CONIUGI DI RABBIA NELL'EUROPA PERDUTA.
AMORE COM'E' FERITO IL SECOLO? E NOI COME FAREMO INVECE, SE FUORI FRANA IL MONDO, PER UN OCCIDENTE FORTUNOSO, A COLTIVARE LA NOSTRA QUIETE, COME UN LAURO SEMPREVEDE? PERCHE' LA VITA VIVA, CI VOGLIONO LE IMPUREZZE, CI VUOLE IL DISSENSO, IL DIVERSO, IL GRANO DI SALE E DI SENAPE.
Olivia Manning
La grande fortuna
Introduzione di Rachel Cusk
Traduzione di Velia Februari
Il libro
È l’autunno del 1939 e i novelli sposi
Guy e Harriet Pringle dall’Inghilterra si trasferiscono a Bucarest. Guy
insegna all’università e Harriet, che non ha una vera famiglia, ha
accettato di seguirlo in Romania. I due non potrebbero essere più
diversi, lui è tanto socievole quanto lei è introversa, e la giovane,
con sgomento, si rende subito conto che dovrà condividere l’adorato
marito con un’ampia cerchia di amici e conoscenti; tra questi il
principe Yakimov, britannico di origini russe caduto in disgrazia, che
vive di espedienti e trascorre le notti folleggiando; e la bella Sophie
Oresanu, una studentessa universitaria locale che da tempo ha messo gli
occhi su Guy. Ma sono ben altre le difficoltà che attendono Harriet: a
mano a mano che i giorni passano la minaccia dell’avanzata nazista si fa
sempre più concreta e la combriccola di stranieri di stanza a Bucarest
assiste con orrore alla disfatta degli eserciti alleati. È un mondo
strano e incerto, quello in cui la coppia si ritrova a vivere: i
mendicanti bazzicano a pochi passi dagli eccessi dei reali
mitteleuropei, mentre i nuovi ricchi imitano la vita alla moda parigina e
i giornalisti espatriati si abbuffano di tartufo e quaglie in gelatina
in sfarzosi ristoranti. In questo scenario esotico Harriet imparerà a
conoscere suo marito, meravigliandosi giorno dopo giorno di fronte alla
complessità dell’uomo semplice che credeva di aver sposato.
La grande fortuna, primo volume della trilogia dei Balcani, è
il racconto di un matrimonio e di una guerra: un capolavoro brulicante,
illuminato da punte di ironia, al cui centro non c’è il campo di
battaglia, ma ci sono le sale da tè e la cucina, la camera da letto e la
strada, il tessuto di un mondo quotidiano che, pur essendo
irrevocabilmente cambiato, rimane immutato.
«La narrazione, naturale, ricca
di accadimenti e coincidenze, dettagliata, densamente popolata da
personaggi minori, conferma che Manning aveva un dono per la scrittura».
dall’introduzione di Rachel Cusk
«La trilogia dei Balcani è il superbo racconto di un amore in tempo di guerra».
«The Times»
«La trilogia dei Balcani: un
resoconto incredibilmente aspro e al contempo godibile della vita
nell’Europa orientale all’inizio della guerra».
Sarah Waters
«La sua galleria di personaggi è
enorme, la scena da lei dipinta superba, il suo pathos controllato, il
suo umorismo quieto e civile».
Anthony Burgess
«L’enorme opera di Manning è una
di quelle rarissime combinazioni in grado di soddisfare insieme le
condizioni di due tipi di pubblico: quello che cerca ciò che si chiama
“una buona lettura” e quello che vuole qualcosa di più».
«The New York Review of Books»
Olivia Manning
Nacque a Portsmouth, in Inghilterra, e trascorse gran parte dell’infanzia nell’Irlanda del Nord. Si formò come pittrice alla Portsmouth School of Art, poi si trasferì a Londra e si dedicò alla scrittura. Pubblicò il primo romanzo a suo nome nel 1938. L’anno successivo sposò R.D. “Reggie” Smith e la coppia si trasferì in Romania, dove lui era impiegato presso il British Council. Durante la seconda guerra mondiale, i due fuggirono in Grecia e poi a Gerusalemme, dove vissero fino alla fine del conflitto. Manning scrisse diversi romanzi, ma raggiunse il successo con La grande fortuna (1960), il primo di una serie di libri sulla storia di Guy e Harriet Pringle successivamente raccolti in due volumi: la trilogia dei Balcani e la trilogia del Levante. Manning scrisse inoltre saggi e testi di critica, testi storici, una sceneggiatura e un libro sui gatti birmani e siamesi. Nel 1976 fu nominata comandante dell’Ordine dell’Impero Britannico.
La scrittrice Olivia Manning, interpreta con gli strumenti della narrativa il senso di irrilevanza del mondo, la forza d'attrazione, lì, il tessuto di un mondo quotidiano. Che cosa alimenta l'onda nera (nazisti) montate da qualche anno in Europa? Ma, soprattutto, quali pulsioni spingono i novelli sposi Guy e Harriet Pringle, a infoltire le schiere dell'estrema destra, riproponendo anche gesti, simboli e modelli politici che fino ad un decennio orsono si ritenevano superati o tutt'al più incarnati da sparuti drappelli nostalgici? Sul tema si è cimentata Olivia Manning, fornendo risposte che vanno a scavare nel tessuto connettivo delle varie aree interessate e nelle trasformazioni che, ciascuno con le sue peculiarità, ha vissuto all'indomani dell'esaurirsi degli entusiasmi post-autunno 1939. Teatro di movimenti di guerra, giorni che passano sotto la minaccia dell’avanzata nazista si fa sempre più concreta e la combriccola di stranieri di stanza a Bucarest assiste con orrore alla disfatta degli eserciti alleati.
Ma nulla come la letteratura, quando è buona letteratura, sa entrare nella carne viva delle dinamiche che muovono i comportamenti umani, portando i lettori a vestire i panni dei diversi attori e, dunque, a farli comprendere assai meglio di qualunque analisi psico-sociologica o politologica. Un'operazione, quella del travestimento letterario, che riesce assai bene e con eccezionale naturalezza alla scrittrice Olivia Manning, - che dice molto dell'attitudine dei protagonisti del libro: quella <<gentaglia>>, così definita perchè vive sulle spalle degli altri, cui non resta che far rumore, per invocare attenzione del mondo e sfogare la frustazione davanti ad una realtà che non comprende più, sia essa politica, o quella delle relazioni personali, sfilacciatesi e impoverite in parallelo al lento declino della Storia.
I coniugi Guy e Harriet Pringle, di cui l'autrice segue le vicende personali e familiari sono l'emblema di questi giovani smarriti e senza ideali, cresciuti in famiglie piccolo-borghesi. Olivia Manning, è molto efficace nel tracciare il progressivo scivolamento dei due sposini, seppur diverso nei tempi e nei modi, dentro le spire del perverso meccanismo della demolizione dell'altro, dello straniero, e del conseguente bisogno, quasi viscerale, di spazzarlo via.
Il viaggio di Guy e Harriet Pringle viene accuratamente fotografato dall'autrice, che ne ripercorre le giornate: cadenzate dai tempi del lavoro e delle bevute con gli amici più tardi. Olivia Manning, li segue come una regista maniacale, armata di una cinepresa sempre accesa e puntata a immortalare ogni singolo istante del loro vissuto, dal più banale al più tragico, spiazzando spesso il lettore con improvvisi cambi di inquadrature o zoomando più semplicemente su questo o su quel dettaglio all'apparenza del tutto insignificante, ma funzionale a dare il tono di questo fluire lento e naturale dei minuti, delle ore e dei giorni verso un destino segnato, ab origine, dal marchio del fallimento.
La scrittrice Olivia Manning, ricorre ad uno stile concreto e tangibile, quasi a volerli issare come i trofei della vita insignificante dei due giovani e del contesto. Una vita in cui non c'è spazio per sognare, per immaginare anche soltanto un oltre al di là dell'orizzonte quotidiano; una vita che induce a battere i pugni sempre più forte per farsi sentire, anche a costo di diventare violenti.
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