giovedì 28 settembre 2023

Tg3 @Tg3web - https://twitter.com/i/status/1704906188792430716IL MIO NOME E MOSE E IL TUO.

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Mosè, tre anni e mezzo, è stato trovato nel deserto del Sahara da un migrante poco più grande di lui. Ora è a Lampedusa, in attesa che il Tribunale dei minori di Palermo trovi una famiglia che si prenda cura di lui
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Devo continuare a combattere le tenebre. Se affronto con coraggio ciò che temo, posso sconfiggerlo. Se continuo a evitarlo e a nascondermi, sarà lui a sconfiggere me.

 La storia è questa, ma forse la conoscete già: mi chiamo Mose. Non ho una famiglia, non ricordo la regione dove sono nato. Ho camminato da solo nel deserto. D'inverno la neve, di notte le stelle ovunque - tante da ritrovarle persino nelle tasche.

Da Lampedusa, dove abito adesso, quando mi capita di sollevare lo sguardo in direzione del confine, allora, di tanto in tanto, sento emergere una specie di nostalgia che mi solletica la nuca e mi riporta al passato. Non conosco il calore di una casa, nè le grida di amici riuniti per strada a giocare, agli odori della cucina di mia madre e soprattutto alla sua voce, io non conosco, perchè sono un orfano. Sono rimasto solo a fare vita di strada.

Ricordo bene il giorno in cui tutto è cominciato. Ero picolo, ma non così piccolo da non accorgermi che c'era qualcosa che non andava: l'odore della paura si era diffuso in me. Al mattino si è avvicinato un uomo facoltoso, che venuto a consocenza dell'accaduto si era subito premunito a fare qualcosa. E dato che sono solo, non avevo documenti validi, ma non ne avevo proprio, nemmeno uno, e manco sapevo con esattezza quando ero nato, in questura hanno deciso che per il resto della vita avrei festeggiato il compleanno il giorno di Mose - questo in caso voleste farmi gli auguri. 

Arrivato in Italia, ho cercato un posto da chiamare casa, dopo che un giorno alla volta, combattendo contro i demoni, tra testa, cuore e stomaco si era creato uno spazio nuovo, mi sono reso conto che forse potevo anche smetterla di starmene ripiegato sul Pensiero della sopravvivenza, e ho iniziato a chiedermi se era possibile trovare una famiglia.

Infatti, quando ho capito che, grazie a chi mi aveva accolto, con la mia vita davvero potevo farci qualcosa di bello, e non solo, magari anche qualcosa di utile, ecco che certe domande hanno cominciato ad affiorare senza che io dovessi neppure scuotere troppo il fondo dei ricordi. Che vita avevo fatto in quel periodo nel deserto? I miei ipotetici genitori erano rimasti feriti? Erano ancora insieme o si erano divisi? Erano fuggiti? E dove? 

Quando la questura mi ha lasciato parlare (ero sovraeccitato, da non respirare) e quando finalmente ho finito ha detto che per lui ero troppo complicato condividere la valanga di informazioni con i suoi e che rischiava di incasinarsi. 

Mi sono messo buono buono ad aspettare. E' passato diverso tempo. Avevo quasi perso le speranze. Poi, una sera, ho ricevuto una telefonata. Era un miracolo. Poi ha detto: Aspetta. Voleva passarmi al telefono qualcuno. E mi si sono riempiti gli occhi di lacrime, perchè avevo già capito, dalla voce affettuosa dall'altra parte che, una famiglia mi stava cercando.

E dalla cornetta è uscito un respiro, ma lieve, e umido. Stavo piangendo. Ci parlavamo per la prima volta, e quel sale e quei sospiri erano tuttto ciò che un figlio e una madre possono dirsi, anche se non sei la sua creatura. in quel momento ho saputo che ero vivo - è stato come riprendere a respirare dopo una lunghissima apnea. Un brivido è corso lungo la spina dorsale e mi è esploso nel cervello. Ero troppo emozionato per parlare davvero e non sono riuscito a fare altro che ammucchiare parole goffe. Ha detto che io ho una famiglia che mi aspetta.  La sua voce mi faceva il solletico dentro la testa. Ero felice.

Una delle prime cose che mi ha chiesto è stata se mangiavo. la domanda che una madre qualsiasi farebbe ad un figlio qualsiasi. Ho risposto che mangiavo parecchio, ma i broccoletti non mi piacciono, su questo poteva scommetterci, e che da quel punto di vista, a essere sinceri, non potevo finire in un posto migliore. Mamma, sono a Palermo, vieni a prendermi!

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