SINOSSI
1941. La quindicenne Carry Ulreich vive a
Rotterdam e conduce una vita come quella di tante altre ragazzine,
godendo dei piccoli piaceri e delle libertà comuni a tante famiglie
dell’epoca. Ma la libertà di Carry è destinata lentamente a svanire a
seguito dei divieti imposti dai nazisti durante l’occupazione: la
requisizione delle biciclette e delle radio, la riduzione degli orari in
cui gli ebrei possono uscire di casa, l’obbligo di indossare la stella
di David, il divieto di esercitare molte professioni (tra cui quella del
padre di Carry, che è sarto), l’imposizione agli studenti ebrei di
frequentare scuole solo ebraiche. E, nel giro di pochi anni, lo spettro
dei campi di concentramento… Esauriti gli espedienti per evitare la
deportazione, agli Ulreich viene offerta un’inaspettata ancora di
salvezza: gli Zijlmans, una famiglia cattolica di Rotterdam, invitano
Carry e i suoi a nascondersi nella loro casa, correndo un rischio
altissimo. E così inizia la loro vita nell’ombra, costantemente avvolti
dalla minaccia che li attende al di fuori delle mura della casa che li
ospita.
Con uno sguardo acuto e lucidissimo sui disagi e i timori affrontati, Carry ci restituisce lo spaccato di vita di una ragazza ebrea costretta a crescere e a formarsi nel momento più terribile del Novecento europeo.
Con uno sguardo acuto e lucidissimo sui disagi e i timori affrontati, Carry ci restituisce lo spaccato di vita di una ragazza ebrea costretta a crescere e a formarsi nel momento più terribile del Novecento europeo.
RECENSIONE
Carry Ulreich vive a Rotterdam con la sua famiglia, ha
quattordici anni, è ebrea. Con la guerra, la sua vita è diventata difficile.
Ma, lei non è disposta ad accettare passivamente l’arrivo dei nazisti, decide
insieme alla sua famiglia di prendere le distanze. Con l’unico obiettivo: clandestinità.
Dal 1941 al 1945, Carry Ulreich tiene un diario, specchio
delle curiosità, degli umori e delle ansie che formano la sua personalità
delicata e penetrante. Gli appunti del diario, stesi con stile incisivo e
rapido danno una documentazione di ciò che ella fa, della gente che vede, dei
libri che legge, degli eventi bellici del periodo tra le due guerre.
Ormai tutti sanno dove conducono quei treni, sanno che alla
fine, di quei viaggi c’è la morte. Per sfuggire a tutto ciò entra in
clandestinità. Per poter sopravvivere ha bisogno di un luogo sicuro e di
persone disposte ad aiutarla. Troverà rifugio presso la famiglia Zijlmans e a
partire dal 22 ottobre 1942 diventa il loro rifugio clandestino. Questa
convivenza forzata le era insopportabile, tanto che aveva pregato la signora
Zijlmans, di trovarle una sistemazione qualsiasi, non importava dove. La
signora Zijlmans si dilungò nello spiegarle certe sue abitudini fisse che non
aveva nessuna intenzione di cambiare. Carry si dimostrò tollerante.
Vivere in clandetinità non era facile. Le due famiglie erano di religione opposta, una cristiana e l'altra ebrea, furono le circostanze della guerra a unirle. La famiglia Ulreich nel momento che entrano in clandestinità, pensa che sia per poco tempo, ma in realtà durera tre anni.
Vivere in clandetinità non era facile. Le due famiglie erano di religione opposta, una cristiana e l'altra ebrea, furono le circostanze della guerra a unirle. La famiglia Ulreich nel momento che entrano in clandestinità, pensa che sia per poco tempo, ma in realtà durera tre anni.
E qui che prosegue la stesura del diario. Il diario è un
ritratto dell’epoca in cui è vissuta, cresciuta e sopravvissuta la sua
generazione. Questa bambina ci commuove tanto (benchè si atteggi a donna
e lo sia già, purtroppo, per tanti aspetti, la sentiamo vittima della mancanza
di libertà, umiliata da forze contro le quali non può far nulla.
Descrive che
era umido, nevicava. La natura sembrava ribellarsi. Leggiamo di una città
grande affamata, in piena guerra. Quel pensiero le torna in testa di continuo e
non riesce a stare allegra. Il sorriso finisce sempre, per morire sulle labbra.
Lì per vivere, occorre, come si dice
<<arrangiarsi>>; e bisogna imparare presto. In quei momenti la vita
è crudele e non perdona i deboli, gli umili, tutti coloro che non ne accettano
la durissima legge. Anche una ragazza
come Carry, deve lottare con ogni mezzo per sopravvivere.
E mentre, soffre i disagi della convivenza, quasi senza
cibo, cerca di salvare se stessa. Un’esperienza sconvolgente, di cui Carry
trascrisse nel suo diario e del quale non parlo mai con nessuno. A tal riguardo il diario riporta questa frase: <<In
una situazione normale non ci si può comportare in modo normale. Bisogna
adattarsi.>>.
Ma il diario resta soprattutto un fatto personale: vi si nota lo sforzo intenso che l’autrice fa per esprimersi in completa sincerità artistica, raffigurando la realtà con uno stile che non ne faccia disperdere varietà e freschezza.
Ma il diario resta soprattutto un fatto personale: vi si nota lo sforzo intenso che l’autrice fa per esprimersi in completa sincerità artistica, raffigurando la realtà con uno stile che non ne faccia disperdere varietà e freschezza.
In autunno e in inverno era pesante uscire di casa ancora
con il buio per andare a trovare la sua amica. La sua ingenuità era disarmante,
ma questo non pregiudicava in alcun modo la loro amicizia. Carry amava le sue
storie innocenti, raccontate timidamente e con un filo di voce.
Spesso Carry e la sua amica fanno delle passeggiate, senza
parlare. Non ce n’è bisogno. Hanno tutti e due lo stesso pensiero. Cerca con
tutta se stessa di trattenere le lacrime per non rendere più complicata una
situazione già abbastanza difficile. Lotta con le lacrime. Il suo tentativo di
rivolgerle una parola di conforto si risolve in un singhiozzo sommesso. Non
possono più trattenere il pianto. Entrambe camminano in silenzio una accanto
all’altra, tenendosi per mano.
Non c’era giorno che
non porti qualche inquietudine. E a trovarsi nella situazione peggiore sono gli
ebrei. Si scarica tutto sulle loro spalle. Sono responsabili di ogni cosa,
tutto succede per colpa loro, pur non essendo loro colpevoli di nulla. Non sono
responsabili del fatto di essere ebrei ma, tutti sentono solo il bisogno di
sfogare la rabbia su di loro. L’antisemitismo era in crescita. Tra l’altro era arrivata anche un’ordinanza che l’ha toccata
moltissimo: l’esclusione della gioventù ebraica dalle scuole pubbliche.
L'impegno sionista esercitava un'attrazione sui giovani ebrei, così come risulta dal diario di Carry e di Rachel (sorella). Il movimento giovanile serviva a sviluppare contatti con tutto il paese: le ragazze raccontano nel loro diario di gite, attività.
Quado alla fine del 1942, ebbero inizio le prime deportazioni di ebrei da Rotterdam, molti tra cui anche la famiglia Ulreich, tentarono di ottenere una <<Sperre>>, cioè un timbro speciale sui documenti, con il quale si indicava che quella persona non poteva essere deportata. Inoltre, gli Ulreich, avevano la possibilità di una seconda lista, quella di Weinreb. Egli sosteneva che, grazie ai suoi contatti, avrebbe potuto far emigrare un numero limitato di ebrei. Nel settembre del 1942 la famiglia Ulreich decise di entrare in clandestinità (18 ottobre 1942). In seguito si scoprì che quella lista di Weinreb era una truffa.
L'impegno sionista esercitava un'attrazione sui giovani ebrei, così come risulta dal diario di Carry e di Rachel (sorella). Il movimento giovanile serviva a sviluppare contatti con tutto il paese: le ragazze raccontano nel loro diario di gite, attività.
Quado alla fine del 1942, ebbero inizio le prime deportazioni di ebrei da Rotterdam, molti tra cui anche la famiglia Ulreich, tentarono di ottenere una <<Sperre>>, cioè un timbro speciale sui documenti, con il quale si indicava che quella persona non poteva essere deportata. Inoltre, gli Ulreich, avevano la possibilità di una seconda lista, quella di Weinreb. Egli sosteneva che, grazie ai suoi contatti, avrebbe potuto far emigrare un numero limitato di ebrei. Nel settembre del 1942 la famiglia Ulreich decise di entrare in clandestinità (18 ottobre 1942). In seguito si scoprì che quella lista di Weinreb era una truffa.
Carry è stata sovente abbattuta, ma mai disperata; considera
questa vita clandestina, come una avventura pericolosa, ma romantica e
interessante. Fa un’analisi sincera, molto intelligente e penetrante delle
difficoltà in cui si dibatte chi è giovane, forse più degli adulti.
Durante la guerra lei, ha annotto con cura le sue esperienze. Oggi desidera che vengano rese note a un pubblico molto più ampio. Con convinzione ha dato il suo consenso: perchè le generazioni presenti e future sappiano che cosa è accaduto a quel tempo, in che modo gli ebrei vennero uccisi e come alcuni riuscirono a sopravvivere. Ma anche di persone normalissime come la famiglia Zijlmans che, fecero tutto ciò che era in loro potere, per salvare la famiglia Ulreich da morte certa. Gli eroi esitono e abitavano in Mathenesserweg 28c.
Qui c'è il racconto, vivido e preciso, di come, appoggiandosi l'una all'altra, riuscirono miracolosamente a uscirne vivi.
Con la certezza che un giorno incontrerà ancora i suoi amici
e poi, si limiteranno a ricordare e a raccontarsi il loro triste esilio. Forse
perché non saranno loro a tornare, ma piuttosto noi a raggiungerli. Forse ci
vorrà ancora tanto tempo, ma un giorno accadrà ed io resisterò. Non mi
arrenderò.
Un libro sulla capacità di convivere e proteggersi seppure divisi dalla
religione per raccontare, attraverso una storia intima e commovente, una pagina
di storia fondamentale per la contemporaneità.
Questo le sembra il segreto del suo appassionante mestiere
di scrittrice che per l’autrice si identifica con la vita e trova sfogo proprio
nelle pagine del diario dove ella impara a confidare a se stessa ciò che sente,
pensa e vuole prima di scriverlo per altri. Anche quando parla dei propri
entusiasmi e delle stanchezze, della stesura di una pagina del diario, oppure
descrive quando non fanno che arrivare nuove ordinanze che li opprimono sempre
di più. Come quando arriva l’ordinanza di cucire le stelle o i numeri sui
vestiti. Non più persone, quindi soltanto numeri. Il suo obiettivo è quello di
cogliere il <<pensiero>> e fissarlo servendosi <<dell’arte
dello scrivere>>.
Lo stile dell’autrice
è estremamente espressivo. La soppressione quasi assoluta dei segni
d’interpunzione vuol rendere la monotonia d’ una vita che continua uguale,
assurda, tragica nella sua inerte fissità, e la triste successione di giornate
grigie nel corso delle quali anche la guerra si misura come un fatto naturale,
diventa, anzi, una necessità o una specie di <<rito>>, come gli
affari del padre prima della clandestinità.
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