Alma e
Maria vivono sulla loro pelle che la maternità è un viaggio fuori e
dentro di sé. Qualunque sia il suo esito. Perché si può essere madri in
mille infiniti modi. Si può essere amiche in mille infiniti modi. Si può
essere donne in mille infiniti modi.
Un esordio scritto a
quattro mani, elegante e profondo. Una storia che va all’origine delle
emozioni per portarle in superficie e dare loro un nome. Una storia
sulla maternità e sull’amicizia. Sulle cose non dette la cui voce si fa
sentire fortissima. Un romanzo in cui due donne si tengono per mano
andando incontro più forti ai sovvertimenti del destino.
"Nient’altro al mondo" (Garzanti) è il
romanzo d'esordio a quattro mani di due amiche dai tempi della scuola,
Laura Martinetti, architetto torinese e Manuela Perugini, per anni socia
di uno studio legale a Milano. Abbiamo intervistato le autrici, che nel
libro parlano delle infinite facce dell'essere madri, donne, amiche, e
di come gioia e dolore possano spesso confondersi...
Nient’altro al mondo (Garzanti) è il romanzo d’esordio, scritto a quattro mani, di due amiche, Laura Martinetti, architetto torinese e Manuela Perugini, per anni socia di uno studio legale a Milano.
Alma e Maria sono due amiche dai tempi della scuola. A pochi mesi l’una dall’altra, le due donne scoprono di essere in attesa di un figlio.
Sono in due momenti della loro esistenza molto diversi, eppure la
stessa situazione le riporta indietro nel tempo, alle risate e ai pianti
che le due hanno condiviso. La maternità, questa cosa nuova, questo
viaggio fuori e dentro di sé, l’esperienza di essere madri e donne in
infiniti modi: la loro amicizia entra in una nuova fase, che sembra
bellissima.
Ma il destino ha diviso presto le loro strade: mentre la gravidanza di Alma continua, mese dopo mese, quella di Maria si interrompe.
E allora “l’amicizia che le lega deve stringere i fili della sua rete”:
dovranno trovare spazio l’una per l’altra, superare il dolore e la
gioia e trovare le parole giuste. Il dolore e la gioia sono facili a
confondersi e le due amiche dovranno imparare ad ascoltarsi. Perché è
importante tenersi ben stretti quella persona che ci fa sentire come se
non ci fosse nient’altro al mondo.
In seguito l’intervista alle due autrici.
Raccontateci chi sono Laura e Manuela, le autrici di Nient’altro al mondo.
Laura: “Parlare di me stessa mi imbarazza. Non
sono capace di mettermi a nudo. Sono testarda e caparbia. Mio padre,
architetto come me e pittore, mi ha trasmesso l’amore per l’arte che mi
ha avvolta fin da piccola. Mi ha mostrato il piacere della libertà che
si prova creando, in assenza di regole, di limiti. Da mia madre invece
ho ereditato l’amore per la lettura, che ho nutrito senza sosta. Sono
sentimentale, provo affezione verso ogni cosa. Sono incapace di lasciare
andare ciò che ha fatto parte, seppur brevemente, della mia vita. Non
concepisco la quotidianità senza un cane al mio fianco. Amo i miei figli
di un amore viscerale, vorrei lasciar loro un’eredità interiore
profonda, ma a volte trovo che sia un proposito davvero arduo. Conosco
Manuela da quando avevamo quattordici anni, e le sono intimamente
legata. Vorrei dire su di lei alcune cose, perché sono sicura,
conoscendola, che di se stessa, non le dirà mai. È una donna
dall’intelligenza vivida. Dopo anni di frequentazione, mi scopro ancora
affascinata e sorpresa da alcuni suoi ragionamenti. È altruista e
generosa. Dotata di un senso dell’umorismo tagliente e irresistibile. È
capace di ascoltare per ore, mantenendo l’attenzione su chi parla,
annullandosi completamente in quei momenti. Una dote rara. Siamo molto
simili, credo, mami stupisco quando spesso le persone che ci conoscono
affermano il contrario. Forse la nostra somiglianza ha radici profonde,
non visibili”.
Manuela: “Con Laura ci siamo conosciute al liceo e la
nostra amicizia ci ha accompagnato fino ad oggi. Per certi aspetti ci
assomigliamo. Abbiamo la stessa età (quasi, per la verità io sono un
anno e un giorno più giovane), siamo dello stesso segno zodiacale,
amiamo intimamente la lettura e ogni forma di divagazione, ci piace
ridere a crepapelle e ritagliarci del tempo da dedicare all’ozio. Poi,
ci sono i nostri vissuti e le nostre individualità. Siamo cresciute con
impronte familiari differenti. Ognuna di noi ha fatto il proprio
percorso professionale. Io ho studiato giurisprudenza e ho esercitato
l’avvocatura fino allo scorso anno, ero socia in uno studio legale a
Milano, poi ho scelto di tornare a Torino, la mia città, e dedicarmi ad
altri interessi. Laura è architetto, come suo padre, vive immersa
nell’arte da quando era piccola. Io sono sempre in anticipo, lei in
ritardo. Io guido piano, Laura va veloce. Io rispetto leggi e regole,
penso sia un modo per rispettare gli altri. Lei ne è allergica. Io amo
le cose semplici. Laura è un’esteta, ma secondo me anche a lei piacciono
le cose semplici. Io mi lascio sopraffare dal senso di rassegnazione di
fronte all’immutabilità di certi eventi, Laura è tenace e testarda,
combatte sempre per cambiare il corso delle cose”.
Come siete arrivate alla stesura del romanzo e come vi siete trovate a scrivere un libro a quattro mani?
Laura: “Entrambe avevamo due storie da
raccontare a cui tenevamo molto. Due storie che attingevano alla stessa
sfera. Questo romanzo è nato da una necessità. Abbiamo deciso di
intrecciare le nostre scritture, di dare vita ad un dialogo tra noi.
Abbiamo guardato le nostre storie da prospettive differenti, arricchite
dallo sguardo dell’altra e le abbiamo saldate. Le nostre voci,
alternate, hanno dato loro una forma nuova. Noi stesse ne siamo rimaste
sorprese. Lavorare insieme è stato entusiasmante e complesso. La natura
stessa dei contenuti lo ha reso impegnativo sia dal punto di vista della
scrittura sia dal lato emotivo. La complicità e la confidenza creata
negli anni ci hanno aiutato ad affrontare le nostre divergenze, ad
accettare le critiche reciproche, a metterci in discussione. Abbiamo
lavorato sia individualmente sia congiuntamente. I momenti dedicati al
confronto, all’analisi e alla revisione di quanto scritto, sono stati
importanti tanto quanto la scrittura stessa, nella sua fase individuale.
D’altra parte io e Manuela abbiamo sempre approfondito con il dialogo, e
accade tuttora, i libri che leggiamo. Lo facciamo con un piacere
tangibile, che massimizza quello della lettura. A volte tentiamo di
leggere negli stessi tempi in modo da poterne parlare appena terminato.
Questo lavoro l’abbiamo fatto anche sul nostro romanzo, ed è stata
un’esperienza davvero emozionante”.
Manuela: “Avevamo due storie che ci stavano a cuore.
Abbiamo scelto di amalgamarle insieme, di abbracciarle tra loro per dar
vita ad un racconto unico che le racchiudesse entrambe. Scrivere a
quattro mani era qualcosa di nuovo per noi. Eppure, non abbiamo avuto
dubbi. Il metodo, il modo per procedere, l’avremmo trovato. Ciò che
contava era la volontà condivisa di realizzare il nostro progetto. Così
abbiamo iniziato a scrivere. È stato complesso perché trovare l’accordo
su tutto, senza cedere a compromessi ma con soluzioni che
soddisfacessero entrambe, ha richiesto impegno e pazienza. Al tempo
stesso, è stato stimolante ed emozionante. Un’esperienza che vorrei
ripetere”.
Al centro del vostro racconto ci sono due donne, due amiche, e
il loro diverso rapporto con la maternità. Secondo voi quanti volti e
sfumature può avere il sentimento materno?
Laura: “Il sentimento materno attiene al
sentire personale, e pertanto, è soggettivo. In quanto sentimento
contiene infiniti aspetti e il contrario di essi. Può essere travolgente
ma anche contraddittorio. Può rivelarsi come amore assoluto, ma anche
come abbandono, rifiuto. Ha a che fare con l’istinto di generare che al
contempo esalta e impaurisce. Può assumere il volto dell’egoismo,
oppure del sacrificio incondizionato, o entrambe le cose alternate nel
tempo. Non occorre essere madri per provare un sentimento di maternità. A
volte, lo si sente più profondo e struggente se la maternità è negata.
Accade di provarlo verso una creatura senza che ci siano legami di
sangue, senza esserne biologicamente la madre. Può nascere da un istinto
di protezione, di cura. Dall’urgenza intensa di accudire, di soddisfare
i bisogni di qualcuno, che a volte pervade l’essere umano. Può
scaturire quindi da un istinto egoistico per poi tramutarsi in apertura
verso il figlio generato. Risulta impossibile dare una definizione
univoca del sentire umano, in particolar modo se riferito alla
maternità”.
Manuela:”Credo che il sentimento materno possa avere
molteplici forme e sfumature, come tutti i sentimenti d’altra parte.
Esistono madri biologiche, madri adottive, madri incompiute, madri che
abbandonano i propri figli. E poi ci sono donne che madri non sono,
eppure si prendono cura, accudiscono, sono materne. Donne che amano come
madri, senza esserlo”.
Da lettrici, quali sono le vostre passioni?
Laura: “Quando avevo undici anni mia madre mi diede un’edizione della sua infanzia di Jane Eyre. Ne rimasi ammaliata. Da quel momento non ho più abbandonato la lettura. Poi c’è stata la letteratura femminile neoclassica, e Dumas. Ho amato 1984 di Orwell, Finzioni, di Borges, e la La fine è nota di Goeffrey Holiday Hall. Di Elena Ferrante ho letto tutto. La trovo ineguagliabile. Sto terminando Una vita come tante, di Hanya Yanagihara, un libro meraviglioso. Le otto montagne di Cognetti, e Appunti per un naufragio di Enia mi hanno appassionato. Fingendo che fosse per mia figlia, ho comprato Il bosco addormentato di Rébecca Dautremer, un piccolo capolavoro. Ora vorrei leggere Quel che rimane di Paula Fox, che per qualche motivo, pur volendolo, non sono ancora riuscita ad avere”.
Manuela: “In generale, prediligo la narrativa.
Scrittori che amo particolarmente sono José Saramago, Mario Vargas
Llosa, Romain Gary, tra gli italiani, Antonio Tabucchi ed Elena
Ferrante. Se penso alle letture che mi hanno più emozionato nel 2017, mi
vengono in mente Patria di Aramburu, Appunti per un naufragio di Enia e Una vita come tante
di Yanagihara. Saggi ne leggo pochi, ma non perdo mai Gustavo
Zagrebelsky. È stato mio professore all’università e conservo tuttora il
ricordo delle sue lezioni. Illuminanti come i suoi libri”.
RECENSIONE
Un romanzo delicato, intenso che, racconta, mescolando ironia e malinconia, quel periodo di novità, quella sottile linea di cambiamenti, quel percorso talora difficile in cui doversi destreggiare, in cui inaspettatamente avvertiamo il cambiamento del nostro corpo e ci ritroviamo diverse nello sguardo degli altri intorno a noi.
Il libro narra, quella fase della nostra esistenza in cui nulla è più come prima: il corpo, l'umore, il ruolo di madre.
Mettere al mondo un bimbo è un viaggio. Dentro noi stesse.
Alma e Maria, sono due amiche e confidenti dai tempi della scuola, che scoprono di essere in attesa di un figlio a pochi mesi di distanza l'una dall'altra.
Diventare madre: un momento prima sei una persona, un attimo dopo un'altra, e lo sarai per sempre. Entrambe scoprono che non esistono regole, leggi, dogmi. Perchè esplorare l'universo aggrovigliato della maternità è un'occasione straordinaria per conoscersi, con il coraggio di parlare anche dei momenti più difficili e di superare gli ostacoli. Perchè per ogni donna l'esperienza della gravidanza è diversa.
Con il personaggio di Maria le autrici hanno voluto tratteggiare un momento della vita in cui si perde un pò l'orientamento e non è poi così facile recuperarlo.
Maria per ironia della sorte non diventerà madre, il senso di colpa le rimane addosso come una seconda pelle. Lei nelle pagine del libro ripercorre i labirinti della maternità nei quali si è persa, disperatamente consapevole di non poter rimediare al dolore ricevuto a se stessa e, di riflesso, a chi gli vuole bene.
E allora, che la loro amicizia rischia di spezzarsi. Perdersi di vista, insomma, è possibile. Ritrovarsi non è sempre facile.
L'attesa, il silenzio di Maria, la distanza, può esistere ancora un sentimento capace di restare fedele a queste condizioni?
Questo "viaggio-maternità", non cambia soltanto la vita delle protagoniste, ma rischia di cambiare, anche il loro destino, alle prese con prove difficili, innanzitutto della loro infinita amicizia. Superata grazie alla loro intesa, e a una caparbia volontà di realizzare i propri sogni.
In Alma e Maria si instaura un meccanismo magico, di grande aiuto per entrambe. E la vita continua, giorno dopo giorno, si apre alla possibilità della quiete e dell'amore per se stessi e per gli altri. E' la vita possibile se solo si decide che ci spetta e che ci può trovare.
Ma le cicatrici e i segni fanno parte di Maria. L'impossibilità di diventare madre, derivata da questo calvario, è stato il pegno più doloroso, pagato per la vita. La scelta di amore e coraggio, il senso di speranza e tragedia tiene viva la trama della storia, in un costante movimento che unisce spazi personali, sociali, passando prima di tutto per le emozioni.