Ilaria Rossetti narra La fabbrica delle ragazze
Storia corale da un fatto di guerra nelle campagne milanesi 1918
Narratori italiani
La fabbrica delle ragazze
Ilaria Rossetti
Bompiani
Pagine 312 - Euro 19,00
Il libro
Un romanzo vero, moderno, a cominciare dai temi, le morti sul lavoro innanzitutto, poi la guerra, con un bel ritmo, colpi di scena, cambi di prospettiva e un racconto quasi corale con echi classici nell'atmosfera e la scrittura, appena venata di dialetto, leggera e incisiva nella concretezza del suo sguardo realista e poetico, controllato e senza un filo di retorica, sull'asprezza della vita e la capacità di resistergli.
E' l'ultima opera (in selezione per il Premio Strega) di una scrittrice, vincitrice del Campiello Giovani nel 2007, poi autrice di alcuni romanzi, tra cui il notevole "Le cose da salvare" del 2020, capace di scegliere momenti esemplari, tragici, per raccontare un pezzo della storia del nostro paese, i cui avvenimenti di parlano anche del presente, di persone vinte ma che non si piegano, che non riescono o non vogliono dimenticare.
Si parte dal recupero della storia vera
dell'esplosione, il 7 giugno 1918, della fabbrica di munizioni Sutter
& Thévenot di Bollate (di cui parlerà Ernest Hemingway, che
partecipò ai soccorsi, nel racconto "Storia naturale dei defunti") che
fece 59 vittime (in appendice sono riportati tutti i loro nomi e l'età),
molte delle quali praticamente scomparse, perché ridotte a brandelli,
tra uomini e una grande maggioranza di giovani donne. Tra queste si
seguono le diverse storie di Emilia Minora (nome vero di una delle
scomparse) e poi di Clementina Colombo ricostruendole con la libertà e
la creatività del narratore, ma dando risalto in particolare alle figure
e al dolore dei genitori della prima, Martino e Teresa Minora,
contadini dai sentimenti profondi vissuti con pudore e ritrosia e dalla
vita misera e aspra, relativamente ai quali, ma non solo, nasce la
domanda: "Perché le guerre, quando finiscono, non finiscono mai per
tutti?". Domanda che appunto riguarda coloro che ne sono rimasti
segnati, ma che qui si allarga a tutto, acquistando un valore
esistenziale, metaforico, oltre a quello più letterale relativo alla
Grande Guerra, di cui si raccontano gli ultimi mesi e la fine, nel 1918,
tra Bollate, le campagne intorno e Milano, unite dal fiume Seveso,
percorse da ragazze e uomini in bicicletta Con queste, mentre la
fabbrica riprende subito la produzione utile alla guerra, che procede
indifferente alle morti che si lascia dietro, si intrecciano altre
vicende umane, da quella del soldato Corrado, che diserta per una
illusoria storia d'amore, al carabiniere Ernesto Fumagalli detto
Drumedari che gli dà la caccia, al farmacista di Bollate o la povera
Clementina, stuprata dalla guerra, e molte altre minori, in un affresco
coinvolgente di una realtà articolato e ricco nel rendere conto dei
fatti ma assieme di come le persone li elaborano per sopravvivere bene o
male, in un mondo in cui ''se le cose non vogliono più stare al loro
posto, se non possono più stare al loro posto, allora come si fa?''.
Ecco quindi che la bella creatività della Rossetti gioca coi sogni e
con la realtà, spiazza il lettore e lo riacchiappa portandolo a
partecipare alla sofferenza di Martino, che vuol restare solo sul fiume
col suo dolore e si incontrerà con la vita drammatica di quel periodo, o
ai sentimenti di rancore in cui si chiude Teresa (tutto simbolicamente
concentrato in un uovo non consegnato e schiacciato a terra), due che
''se avessero conosciuto le parole per fare esistere quel dolore e
condividerlo, avrebbero potuto girarsi sul fianco e guardarsi negli
occhi''.
Un romanzo in cui si sentono lontani echi manzoniani,
da quella impossibilità, per la violenza della storia, di vivere la
propria vita secondo i propri desideri, all'arrivo a Milano di Martino e
Corrado, o l'attenzione ai paesaggi attorno, perchè di un vero grande
romanzo affresco tradizionale si tratta, ma riscritto e visto con
sapienza, occhi e una struttura e scrittura moderna, precisa, ben
ritmata, senza una parola, un aggettivo di troppo, con una sua
concretezza (''Il risucchio della minestra si unisce ai rumori della
sala, voci levate e silenzi solitari, il cigolio delle sedie, la porta
che sbatte'') anche nella scelta di vocaboli particolari (''La sardana
sanguinaria della guerra'') e della vita contadina, come in certe
elencazioni in crescendo che trovano la propria forza espressiva nel
loro aggregarsi.
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