Cento anni fa, Sylvia Beach apriva la Shakespeare and Company
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Shakespeare and Company apre i battenti
«Invece di stabilire una data per l’inaugurazione del negozio, decisi
che semplicemente l’avrei aperto non appena fosse stato pronto. E venne
finalmente il giorno in cui tutti i libri che potevo comprare furono
allineati sugli scaffali, e fu possibile camminare
per il negozio senza inciampare in scale a pioli e barattoli di
pittura. Shakespeare and Company aperse dunque i battenti: era il 19
novembre 1919. Per arrivare a quel momento avevo lavorato fin dal mese
di agosto. Nelle vetrine facevano bella mostra di sé
le opere del nostro venerato patrono, di Chaucer, di T.S. Eliot, di
Joyce e così via; c’era anche il libro inglese preferito da Adrienne,
Three Men in a Boat. All’interno, in una rastrelliera avevo allineato
copie di varie riviste letterarie: The Nation, The
NewRepublic, The Dial, The New Masses, Playboy, The Chapbook, The
Egoist, The New English Review e altre ancora. Alle pareti avevo appeso i
due disegni di Blake, fotografie di Whitman e Poe e due fotografie di
Oscar Wilde in brache di velluto, incorniciate
con alcune lettere di Wilde regalatemi da un amico di Cyprian, Byron
Kuhn. C’erano in mostra anche alcuni manoscritti di Walt Whitman: più
che «scritti», scarabocchi sul rovescio di alcune buste, dono del poeta a
mia zia Agnes Orbison. Molti amici erano in
attesa dell’apertura; e la notizia che il momento era finalmente venuto
circolò rapidamente fra loro. Dico la verità, non mi aspettavo di
vedere nessuno quel giorno. Tanto meglio, pensavo: avevo bisogno di
ventiquattr’ore di calma e di solitudine per convincermi
che Shakespeare and Company esisteva davvero. Ma le imposte che ogni
notte proteggevano il sonno della botteguccia erano appena state tolte
(da un cameriere del vicino caffè) quando cominciarono a comparire i
primi amici. Da quel momento in poi, per più di
vent’anni, non mi avrebbero mai lasciato il tempo di indugiare in
meditazioni solitarie».
Sylvia Beach
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