Da Hemngway a Melville, da Verga a D'Arrigo, fino ai contemporanei Cognetti e Marangi, la pesca, è al centro di molti romanzi o saggi. Eccone alcuni.
Non sembra un caso che Paolo Cognetti, scrittore che usa le montagne come perno della sua narrazione, abbia prediletto un altro luogo per una riflessione meramente letteraria. A pesca nelle pozze più profonde- Meditazioni sull'arte di scrivere i racconti (minimum fax) è infatti il titolo che l'autore milanese sceglie per illustrare il contenuto di questo saggio.
<<A un certo punto del mio apprendistato mi misi in testa che, se volevo diventare un bravo scrittore di racconti, dovevo imparare a pescare>>, premette Cognetti in questo volume nel quale affronta autori che - sul mondo della pesca - hanno incentrato buona parte della loro produzione letteraria (basti pensare a Un giorno ideale per i pescibanana di <Jerome D. Salinger, racconto confluito ne I nove racconti (usciti per Einaudi).
Un esempio su tutti: Hernest Hemingway che, grande appassionato di pesca, col suo Il vecchio e il mare (Mondadori) consegna ai lettori una metafora sui sogni e la vita. La cifra che accomuna - però - i romanzi che hanno per oggetto il mondo della pesca è la sacralità. Sempre ne Il vecchio e il mare, ad esempio, il pescatore Santiago dice: <<San Pietro era un pescatore, e anche il padre del grande Di Maggio>>. Come a rimarcare che acchiappare pesci non è semplicemente un modo di sfamarsi, ma di tessere un dialogo con il sacro.
Accade anche con Norman Maclean, autore di In mezzo scorre il fiume (Adelphi): è la storia di una famiglia e della passione della pesca con la mosca. Si legge nel romanzo: <<Nella nostra famiglia non c'era una linea netta tra religione e pesca con la mosca. Vivevamo all'incrocio di grandi fiumi per trote nel Montana occidentale, e nostro padre era un pastore presbiteriano e un pescatore a mosca che legava le proprie mosche e insegnava ad altri. Ci parlò che i discepoli di Cristo erano pescatori, e ci lasciava supporre, come mio fratello ed io, che tutti i pescatori di prima classe nel mar di Galilea fossero pescatori a mosca e che Giovanni, il favorito, fosse un pescatore a mosca secca>>.
Stessa aurea di misticismo e di umanità si respira in Moby Dick (Einaudi) di Hermann Melville: la balena è sì l'animale che ha mutilato Achab ma è qualcosa di assoluto, quasi di inconcepibile. <<Ma non abbiamo ancora risolto l'incantesimo di questa bianchezza nè trovato perchè abbia un così potente influsso sull'anima; più strano e molto più portentoso, dato che, come abbiamo veduto, essa è il simbolo più significativo di cose spirituali, il velo stesso, anzi, della Divinità Cristiana, e pure è insieme la causa intensificante nelle cose che più atteriscono l'uomo!>>, si legge nel romanzo.
Se letta con questa prospettiva, anche l'uso che della pesca ne fa Giovanni Verga ha qualcosa di oscuro e religioso. Nel suo I malavoglia (Feltrinelli), l'autore siciliano mette al centro della storia una famiglia di pescatori e la loro barca, che chiama Provvidenza che però qualcuno deve saper guidare. Perchè - dice l'autore - <<il mare non ha paese nemmeno lui è di tutti che lo stanno ad ascoltare di qua e di là dove nasce e muore il sole>> e soprattutto perchè <<i pesci sono destinati a chi se li ha da mangiare>>.
I temi del destino e della religione si squadernano anche in altro romanzo scritto da un altro siciliano: Stefano D'Arrigo col suo Horcinus Orca una lunga trama che - letta da una certa angolatura - sconfina nel tema della maledizione dal sapore mitico. Come altrimenti intendere la caccia alle creature mitologiche che lo scrittore chiama Fere e la battaglia finale con l'Orca?
Pesca e sacralità restano intimamente legate, come accade anche nel recente Angeli di sale (Polidoro editore), esordio narrativo di Francesco Marangi, finalista del Premio Calvino. In questa storia di dannazione familiare, c'è sempre un pescatore che dice <<di aver visto un corpo di donna spellarsi in pinna squamosa (...). Allora il mare ha una voce di cataclismi e suppliche>>.
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