martedì 13 dicembre 2022

RECENSIONE "TASMANIA" DI PAOLO GIORDANO - EINAUDI


Paolo Giordano «Tasmania»

«Se proprio dovessi, sceglierei la Tasmania. Non è troppo piccola ma è comunque un'isola, quindi facile da difendere. Perché ci sarà da difendersi, mi creda»

Paolo Giordano si misura con le nostre paure

Romanzo dell'anno secondo la Classifica di Qualità della Lettura

PAOLO GIORDANO

 'TASMANIA' 

EINAUDI

 pp. 262 - 19,50 euro 

 

 

 

Il libro

Dopo Divorare il cielo (Supercoralli 2018, in Tascabile dal 2019) e Nel contagio (Vele 2020), Paolo Giordano torna nelle librerie con Tasmania: un romanzo sul futuro. Il futuro che temiamo e desideriamo, quello che non avremo, che possiamo cambiare, che stiamo costruendo.

Il protagonista è un giovane uomo attento e vibratile, pensava che la scienza gli avrebbe fornito tutte le risposte ma si ritrova davanti un muro di domande. Con lui ci sono Lorenza che sa aspettare, Novelli che studia la forma delle nuvole, Karol che ha trovato Dio dove non lo stava cercando, Curzia che smania, Giulio che non sa come parlare a suo figlio. La crisi di cui racconta questo romanzo non è solo quella di una coppia, forse è quella di una generazione, sicuramente la crisi del mondo che conosciamo – e del nostro pianeta. La magia di Tasmania, la forza con cui ci chiama a ogni pagina, è la rifrazione naturale fra ciò che accade fuori e dentro di noi. Cosí persino il fantasma della bomba atomica, che il protagonista studia e ricostruisce, diventa un esorcismo: l’apocalisse è in questo nostro dibattersi, e nei movimenti incontrollabili del cuore.

Il libro, «tra i titoli più contesi alla Fiera di Francoforte» («Corriere della Sera») e i cui diritti sono stati già venduti in oltre venti paesi, sta ricevendo un’accoglienza straordinaria:

«Tasmania non è solo un romanzo perché è troppo moderno per essere un romanzo classico. Usa il romanzo, cioè quello che ha imparato dal romanzo, come chiave di accesso, ma questo è un libro che contiene in sé altre forme, il giornalismo, il reportage, il saggio, l'autofiction, la riflessione su un'epoca. Senza che il lettore ne esca mai frastornato, ma anzi con l'effetto di tenerlo incollato, bisognoso di continuare perché felice di sentirsi vicino e compreso: felice di essere portato con leggerezza nella profondità dei suoi abissi».
Annalena Benini, «Il Foglio»

«Qual è il peso specifico di una crisi quando sia il passato (come forma di nostalgia) che il futuro (come forma di utopia) sono altrettanto inattingibili? In questo senso, Tasmania – un romanzo lucidissimo e struggente – sembra interrogarsi su ciò che Divorare il cielo lasciava ancora aperto».
Veronica Raimo, «7 – Corriere della Sera»

«Tasmania parla di noi, delle nostre crisi intrecciate alla crisi più devastante, quella del clima, mentre a nessuno che possa davvero fare la differenza pare ne importi veramente qualcosa. Che bello quando uno scrittore scrive un romanzo immerso nel suo tempo: presente, passato e forse anche futuro».
Daria Bignardi, «Vanity Fair»

«Giordano riesce a sovrapporre una frattura interiore a quel­la collettiva. Tasmania è un libro bello e importante, forse il romanzo definitivo su quel che ci sta succedendo e non riusciamo a spiegarci».
Nicola H. Cosentino, «Corriere della Sera»

«Mi succede con pochi romanzi. Inizio a leggerli e mi ci accomodo dentro come se parlassero la mia stessa lingua. Ma non si tratta soltanto di parole, è roba più profonda, che ha a che fare con l’anima che, come col tocco di un diapason, comincia vibrare nella stessa frequenza. Dico che è un libro bellissimo. Fine».
Luciana Littizzetto, link 

«Tasmania è un libro feroce e insieme struggente. Il libro di uno scrittore adulto, che porta addosso i segni di quello che gli è accaduto e ci sta accadendo: in pari misura. Anzi: il suo corpo si fa sismografo, sembra acquisire le stigmate dalle catastrofi. La pandemia, la crisi climatica, la siccità e in generale la crisi della nostra presenza sul pianeta».
Elena Stancanelli, «tuttolibri – La Stampa»

«Paolo Giordano ha smesso di fare il fisico e si è dedicato ai romanzi, senza smettere però di essere uno scienziato. Ha scelto un approccio non lineare a questioni che la matematica non riusciva a dirimere, le parole come strumento più potente dei numeri, ma che vanno maneggiate con altrettanto rigore e precisione affinché producano segnale e non rumore, per usare il gergo degli statistici».
Stefano Feltri, «Domani»

«Giordano firma il suo quinto romanzo, il più bello, perché nichilista e contemporaneo, attestandosi come il narratore più sfaccettato sulla scena italiana, capace di parlare di nuvole e orgasmi, terrorismo e divorzio, gender gap e Lanzarote».
Francesco Musolino, «Il Messaggero»

«Le opere di Giordano si distinguono per un nitore sintattico che non "sporca" mai la pagina e per uno scandaglio psicologico sempre spudorato e meticoloso. In tal senso non c'è parentela con la tradizione italiana. Si avverte l'eco di letture assai metabolizzate di autori feticcio come McEwan o Cunningham, rivelatori anche dell’attitudine a raccontare infanzia e adolescenza».
Crocifisso Dentello, «il Fatto Quotidiano»

«C’è un nodo che vorrei subito raccontare e cioè la capacità del protagonista, di chi parla in questo romanzo, di raccontarci e analizzare con occhi molto acuti i grandi temi del presente».
Giorgio Zanchini, «Quante storie – Rai 3»

 

 RECENSIONE

C'è una paura di fondo che circola in tutto questo bel romanzo di Paolo Giordano, una paura che via via trova nuove e diverse ragioni per alimentarsi, dagli attentati islamici all'emergenza climatica, e sin dall'inizio, dall'incontro con lo scienziato Jacopo Novelli, un fisico che studia nelle nuvole lo stato di salute del nostro pianeta, che gli parla della sindrome di Kessler (leggere il libro per scoprire di cosa si tratta), una minaccia che nessuno conosce ed è reale, più di tante altre generiche, più o meno originali, tra cui cita le pandemie ("Lo disse, eccome se lo disse!").

La forza del racconto, con la sua scrittura chiara, pulita, diretta, è nel mettere in rapporto questa ansia con la vita, le incertezze, le illusioni, le delusioni, le crisi, sentimentali e professionali dell'io narrante, insomma la sua esistenza quotidiana e normale.

Giordano, del resto, durante la pandemia ha scritto e pubblicato solo saggie e riflessioni sul 'Contagio' come si intitola il primo lavoro di quella serie, e anche se ora viene citata solo una volta, di sfuggita, sappiamo che questo romanzo è nato in quel periodo e ci pare rifletta quindi un sentimento di insicurezza, una qualche chiusura molto più preoccupata del domani ‌("Il nostro futuro era diventato bianco, come la cecità") di quel che era nel suo romanzo precedente, 'Divorare il cielo' del 2018.

Gli avvenimenti che riguardano la terra - e il protagonista si chiama Paolo, come l'autore, ed è anche lui un ex fisico diventato scrittore e che segue per un giornale le conferenze dell'Onu sul Climate Changing - sono sempre apparsi frutto di modificazioni molto lente, ma oramai la situazione è cambiata, è arrivata alla vigilia del disastro rapido, improvviso, il momento è pre-traumatico. Così ecco che viviamo la crisi fuori e dentro di noi. E allora il racconto si fa impietoso, anche duro nel suo cercar di indagare e indagarsi sino in fondo, ma vive di sentimento, tra impotenze e tenerezze, voglie e realtà, così da risultare coinvolgente, anche in quell'evocare la bomba atomica (nel frattempo tornata di lancinante attualità) e ricostruire i bombardamenti e le loro conseguenze a Hiroshima e Nagasaki, al centro del libro apotropaico che Paolo sta cercando di scrivere, mentre il suo matrimonio con Lorenza naufraga, anche in seguito ai vani tentativi di avere un figlio. Perché questo libro vitale e inquieto, scopriamo alla fine che è un percorso dagli ultimi sbandamenti della giovinezza alla scoperta della paternità, anche se legata non a un figlio proprio, ma a quello della moglie, Eugenio, che comunque è cresciuto assieme a lui. E' con questa consapevolezza nuova, che Paolo poi viaggia, con l'amico Giulio, in Giappone per gli anniversari dei due bombardamenti del 6 e 9 agosto 1945 e incontra alcuni sopravvissuti, simboli di una vita che continua anche in un sottile, vivo rapporto con tutti i morti: "Una volta polverizzati i corpi, gli atomi continuano a esistere e quelli instabili a emettere radiazioni: raggi alfa, beta e gamma, neutrini che attraversano indisturbati la materia... Ed è possibile, allora, che sotto forma di radiazioni esistano ancora tutti i morti, tutti quelli del passato e tutti quelli del presente", che ci attraversano di continuo.

'Tasmania' - 're del 2022' secondo la Classifica di qualità de 'La Lettura' del Corriere della Sera - è in fondo un'educazione sentimentale all'incertezza e i timori insiti nella nostra esistenza. Non c'è bisogno per salvarsi appunto di andare a vivere nella lontana isola a sud-est dell'Australia, dove Novelli dice che forse ci si potrebbe sentire al riparo molto più a lungo dal disastro ambientale. Perché esiste una Tasmania più vicina: la salvezza più importante è quella che riusciamo a trovare dentro di noi, con le persone che amiamo e abbiamo amato. Una vita che per Paolo comprende il cercare di conciliare l'insofferenza e il desiderio di avere accanto Lorenza con la sua pazienza e ritrovarsi con Eugenio, ma anche Novelli, scienziato tutto dedito a proclamare l'esattezza oggettiva della scienza e messo in crisi dalla sua umana debolezza (e dopo gli appelli alla sicurezza della scienza durante la pandemia, anche questo prende un suo preciso senso); Giulio che si sta separando e si aggrappa al diritto a conservare un rapporto col proprio figlio con cui non sa come rapportarsi; Karol, l'amico prete che ha la sua rivelazione e fede nel suo amore per Elisa; Curzia agitata e provocatoria.

Insomma tutto un mondo che si agita come atomi, come neutrini nello spazio, per sopravvivere a quel senso di estraneità, di vuoto, per superare quel "senso di stanca inevitabilità, come se la disillusione avesse impregnato a fondo i tessuti cerebrali di ognuno", che si sentiva alla fine del 2019.

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