lunedì 25 marzo 2024

DALLA PARTE DELL'INSIGNIFICANZA.

 Il potere incredibile di persone insignificanti e transitorie?

Il potere incredibile di persone insignificanti e transitorie - Milano  Città Stato

PER UN MONDO CHE SI TRASFORMA.

I tre segni zodiacali più insignificanti: ecco la classifica 

 Per un mondo che trasforma.

Quali sono i segnali che ci indicano la fine del mondo attuale?

Che cosa ci aspetta oltre la soglia attuale?

domenica 24 marzo 2024

REVIEW: STORIE DI PADRI. STORIE DI FIGLI. 4 GENERAZIONI DI PATERNITA' DI ANDREA POLO, PAESI EDIZIONI.

'Storie di padri. Storie di figli', 4 generazioni di paternità

Andrea Polo racconta la trasformazione della figura genitoriale di Monica Paternesi
ANDREA POLO
'STORIE DI PADRI.STORIE DI FIGLI'
PAESI EDIZIONI
160 PAGG. 13 EURO
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Il libro
 
Riavvolgendo il nastro dei ricordi, in questo romanzo generazionale Andrea fa scoprire ai suoi figli, Marco e Giovanni, le radici di un’avvincente storia di famiglia. Un viaggio ricco di emozioni attraverso un secolo di paternità. Cosimo è diventato padre nel 1910. Andrea, suo nipote, nel 2010, esattamente cent’anni dopo. Cresciuto tra i pascoli, Cosimo ha imparato a leggere e scrivere in prigione, durante la guerra. Tornato in libertà, ha fatto studiare tutti i suoi undici figli perché diventassero «migliori di lui». Andrea è nato quasi a sorpresa, otto anni dopo i suoi fratelli. Ha girato il mondo e fatto della scrittura e delle parole il proprio mestiere. Anche se i suoi genitori, e i suoi figli, non hanno mai ben capito quale fosse. In queste pagine, tutto si svela. 
 

REVIEW

Un flusso ininterrotto di memorie così privato da diventare storia simbolica del passato recente del nostro Paese. Un papà che nel giorno del compleanno del padre scomparso da un anno narra ai figli adolescenti di nonni e bisnonni. Sono quattro le generazioni a confronto in "Storie di padri. Storie di figli" di Andrea Polo, giornalista, comunicatore di professione che dopo diversi saggi è al suo esordio nella narrativa. 


    Cosimo, capostipite e nonno del narratore, è padre di 11 figli dai quali si fa dare del Lei. È prima pastore nella sua Sardegna e poi ferroviere: li farà studiare tutti e 11, femmine comprese. " Ha fatto in modo - racconta il protagonista ai figli- che io avessi zie farmaciste, insegnanti, funzionarie pubbliche, e zii magistrati, maestri, e ancora preti e pure suore di clausura". 


    Andrea, il protagonista, nato a sorpresa a otto anni di distanza dai suoi fratelli, fa della scrittura e della parola il proprio mestiere, nonostante genitori e figli non abbiano mai capito fino in fondo che lavoro faccia. Andrea con i figli Marco e Giovanni, affronta un viaggio attraverso un secolo di paternità: da quando i bambini non si prendevano in braccio perché 'cosa da donne' fino al momento in cui gli uomini hanno imparato e forse in fondo gli è anche stato concesso, a godersi a pieno l' essere un padre. 

La storia è ambientata il 2 marzo 2023, una settimana prima del compleanno del padre di Andrea, venuto a mancare da pochi mesi, papà fisicamente spesso assente ma empatico e partecipe. Proprio per riagganciarsi alla sua immagine, ai ricordi, quelli vissuti insieme e quelli conosciuti attraverso i racconti degli altri, Andrea scrive e regala ai figli la storia della propria famiglia, la memoria di radici che lo ancorano ben saldamente al presente, raccontando come si sia trasformata in modo necessario e imprescindibile la figura del padre.

REVIEW: LA FABBRICA DELLE RAGAZZE DI ILARIA ROSSETTI - BOMPIANI

 

ILARIA ROSSETTI

"LA FABBRICA DELLE RAGAZZE" 

BOMPIANI

pp.308 - 19,00 euro

 

 

 

 

 

 

Il libro

Al centro di questo romanzo ci sono le ragazze: con i capelli al vento di chi attraversa la campagna in bicicletta, con le guance scavate perché il cibo scarseggia ma gli occhi ardenti di chi ha tutta la vita davanti, con le dita sottili che sono perfette per costruire le munizioni. Infatti, durante la Prima guerra mondiale, la fabbrica Sutter & Thévenot sceglie proprio la campagna lombarda per installare, a Castellazzo di Bollate, uno degli stabilimenti dove centinaia di donne giovanissime fanno i turni per rifornire i soldati al fronte. E poi ci sono anche loro, i ragazzi, allontanati dalle famiglie e dal lavoro per andare a far carne da macello nelle trincee, con i cuori pieni di nostalgia e pronti ad accendersi quando arriva una cartolina vergata da una grafia femminile, come succede a Corrado che per amore arriva alla diserzione... Ma è il 1918, la Storia sta accelerando: è così che Emilia, la piscinìna, la mattina del 7 giugno saluta i genitori senza sapere se li rivedrà, perché una grave esplosione investirà la fabbrica causando decine di vittime, quasi tutte donne e bambine. La produzione però riprende subito, in tempo di guerra le vite umane contano ancora meno del solito. È così che Corrado e il padre di Emilia, Martino, con sua moglie Teresa dovranno accettare che la realtà è più dura dei sogni e il tempo scorre indifferente come il Seveso sotto il grande cielo. Con una lingua intensamente poetica e venata di dialetto senza mai indulgere nella maniera, Ilaria Rossetti racconta un episodio quasi dimenticato e più che mai attuale di lavoro femminile e morti bianche: prima di lei, fu Ernest Hemingway a parlarne in uno dei Quarantanove racconti. In queste pagine la storia vera dell'esplosione della fabbrica Sutter & Thévenot di Bollate, che uccise cinquantanove tra operai e operaie, da testimonianza si fa romanzo e attraverso le voci di tante piccole vite non smette di chiederci ascolto.

 


Un romanzo vero, moderno, a cominciare dai temi, le morti sul lavoro innanzitutto, poi la guerra, con un bel ritmo, colpi di scena, cambi di prospettiva e un racconto quasi corale con echi classici nell'atmosfera e la scrittura, appena venata di dialetto, leggera e incisiva nella concretezza del suo sguardo realista e poetico, controllato e senza un filo di retorica, sull'asprezza della vita e la capacità di resistergli.

E' l'ultima opera (in selezione per il Premio Strega) di una scrittrice, vincitrice del Campiello Giovani nel 2007, poi autrice di alcuni romanzi, tra cui il notevole "Le cose da salvare" del 2020, capace di scegliere momenti esemplari, tragici, per raccontare un pezzo della storia del nostro paese, i cui avvenimenti di parlano anche del presente, di persone vinte ma che non si piegano, che non riescono o non vogliono dimenticare. 


    Si parte dal recupero della storia vera dell'esplosione, il 7 giugno 1918, della fabbrica di munizioni Sutter & Thévenot di Bollate (di cui parlerà Ernest Hemingway, che partecipò ai soccorsi, nel racconto "Storia naturale dei defunti") che fece 59 vittime (in appendice sono riportati tutti i loro nomi e l'età), molte delle quali praticamente scomparse, perché ridotte a brandelli, tra uomini e una grande maggioranza di giovani donne. Tra queste si seguono le diverse storie di Emilia Minora (nome vero di una delle scomparse) e poi di Clementina Colombo ricostruendole con la libertà e la creatività del narratore, ma dando risalto in particolare alle figure e al dolore dei genitori della prima, Martino e Teresa Minora, contadini dai sentimenti profondi vissuti con pudore e ritrosia e dalla vita misera e aspra, relativamente ai quali, ma non solo, nasce la domanda: "Perché le guerre, quando finiscono, non finiscono mai per tutti?". Domanda che appunto riguarda coloro che ne sono rimasti segnati, ma che qui si allarga a tutto, acquistando un valore esistenziale, metaforico, oltre a quello più letterale relativo alla Grande Guerra, di cui si raccontano gli ultimi mesi e la fine, nel 1918, tra Bollate, le campagne intorno e Milano, unite dal fiume Seveso, percorse da ragazze e uomini in bicicletta Con queste, mentre la fabbrica riprende subito la produzione utile alla guerra, che procede indifferente alle morti che si lascia dietro, si intrecciano altre vicende umane, da quella del soldato Corrado, che diserta per una illusoria storia d'amore, al carabiniere Ernesto Fumagalli detto Drumedari che gli dà la caccia, al farmacista di Bollate o la povera Clementina, stuprata dalla guerra, e molte altre minori, in un affresco coinvolgente di una realtà articolato e ricco nel rendere conto dei fatti ma assieme di come le persone li elaborano per sopravvivere bene o male, in un mondo in cui ''se le cose non vogliono più stare al loro posto, se non possono più stare al loro posto, allora come si fa?''. 


    Ecco quindi che la bella creatività della Rossetti gioca coi sogni e con la realtà, spiazza il lettore e lo riacchiappa portandolo a partecipare alla sofferenza di Martino, che vuol restare solo sul fiume col suo dolore e si incontrerà con la vita drammatica di quel periodo, o ai sentimenti di rancore in cui si chiude Teresa (tutto simbolicamente concentrato in un uovo non consegnato e schiacciato a terra), due che ''se avessero conosciuto le parole per fare esistere quel dolore e condividerlo, avrebbero potuto girarsi sul fianco e guardarsi negli occhi''. 


    Un romanzo in cui si sentono lontani echi manzoniani, da quella impossibilità, per la violenza della storia, di vivere la propria vita secondo i propri desideri, all'arrivo a Milano di Martino e Corrado, o l'attenzione ai paesaggi attorno, perchè di un vero grande romanzo affresco tradizionale si tratta, ma riscritto e visto con sapienza, occhi e una struttura e scrittura moderna, precisa, ben ritmata, senza una parola, un aggettivo di troppo, con una sua concretezza (''Il risucchio della minestra si unisce ai rumori della sala, voci levate e silenzi solitari, il cigolio delle sedie, la porta che sbatte'') anche nella scelta di vocaboli particolari (''La sardana sanguinaria della guerra'') e della vita contadina, come in certe elencazioni in crescendo che trovano la propria forza espressiva nel loro aggregarsi.

REVIEW: VENTRE SEPOLTO DI ALIYEH ATAEI, UTOPIA

Esce Ventre sepolto, romanzo sulla disforia di genere

Edito da Utopia, l'autrice è l'iraniana Aliyeh Ataei 
 

Ventre sepolto

Aliyeh Ataei

ALIYEH ATAEI

VENTRE SEPOLTO 

UTOPIA

PP.192, EURO 18


Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.
Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.

Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.
Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commo

 Il libro
Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.
Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.
Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.
Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.
Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.
Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.
 
Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.
Sull'orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l'uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all'indagine sull'animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.
Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.
Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.
Sull’orlo di una crisi di nervi, Mani Rafat vaga per Teheran alla disperata ricerca della sorella gemella. Non ne trova più traccia e sentimenti contrastanti gli attraversano la mente. È un giovane ingegnere dallo spiccato gusto letterario, che soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. La moglie lo ha lasciato perché Mani non riesce a darle un figlio. Intorno a lui, per giunta, la città si muove a un ritmo disumano. A poco a poco, mentre il lettore lo insegue in questa ricerca spasmodica, il protagonista comprende che la sua inquietudine è alimentata da un dolore profondissimo: è un uomo, certo, e come tale lo riconoscono le persone in cui si imbatte, eppure dentro di sé custodisce un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. A mano a mano che l’uomo inizia a riconoscersi meglio, la sua identità si sovrappone a quella della sorella perduta. Tra ossessioni e discriminazioni, perciò, la ricerca della gemella si intreccia all’indagine sull’animo femminile che Mani ha riscoperto in sé, con un finale imprevedibile e commovente.
 

Dopo il successo francese, esce in Italia il 22 marzo, per i tipi di Utopia, Ventre sepolto, tradotto da Giacomo Longhi e Harir Sherkat. L'autrice del romanzo è l'iraniana Aliyeh Ataei, astro nascente della nuova letteratura persiana. 

    Classe '81, sostenitrice dei diritti delle donne, le sue opere affrontano il tema dell'identità, della frontiera e dell'emigrazione. Ha scritto per numerose testate giornalistiche, è laureata in sceneggiatura, e autrice di narrativa e saggistica. 

    Ventre sepolto è un libro che piacerà molto a chi "ha amato Le poesie di Forough Farrokhzad, Una donna di Ernaux e Mille splendidi soli di Hosseini", fa sapere la casa editrice in una nota. 

    Il protagonista della storia è Mani, un ingegnere che vaga per Teheran alla ricerca disperata della sorella gemella. E' un uomo di mezza età, ama la letteratura, soffre di disturbi psichici e fa uso di stupefacenti. Vive un momento difficile anche perché la moglie lo ha lasciato. La rottura è dovuta al fatto che i due non hanno potuto avere figli. Mani vaga in una città scossa da proteste e tumulti. 
 
L'agitazione in cui è immersa la metropoli fa da contraltare all'inquietudine del protagonista: Mani custodisce dentro di sé un io femminile, cui da tempo non presta ascolto. "Il finale è imprevedibile e commovente", spiega il sito di Utopia. 

martedì 19 marzo 2024

REVIEW: LA GRANDE FORTUNA DI OLIVIA MANNING, FAZI EDITORE.

 CONIUGI DI RABBIA NELL'EUROPA PERDUTA.

AMORE COM'E' FERITO IL SECOLO? E NOI COME FAREMO INVECE, SE FUORI FRANA IL MONDO, PER UN OCCIDENTE FORTUNOSO, A COLTIVARE LA NOSTRA QUIETE, COME UN LAURO SEMPREVEDE? PERCHE' LA VITA VIVA, CI VOGLIONO LE IMPUREZZE, CI VUOLE IL DISSENSO, IL DIVERSO, IL GRANO DI SALE E DI SENAPE.

Olivia Manning 

La grande fortuna

Titolo originale: The Great Fortune
Collana: Le strade
Numero collana: 568
Pagine: 408
Prezzo cartaceo: € 18,50
Data pubblicazione: 19-03-2024

 

Introduzione di Rachel Cusk
Traduzione di Velia Februari

Il libro

È l’autunno del 1939 e i novelli sposi Guy e Harriet Pringle dall’Inghilterra si trasferiscono a Bucarest. Guy insegna all’università e Harriet, che non ha una vera famiglia, ha accettato di seguirlo in Romania. I due non potrebbero essere più diversi, lui è tanto socievole quanto lei è introversa, e la giovane, con sgomento, si rende subito conto che dovrà condividere l’adorato marito con un’ampia cerchia di amici e conoscenti; tra questi il principe Yakimov, britannico di origini russe caduto in disgrazia, che vive di espedienti e trascorre le notti folleggiando; e la bella Sophie Oresanu, una studentessa universitaria locale che da tempo ha messo gli occhi su Guy. Ma sono ben altre le difficoltà che attendono Harriet: a mano a mano che i giorni passano la minaccia dell’avanzata nazista si fa sempre più concreta e la combriccola di stranieri di stanza a Bucarest assiste con orrore alla disfatta degli eserciti alleati. È un mondo strano e incerto, quello in cui la coppia si ritrova a vivere: i mendicanti bazzicano a pochi passi dagli eccessi dei reali mitteleuropei, mentre i nuovi ricchi imitano la vita alla moda parigina e i giornalisti espatriati si abbuffano di tartufo e quaglie in gelatina in sfarzosi ristoranti. In questo scenario esotico Harriet imparerà a conoscere suo marito, meravigliandosi giorno dopo giorno di fronte alla complessità dell’uomo semplice che credeva di aver sposato.
La grande fortuna, primo volume della trilogia dei Balcani, è il racconto di un matrimonio e di una guerra: un capolavoro brulicante, illuminato da punte di ironia, al cui centro non c’è il campo di battaglia, ma ci sono le sale da tè e la cucina, la camera da letto e la strada, il tessuto di un mondo quotidiano che, pur essendo irrevocabilmente cambiato, rimane immutato.

«La narrazione, naturale, ricca di accadimenti e coincidenze, dettagliata, densamente popolata da personaggi minori, conferma che Manning aveva un dono per la scrittura».
dall’introduzione di Rachel Cusk

«La trilogia dei Balcani è il superbo racconto di un amore in tempo di guerra».
«The Times»

«La trilogia dei Balcani: un resoconto incredibilmente aspro e al contempo godibile della vita nell’Europa orientale all’inizio della guerra».
Sarah Waters

«La sua galleria di personaggi è enorme, la scena da lei dipinta superba, il suo pathos controllato, il suo umorismo quieto e civile».
Anthony Burgess

«L’enorme opera di Manning è una di quelle rarissime combinazioni in grado di soddisfare insieme le condizioni di due tipi di pubblico: quello che cerca ciò che si chiama “una buona lettura” e quello che vuole qualcosa di più».
«The New York Review of Books»

 

Olivia Manning


Nacque a Portsmouth, in Inghilterra, e trascorse gran parte dell’infanzia nell’Irlanda del Nord. Si formò come pittrice alla Portsmouth School of Art, poi si trasferì a Londra e si dedicò alla scrittura. Pubblicò il primo romanzo a suo nome nel 1938. L’anno successivo sposò R.D. “Reggie” Smith e la coppia si trasferì in Romania, dove lui era impiegato presso il British Council. Durante la seconda guerra mondiale, i due fuggirono in Grecia e poi a Gerusalemme, dove vissero fino alla fine del conflitto. Manning scrisse diversi romanzi, ma raggiunse il successo con La grande fortuna (1960), il primo di una serie di libri sulla storia di Guy e Harriet Pringle successivamente raccolti in due volumi: la trilogia dei Balcani e la trilogia del Levante. Manning scrisse inoltre saggi e testi di critica, testi storici, una sceneggiatura e un libro sui gatti birmani e siamesi. Nel 1976 fu nominata comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico.

La scrittrice Olivia Manning, interpreta con gli strumenti della narrativa il senso di irrilevanza del mondo, la forza d'attrazione, lì, il tessuto di un mondo quotidiano. Che cosa alimenta l'onda nera (nazisti) montate da qualche anno in Europa? Ma,  soprattutto, quali pulsioni spingono i novelli sposi Guy e Harriet Pringle, a infoltire le schiere dell'estrema destra, riproponendo anche gesti, simboli e modelli politici che fino ad un decennio orsono si ritenevano superati o tutt'al più incarnati da sparuti drappelli nostalgici? Sul tema si è cimentata Olivia Manning, fornendo risposte che vanno a scavare nel tessuto connettivo delle varie aree interessate e nelle trasformazioni che, ciascuno con le sue peculiarità, ha vissuto all'indomani dell'esaurirsi degli entusiasmi post-autunno 1939. Teatro di movimenti di guerra,  giorni che passano sotto la minaccia dell’avanzata nazista si fa sempre più concreta e la combriccola di stranieri di stanza a Bucarest assiste con orrore alla disfatta degli eserciti alleati.

Ma nulla come la letteratura, quando è buona letteratura, sa entrare nella carne viva delle dinamiche che muovono i comportamenti umani, portando i lettori a vestire i panni dei diversi attori e, dunque, a farli comprendere assai meglio di qualunque analisi psico-sociologica o politologica. Un'operazione, quella del travestimento letterario, che riesce assai bene e con eccezionale naturalezza alla scrittrice Olivia Manning, - che dice molto dell'attitudine dei protagonisti del libro: quella <<gentaglia>>, così definita perchè vive sulle spalle degli altri, cui non resta che far rumore, per invocare attenzione del mondo e sfogare la frustazione davanti ad una realtà che non comprende più, sia essa politica, o quella delle relazioni personali, sfilacciatesi e impoverite in parallelo al lento declino della Storia.

I coniugi Guy e Harriet Pringle, di cui l'autrice segue le vicende personali e familiari sono l'emblema di questi giovani smarriti e senza ideali, cresciuti in famiglie piccolo-borghesi. Olivia Manning, è molto efficace nel tracciare il progressivo scivolamento dei due sposini, seppur diverso nei tempi e nei modi, dentro le spire del perverso meccanismo della demolizione dell'altro, dello straniero, e del conseguente bisogno, quasi viscerale, di spazzarlo via.

Il viaggio di Guy e Harriet Pringle viene accuratamente fotografato dall'autrice, che ne ripercorre le giornate: cadenzate dai tempi del lavoro e delle bevute con gli amici più tardi. Olivia Manning, li segue come una regista maniacale, armata di una cinepresa sempre accesa e puntata a immortalare ogni singolo istante del loro vissuto, dal più banale al più tragico, spiazzando spesso il lettore con improvvisi cambi di inquadrature o zoomando più semplicemente su questo o su quel dettaglio all'apparenza del tutto insignificante, ma funzionale a dare il tono di questo fluire lento e naturale dei  minuti, delle ore e dei giorni verso un destino segnato, ab origine, dal marchio del fallimento.

La scrittrice Olivia Manning, ricorre ad uno stile concreto e tangibile, quasi a volerli issare come i trofei della vita insignificante dei due giovani e del contesto. Una vita in cui non c'è spazio per sognare, per immaginare anche soltanto un oltre al di là dell'orizzonte quotidiano; una vita che induce a battere i pugni sempre più forte per farsi sentire, anche a costo di diventare violenti.

lunedì 18 marzo 2024

COME SARA' IL NUOVO PHILIP ROTH?


 
COME SARA' IL NUOVO PHILIP ROTH? 

 Adelphi si è aggiudicata postumo il catalogo delle opere di Philip Roth, soffiando il grande scrittore americano, morto il 22 maggio 2018, a Einaudi, il suo storico editore italiano.

L'agenzia letteraria statunitense Wylie ha ceduto all'asta i diritti ad Adelphi dopo mesi di trattativa per una cifra che non è stata ancora ufficializzata ma che si aggirerebbe, come anticipa oggi la Repubblica, sul milione di euro.


Capolavori come Pastorale americana, Lamento di Portnoy, La macchina umana, Ho sposato un comunista dello scrittore più volte candidato al Nobel, vanno dunque ad arricchire il raffinato ed autorevole catalogo Adelphi che dopo la morte, nel 2021, del suo storico animatore Roberto Calasso, vede una nuova crescita con il suo successore, Roberto Colajanni, grazie a questa grande operazione editoriale. Ad Adelphi passano anche le Opere complete di Roth nei Meridiani che andranno nella collana di classici La Nave Argo, fanno sapere dalla casa editrice, e questa per il Gruppo Mondadori, proprietario del marchio dello Struzzo, è una doppia dolorosa perdita.

giovedì 14 marzo 2024

SE IL ROMANZO NASCE DALLA RISATA DI DIO.

 

Se il romanzo nasce dalla risata di Dio

Da I Libri di Jakub di Olga Tokarczuk a La doppia vista di Roberto Pazzi a L’arte del romanzo: tre titoli per definire il presente

«L’uomo pensa, Dio ride». Questa massima ebraica è contenuta ne L’arte del romanzo, riedito da Adelphi (traduzione di Ena Marchi, pagg. 168, € 12,00) lo scorso anno per celebrare la scomparsa di Milan Kundera. Lo scrittore ceco che avrebbe meritato il Nobel, amava immaginare che Francois Rabelais avesse udito un giorno la risata del creatore, e che fosse nata in quel frangente l’idea del primo grande romanzo europeo: «Mi diverte pensare che l’arte del romanzo sia venuta al mondo come eco della risata di Dio», confessava.

È salutare congedarsi dai postumi del 2023 con il saggio di un intellettuale tanto radicale quanto relativista; d’altronde, Kundera incarnava le contraddizioni di un Occidente democraticamente sottomesso agli imperativi finanziari.

I libri di Jakubè

È stato merito di Paolo De Caro ravvisare nella Primavera hitleriana di Eugenio Montale (La bufera e altro) tracce residuali di un cliziano “frankismo”, cioè un lontano legame parentale tra Irma Brandeis – Clizia, appunto – e l’eresiarca ebreo Jakub Frank, autoproclamatosi Messia sulla scorta degli insegnamenti di Sabbatai Zevi e leader di un movimento religioso risalente alla metà del Settecento. Con I Libri di Jakub (traduzione di Ludmila Ryba e Barbara Delfino, Bompiani, pagg. 1120, € 29,00), monumentale romanzo dedicato proprio a Frank (e numerato al contrario, in ordine decrescente), il Premio Nobel per la letteratura 2018 Olga Tokarczuk presenta il suo opus magnum, originariamente pubblicato in Polonia nel 2014.

Il taglio del testo è di chiara ascendenza postmoderna: l’enciclopedismo spinto fino alla minuzia, l’opera-mondo, l’allegorismo religioso che si mescola a elementi fantastico-fiabeschi, la pynchoniana ironia (si pensi al fluviale sottotitolo: «O il grande viaggio attraverso sette frontiere, cinque lingue e tre grandi religioni, senza contare quelle minori. Narrato dai morti, e dall’autrice completato col metodo della congettura, da molti e vari libri attinto, e sorretto inoltre dall’immaginazione che dei doni naturali dell’uomo è il più grande. Memoriale per i saggi, riflessione per i compatrioti, istruzione per i laici, e svago per i malinconici»).

Tokarczuk segue passo dopo passo l’assurda parabola di vita di Jakub Frank: dal villaggio Rohatyn – diviso tra conventi domenicani, sinagoghe e chiese ortodosse – parte questo giovanotto che ricalca su di sé il motivo medievale dell’ebreo errante: «Jakub ha cominciato improvvisamente a presentarsi con un altro nome: non più Yankel Lejbowicz, bensì Jakub Frank come vengono chiamati qui gli ebrei d’Occidente, e così pure suo suocero e sua moglie. Frank, frenk significa straniero».

Tra misticismo ed erotomania

Tra misticismo ed erotomania, misinterpretazioni scritturali (il versetto di Isaia secondo il quale il redentore doveva essere «peccatore e mortale») e metodiche infrazioni della Torah, dispute dottrinali e avventure di ogni genere, Frank è un soggetto sgusciante, inafferrabile, lo Straniero par excellence, simbolo egli stesso di una concezione della letteratura come «perfezione di forme imprecise».

La doppia vista

Nella solitudine individuale si arriva a fare esperienza della vita, a «l’approvazione della vita fin dentro la morte», come sosteneva Bataille e come Fosse rappresenta nel monologo interiore dell’umile pescatore norvegese Johannes, in Mattino e sera. E significa contestare i propri modelli quanto riuscire a rinunciare, infine, alla sicurezza dei propri limiti. Questo è anche il testamento di Roberto Pazzi ne La doppia vista (La nave di Teseo, pagg. 208, € 19,00), il suo ultimo romanzo pubblicato postumo. Superato il prologo in cui lo scrittore concepisce l’indicibile desiderio degli angeli di aspirare all’immortalità della carne, invidiosi degli esseri umani ai quali il Signore dedicherebbe un’eccessiva attenzione, il libro si divide in tre parti, tre momenti della medesima verità. Quando ne La frivolezza dei moribondi, la prima, il canuto protagonista perde i punti di riferimento e nemmeno ricorda il suo nome, lo vengono a soccorre le creature di carta, i personaggi dei suoi romanzi. Da subito, Pazzi si affida alla pagina bianca per stigmatizzare, e a poco a poco esorcizzare, la sua paura più grande: smarrire l’identità che si fonda sulla memoria una volta calata la notte perpetua. Dunque si trasforma nel Padreterno, preso dalla brama di umanizzarsi, per ritrovarsi nei panni di Ludwig di Baviera, mecenate di Wagner, arrestato per demenza e incarcerato nel castello di Berg. In una sorta di discesa dantesca senza balze, l’io narrante assume le sembianze di Lucifero, che a sua volta si tramuta in una sequela di volti del male, di figure tiranniche che hanno segnato la storia: i faraoni, Nerone, Attila, Hitler e Stalin. E con l’intermediazione di Bernardo, nocchiero della nave che lo porterà a Damietta dal Sultano, tenta poi di acquisire la santa follia di Francesco d’Assisi, in viaggio per costruire una pace coi musulmani. Afflitto da un’attualità carica di incognite e dolori, nella quale gli equilibri del potere occidentale si sono incrinati rendendo possibile l’approssimarsi, secondo le Sacre Scritture, del cosiddetto «abominio della desolazione», allo scrittore non resta che la preghiera, la stessa che Dostoevskij definiva «un’ascensione dell’intelletto».

L’arte del romanzo, riedito da Adelphi, trad. di Ena Marchi, pagg. 168, € 12,00
Libri di Jakub, trad. di Ludmila Ryba e Barbara Delfino, Bompiani, pagg. 1120, € 29,00

La doppia vista, La nave di Teseo, pagg. 208, € 19,00

mercoledì 13 marzo 2024

REVIEW: DONNARUMMA ALL'ASSALTO DI OTTIERO OTTIERI, UTOPIA EDITORE

 

Ottiero Ottieri e il dramma di uno psicologo in fabbrica

Utopia Editore ristampa il romanzo più celebre dell’autore,Donnarumma all’assalto, edito originariamente per Bompiani nel 1959

Nel 1957 Ottiero Ottieri, da quattro anni in forza all’Olivetti, si trasferisce nella sede di Pozzuoli per poter continuare il suo mestiere di selezionatore del personale in un luogo dal clima più mite. All’epoca aveva già pubblicato nei «Gettoni» Einaudi Memorie dell’incoscienza (1954) e Tempi stretti (1957), quest’ultimo un romanzo esemplare della cosiddetta “letteratura industriale”, che però non aveva pienamente convinto i direttori di collana, Elio Vittorini e Italo Calvino, i quali lo giudicavano troppo «documentaristico» e «triste». Due anni più tardi, sempre in una veste fortemente biografica, Ottieri manda alle stampe per Bompiani Donnarumma all’assalto, quello che è considerato il suo testo più riuscito e vibrante, il nudo reportage di una fabbrica impiantata nel Mezzogiorno, redatto da uno psicologo che ha il compito di sottoporre ai candidati lavoratori una «valutazione psicotecnica».

Calvino

In vista del centenario della nascita di Ottieri nel 2024, la casa editrice Utopia – dopo Contessa (1976) – ripropone Donnarumma all’assalto, un libro che ne consolidò la fama di scrittore, facendo ricredere persino Calvino (in una lettera a Vittorini: «Ho cominciato Donnarumma con grande interesse. Sento del grande successo e – pur mordendomi le pugna – ne godo»).

Il romanzo di Ottieri è un commosso referto delle difficoltà della società meridionale nei primi anni del boom economico. Lo psicologo, alter ego dell’autore, tutt’altro che un freddo esecutore delle volontà aziendali, partecipa sempre di più alla sofferenza delle tante famiglie che saranno escluse dalla selezione (il suo compito è quello di riconoscere chi è adatto al lavoro).

Tra gli aspiranti c’è anche Antonio Donnarumma, disoccupato, non particolarmente amante di test attitudinali e grovigli burocratici, orientato soltanto a ottenere quel posto, se serve con la forza. Ecco il primo incontro con lo psicologo: «Ma Donnarumma Antonio, l’ultimo finalmente, parecchio dopo mezzogiorno, non era mai venuto. Scrivevo ancora gli appunti sul precedente e Donnarumma era già con lo stomaco contro il tavolo. Aveva il petto quadrato in un maglione, i capelli grigi a spazzola, gli occhi duri; non guardava niente, né l’interlocutore, né la stanza. Ha solo deciso: “Debbo lavorare, debbo faticare, dottore”. Non esiste di lui nessuna pratica. “Lei, Donnarumma, ha fatto la domanda? Scusi, quando ha fatto la domanda?”. “Che domanda?”. “Come, che domanda... Che domanda, perché si meraviglia che le chiedo questo, o perché non sa che esiste la domanda, la domanda scritta di lavoro?”. Forse il giuoco di parole lo ammolliva. “Che domanda e domanda. Io debbo lavorare, io voglio faticare, io non debbo fare nessuna domanda. Qui si viene per faticare, non per scrivere”».

Nell’introduzione al volume monografico di Giuseppe Ladanza L’esperienza meridionalistica di Ottieri, Geno Pampaloni ricorda come Adriano Olivetti, «più intelligente di alcuni suoi collaboratori», caldeggiasse sapientemente la pubblicazione di Donnarumma all’assalto. I toni crudi dell’opera – che ricorda la prosa secca degli scrittori italoamericani, tipo il Cristo tra i muratori di Pietro Di Donato – avevano e hanno tutt’oggi il potere di sensibilizzare la coscienza del lettore sulla disperazione a cui può portare la miseria.

Ottiero Ottieri, Donnarumma all’assalto, Utopia Editore, pagg. 240, € 18,00

Review: Nei labirinti d’Arianna di Sara A. Benatti, Sperling&Kupfer.

 

Nei labirinti d’Arianna

Il romanzo dell’esordiente Sara Benatti trasforma il mito di Teseo mostrandolo al lettore da una prospettiva tutta diversa, cruda e inaspettata

Questo originale romanzo dell’esordiente Sara Benatti, “La Maledizione di Arianna”, trasforma il mito di Teseo mostrandolo al lettore da una prospettiva tutta diversa, cruda e inaspettata.
Dopo che il progetto di fuga che aveva architettato per sé stessa, la madre e le sorelle è andato in fumo, la protagonista dovrà lottare non poco per salvarsi la vita e uscire dal labirinto che è una metafora incredibilmente azzeccata – e moderna - per raccontare certe storie, certe vite al limite che sono ben presenti nella nostra contemporaneità; ancor più quando si tratta di donne che devono lottare per affermare ciò che sono.

Il labirinto

Il labirinto è un luogo fisico e metaforico, dunque, in cui si trova di tutto. Brava Benatti a far aumentare il pathos pagina dopo pagina, ad amplificare i sentimenti (anzi, le sensazioni) a ogni capitolo. Si tratta di emozioni variegate: rabbia, paura, incertezza. Arianna cambia mentre la storia scorre davanti agli occhi del lettore, imparando a trovare la forza in sé stessa, circondata dai suoi compagni di sventura. Troviamo Dares, per esempio, servo di Teseo, sorteggiato come sacrificio, e Calla, donna scaltra e indipendente, che pare quasi un archetipo.

Dei

Insieme a loro, tra le mura del Labirinto, gli Dei. Sono divinità “strane”, a cui l’autrice affida in questa vicenda un ruolo particolare, sembrano presentati in chiaro scuro; entità presenti ma senza mai recitare la parte di chi fa succedere le cose. Sono entità umane e in fondo coerenti – anche in questo romanzo – con la rappresentazione mitologica a cui siamo abituati.

Teseo

Teseo, invece, è la vera sorpresa. Viene rappresentato sotto una luce diversa ed ancora più sorprendente di quanto accade con Arianna e gli altri personaggi. La leggenda ce lo ha sempre mostrato come un grande eroe, ma nel labirinto mostrerà il suo lato più crudele e selvaggio. Arianna che nel mito è una controfigura o poco più, in questo racconto assume le sembianze dell’eroina, della donna artefice del proprio destino e financo capace di cambiare quello degli altri. E poi ci sono le storie degli altri prigionieri del labirinto (nella versione originale chi li aveva considerati mai?), che non sono mai una ruota di scorta di quanto accade a chi è in primo piano.La scrittura si presenta ricca di suggestioni sia nella descrizione dei luoghi – il labirinto su tutti – sia in quella dei personaggi di cui ci ha raccontato emozioni, dubbi, pensieri, paure.

“La maledizione di Arianna”, Sara A. Benatti, Sperling&Kupfer, pagg. 336, euro 17,90


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C’è ancora domani, quanto è diversa la vita delle donne di oggi?

 

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martedì 12 marzo 2024

REVIEW. IL PESO DELLA VERGOGNA DI SERENA McLEE, VALLARDI EDITORE

La vita gira intorno ad una villa.

 IL PESO DELLA VERGOGNA
AUTORE Serena McLeen
PAGINE 336
PREZZO € 18.00
USCITA Marzo 2024


 

 

 

 

 

 

 

 

IL LIBRO

Torino. Annabella Bramante cammina silenziosa tra le stanze della sua vecchia casa, osserva gli oggetti che hanno accompagnato i suoi sogni di bambina. Quella vita non esiste più, lo sa. I genitori sono morti in un incidente pochi mesi prima e, come se non bastasse, il destino le ha appena portato via anche l’amatissima nonna. È sola, adesso.
Mentre comincia faticosamente a rimettere insieme i pezzi, emerge un’eredità enigmatica: una decadente villa veneta di cui non sospettava nemmeno l’esistenza e un diario appartenuto a sua nonna. Pagina dopo pagina, Annabella si rende conto che nella sontuosa dimora è sepolto l’oscuro passato dei Bramante, che la costringerà a mettere in discussione tutto quello che credeva di sapere sulla sua famiglia. Aiutata da un giovane dai seducenti occhi color nocciola, Annabella riporta alla luce la drammatica giovinezza di sua nonna, dove le violenze di un padre fascista e prevaricatore si mescolano alle carezze di un amore impossibile, fino alla rivelazione che legherà per sempre il destino di entrambe…
Sullo sfondo di una delle pagine più dolorose del nostro Paese, le vite di due donne si intrecciano in un romanzo che supera i confini del tempo: il lascito coraggioso di chi con la propria storia ha infranto il silenzio della vergogna.

Autori / Serena McLeen

Serena McLeen è lo pseudonimo di una scrittrice italiana. Appassionata di cinema e lettrice onnivora, ha esordito come autrice self-published nel 2017, conquistando il cuore di migliaia di lettori e lettrici con i suoi romanzi. Il peso della vergogna è il suo bestseller pubblicato oggi da Vallardi.

REVIEW

Una delle più amate autrici di libri dà l’impressione, di aver letto e riletto il libretto di istruzioni dell’esistenza, dal quale mai nessuno si allontana davvero. E poi di averlo riscritto con coraggio, libertà e fantasia.

Annabella Bramante alle prese con un itinerario a dir poco insolito: l’esplorazione della sua dimora ereditata dalla nonna. La sfida è quella di posare su quanto ci circonda uno sguardo diverso, attento e capace di svelarci la loro più intima natura di stratificati e misteriosi depositi di Storia.

La vita gira intorno ad una villa ereditata dalla nonna, quindi rappresenta un insieme di simboli con i quali Annabella gioca nel suo racconto. È da sottolineare, nelle diverse narrazioni del libro, la scelta temporale: in una abbiamo la storia di Annabella che va via di casa per seguire la propria passione, quello di Annabella che è un viaggio iniziatico, in cui la ragazza lentamente scopre che il muoversi non è <<fuga>>, ma desiderio di trovare il suo destino che appunto si presenta nella forma e nelle sembianze dei ricordi.

Successivamente, Annabella protagonista del romanzo, vorrebbe eradicare, distruggere nel momento in cui vuole abbandonare la casa padronale, dopo la morte di entrambi i genitori e della nonna, perché sopraffatta dalle critiche di chi crede che una donna non possa fare tutto da sola e decidere della sua vita. Ma invece, essere imprigionata in <<obblighi>> che ne condizionano la vita, gli eventi, il futuro. E proprio quando Annabella si deciderà ad abbattere questo <<viaggio>>, comprenderà la scrittura.

A chiudere circolarmente questo viaggio, Annabella ci riporta negli stessi luoghi del primo ma ipotetico futuro, dopo la <<grande dipartita della famiglia>>. In un luogo dove tutto ebbe inizio, la casa, dove Annabella scoprì sé stessa e dove forse la nuova umanità potrà finalmente iniziare nuovamente.

Infelice e irrequieta per aver perduto l’occasione di diventare grande, esploratrice di terre, ricordi, passato, incognite, scopre la bellezza dei luoghi intorno a lei proprio dopo aver posto al centro la mancanza quale tragica percezione del vuoto, immagine svanita di una persona scomparsa. Con dolcezza e tormento, Serena McLeen, inganna l’umana fragilità con la voglia di riscatto e l’energia primordiale dell’eros.

Perché, avverte Serena McLee, anche se non ce ne rendiamo conto, a casa nostra finisce in realtà «qualunque cosa succeda nel mondo, qualsiasi cosa venga scoperta, creata o aspramente contesa». Il nostro microcosmo domestico, fatto di sale da pranzo, camere da letto, bagni, ma anche di dispense, ripostigli, saliere, interruttori della luce, diventa così un accesso privilegiato per capire com’è cambiato, negli ultimi centocinquant’anni, il nostro rapporto con il sonno, il cibo, il sesso, le malattie, la vita di coppia e l’educazione dei figli. E da letti, divani e giardini di casa fino al viaggio avventuroso come quello descritto nel romanzo il vecchio e il mare di Hemingway, il passo è assai più breve di quanto avremmo mai immaginato, e il percorso ricco di bellissime sorprese e di continue scoperte.

Serena McLee ha, fra gli altri, un grande pregio. Non prende mai una posizione, non si erge a censore: lascia che sia il lettore a farsi un’idea della società e delle miserie umane. E lo fa anche attraverso una serie di dialoghi che risultano efficaci, dal ritmo e dai tempi teatrali. Lo fa soprattutto usando un sapiente meccanismo di gioco degli specchi e rovesciando continuamente il punto di vista e la realtà che finiscono, inesorabilmente, per andare a modellare la vita.

In questo meccanismo Serena McLee non trascura di raccontare i contesti. Il mare e la bellezza della terra natia, che sono evocate dalla scrittrice, non vengono mai vissuti da alcun personaggio che invece punta solo ed esclusivamente a far quadrare una vita che è a volte piatta e che a volte è invece solo apparentemente normale (dato che ha da nascondere traffici e mire di puro egoismo). Questo doppio registro viene calato nello stile di McLee, che ha la felicità di inventare storie dove le biografie dei suoi personaggi, sono materia viva. Tutti gli effetti collaterali della vita sono alcuni tra i comportamenti umani che la scrittrice usa come inneschi per allestire il doppiofondo di buona parte dell’umanità.