“Questa storia comincia una sera d’inverno, il 7 gennaio 1978. Davanti a una sede del Movimento sociale italiano nel quartiere Appio Latino, a Roma, vengono uccisi a colpi d’arma da fuoco due attivisti di destra. Da quel momento, i morti di Acca Larentia diventano icone intoccabili del neofascismo”.
Il libro
Questa storia comincia una sera d’inverno, il 7
gennaio 1978. Davanti a una sede del Movimento sociale italiano nel
quartiere Appio Latino, a Roma, vengono uccisi a colpi d’arma da fuoco
due attivisti di destra. Da quel momento, i morti di Acca Larentia
diventano icone intoccabili del neofascismo.
Questa storia ricomincia il 30 aprile 1987, quando viene arrestato Mario
Scrocca, un militante di estrema sinistra. Secondo gli inquirenti,
Scrocca avrebbe fatto parte del commando che colpì ad Acca Larentia. Lo
troveranno cadavere ventiquattro ore più tardi, impiccato in una cella
di Regina Coeli. Ma troppe cose non tornano…
Questa storia senza fine ricomincia – una volta ancora – un pomeriggio
di giugno del 2021. Due donne si incontrano sotto il cielo di Roma.
Rossella ha sessant’anni ed è la vedova di Mario Scrocca. Valentina, di
anni, ne ha trenta, è cresciuta dalle parti di Acca Larentia, in passato
ha frequentato dei neofascisti e si porta dentro le cicatrici di quelle
frequentazioni.
Dalla stessa parte mi troverai è il racconto di un amore vissuto a mille
nei giorni in cui tutto era ancora possibile e di una vita spezzata al
tempo del disincanto collettivo, prima di essere consegnata all’oblio.
Con un rigore che non ammette sconti, Valentina Mira fa luce sul
vittimismo osceno dei carnefici, demolendo retoriche, alibi, miti di
quella destra che si è presa l’Italia.
Rassegna Stampa
C’è un romanzo, ora nella dozzina tra cui scegliere la cinquina finalista del Premio Strega, che per la destra ora al governo non doveva essere scritto, e men che mai arrivare nei pressi della selezione finale del prestigioso concorso letterario. Dalla stessa parte mi troverai di Valentina Mira è “la fiera del revisionismo e dell’odio politico” (Montaruli), “mostra un inaccettabile giustificazionismo nei confronti delle Brigate rosse” (Mollicone), è “la banalizzazione del male che approda al Premio Strega grazie ai favori dell’amichettismo di sinistra’” (Rampelli). Il romanzo, che prende le mosse dalla strage di Acca Larentia del gennaio 1978, è accusato di parlarne in maniera leggera, di essere una sorta di manifesto dell’antifascismo militante e di prendersela ancora una volta con quei morti di destra “di serie B”. […]
Il libro però non parla di questo, ma di una storia pressoché dimenticata che rotola giù dalla strage dei tre ragazzi ammazzati all’Appio Latino. Mario Scrocca, 27 anni, infermiere, vicino a Lotta Continua, sposato con Rossella Scarponi, viene arrestato all’alba del 30 aprile del 1987, accusato (senza prove) di essere nel commando di Acca Larentia. Il giorno dopo, il primo maggio, viene trovato impiccato in una cella antisuicidio. […] Insomma, se i morti di Acca Larentia sono “di serie B”, il povero Mario non milita neanche nella Lega Pro. Lasciategli almeno il libro. – Eduardo Di Blasi su Il fatto quotidiano
La destra attacca il Premio Strega per il romanzo di Mira su Acca Larentia. Mollicone e Foti di Fratelli d’Italia accusano la scrittrice di offendere la memoria delle vittime, mentre l’autrice, Valentina Mira, ha spiegato quale è stata la spinta a scrivere questo libro: «Il senso di ingiustizia, per non far scomparire nell’oblio un fatto storico dell’Italia contemporanea. Nessuno racconta questa storia, nessuno la conosce. Acca Larentia è unicamente raccontata dai fascisti. Mi piaceva far saltare il loro impianto vittimistico». – La Stampa
«È evidente che il libro non è stato letto perché io non parlo dei fatti di Acca Larentia, ma di Mario Scrocca la cui vicenda non volevo andasse perduta […] Mi accusano di revisionismo, di non avere pietà per le vittime di Acca Larentia, ma fanno una confusione strumentale dimostrando di non conoscere le mie pagine: i ragazzi che morirono in quegli anni terribili erano tutti vittime, spesso non avevano neppure il libero arbitrio di decidere il proprio destino. L’ho scritto e lo ripeto. Diverse invece sono le commemorazioni con i saluti romani e le croci celtiche. Quelli proprio non posso giustificarli, perché io sono e resto antifascista». – Valentina Mira per La Repubblica
Il romanzo di Mira viene descritto dai detrattori come un manifesto di «odio antifascista» e una «ricostruzione a senso unico» dei fatti di Acca Larentia. Basterebbe intanto sfogliarlo per rendersi conto che, nelle intenzioni e nell’esito, è un’altra cosa. Nelle prime pagine descrive un raduno del 2008, identico a quello del 2024: «Mi avevano detto che raduni simili non esistevano più. E questi qua, da dove sono sbucati?». Nella folla appare anche Giorgia Meloni, allora ministra della Gioventù. Poi Mira ricostruisce rapidamente i fatti del ’78, richiama l’orrendo dettaglio del militante fascista che dopo l’agguato intinge un passamontagna nelle pozze di sangue, e proprio su questa scena ributtante fonda la volontà di raccontare una storia d’amore: quella fra una donna e un uomo, Rossella e Mario Scrocca, attestato nel 1987 come uno dei responsabili della strage e morto in carcere in circostanze che restano opache. Mira costruisce una sorta di reportage emotivo dal decennio che precede la sua nascita, interessata essenzialmente a dare voce al dolore di Rossella. Non offende la memoria delle vittime; non dà un contributo alla «fiera del revisionismo», come la vicecapogruppo di FdI alla Camera Augusta Montaruli definisce addirittura questa edizione del Premio Strega. Si ferma su un dettaglio ulteriormente doloroso di una storia tragica. [Racconta invece] una morte derubricata come «danno collaterale», ingiustizia nell’ingiustizia. Chi può sindacare sul diritto di raccontarla? Usare pretestuosamente un romanzo e un premio letterario per giocare alla guerra dei revisionismi e difendere pantheon comunque indifendibili è, più che discutibile, pericoloso. – Paolo Di Paolo per La Repubblica
“Dalla stessa parte mi troverai” è l’ultimo libro di Valentina Mira finalista al premio Strega. La giornalista che aveva debuttato nel 2021 con X è tornata con un romanzo dirompente. E divisivo: come divisivo è il 25 aprile, o la Resistenza (se solo si è fascisti).
Mira conduce, per quasi trecento pagine, il lettore e la lettrice su una traiettoria pubblica e insieme privatissima; come per una chicane, piena di tornanti, da cui si vede lo strapiombo: la violenza intima e la violenza sociale percorre il testo; e divampa sotto ai loro occhi, sbarrati e stralunati. Il piano narrativo si srotola su più livelli temporali.
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“Questa storia ricomincia il 30 aprile 1987, quando viene arrestato Mario Scrocca, un militante di estrema sinistra. Secondo gli inquirenti, Scrocca avrebbe fatto parte del commando che colpì ad Acca Larentia. Lo troveranno cadavere ventiquattro ore più tardi, impiccato in una cella di Regina Coeli”.
Nelle parole di Rossella (la vedova di Mario, suicidato dallo Stato come i tanti Stefano Cucchi dei nostri anni) e in quelle di Valentina, il carnefice e il fascista condividono registri e scambiano manipolazioni. La voce narrante, che raccontando di sé racconta di noi, ci mostra esattamente come si finisce in trappola. E non teme giudizio. Durante la lettura diventa chiaro quanto semplice sia cadere dentro a una relazione tossica: mentre l’uomo dice di amare, tradisce, umilia, minaccia, violenta.
“Uscire da una dinamica di oppressione, che sia individuale o collettiva, vuol dire anche analizzare come ci sei finito dentro”.
Ma nel libro c’è molto più di questo: serpeggia, vivacissima, la forza della resistenza, la sola davvero in grado di fermare l’aggressione e l’annientamento.
L’analisi è attenta e lucidissima, in filigrana traspare il ventennio, questo ventennio, e le reazioni dei detrattori non si contano; sullo sfondo, gli anni Settanta, ma anche la giustizia che non c’è. Croci celtiche e corone, a spiegarci chi sono e come agiscono i nostalgici di oggi. Le pagine trattengono a stento il morbo, pericolosissimo, del negazionismo e del revisionismo.
Quello della pacificazione imposta e del perdono estorto è il credo della cancellazione di ogni sopruso, senza assunzione di responsabilità alcuna: un’assoluzione piena, malgrado il fatto sussista e l’imputato l’abbia commesso.
Perciò l’opera di Valentina Mira è un pugno in pieno volto: come una corona di spine, ci fa sanguinare; al tempo stesso ci costringe a fare i conti con i demoni di oggi, fantasmi in carne e ossa. A lei va il merito assoluto e il coraggio d’aver ripescato domande rimaste senza risposta.
Allineare violenza delle relazioni intime e fascismo (che è violenza collettiva) serve a spiegare la normalizzazione. Ci induce a ragionare su una pratica che da troppo tempo, silenziosamente, massacra le donne e instilla veleni, ai danni di una democrazia mai stata tanto fragile e indifesa.
Ma se la normalizzazione è condanna, e può essere esilio dal nostro stesso tempo, resistere è una scelta. La sola, per ripartire da un nuovo 25 aprile di liberazione.
E, intanto, sui diritti delle donne si perde terreno. Potrebbero essere anni gravidi di conseguenze. A cominciare dall’aborto.
Mira, Valentina
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Titolo: “Dalla stessa parte mi troverai”
Autrice: Valentina Mira
Editore: SEM
Prezzo: 17 euro
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