particella''. Senza avere mai le risposte fino alla profondità del mare.