venerdì 20 ottobre 2023

Laclos: dal libertinaggio alla rivoluzione femminile. Le amicizie pericolose di Pierre Choderlos de Laclos, Mondadori

 

Laclos: dal libertinaggio alla rivoluzione femminile 

Era l’epoca delle lettere, della tirannia epistolare. Bisogna immaginare lo scalpiccio dissennato delle carrozze a sei cavalli in armonia con lo scalpitio dei cuori; il fruscio dei guanti, la busta pari a una bocca, il mittente – più o meno ambiguo – ne è il sussurro; la grafia come graffi sulla schiena. Nel Settecento si costruiscono mode e imperi per lettera; della lettera sono rovesciati, per così dire, i canoni: la confessione si sfa in pettegolezzo, il verbo si muta in vipera, la grammatica ammobilia un labirinto; l’onestà è questione di posa, la crudeltà di posizione sociale, tutto è un fatto di stile – perfino l’anima – dunque è un trucco, un gioco di prestigio, il preziosismo del belletto, mera messa in scena. È l’epoca, d’altronde, dei sontuosi salotti, delle Madame che si ergono a grandi madri del buon gusto, specie di Ishtar con gonna e nastri intorno a cui ruotano satellitari philosophes. Donne dalla spregiudicata intelligenza, il cui fasto cerebrale mandava in estasi una come Cristina Campo, per dire: l’altro lato della dedizione divina, lectio enciclopedica, pura profferta mentale, liturgia dell’ideale; eccole, allora, le varie Madame de Sévigné, Mademoiselle Aïssé, Julie de Lespinasse, a cui era lecito implorare parvenza, verbale avvenenza, dedicare nubi di lettere con valorosi, vaporosi intenti.

In questo mondo, con genio militare, torbido e schietto assieme, si muove l’implacabile Laclos, che nel 1782, con Le relazioni pericolose, pubblica il romanzo che squarcia la finzione salottiera, il demone dell’azzardo erotico. Al di là dei riferimenti letterari – Rousseau, Goethe, le fatidiche Lettere di una monaca portoghese, un ‘falso’ di vasto successo – sorprende il rovesciamento epistolare operato da Laclos, quasi una blasfemia. La lettera, infatti, è il ‘genere’ con cui – con eminenza misericordiosa e parimenti violenta – San Paolo fonda la religione cristiana; con il romanzo epistolare Laclos mostra un mondo brutale, l’etica della malvagità per vizio e per tedio, scrive l’epica della corruzione, la lussuria come Nirvana, la dissipazione come unico dio, il sortilegio della chiacchiera come unica verità, la caduta in vece dell’ascesi, il prestigio sociale a mo’ vescovado. Naturalmente: l’estasi dei corpi a sostituire il virtuosismo delle anime, la voluttà in cambio della volontà.

A dire di Laclos, il romanzo avrebbe dovuto essere un monito: si rivelò per ciò che era e che è, un libro “spaventosamente perverso” (Marcel Proust). L’autore, esegeta della contraddizione, per ripulire la propria fedina sociale da esteta del torbido, accettò l’invito da parte dell’Académie di Châlons-sur-Marne di tenere un discorso De l’éducation des femmes. Predisposto nel marzo del 1783, il testo – pubblicato dalle edizioni De Piante come Maledette! Dell’educazione delle donne, a cura di Cinzia Bigliosi, che qui abbiamo interrogato, già autrice, per Feltrinelli, di una pregevole traduzione de Le relazioni pericolose –, pieno di buoni principi, ‘rivoluzionari’ – “senza libertà non v’è moralità, senza moralità non esiste educazione” –, esalta l’icona della “donna naturale”, divinità dei tempi moderni, “come l’uomo, un essere libero e potente”. Poiché “gli uomini hanno voluto perfezionare tutto, e hanno corrotto tutto… hanno abbandonato la natura che li rendeva felici, per calunniarla”, è la donna a dover sanare i mali del tempo, gli errori di Adamo. La donna naturale ha cura del proprio figlio – “niente la separa dall’oggetto della sua affezione; ogni sua cura è consacrata a lui” – non accetta di mandarlo a balia, lo irrobustisce con il suo amore; conosce l’eros senza languore, l’amore privo di sguardi furtivi: non ha bisogno di trucchi né di artefatte alchimie, perché “dispone di tre beni… la libertà, la forza, la salute”. La vecchiaia non scopre tale valchiria afflitta da livore e decrepitezza: la donna naturale “non teme la morte… il suo ultimo istante è sereno come tutti gli altri”. De l’éducation des femmes, di fatto, è atto d’accusa che assale Le relazioni pericolose, ne è il punto di distruzione, l’assassinio, Laclos che sfida a duello se stesso. Alcune parti del discorso sono meravigliose:

La natura crea solamente esseri liberi, la società tiranni e schiavi; ogni società suppone un contratto, ogni contratto un obbligo reciproco. Ogni obbligo è un intralcio che ripugna alla libertà naturale; anche l’uomo sociale non smette di agitarsi nei suoi vincoli, tende a sottrarsi, cerca di gettare il peso sui propri simili, vuole tenere solamente l’estremità della catena per dirigerli a suo piacimento; ne consegue che se l’oppressione del forte sul debole non è una legge naturale, nel senso in cui lo intendono i moralisti, è tantomeno una legge di natura, o piuttosto la prima vendetta della natura abbandonata sull’uomo sociale; ne consegue che qualsiasi convenzione tra due soggetti di forze ineguali non può che produrre un tiranno e uno schiavo, e di conseguenza, nell’unione sociale dei due sessi, le donne, di solito più deboli, hanno dovuto essere generalmente oppresse; qui i fatti vengono a sostegno dei ragionamenti. Percorrete l’universo noto: troverete l’uomo forte e tiranno, la donna debole e schiava; è raro che lei abbia l’astuzia di legare le mani al padrone e di comandarlo.

Più che femminismo, si dica istinto per il femminile. Tre anni dopo la stesura del discorso, Laclos sposa Marie-Soulange Duperré, da cui aveva già avuto un figlio. Consigliere politico del duca d’Orléans, durante i deliri della Rivoluzione è al fianco di Danton, dicono scrivesse i discorsi di Robespierre. Sapeva insinuarsi ovunque: morì a Taranto, di malaria e dissenteria, nel settembre del 1803. Dopo un tot di carcere, era stato reintegrato nell’esercito napoleonico. L’ultima lettera di Laclos, due giorni prima di morire, è proprio al suo “Generale Primo Console”, Napoleone: confida nel “successo del vostro esercito”, gli affida la sorte “di mia moglie e dei miei tre bambini”, gli assicura, fino all’ultimo respiro, “devozione e ammirazione”. Che mutamento di fronte e di destino… Chissà se si scrivono lettere in Paradiso – e a chi.

Per entrare nei meandri del discorso e della mente di Laclos abbiamo intervistato la sua traduttrice, Cinzia Bigliosi.

Laclos: insomma, che idea aveva della donna? Qual è il profilo della donna all’epoca di Laclos?

Nell’opera di Laclos la società rappresentata è diretta propaggine dell’ideale collettivo nato nel Seicento, quando salotti e Preziosismo avevano scrollato la condizione femminile dalla passività che l’aveva soffocata fino ad allora, per trasformarla in un movimento filosofico, letterario e anche mondano, almeno per le classi più agiate. In Laclos le figure femminili fondamentali sono emblematiche, hanno quasi sempre la parola, ricorrono a comportamenti astuti quanto eleganti, conducono la conversazione, non rinunciano al mondo, ma lo seducono dominandolo. Dalle lettere che scrive alla moglie a proposito di loro figlia, Laclos insiste per la liberazione da tutto questo, la donna/figlia deve studiare, coltivarsi, prendere in mano le redini del gioco. 


Perché Laclos sente la necessità di ‘educare’ la donna, a cosa le educa (o diseduca)?

Laclos scrive Delle donne e della loro educazione (qui reso con Maledette!) nel 1783 per provare a difendersi dalle accuse che gli erano state rudemente rivolte l’anno prima all’uscita di Les liaisons dangereuses. Allora il successo era stato immediato, così come l’accusa di alta immoralità per come aveva ritratto le donne. Deluso e amareggiato, in occasione del Discorso all’Académie Laclos scrisse Maledette! per cercare di riposizionarsi, almeno come moralista.

Come si concilia questo saggio con le Relazioni pericolose?

Nella società rappresentata in Le relazioni pericolose pare non esserci nessuna possibilità reale di educare le donne: le madri sono assenti, lontane anche fisicamente, instupidite dalla mondanità che le accieca; le figlie di ogni ceto sono mandate a balie appena nate, le più fortunate cresciute in convento dal quale escono senza nessuna misura né cautela che le protegga dalla vita sociale che le aspetta. Abbagliate dalla corte che si muove divertita e mascherata della più fallace autenticità, le fanciulle si perdono, cadono. Se Le relazioni rappresentavano la società come un teatro crudele, il Discorso di Maledette! è l’urlo di libertà atto a spingere la donna finalmente fuori dall’ordine sociale oppresso dalla corruzione, per trasformarla in una donna nuova e naturale, svicolata dal giogo del contratto sociale di cui è schiava.

Malizia e rinuncia, verginità e lussuria, intrepida crudeltà e smaliziata onestà: in Laclos convergono i contrari, agisce il conflitto, la donna che inebria perché inafferrabile: è così?

È anche così. Se infatti le lettere che compongono Le relazioni pericolose sono perlopiù lo specchio dell’animo femminile, è evidente che per Laclos la donna è tutto. Nella sua complessità il femminile contiene ingenuità e perversione, affabilità e dominio. Nel romanzo la perversione ha la meglio, ma alla fine la giustizia vince distruggendo tutto, esattamente come farà da lì a breve la Rivoluzione francese che sta arrivando alle loro spalle.

Chi è Laclos, qual è la sua lingua, quali i perigli, gli appigli, le difficoltà nel tradurlo?

Per quanto riguarda l’aspetto prettamente linguistico, il francese di Laclos è preciso, affilato come il suo pensiero. Per chi si accinga a tradurne i testi i margini sono limitati, le sfumature quasi sempre obbligate, e per fortuna. Quando tradussi per l’editore Feltrinelli Le relazioni pericolose, mi resi conto delle insidie di una scrittura solo apparentemente fluida e lineare che riusciva a creare, senza mai appesantirsi, un gran numero di voci e toni diversi per altrettanti protagonisti, tutti così lontani tra loro per indole e natura. Ad un’analisi di natura metalinguistica, le cose si complicano e il linguaggio di Laclos si fa insidioso, ambiguo. Ricordo che lo scrittore era prima di tutto un militare e uno stimato e sapiente ghost-writer politico. Si raccontava che, dopo essere stato segretario del Duca d’Orléans e protetto di Danton, scrivesse i discorsi a Robespierre. Documenti all’epoca segreti hanno svelato un Laclos incline a spregiudicatezze che, negli scritti ufficiali, non erano così evidenti.

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