mercoledì 2 novembre 2022

RECENSIONE "FRANKESTEIN" DI MARY SHELLY - EINAUDI

 

Creature dell’orrore

Frankestein. Dracula. Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde
 
2009
ET Biblioteca
pp. XVI - 804 - € 19,00
Introduzione a cura di
 

«Nelle pagine di questo volume vi imbatterete in tre fra le creature piú oscure della letteratura inglese dell'Ottocento... Queste creature, che compaiono qui insieme per la prima volta, hanno tutte e tre molto, moltissimo in comune, al di là del loro potere di continuare a terrorizzare i lettori generazione dopo generazione».

Stephen King


Il libro

Uno scienziato travalica i confini della coscienza per dare vita a una creatura abominevole. Un giovane avvocato è sopraffatto dalle trame segrete di un diabolico conte. Un medico esplora il suo lato piú oscuro cadendo vittima di se stesso. Titoli diventati presto leggendari e parte di un linguaggio universale, Frankenstein, Dracula, Lo strano caso del Dr. Jekyll e del Sig. Hyde, sono riusciti a rappresentare in modo tragico ma realistico l’eterna lotta fra Bene e Male che da sempre alberga in ognuno di noi. Stessa sorte mitica è toccata ai loro autori – Mary Shelley, Bram Stoker, Robert Louis Stevenson – che grazie al potere della loro inventiva, alle situazioni terrificanti, alle atmosfere «gotiche» catturano e lasciano sgomenti i lettori di ieri e di oggi, e, come le creature che hanno creato, sono diventati immortali.

RECENSIONE 

Il  desideio di onnipotenza dell'uomo si è espresso fin dai tempi più antichi attraverso il tentativo di riprodurre dalla materia un essere simile a lui. Già le pratiche alchemiche dei maghi medievali e le tecniche cabalistiche dell'epoca rinascimentale miravano a riprodurre un essere umano dalla composizione di elementi diversi.

E lo stesso desiderio di onnipotenza anima anche il dottor Frankenstein quando, dall'assemblaggio di pezzi presi da cadaveri, costruisce un essere mostruoso, la cui nascita costituirà per entrambi un'immane tragedia.

La creatura infatti, d'aspetto mostruoso, ma dotata di sentimenti e d'intelligenza, esprimerà il desiderio di essere accettata ed amata come gli altri esseri umani, ma verrà costantemente rifiutata spargendo intorno a sè soltanto terrore; Frankenstein, d'altro canto, sentendosi colpevole degli assassinii della sua creatura cercherà inutilmente di sfuggirla.

Mary Shelly, l'autrice del romanzo che prende il nome dallo scienziato crfeatore (e non dal mostro, come in tante versioni teatrali e cinematografiche) sottolinea nella prefazione alla prima edizione (1818) il carattere non meramente fantasticol del suo lavoro affermando che, nel momento in cui aveva preso idea fulcro del suo romanzo quella dela creazione del mostro, non si vedeva semplicemente <<nell'atto di tessere una serie di episodi soprannaturali e terrificanti. Il fatto da cui dipende tutto l'interesse della narrazione>> - ella affermava - <<non presenta gli svantaggi tipici del mero racconto di spettri e di magia. Esso si raccomanda per la novità delle situazioni che permette di sviluppare e, per quanto impossibile come realtà fisica, offre tuttavia all'immaginazione un punto  di vista più ampio e inclusivo, nel delineare le passioni umane, di quello consentito dai normali rapporti tra eventi realmente accaduti>>.°1

Altrove l'autrice affermava di aver preso lo spunto per questa "creazione" dagli studi sul galvanismo dello scienziato Darwin.°2

Tuttavia nel romanzo è fortemente presente la dimensione irreale, magica e terrificante tipica del genere gotico.

E infatti, la costruzione del romanzo aveva preso il via da una scommessa tra amici, da una gara sollecitata dalla lettura di storie di fantasmi, che avrebbe avuto chi fosse stato in grado di produrre la storia più terrificante ed efficace.

Fu così che Mary si mise a pensare ad <<una storia che parlasse delle misteriose paure sepolte nella nostra natura e che risvegliasse brividi di orrore, una storia che facesse temere al lettore di guardarsi alle spalle, che facesse gelare il sangue e accellerare i battiti del cuore>>.°3

Nacque così Frankenstein e la Shelly vinse la guerra.

La storia, che si sviluppa all'interno del dualismoscienza-magia, umano-sovraumano, presenta una struttura narrativa particolare,in quanto viene raccontata da tre divedrsi personaggi: il dottor Frankenstein, il mostro e l'esploratore Robert Walton. E' proprio quest'ultimo che, durante un viaggio tra i ghiacci del polo artico incontra lo scienziato ormai alla fine della sua esistenza e, in una sorta di diario epistolare, racconta alla sorella rimasta in Inghilterra l'incredibile storia di questo personaggio da lui conosciuto; ma ad un certo punto lo scikenziato prende il sopravvento e diventa egli stesso narratore delle sue vicende in flas-back; mentre a lui si sostituisce, in alcuni punti, il mostro stesso che racconta la storia del suo punto di vista.

Questa struttura riflette d'altra parte il conflitto sempre presente nel libro tra i personaggi, in particolare tgra il creatore e la sua creatura. Infatti, il mostro (l'essere, comed viene chiamato nel libro), rappresenta per lo scienziato la duplicità del suo essere, lo sdoppiamento della sua identità nelle due nature contrapposta, l'angelica e la diabolica, caratteristiche di tutta la lettertura gotica. Come Frankenstein stesso racconta: <<Mi ritrovai a pensare all'essere ... come quasi al mio vampiro, il mio stesso spirito liberato dalla tomba e costretto a distruggere tutto quello che mi era caro>>°4

°1 Prefazione alla prima edizione in M. Shelly, 1982, cit.

°2 Si tratta di dErasmus Darwin, nonno di Charles Darwin, che viene considerato uno dei precursori dell'evoluzionismo; si diceva, come riferisced la Shelly nella introduzione all'edizioned del 1831 del suo romanzo, che egli avesse fatto degli esperimenti conservando un pezzo di vermicelli in un vaso di vetro che, ad un certo punto, avevano cominciato a muoversi di moto spontaneo; da qui l'idea che si sarebbero potute mettere insieme e dotare di calore vitale le parti che compongono un essere vivente.

°3 Introduzione alla edizioned del 1831 in M. Shelly, 198, cit.

°4 M. Shelly, 1982, cit.


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