mercoledì 13 marzo 2024

REVIEW: DONNARUMMA ALL'ASSALTO DI OTTIERO OTTIERI, UTOPIA EDITORE

 

Ottiero Ottieri e il dramma di uno psicologo in fabbrica

Utopia Editore ristampa il romanzo più celebre dell’autore,Donnarumma all’assalto, edito originariamente per Bompiani nel 1959

Nel 1957 Ottiero Ottieri, da quattro anni in forza all’Olivetti, si trasferisce nella sede di Pozzuoli per poter continuare il suo mestiere di selezionatore del personale in un luogo dal clima più mite. All’epoca aveva già pubblicato nei «Gettoni» Einaudi Memorie dell’incoscienza (1954) e Tempi stretti (1957), quest’ultimo un romanzo esemplare della cosiddetta “letteratura industriale”, che però non aveva pienamente convinto i direttori di collana, Elio Vittorini e Italo Calvino, i quali lo giudicavano troppo «documentaristico» e «triste». Due anni più tardi, sempre in una veste fortemente biografica, Ottieri manda alle stampe per Bompiani Donnarumma all’assalto, quello che è considerato il suo testo più riuscito e vibrante, il nudo reportage di una fabbrica impiantata nel Mezzogiorno, redatto da uno psicologo che ha il compito di sottoporre ai candidati lavoratori una «valutazione psicotecnica».

Calvino

In vista del centenario della nascita di Ottieri nel 2024, la casa editrice Utopia – dopo Contessa (1976) – ripropone Donnarumma all’assalto, un libro che ne consolidò la fama di scrittore, facendo ricredere persino Calvino (in una lettera a Vittorini: «Ho cominciato Donnarumma con grande interesse. Sento del grande successo e – pur mordendomi le pugna – ne godo»).

Il romanzo di Ottieri è un commosso referto delle difficoltà della società meridionale nei primi anni del boom economico. Lo psicologo, alter ego dell’autore, tutt’altro che un freddo esecutore delle volontà aziendali, partecipa sempre di più alla sofferenza delle tante famiglie che saranno escluse dalla selezione (il suo compito è quello di riconoscere chi è adatto al lavoro).

Tra gli aspiranti c’è anche Antonio Donnarumma, disoccupato, non particolarmente amante di test attitudinali e grovigli burocratici, orientato soltanto a ottenere quel posto, se serve con la forza. Ecco il primo incontro con lo psicologo: «Ma Donnarumma Antonio, l’ultimo finalmente, parecchio dopo mezzogiorno, non era mai venuto. Scrivevo ancora gli appunti sul precedente e Donnarumma era già con lo stomaco contro il tavolo. Aveva il petto quadrato in un maglione, i capelli grigi a spazzola, gli occhi duri; non guardava niente, né l’interlocutore, né la stanza. Ha solo deciso: “Debbo lavorare, debbo faticare, dottore”. Non esiste di lui nessuna pratica. “Lei, Donnarumma, ha fatto la domanda? Scusi, quando ha fatto la domanda?”. “Che domanda?”. “Come, che domanda... Che domanda, perché si meraviglia che le chiedo questo, o perché non sa che esiste la domanda, la domanda scritta di lavoro?”. Forse il giuoco di parole lo ammolliva. “Che domanda e domanda. Io debbo lavorare, io voglio faticare, io non debbo fare nessuna domanda. Qui si viene per faticare, non per scrivere”».

Nell’introduzione al volume monografico di Giuseppe Ladanza L’esperienza meridionalistica di Ottieri, Geno Pampaloni ricorda come Adriano Olivetti, «più intelligente di alcuni suoi collaboratori», caldeggiasse sapientemente la pubblicazione di Donnarumma all’assalto. I toni crudi dell’opera – che ricorda la prosa secca degli scrittori italoamericani, tipo il Cristo tra i muratori di Pietro Di Donato – avevano e hanno tutt’oggi il potere di sensibilizzare la coscienza del lettore sulla disperazione a cui può portare la miseria.

Ottiero Ottieri, Donnarumma all’assalto, Utopia Editore, pagg. 240, € 18,00

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