Dopo un silenzio partito dal 2012, anno in cui ha vinto il Nobel per la Letteratura, Mo Yan torna in libreria con <<Maturare tardi>>, tradotto da Patrizia Liberati e Maria Rita Masci, in uscita il 30 aprile per Einaudi (pp.368, euro22). Il libro è una raccolta di dodci raccaonti: qui pubblico in anteprima l'incipit del secondo, che dà il nome alla raccolta.
Appena il sorgo comincia a farsi rosso, la stagione turistica nei siti cinematografici del mio cantone raggiunse il picco. Dopo che sulla riva nord del fiume Jao avevano girato lo sceneggiato televisivo Granturco giallo, il governo locale aveva rapidamente trasformato i luoghi in cui erano state realizzate le scene nell'attrattiva turistica più visitata della penisola dello Shandong. In occasione dei periodi di vacanza più lunghi, fosse il Primo maggio o il Primo ottobre, si formavano file interminabili di auto e i turisti arrivavano a frotte. Quel baillamme mi lasciava ogni vota perplesso. Erano tutte scenografie create sul momento, cosa ci sarà stato da vedere nel covo dei banditi oppure nello yamen, la sede del governo distrettuale? C'era anche casa mia: persino quella catapecchia traballante di cinque stanze sull'orlo del collasso sfoggiava con sussiego una targa ufficiale ed era diventata un sito d'interesse. Ogni giorno orde di visitatori venivano dai quattro angoli del Paese, e persino all'estero, per vederla. Francamente non riuscivo a immaginare cosa ci fosse di tanto interessante. Tuttavia anch'io mi ero ritrovato ad accompagnarci ospiti importanti venuti da lontano e mi ero dilungato in ricche spiegazioni con una pretesa di serietà. Certo, avrei potuto risparmiarmelo, ma lo facevo lo stesso.
Saranno passati cinque anni dall'ultima volta che ci avevo portato un amico, uno scrittore francese. Sulla porta ci eravamo imbattuti nel mio vicino Jiang Er, Jiang Numero due. In origine si chiamava Jiang Tianxia, Jiang Tutto sotto il cielo, ma all'epoca dell Rivoluzione culturale, in cui la lotta di classe era all'ordine del giorno, un nome del genere avrebbe potuto avere conseguenze terribili. Per fortuna suo padre era un militare smobilitato e in famiglia erano tutti baccianti stagionali, dunque aveva indiscutibili radici rosse. La scelta del nome era stato frutto di una svista, non c'era altro da dire, bosognava cambiarlo al più presto. Suo padre disse: <<Manteniamo il carattere tian che significa "cielo" e chiamiamolo Jiang Tian, Jiang Cielo>>. Qualcuno disse che non andava bene. <<Togliamo un tratto a tian e trasformiamolo in da che significa "grande", così diventa Jang Il Grande>>. Neanche quello poteva andare bene. Alla fine decisero di togliere al carattere <<cielo>> i due tratti che significano <<uomo>>, così rimase solo er, che vuol dire Numero due, e fu in questo modo che Jiang Tianxia diventò Jiang Er. Ero presente quando si era lamentato con suo padre:<<Papà, papà, persino chiamarci Cane oppure Gatto sarebbe stato meglio. Ma proprio Jiang, come jang Jieshi cioè il generalissimo Chiang Kai-shek, doevamo chiamarci?>> Suo padre gli aveva risposto:<<Questo è il nome del nostro clan, inutile che te la prendi con me!>>.
<<Jiang Er!>> lo chiamai. <<Ultimamente che combini?>> Avevo sentito dire che aveva approffittato del mio premio Nobel per arricchirsi. Qualcuno aveva commentato: <<Ma tu guarda Jiang Er, proprio vero che quanddo a fortuna ti sorride non puoi far niente per fermarla. Prima ha piazzato una bancarella vicino alla tua veccha casa per vendere i tuoi libri, poi ci ha aggiunto i prodotti di artigianato locale, carte ritagliate, statuine di fango, sandali di paglia, sculture in legno ... >>. Ma la mossa cruciale era stata, prima che gli altri si rendessero conto di cosa stava succedendo, comprare a prezzi stracciati l'acqitrino pieno di rifiuti a ovest di casa nostra. L'avevano fatto riempire di terra, aveva costruito al volo cinque stanze, poi aveva alzato una tettoia tra la vecchia casa e quella nuova, sotto aveva installato decine di bancarelle e le aveva noleggae ai commercianti.
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