venerdì 1 ottobre 2021

RECENSIONE "APPUNTI SUL DOLORE" by CHIMAMANDA NGOZI ADICHIE - EINAUDI


 L'universalità di Chimanda Ngozi Adilchie, diventa la spinta a un canto continuo, in cui gli stemmi della tradizione vengono piegati, con profonda onestà, a dirci che la sua bellezza ci consola a lungo, e tuttavia non ci salva per sempre. 

Esiste però anche una verità che <<gioca al fondo>>, ed ecco allora la necessità di esprimersi, in parole che ardono apparentemente tristi, il senso delle nostre angosce. 

Oggi che le polemiche su parola chiara e parila oscura sembrano superate, resta ben attuale un altro carattere, il suo essere dedicato a una condizione di dolore che non è solamente umana. 

Il dolore è eterno, ha una voce e non varia. Il dolore profondo e incessante di <<ogni altra vita>>.

 

"Quella del dolore è una scuola crudele. Insegna quanto possa essere violento il lutto, quanta rabbia possa contenere. Insegna quanto possano sembrare vuote le condoglianze. Insegna quanto il dolore abbia a che fare con le parole, con il loro fallimento e con il nostro bisogno di trovarle. Perchè sono tutta indolenzita e dolorante? Per via del pianto, mi dicono."

Ci vuole tempo ad elaborare un dolore, una perdita. Non sempre si riesce a superarlo. Ogni individuo reagisce a modo proprio. Ecco il dolore è una cosa che ci accomuna e ci separa allo stesso tempo. Il dolore è una cosa personale.


Chimamanda Ngozi Adichie
Appunti sul dolore
2021
Frontiere
pp. 88
€ 14,00
Traduzione di
Susanna Basso
 
«Adichie è maestra nell'invenzione di mondi. I trenta frammenti di questo testo consegnano al lettore una prospettiva diversa, unita alla certezza che quanto verrà in seguito avrà la forza di una creazione originale».
«The New York Times Book Review»

Il libro

La morte improvvisa dell’amatissimo padre nel giugno 2020, in piena pandemia, getta Chimamanda Ngozi Adichie in uno stato di rabbiosa prostrazione. Le consuete parole della consolazione la irritano, il formalismo dei riti la esaspera, il dolore la dilania. Ma i suoi pensieri e le sue sensazioni, l’analisi dei diversi modi di affrontare il lutto, quello nigeriano e quello occidentale, diventano occasione per una lucida e penetrante meditazione sulle cose ultime, oltre che un canto d’amore per colui che per primo le ha insegnato a non temere il giudizio degli uomini. 

Cosa significa morire in tempo di pandemia? Può significare che la notizia, addirittura l’immagine di un padre senza vita, arrivi tramite una call su Zoom; se si vive in continenti diversi e il lockdown inchioda il mondo intero alla propria abitazione, può significare anche attendere spasmodicamente la riapertura degli aeroporti per poter raggiungere la città natia e celebrare finalmente l’indispensabile rito del funerale. La Chimamanda che apprende della morte improvvisa del padre per una malattia silente è la bambina inconsolabile del suo amatissimo papà, ma è anche la donna che vive a cavallo di due mondi, con le loro enormi differenze nell’avvicinare le fasi piú salienti dell’esistenza umana; è la scrittrice che medita sul senso dei rituali; è la femminista che vorrebbe sottrarre la madre a quelli piú umilianti, ma al contempo si rende conto del loro potere catartico. Il lutto è violento e fisico, è un ladro che strappa via i ricordi lasciando paura e furia. Eppure porta con sé un monito che in qualche modo spinge avanti: «Una voce nuova si fa strada nella mia scrittura, carica della vicinanza che avverto con la morte, della consapevolezza capillare e acutissima della mia stessa caducità. Un’urgenza nuova. Un senso di incombente precarietà. Devo scrivere tutto adesso, perché chissà quanto tempo mi resta».

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