UN CASO LETTERARIO IN USCITA IN 18 PAESI
Corea, 1943.
Per la sedicenne Hana sapere immergersi nelle acque del mare è un dono,
un antico rito che si trasmette di madre in figlia. Nel buio profondo
delle acque, è solo il battito del cuore che pulsa nelle orecchie a
guidarla sino al fondale, in cerca di conchiglie e molluschi che Hana
andrà a vendere al mercato insieme alle altre donne del villaggio. Donne
fiere e indipendenti, dedite per tutta la vita a un’attività preclusa
agli uomini.
Nata e cresciuta sotto il dominio giapponese, Hana ha
un’amatissima sorella minore, Emi, con cui presto condividerà il lavoro
in mare. Ma i suoi sogni si infrangono il giorno in cui, per salvare la
sorella da un destino atroce, Hana viene catturata dai soldati
giapponesi e deportata in Manciuria, dove verrà imprigionata in una casa
chiusa gestita dall’esercito.
Ma una figlia del mare non si arrende, e anche se tutto sembra volerla ferire a morte, Hana sogna di tornare libera.
Corea del Sud, 2011.
Arrivata intorno agli ottant’anni, Emi non ha ancora trovato pace: il
sacrificio della sorella è un peso sul cuore che l’ha accompagnata tutta
la vita. I suoi figli vivono un’esistenza serena e, dopo tante
sofferenze, il suo Paese è in pace. Ma lei non vuole e non può
dimenticare…
In Figlie del mare rivive un episodio che la Storia ha
rimosso: una pagina terribile che si è consumata sulla pelle di intere
generazioni di giovani donne coreane. E insieme vive la storia di due
sorelle, il cui amore resiste e lotta nonostante gli orrori della
guerra, la violenza degli uomini, il silenzio di oltre mezzo secolo
finalmente rotto dal coraggio femminile.
Mary Lynn Bracht
Mary Lynn Bracht, scrittrice americana di origini coreane, vive a
Londra. Tramite la madre, cresce a stretto contatto con una comunità di
donne emigrate dalla Corea del Sud. Nel 2002 visita il villaggio dove è
nata sua madre e lì sente parlare per la prima volta delle comfort women. Quel toccante viaggio e le successive ricerche hanno ispirato il suo romanzo d’esordio, Figlie del mare, in uscita in tutto il mondo.
RECENSIONE
Inspirò l'aroma denso e inebriante del terreno. Ci vollero diversi secondi prima che Hana si rendesse conto che non stava sognando, non aveva le allucinazioni. Il sole del mattino sorgeva proprio allora e, Hana socchiuse gli occhi dinanzi alla valle, dove le luci della città scintillavano ancora nella foschia. Il corpo ricadde sul terreno. Le gambe si trascinavano sotto il corpo ormai stanco. Tentò di riprendersi, senza badare ai lividi e alle ossa rotte, per proteggere la sorella, per tornare a casa. Era ormai allo stremo delle forze, crollò come un cesto di vimini sfiancato dalla pioggia.
Quando l'uomo si trovò di fronte a lei, la strinse a sè, sentì le lame aguzze delle scapole, era così delicata che aveva paura a muoverla, quasi potesse rompersi. Un ranucolo morente, lacerata e disidratata. Un'orfanella malconcia, con la carnagione deturpata da macchie di sporcizia e chiazzate di lividi insanguinati. Hana vedeva i suoi aguzzini dinanzi a sè, ma non riusciva a emettere un fiato.
Mentre era lì aveva sognato tutta la notte i suoi genitori, sua sorella, voleva dir loro che le erano mancati, ma la voce non veniva. Non riusciva a parlare. Rimase là seduta, con le mani che le tremavano e gli occhi spalancati. Non ricordava più l'ultima volta che li aveva abbracciati.
Hana si mise a piangere. Piangeva per la sua famiglia e la loro casa che erano esattamente dove li aveva lasciati; mentre lei era diversissima. Era un'impressione ingannevole, in realtà: anche loro da quel giorno erano cambiati.
Il mondo della famiglia di Hana aveva cessato di esistere dal primo istante della sua cattura, i cui effetti, come le conseguenze delle azioni del governo giapponese, si stavano ancora dipanando sotto i loro occhi. La madre piangendo, malediva i mostri responsabili di un crimine tanto orrendo.
La ragazza sentiva freddo, aveva brividi in tutto il corpo. Hana si ritrovò placata dal silenzio che seguì, sollevata dall'idea che gli unici suoni mascherati fossero le raffiche gelate che scuotevano le finestre.
Il tempo e le autorità erano stati avari, e le avevano concesso solo qualche spiraglio di vita. Spesso ricordava ciò che le era successo, e come viveva la sua famiglia. Tuttavia, dopo la scomparsa di Hana, in casa loro tutto era rimasto lo stesso, fermo, impertubabile. Il trascorrere del tempo non l'ha scalfito.
In effetti i suoi segreti non si potevano confidare. I ricordi di una bambina rapita e torturata non sono storie da raccontare. Si era tenuta tutto il dolore per sè, finchè non era diventato troppo. E a quel punto ha deciso di restituire, i suoi segreti, per filo e segno.
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