La Strada Perduta
Mauro Orefice
Editore: lfapublisher (27 febbraio 2018)
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SINOSSI
Un ragazzo di 40 anni che si appresta a diventare un uomo. Un evento
tragico che lo costringe a fare i conti con l’apatia della sua vita. Una
scelta d’amore difficile tra tre bellissime donne. Un cambiamento di
lavoro che diventa irrinunciabile. Tutto questo ripercorrendo la storia
del protagonista attraverso i suoi ricordi e momenti indimenticabili che
lo hanno portato ad essere quello che è adesso.
Sensazioni,Emozioni Comuni a tutti ma Uniche nel Viverle da soggetto a soggetto, il Romanzo della Nostra Vita.
BIOGRAFIA
MAURO OREFICE
Nasce a nel Napoli nel 1976, i suoi studi spaziano nella tecnica, fin da adolescente dimostra interesse per la poesia, la scrittura e la musica, mai cimentandosi nel comporreo nello scrivere. Si dedica alla realizzazione di app per cellulari e continua il suo lavoro nel settore dell'informatica a cui si dedica con grande entusiasmo e con altrettanto entusiasmo alla poesia ed alla scrittura. Tutt'oggi, pur continuando nel suo lavoro informatico coltiva l'amore per la musica, la poesia, la scrittura, lo sport e tutto ciò che è espressione di arte. In particolare ama giocare a pallavolo e tennistavolo, due sport che ha praticato il primo a livello agonistico, il secondo a livello amatoriale. Ama la buona compagnia, il caffè (da buon napoletano) ed ha un fermo convincimento: "Che i sogni si possano realizzare, con tenacia e passione: Il suo motto è "Crederci, Sempre, Comunque, In Ogni Istante"!
estratto de La strada perduta.
“Capitolo I – Crisi
Era un giorno qualunque. Uno di quei giorni anonimi e ripetitivi,
come spesso stavano succedendosi nella vita di Maurice. Sveglia intorno
alle sette, questa volta la suoneria del cellulare l’aveva sentita
forte, quasi ruggente. Doccia veloce, colazione con latte e un goccio di
caffè, che ormai aveva imparato a preparare e metabolizzato a
sufficienza e cornetto rigorosamente comprato al centro commerciale, in
confezione da dieci pezzi. Vestito di tutto punto, ormai lo faceva
sempre più spesso, come per compensare una apatia crescente. Uscita di
corsa da casa, anche se in perfetto orario, forse per poter saltare i
gradini, scendendo come faceva da bambino, superandosi nella somma dei
gradini saltati, ogni giorno di più. Entrata in macchina, la sua
macchina da poco comprata, suo vanto, la sua prima comprata nuova, non
senza sacrificio. Stereo a palla sulla sua stazione radio preferita,
rigorosamente rock, una ballade, perché come spesso si
ripeteva, la più bella canzone d’amore è una ballata rock. Mezz’ora di
tragitto nel traffico, che a differenza degli altri a lui non
dispiaceva. Quel disordine lo faceva sentire stranamente calmo,
tranquillo, non era niente rispetto all’inferno che aveva dentro. Lui
visto da tutti come una persona pacata, sensibile, simpatica. Mai un
gesto fuori posto, mai un litigio sul posto di lavoro, anche in
situazioni di emergenza. Un perfetto consulente, preciso, tempestivo e
rassicurante con il cliente.
Arrivato nel parcheggio, lo aspettava, avendolo visto da lontano,
George, suo alter ego, collega di lavoro, istintivo e imprevedibile, il
suo opposto. Il suo collega nonché suo amico, era stato sempre al suo
fianco, in tutte le battaglie professionali affrontate e nonostante in
molti diffidassero di lui, per la sua facile abitudine al cambiare in
maniera repentina il suo umore e quindi da reputarsi inaffidabile, per
Maurice, era il complice perfetto di tutte le sue strategie lavorative.
La giornata proseguiva monotona, come previsto da Maurice ma,
evidentemente, George non aveva passato una nottata tranquilla, visto
che dopo aver pranzato insieme, beveva il caffè nervosamente e i suoi
occhi manifestavano un’agitazione dormiente, di quel sonno perduto a
causa di una figlia arrivata troppo presto, in un matrimonio già in
crisi, dopo solo un anno insieme alla sua Hanna. Maurice non badò molto
allo stato dell’amico, e dopo aver partecipato all’ennesima riunione in
ufficio, aveva solo voglia di tornare a casa. All’improvviso il suo
cellulare suona senza tregua la sua canzone preferita, It’s only rock’n’ roll but i’m like it.
In realtà la riunione era appena terminata e quel suono non fece che
anticipare la sua uscita dall’ufficio. Dal display compare il nome di
sua madre Rose. Perché stava chiamando? Di solito non lo chiamava mai
sul posto di lavoro, per non disturbarlo con quella insistenza poi.
Decise di porre fine alla graffiante voce di Mick Jagger e rispose. La
voce dall’altra parte era fioca, tremante, Maurice capì a malapena il
nome del soggetto citato nella frase appena troncata, nel suono
disturbato del cellulare. Non aveva dubbi il nome era, Austin. Suo zio,
il suo eroe, colui che lo aveva ispirato per una vita intera, aveva
lasciato questa vita. La sofferenza degli ultimi anni si era fatta
sentire e non aveva retto alle botte della vita. Maurice passò nel giro
di pochi minuti dall’incredulità, alla realizzazione, fino alla
rassegnazione del momento. Ma questo passaggio repentino lo aveva
turbato, segnato, come se avesse capito che da quel momento in poi
niente sarebbe stato come prima. Alla domanda della madre se avesse
voluto essere presente e di supporto ai suoi cugini e alla zia, la sua
risposta fu un no secco, giustificato dal non sentirsi pronto e adeguato
alla situazione. La madre non volle approfondire la questione e si
avviò a casa di suo fratello. Nel frattempo Maurice era arrivato a casa,
sconvolto, seppur consapevole dello stato dello zio Austin e della sua
esasperante lotta contro la malattia che lo affliggeva da tempo.
Semplicemente non era preparato a questa notizia. Come un portiere di
calcio, il suo amato sport, che non vede passare il pallone sopra la
barriera, fino a che non si insacca nel sette con conseguente boato del
pubblico presente allo stadio. Lui si sentiva così, frastornato dal quel
boato senza aver metabolizzato cosa lo avesse generato, ossia la
perdita dell’amato zio. I giorni seguenti furono trascorsi da Maurice,
in uno stato di automa, vigile ma non presente a se stesso. Aveva deciso
di prendersi un paio di giorni di malattia a lavoro, inventandosi un
tremendo mal di stomaco dovuto al lutto subito. In realtà non era così,
era sì provato, ma da una apatia diversa dal solito, che nascondeva uno
stato di ansia mai provato. Sicuramente al suo stato aveva contribuito
sua madre Rose, che lo aveva avvertito dell’orario del funerale, che si
sarebbe tenuto in giornata. Lui aveva provato senza troppa convinzione a
dire alla madre che non sarebbe andato, che non se la sentiva. Ma sua
madre lo aveva anticipato dandogli appuntamento in chiesa. Maurice non
ebbe il coraggio di contraddirla anche perché dentro di lui c’era
comunque la voglia di salutare suo zio Austin un’ultima volta. La
cerimonia fu quasi indolore, Maurice resse fino al momento in cui suo
cugino Roger, volle spendere due parole per il suo amato padre perduto.
Non l’avesse mai fatto. Il ragazzo elencò i numerosi pregi del padre e
la sua forza nell’affrontare la malattia che aveva messo a dura prova lo
zio Austin fisicamente ma, soprattutto, psicologicamente. Infatti nella
mente di Maurice comparvero le immagini dell’ultima volta che era
andato a trovare suo zio che non riusciva a celare una strana apatia non
consona al suo carattere si mite ma mai così distaccato. Di colpo
Maurice vide in quelle immagini del volto dello zio Austin, la sua
stessa apatia. Fu terribile, ma non quanto le parole di suo cugino che
sul finire del suo discorso, completò dicendo ciò che spesso suo zio
Austin ripeteva a Maurice: Nella vita devi voler bene a tutto e a tutti.
Quelle parole suonarono come una lama, nel cuore di Maurice. Finalmente
quelle parole avevano un senso. Spiegate così dolcemente da suo cugino,
rappresentavano ciò per cui aveva vissuto suo zio Austin, un uomo che
amava profondamente il suo lavoro e la sua famiglia. Urgeva un
cambiamento di direzione e Maurice senza accorgersene da quel momento in
poi avrebbe vissuto una seconda vita, una nuova vita, anzi avrebbe
vissuto veramente per la prima volta.
“Il dolore cresce, fuoriesce, è incessante non calante, non si ferma è
sulla pelle, arriva alle stelle. È dentro, non lo sopporto, è un
trasporto. Respiro, non spiro, dà tregua, mi metto alla sua stregua. Sta
passando, non sto giocando. Cessa all’istante ed io torno me stesso ma
sono distante.”
RECENSIONE
LA RICERCA DELL’IDEA DI LIBERTA’, DEL DOMINIO INTERIORE
DELLO SPIRITO E DELL’INDIPENDENZA.
La voce che ci parla in questo intrigante romanzo di Mauro
Orefice arriva da un posto molto protetto, il legame più intimo che esista,
quello familiare, in particolare di uno zio, il più caro, il più intimo.
E, mescolando fantastico e reale, non smette di porre
domande serissime su un mondo che gli sembra aver perso ogni punto di
riferimento e ogni certezza.
L’autore torna sugli ultimi passi del protagonista per
riuscire a affrontare il dolore e il distacco. E fare un “salto” verso l’amore
infinito.
Eppure, anche lì ci si ritrova esposti ai mali classici del
nostro mondo: tradimenti, odio, avidità. Il protagonista ha una sensibilità
acuta e un’intelligenza innata che lo scrittore manipola come un acrobata, spargendo
humour amaro sulle piccolezze umane.
Combattuto tra i sentimenti di amore e odio, vorrebbe lanciare
un grido d’allarme oppure vendetta?
Mentre riflette e si tormenta sul suo probabile futuro, ci
diletta anche con una lingua forbita e una cultura enciclopedica che l’autore
gli presta generosamente. E’chiaro che il protagonista gioca nascondendosi dietro
il suo narratore, si diverte a mantenere il filo della trama teso fino alla
fine.